PASCOLI, Alessandro
PASCOLI, Alessandro. – Nacque il 19 gennaio 1669 a Perugia, quinto figlio di Giandomenico e di Maria Ippolita Mariottini, entrambi di famiglie cospicue nel ceto civile cittadino.
Compiuti gli studi nel locale collegio dei gesuiti, intraprese inizialmente la facoltà di legge per poi passare a medicina. Benché lo studio perugino fosse all’epoca un centro intellettuale periferico, non era estraneo ai contemporanei sviluppi della cultura scientifica e medica, in particolare attraverso la mediazione del medico Ludovico Pacini Viti e del matematico Francesco Neri.
Laureatosi nel 1690, intraprese un viaggio di istruzione a Firenze, dove svolse un anno di praticantato sotto la guida di Francesco Redi e di Marcantonio Collegiani all’ospedale di S. Maria Nuova, un’istituzione rinomata in tutta la penisola tanto per la pratica della dissezione post mortem, quanto per la sperimentazione di nuovi rimedi. Il soggiorno fiorentino permise inoltre a Pascoli di stringere contatti che si sarebbero rivelati importanti nella sua traiettoria professionale e intellettuale (Giuseppe del Papa, Vincenzo Viviani, Antonio Magliabechi, Giorgio Baglivi).
Ritornato a Perugia, Pascoli ottenne l’abilitazione dottorale nel 1692, e iniziò la carriera accademica con la lettura di logica nello studio cittadino, che tenne per diversi anni, intrattenendo anche, com’era d’uso, un’accademia privata per i suoi allievi. Risale al 1699 Delle febbri teorica e pratica, stampato a Perugia con un’appendice di sei discorsi di vario argomento (che furono anche stampati separatamente con il titolo di Discorsi… in forma di lettere…, Perugia 1699).
Pascoli, che pure in uno dei discorsi confutava l’atomismo con gli argomenti fisici, geometrici e metafisici cartesiani (una confutazione cui non deve essere stato estraneo il sospetto contro l’atomismo che aveva portato alla dura reazione inquisitoriale dei primi anni Novanta del secolo, coinvolgendo anche diversi medici in varie città d’Italia), vi enunciava alcune definizioni generali di taglio corpuscolarista e rielaborava le idee di Frans de la Boë (Sylvius) e Thomas Willis, allora estremamente popolari nella medicina di tutta Europa, sulle febbri come esito di squilibri nella composizione chimica e nel moto fermentativo delle particelle ematiche. Tra i discorsi, da notare quello indirizzato alla poetessa Petronilla Paolini Massimi Dell’anima dei bruti, un tema ovviamente cartesiano.
L’opera che gli portò una maggiore notorietà, verosimilmente preparata nella speranza di accedere al locale collegio medico e passare su una cattedra medica, fu, nel 1700, Il corpo umano, dedicata a Clemente XI, un’esposizione anatomica e fisiologica a fini didattici e improntata ai principi della moderna filosofia naturale corpuscolarista e della fisiologia meccanicista. In appendice, inoltre, vi era inclusa la lettera De fibra motrice et morbosa del già rinomato Baglivi, allora lettore di anatomia alla Sapienza di Roma, nel quale si anticipavano i punti salienti che avrebbe sviluppato in un più ampio trattato omonimo del 1702.
La buona ricezione dell’opera (che sarebbe stata segnalata anche negli Acta eruditorum nel 1704, e molte volte ristampata) non fu estranea, insieme ovviamente ai legami professionali e familiari, alla sua nomina a lettore di anatomia alla Sapienza di Roma, che assunse nel 1702 succedendo a Baglivi. Essa rimase sostanzialmente la base del suo futuro insegnamento ex cathedra, come attestano le trascrizioni manoscritte dei suoi corsi ancora consultabili. L’assiduità e buona competenza di Pascoli nelle dimostrazioni anatomiche, comunque, erano ricordate ancora a metà Settecento (P. Balsarini, Memorie della Sapienza, Roma, Biblioteca Alessandrina, ms. 62, f. 261).
Pascoli si occupò in quegli anni di questioni non strettamente attinenti all’insegnamento anatomico. A Roma, infatti, diede alle stampe nel 1702 delle Osservazioni teoriche e pratiche di medicina e un Nuovo metodo per introdursi ad imitazione de’ geometri… nelle più sottili questioni di filosofia, un’analisi dei principali assiomi gnoseologici di taglio cartesiano.
