NUMAI, Alessandro
NUMAI, Alessandro. – Nacque a Forlì nel 1440 (come si ricava dall’elegia che gli dedicò Roberto Orsi, già podestà di Forlì e assiduo del circolo letterario di casa Numai [Forlì nei versi degli Umanisti, 1955, p. 206]), da Guglielmo e da Gentile dall’Aste, se non si dà credito alla notizia secondo cui sarebbe stato figlio naturale di Guglielmo e di Elisa della Valle, la quale per altro l’11 ottobre 1478 in articulo mortis dichiarò che Alessandro era figlio suo e del marito, il mulattiere Nanne Bartoli (Calandrini-Fusconi, 1993, p. 667).
Un rogito del 1464 indica sei figli di Guglielmo Numai: Alessandro, Luffo, Ruggero, Bernardino, Gianandrea e Cecco (ibid., p. 663), mentre l’umanista Santo Viriati (1967, pp. 62-67) afferma che Guglielmo ebbe cinque figlie e sette figli.
Chiunque fosse il vero padre, Guglielmo Numai in ogni modo accolse Alessandro, garantendogli, come agli altri figli, un’elevata formazione culturale. Ebbe come precettore Santo Viriati e fu a contatto con gli intellettuali che frequentavano la casa.
Già nel 1455 era titolare dell’altare di S. Sisto nella chiesa di S. Maria della Ripa e dei benefici delle chiese di S. Maria a Magliano e di S. Mercuriale a Rocca d’Elmici, nella diocesi di Bertinoro. L’8 aprile 1460 conseguì la laurea in diritto canonico all’Università di Bologna, dove era stato «rector scholarium citramontanorum» e incaricato «ad lecturam Digesti Veteris diebus festis» (Dallari, 1888, p. 52). A otto mesi dalla laurea, il vescovo di Bertinoro, Ventura degli Abbati, lo nominò vicario generale per la parte della diocesi in territorio forlivese; l’anno seguente il Capitolo gli assegnò l’altare di S. Michele nella chiesa della Ss. Trinità, mentre nel 1462 fu eletto dall’arcidiacono Giacomo Paladini e da Niccolò Salimbeni rettore dell’altare dei Ss. Michele e Cristoforo nella cattedrale di S. Croce. Nel 1463 Paladini e Numai furono arbitri di una vertenza fra il Capitolo e la corporazione dei beccai concernente il nuovo edificio. Nello stesso anno, Paladini, eletto vescovo di Forlì, volle come suo vicario generale Numai, che papa Pio II aveva nominato arcidiacono. Il 14 gennaio 1465 divenne vicario generale anche dell’abate commendatario dell’abbazia di S. Maria di Fiumana, Battista da Lugo, e il 10 ottobre 1466 patrono della cappella dei Ss. Giacomo e Cristoforo nella chiesa di S. Maria dei Servi. Nei mesi precedenti era stato incarcerato per aver partecipato, con i fratelli, alla ‘congiura del Venerdì Santo’ ordita contro Pino Ordelaffi a favore del fratello Cecco Ordelaffi , che quello aveva fatto imprigionare.
Non si conosce la durata della prigionia di Numai, ma poiché la sua ultima attività come vicario generale prima della reclusione è attestata nei documenti al 22 marzo (Calandrini-Fusconi, 1993, p. 665) e poi non si hanno notizie fino al 4 giugno, la detenzione è probabilmente da collocare in questo intervallo di tempo.
L’11 ottobre 1466 morì Paladini e lo stesso giorno Numai mandò tre procuratori a Roma dal papa «ad postulandum omne et quodcumque beneficium et maxime episcopatum forliviensem» (ibid., pp. 637 s.). Il 13 ottobre, dopo il funerale di Paladini, il Capitolo elesse Numai vescovo di Forlì, sollecitando Paolo II a ratificare la decisione e a nominarlo «in forma Curie» (p. 662). Il papa tuttavia lo designò soltanto, nel novembre 1468, vicario apostolico della diocesi, verosimilmente perché non voleva entrare in contrasto con Pino Ordelaffi.
