OLIVIERI, Alessandro
OLIVIERI, Alessandro. – Nacque a Tivoli il 3 gennaio 1766 da Francesco e da Virginia Gambari Lancellotti.
Frequentati con profitto studi umanistici a Roma, nell’agosto 1785 fu indotto dal padre a sposare Agnese Rinaldi, originaria di Messina, più anziana di lui, che gli portò in dote beni di una certa consistenza. Dal rapporto, piuttosto contrastato, nacque una figlia.
Con la costituzione della Repubblica a Roma, nel febbraio 1798, lasciò Tivoli per entrare a far parte come volontario del 1° reggimento Dragoni, sotto il comando del futuro generale César-Antoine Roize e quindi fu nominato tenente aiutante maggiore. Nel novembre 1798 partecipò alla vittoriosa campagna condotta dal generale francese Jean-Étienne Championnet, contro l’esercito napoletano che, presieduto da Karl Mack, aveva occupato Roma. Nel marzo 1799 fece parte, sotto gli ordini del generale Luigi de Jablonowsky, del contingente della Repubblica chiamato a reprimere l’insorgenza del paese di Vivaro Romano. Nel marzo 1799 fu impegnato in Calabria con l’esercito della Repubblica Napoletana, ma, con il ritiro delle truppe francesi capitanate dal Étienne-Jacques Mac Donald (fine aprile), ripiegò nuovamente su Roma.
Con la caduta della Repubblica riparò in ottobre in Francia, probabilmente insieme a quel nucleo di ufficiali e soldati, di cui è andato perduto l’elenco, che seguirono l’ambasciatore francese Antoine-René-Constance Bertolio a Marsiglia, per poi approdare prima a Lione, poi a Digione, dove fu incorporato nell’armata di riserva comandata dal Primo Console. Attraversate le Alpi, fu presente a Marengo; quindi, rimasto per breve tempo sotto il comando del generale Giuseppe Lechi, con la ricostituzione della Repubblica Cisalpina entrò a far parte del reggimento Cacciatori a cavallo che Bonaparte aveva assegnato all’esercito del nuovo Stato (20 luglio 1800).
Nel gennaio 1801 partecipò, aggregato alla divisione di Domenico Pino, alla battaglia che si svolse nei dintorni di Siena contro l’esercito napoletano, riportando una ferita.
Nominato tenente di seconda classe nel 1° reggimento Cacciatori a cavallo nel nuovo ordinamento dell’esercito cisalpino, attivato nel settembre 1801, fu trasferito nell’ottobre 1802 nel 2° reggimento Ussari in qualità di capitano aiutante maggiore. Un anno dopo ottenne di passare nella Guardia presidenziale, quindi fu promosso maggiore in fanteria, ma nel settembre 1804 si trovava in Puglia, al seguito del generale J.M. Masson, nuovamente al comando di uno squadrone di ussari, che l’anno seguente sarebbe divenuto il 1° di un reggimento di nuova costituzione, i Dragoni Napoleone. Nel novembre 1805 affrontò le truppe dell’arciduca Carlo a Caldiero per poi passare, benché nella riserva, al vittorioso assedio di Venezia, che, con la pace di Presburgo, venne riunita al Regno d’Italia. Nel gennaio 1806, raggiunto il grado di tenente colonnello, si batté al seguito delle schiere francesi, comandate da André Masséna, per la conquista del Regno di Napoli.
Il 19 gennaio 1807 passò ai Dragoni Regina e, sotto il comando dell’antico compagno d’armi Giovanni Maria Narboni, fece la campagna di Prussia. Quindi, associato alla successiva spedizione nella Pomerania svedese, fu impiegato per sorvegliare la costa baltica fino all’Oder. Il 19 dicembre dello stesso anno, per il valore e le capacità dimostrati fu insignito della corona ferrea e della Legione d’onore.
Nel 1809 fu presente alla guerra in Austria e a Raab. Assunto nel corso della campagna il comando dei Dragoni Regina dette dimostrazione di grande valore nella battaglia di Wagram, ricevendo per la sua condotta i complimenti personali di Emmanuel de Grouchy e il titolo di barone. Il 1° gennaio 1810 fu nominato maggiore nel 1° reggimento Cacciatori a cavallo, quindi con lo stesso grado passò al 4° Cacciatori (3 dicembre 1811). Nel 1812 prese parte alla spedizione di Russia, con il grado di colonnello, combattendo nelle principali battaglie e distinguendosi a Malojaroslavec (24 ottobre) e alla Beresina (28 novembre).