In questi scritti della prima età adulta sono già presenti gli elementi salienti della cultura e delle idee di Pascoli, che si riverberano non solo nelle specifiche questioni, ma anche nella propensione a tenere insieme i vari ambiti del sapere: ispirazione schiettamente cartesiana, mitigata da una grande cautela metafisica e un’accentuazione delle potenzialità apologetiche dell’opera del filosofo francese sulla scia dei cartesiani ‘moderati’ di seconda generazione, uno spiccato interesse per le questioni di metodo e di gnoseologia, antiatomismo, meccanicismo, oltre a un’aggiornata cultura medica nella quale confluiscono concezioni meccaniciste e concetti chimici, nonché un certo empirismo terapeutico di matrice rediana.
Nel 1706, Pascoli passò a una lettura straordinaria di medicina teorica, fu ammesso nel Collegio medico di Roma ed ebbe l’onore di inaugurare l’anno accademico (Anatome literaria sive Palladis pervestigatio, Romae 1706).
Arcade dal 1703, un suo discorso sull’automatismo animale gli attirò aspre critiche, alle quali rispose con una dissertazione a stampa nello stesso anno – Sofilo Molossio pastore arcade perugino, e custode degli armenti automatici in Arcadia. Gli difende dallo Scrutinio, che ne fa nella sua critica il signor Pietro Angelo Papi medico, e filosofo sabinese (Roma 1706) – in cui difendeva l’automatismo animale, pur senza negare la complessità degli organismi biologici e, naturalmente, la differenza tra gli animali e l’uomo. L’opuscolo era dedicato al segretario di Stato Fabrizio Paolucci, ma ciò non bastò a metterlo al riparo e nel 1711, anno in cui per altro Pascoli passò alla lettura ordinaria di medicina teorica, fu condannato dal S. Uffizio (Roma, Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sant’Offizio, Censurae librorum, 1711-1714, fasc. 7); egli ne pubblicò dunque subito una ritrattazione dal titolo Sofilo senza maschera.
L’incidente dottrinale non ebbe conseguenze dirette, e nondimeno negli anni successivi Pascoli si tenne più defilato. Nel 1715 lesse di nuovo la prolusione per il nuovo anno accademico (De vera in literis sapientia phisiologiam, Romae 1715), ma non riprese a pubblicare prima di essere passato, nel 1720, alla più prestigiosa cattedra di medicina pratica.
Nel 1723 pubblicò dunque la prima parte di un Del moto che ne i mobili si rifonde per impulso esteriore, seguito nel 1725 da Del moto che ne i mobili si infonde in virtù di loro elastica possanza. Intanto, nel 1724, riprendendo scritture già in parte pronte all’inizio del secolo, aveva dato alle stampe Della natura dei nostri pensieri e della maniera con cui si esprimono, un trattato di logica di matrice chiaramente portorealista dedicato a Benedetto XIII.
In queste opere mature, Pascoli persegue la sua indagine sui rapporti tra metafisica, fisica e medicina nel quadro di un tentativo non banale di fondazione metodica della scienza. L’approccio fondamentalmente cartesiano vi assume una connotazione più decisamente occasionalista, che permette una conciliazione tra la nuova filosofia e la teologia scolastica, tra il microstrutturalismo fisiologico e lo spiritualismo, per allontanare il rischio di una interpretazione materialista della res cogitans. L’originalità di tale tentativo, tuttavia, appare smussata dall’epoca relativamente tardiva in cui questi lavori videro la luce, che li fa apparire una sistemazione di temi largamente circolanti nella cultura europea. Dal punto di vista medico, la conciliazione e l’eclettismo sono le note dominanti dell’opera di Pascoli, come del resto in larga parte della letteratura medica di primo Settecento.
Nel 1728 Pascoli esercitò la carica di protomedico, che avrebbe poi svolto altre volte negli anni successivi. Fu anche medico del conclave che portò all’elezione di Clemente XII (non fu mai, invece, archiatra segreto, come riportato in varie biografie). Inoltre, egli prestò la sua opera come perito medico in numerose cause civili e criminali (attività della quale resta traccia nella Dissertatio in sensu veritatis, Romae 1739, e In novissimam Aesii actam... principis D. Joannis Andreae ab Auria corporis recognitionem pro causa dissolutionis matrimonii, Romae 1740) e per la congregazione dei Riti (si segnalano in particolare suoi voti nei processi di Pellegrino Laziosi e Caterina de Ricci e nelle istruttorie per Giovanni di Brito e Andrea Bobola).