Nel dicembre 1469 fu inviato dal papa in Nord Europa: partito da Roma, durante il viaggio, si fermò a Forlì per le feste natalizie, prendendo provvedimenti per la diocesi, e dopo Natale proseguì per la Germania. Qui, alla dieta di Petrikau, tentò di ottenere la consegna di Filippo Buonaccorsi detto ‘Callimaco’, promotore di una congiura dell’Accademia romana di Pomponio Leto contro il pontefice.
Nello svolgimento dei suoi compiti ebbe modo da suscitare la stima dell’imperatore Federico III, il quale forse in tale occasione gli conferì le tre stelle che i Numai avrebbero poi conservato nel loro stemma, nonché il leopardo col motto «Tolle moras».
Il 9 marzo 1470 il papa lo nominò finalmente vescovo ma da episcopus electus divenne episcopus forliviensis a tutti gli effetti solo nel 1471, probabilmente fra il 30 maggio e il 31 agosto, quando ricevette l’ordinazione episcopale. Intanto, il 4 marzo 1471, era rientrato in Italia, fermandosi a Forlì, dove nella seduta capitolare del 13 marzo sollecitò i lavori di ristrutturazione della cattedrale e il 23 marzo nominò vicario generale della diocesi Piergiovanni de Bartolis, avvenimento che segnò la pace con Ordelaffi, poiché Numai elesse Piergiovanni «cum pleno mandato et auctoritate, comictens sibi quod faciat secundum voluntatem et beneplacitum illustris et excelsi Domini nostri, domini Pini de Ordelaffis...» (ibid., pp. 687-690). La volontà del neovescovo di placare il malcontento nei confronti di Ordelaffi si manifestò ancora il 27 settembre dello stesso anno, quando inviò al clero forlivese una lettera che invitava la comunità religiosa ad agire per il bene e a obbedire a Ordelaffi.
Dalla lettera che scrisse da Roma il 24 novembre 1471 a Lorenzo de’ Medici, definendosi «Urbis Studii Vicecancellarius et locumtenens» (ArchivioMediceo ... , 1955, p. 101), si apprende che era stato nominato vicereggente dello Studium di Roma. Fu in corrispondenza anche con lo scultore pratese Andrea Guazzalotti.
Dopo essere stato inviato apostolico presso la signoria di Firenze all’inizio del 1472, per Pasqua si recò a Forlì, dove conferì al fratello Ruggero le chiese di S. Maria di Magliano e di S. Mercuriale di Rocca d’Elmici e commissionò al maestro forlivese Lorenzo di Paolo lavori di ristrutturazione della cattedrale. Ripartendo per Firenze, il 19 aprile, portò con sé alcuni arredi della cattedrale per farli sistemare dai maestri fiorentini e romani. A Roma ricevette l’incarico di luogotenente del cardinal legato Pietro Riario a Perugia, probabilmente già nei primi mesi del 1473, poiché, scrivendo a Lorenzo de’ Medici, il 25 febbraio e il 3 marzo si disse «Perusii Spoletanique ducatus Sanctissimi Domini Nostri vicelegatus» (ibid., p. 156).
Alla fine di maggio 1474, mentre si recava in missione in Francia e poi alla corte imperiale ad Augusta, si fermò a Forlì, dove benedisse la prima pietra del monastero di S. Maria della Ripa, la cui costruzione era stata avviata da Pino Ordelaffi per le monache terziarie francescane. Di ritorno, sostò nuovamente nella sua città e il 10 settembre consacrò in cattedrale 7 altari, tra i quali il maggiore e quello della cappella della Madonna del Fuoco. Due giorni dopo tornò a Roma, da dove fu inviato in Umbria come governatore di Todi, come testimonia la lettera a Lorenzo de’ Medici il 18 ottobre 1474, in cui si definì «Tuderti Amerie gubernator» (ibid., p. 211).