In Sassonia, con i Dragoni Napoleone, partecipò ai combattimenti di Bischofswerda e Bautzen, ma il 27 maggio a Pilgramsdorf venne fatto prigioniero. Alla fine di dicembre 1813 si trovava a Simbirsk, sulla riva destra del Volga, tornò in Italia partendo proprio da quella località, insieme ad altri ufficiali prigionieri solo nel luglio 1814.
Rientrato a Milano intorno alla metà di febbraio 1815, riuscì a raggiungere Parigi, dove fu incorporato nelle truppe francesi. Presente a Waterloo, fu in seguito impiegato nello scioglimento de l’Armée de la Loire, dopo di che si ritirò a Lione. Fece quindi ritorno a Roma, dove fu accolto nell’amministrazione di Luigi Bonaparte. Entrato a far parte del seguito di Carolina Amalia di Brunswick, principessa di Galles, moglie ripudiata di re Giorgio IV, si recò con lei da Roma a Pesaro nel 1817. Vi rimase tre anni seguendo poi la principessa (maggio 1820) a Londra. Morta Carolina, fece nuovamente ritorno a Roma, rientrando nella cerchia dei collaboratori di Luigi Bonaparte. Nel 1823 seguì quest’ultimo a Firenze. Poco dopo gli fu affidata l’amministrazione della tenuta che la famiglia Bonaparte possedeva nelle Marche presso Civitanova.
Nel 1830 si trasferì a Monte San Vito continuando ad amministrare altri poderi dei Bonaparte e da dove, scoppiata la rivoluzione in Francia, strinse contatti sempre più serrati con gli oppositori del governo pontificio. Come diversi ex ufficiali napoleonici, Olivieri fu poi tra i protagonisti dei moti che scoppiarono nel 1831 in Romagna, quando gli venne affidata una serie di importanti incarichi.
Fin dai primi giorni della sollevazione di Pesaro fu nominato comandante militare del territorio; il 10 febbraio fu incaricato di reclutare volontari nelle Romagne per poter eventualmente portare la rivoluzione nelle Marche; il 25 febbraio gli fu richiesto di occuparsi delle trame di coloro che ostacolavano il nuovo governo; il 2 marzo fu incaricato di inviare ad Ancona distaccamenti di truppe; il 5 marzo venne indicato dal Presidente del governo provvisorio di Bologna Giovanni Vicini quale comandante del Forte di Ancona, anch’essa ribellatasi al governo pontificio; il 10 marzo fu proposto dal Comitato provvisorio di governo di Pesaro e Urbino per sedare i tumulti di Senigallia. Nella sua veste di comandante militare inviò numerosi proclami alla popolazione di Pesaro invitandola all’ordine e alla disciplina e dichiarandosi per la rinuncia del potere temporale da parte della Chiesa.
Ebbe anche un ruolo importante nel ricondurre a Firenze i due figli di Ortensia, Napoleone Luigi e Luigi Napoleone, il futuro Napoleone III, che intendevano seguire il generale Giuseppe Sercognani, anch’egli vecchio ufficiale del Regno d’Italia, nel suo tentativo di occupare Roma, evento che peraltro non si verificò.
Accerchiato dalle armi austriache, il Governo provvisorio delle Provincie Unite formatosi nei territori pontifici firmò il 25 marzo 1831 con il legato papale Giovanni Antonio Benvenuti una capitolazione, che prevedeva piena amnistia per tutti i compromessi. Il governo imperiale però non riconobbe l’accordo e Olivieri, insieme a diversi altri patrioti, fu arrestato mentre si trovava sull’imbarcazione Isotta e condotto a Venezia. Sottoposto a interrogatorio (10 giugno) rimase prigioniero fino al gennaio 1832, allorché poté raggiungere Parigi, dove fissò la sua dimora.
Ammesso al sussidio di 100 franchi al mese come generale di brigata rifugiato politico, chiese al governo di poter usufruire anche dei vantaggi accordati agli ufficiali che avevano partecipato ai Cento giorni, ma non ottenne soddisfazione. Nel frattempo, in Italia, il governo papale lo aveva escluso dall’amnistia e aveva provveduto alla confisca di tutti i suoi beni.
Nella capitale francese, tenendosi lontano dalle dispute che si accesero tra il cospicuo numero di esuli italiani, si dedicò alla compilazione di opere di erudizione storica e geografica, rimaste inedite, continuando a tenere, come poteva, rapporti con la famiglia Bonaparte che risiedeva a Firenze.