L’eclettismo di Pascoli si accentua negli scritti tardi, come mostrano il miscellaneo Delle risposte ad alcuni consulti su la natura di varie infermità, e la maniera di ben curarle (1738, in cui sono da notare per l’interesse documentario le due relazioni su Male epidemico insorto nel Ghetto degli Ebrei, e Del mal contagioso... ne i Buoi dello Stato Ecclesiastico) e il Moderno avvertimento per la salute umana prattica medica, Roma 1742. Ma si deve leggere in tale ottica già De homine del 1728.
Compilato in modo da coprire i due ambiti prima tradizionalmente separati di theorica e pratica secondo il nuovo schema delle ‘istituzioni’, il trattato riprende in termini generali ma più moderati la fisiologia meccanicista dei lavori giovanili, mentre nella parte relativa alla patologia, la rivendicata unione di osservazione clinica e speculazione teorica sfocia in una trattazione poco originale; notevoli tuttavia le pagine dedicate alle malattie infantili.
Giubilato dalla Sapienza nel 1751, morì a Roma il 5 febbraio 1757 e fu sepolto nella chiesa di S. Silvestro a Monte Cavallo.
Opere. Oltre alle opere già citate, tralasciando le ristampe, si segnalano le Opere filosofiche, mediche, ed anatomiche, Venezia 1741, nonché la recente edizione di Opere scelte, a cura di C. Vinti - M. Bastianelli - A. Allegra, Perugia 2007.
Fonti e Bibl.: Roma, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II, Fondi Minori, Varia 96; il manoscritto Institutiones medicae (Londra, Wellcome Library, 4612), attribuito a Giacomo Sinibaldi, deve ritenersi invece trascrizione delle lezioni di Pascoli.
G.B. Vermiglioli, Biografia degli scrittori perugini e notizie delle loro opere, I, Perugia 1828, pp. 170-173; E. Massari, Elogio di A. P., Perugia 1839; L. Castaldi, A. P., filosofo ed anatomista perugino, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, s. 3, XV (1924), 5-6, pp. 173-180; E. Ianni, A. P. un antenato medico del poeta, in Il Giardino di Esculapio, XXXIV (1955), 2, pp. 29-38; D. Spallone, L’anatomia di A. P. e gli studi anatomici del ’600, Roma 1956; C. Castellani, La patologia infantile nel De homine di A. P., in Castalia 1957, 1, pp. 21-26; F. Bazzi, Della vita e delle opere di A. P., perugino, in Rivista di storia della medicina, IX (1965), 2, pp. 187-196; O Gurrieri, A. P., Perugia 1965; C. Fabro, Il cartesianesimo di A. P. (1669-1757), in Storia e cultura in Umbria nell’età moderna (secoli XV-XVIII). Atti del VII Convegno di studi umbri… 1969, Perugia 1972; V.I. Comparato, A. P., Magliabechi e il meccanicismo a Perugia tra ’600 e ’700, in Studi in onore di Paolo Alatri. I. L’Europa nel XVIII secolo, a cura di V.I. Comparato - E. Di Rienzo - S. Grassi, Napoli, 1991, pp. 3-17; I maestri della Sapienza di Roma dal 1514 al 1787, a cura di E. Conte, I, Roma 1991, p. 517 e passim; L. Guerrini, ‘Lo stile de’ Geometri’. La filosofia cartesiana di A. P. (1669-1757), in Giornale critico della filosofia italiana, LXXV (1996), pp. 380-394; Id., Il grande affare della sapienza umana. Scienza e filosofia nell’opera di A. P. (1669-1757), Firenze 2000; R. Lupi, Gli studia del papa. Nuova cultura e tentativi di riforma tra Sei e Settcento, Firenze 2005, pp. 250-253, 257-259; M.P. Donato, Morti improvvise. Medicina e religione nel Settecento, Roma 2010, pp. 48, 85, 178, 194-195.