Nel 1475 fu ancora all’estero per conto di papa Sisto IV, il quale, dopo avergli conferito pieni poteri di legato pontificio a latere, lo investì della delicata missione di portare la pace fra le potenze dell’Europa centrale impegnate nella guerra di Borgogna, affinché affrontassero assieme le nuove minacce dei Turchi. In questo periodo agì per la pace fra l’imperatore Federico III e il duca Carlo il Temerario di Borgogna, che assediava Neuss dal 1474.
In viaggio verso il Nord Europa si fermò a Forlì per le festività pasquali e consacrò la cattedrale sotto il titolo di S. Croce e S. Valeriano. Nel 1476, nunzio apostolico, istituì con bolla datata 10 marzo nella chiesa dei domenicani di Colonia la confraternita del S. Rosario, che poi si creò anche a Forlì in S. Giacomo dei Domenicani.
Fu ambasciatore pontificio nel 1478 presso il re di Francia Luigi XI per sollecitarlo a una buona disposizione nei confronti di Sisto IV, poi nel 1483 presso il re d’Ungheria Mattia Corvino, per conto di Federico III ma anche per indurlo alla pace nei confronti del pontefice. Per incarico dell’imperatore si recò in missione nel 1479 e nel 1483 presso la Repubblica di Venezia.
Morì nel 1483, fra il 22 luglio, data dell’ultimo documento che lo attesta in vita (Calandrini-Fusconi, 1993, p. 732), e il 3 settembre, quando Sisto IV nominò nuovo vescovo di Forlì Tommaso dall’Aste.
Non è noto il luogo di morte, se Venezia, Roma o in Germania, dove secondo Innocenzo VIII «spolia et bona sunt» (ibid., p. 733). A Forlì lo ricorda il monumento sepolcrale che il fratello Luffo fece erigere nel 1502 per sé e la moglie Caterina Paolucci nella chiesa di S. Maria dei Servi (più comunemente S. Pellegrino Laziosi), in cui appaiono alcune lettere del suo nome e il motto «Tolle moras».
Fonti e Bibl.: A. Burriel, Vita di Caterina Sforza Riario contessa d’Imola, e signora di Forlì ..., Bologna 1795, p. 140; G. Calindri, Saggio statistico storico del Pontificio Stato, Perugia 1829, p. 120; D. Malipiero, Annali veneti dall’anno 1457 al 1500, a cura di F. Longo, in Archivio storico italiano ossia raccolta di opere e documenti finora inediti o divenuti rarissimi riguardanti la storia d’Italia, I, Firenze 1843-44, p. 281; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, I, Bologna 1888, p. 52; Il diario romano di Jacopo Gherardi da Volterra, dal VII settembre MCCCCLXXIX al XII agosto MCCCCLXXXIV, a cura di E. Carusi, XXXIII, 3, Città di Castello 1904-06, pp. 149 s.; Giovanni di m. Pedrino depintore, Cronica del suo tempo, a cura di G. Borghezio - M. Vattasso, II (1437-64) e Appendice (1347-95), Roma 1934, pp. 395 s., 403 s.; Archivio Mediceo avanti il Principato. Inventario, II, Roma 1955, pp. 34, 60, 101, 142, 156, 211, 277, 325; Forlì nei versi degli Umanisti, in La Piê, XXIV (1955), p. 206; S. Viriati, Scripta Latina. Nunc primum edita, Bologna 1967, pp. 62-67; D. Caccamo, Buonaccorsi, Filippo (Callimachus Experiens), in Dizionario Biografico degli Italiani, XV, Roma 1972, pp. 78-80; A. Borst, Forme di vita nel Medioevo, Napoli 1988, p. 132; C. Piana, Il «Liber Secretus Iuris Pontificii» dell’Università di Bologna 1451-1500, Milano 1989; A. Calandrini - G.M. Fusconi, Forlì e i suoi vescovi. Appunti e documentazione per una storia della Chiesa di Forlì. Il secolo XV, Forlì 1993, passim; L. Simonato, Guazzalotti, Andrea, in Dizionario Biografico degli Italiani, LX, Roma 2003, pp. 513-516.