Morì a Versailles – dove era andato a soggiornare negli ultimi tempi, tra non pochi stenti e colpito da grave infermità – nel dicembre 1847.
Il 4 gennaio 1848 ne diede breve notizia il giornale L’Italiano di Bologna, asserendo in maniera un po’ enfatica che «il suo funerale ebbe un corteggio da equiparare a un trionfo».
Fonti e Bibl.: Per la data di nascita: Tivoli, Arch. della cattedrale di S. Lorenzo, Liber Baptizatorum ab anno 1761 usque 1768, c. 93. Per il periodo napoleonico: C. De Laugier, Fasti e vicende di guerra dei popoli italiani dal 1801 al 1815, VII, Firenze 1834, pp. 195, 238; X, 1836, p. 319; G. Lombroso, Vite dei primari generali ed ufficiali italiani … dal 1796 al 1815, Milano 1843, pp. 359 s.; A. Zanoli, Sulla milizia cisalpino-italiana, Milano 1845, I, pp. 168, 183, 275, 353, 389; II, pp. 19, 98, 199, 258, 263, 341; F. Turotti, Storia dell’armi italiane dal 1796 al 1814, III, Milano 1858, pp. 660, 726; G. Fantoni, Nuovo diurno italiano, Venezia 1872, p. 217; F. Baggi, Memorie, a cura di C. Ricci, Bologna 1898, pp. 172, 174, 218, 223, 230; V. Fiorini - F. Lemmi, Storia politica d’Italia: periodo napoleonico, Milano 1907, ad ind.; F. Pisani, Con Napoleone nella campagna di Russia, a cura di C. Zaghi, Milano 1842, pp. 353, 356, 358; E. De Rossi, Il reggimento italiano di cavalleria 1° ussari cisalpino, in Memorie storiche militari, 1910, n. 3, pp. 115, 121; Id., La cavalleria italiana nella Grande Armata, ibid., n. 4, pp. 330 s.; C. Zaghi, Napoleone, la rivoluzione e l’Europa moderna, Napoli 1969, pp. 416, 418; G. Di Nicola, Vivaro Romano, Roma 1973, pp. 66, 104, 106; P. Candido, A. O. ufficiale napoleonico, in Atti e mem. della Società tiburtina di storia e d’arte, LXIX (1996), pp. 49-61; V. Ilari - P. Crociati - C. Paoletti, Storia militare dell’Italia giacobina, I-II, Roma 2001, pp. 588, 1044; Id., Storia militare del Regno italico, I, Roma 2004, pp. 662, 669, 679 s., 684, 688 s., 691, 699; L. Faverzani, Il primo esercito italiano nella corrispondenza del gen. G. Lechi, Roma 2010, p. 251. Per gli anni successivi: Foglio uffiziale del privilegiato Messaggere tirolese (Rovereto), 7 novembre 1820; G. Pepe, Memorie, II, Parigi 1847, p. 159; A. Vesi, Rivoluzione di Romagna del 1831, Firenze 1851, p. 56; A. Vannucci, I martiri della libertà italiana, Milano 1872, pp. 308-310; L. Vicchi, Il generale Armandi, Imola 1893, pp. 18, 96; T. Casini, La giovinezza e l’esilio di T. Mamiani, Firenze 1896, pp. 32, 90; E. Spagni, Un diario inedito della rivoluzione del 1831 a Pesaro, Venezia 1909, pp. 9, 15; Gli ufficiali del periodo napoleonico nati nello Stato pontificio, a cura di E. Ovidi, Roma-Milano 1914, p. 83; R. Del Piano, Roma e la rivoluzione del 1831, Imola 1931, p. 367; A. Sorbelli, L’epilogo della rivoluzione del 1831, Modena 1931, ad ind.; P. Zama, La marcia su Roma del generale Sercognani, Milano 1931, pp. 170 s., 290, 312; A. Sorbelli, Libro dei compromessi politici nella rivoluzione del 1831-1832, Roma 1935, ad nomen; D. Spadoni, Fisonomia del moto del ’31 nelle Marche, in Le Marche nella rivoluzione del 1831, Macerata 1935, pp. 13, 23; M. Petrini, La rivoluzione di Pesaro, ibidem, pp. 37, 47; L. Pasztor - P. Pirri, L’Archivio dei governi provvisori di Bologna e delle Provincie Unite del 1831, Città del Vaticano 1956, ad ind.; A. Corsini, I Bonaparte a Firenze, Firenze 1961, p. 222; J. Robins, Rebel Queen, London 2006, p. 252.