MORESCHI, Alessandro Nilo Angelo
MORESCHI, Alessandro Nilo Angelo. – Nacque a Montecompatri (Roma) l’11 novembre 1858 da Luigi e da Rosa Pitolli.
Nulla si sa di preciso dei suoi primi studi e si ipotizza abbia appreso i rudimenti del canto frequentando la parrocchia. A detta del musicologo Franz Haböck (1927, pp. 206 s.) che lo conobbe di persona, da bambino cantava nella piccola cappella della Madonna del Castagno, visitata da Pio IX il 12 agosto 1865; può darsi che in quell’occasione il fanciullo sia stato notato per le sue qualità vocali. Non vi sono notizie circa un’eventuale (probabile ma non certa) operazione per l’evirazione, avvenuta presumibilmente in quegli anni; nel 1871, tredicenne, fu condotto a Roma da Nazareno Rosati, un frate minore membro del coro della Cappella Pontificia, per approfondire le conoscenze musicali. Ammesso alla Schola cantorum di S. Salvatore in Lauro, vi approfondì la tecnica di canto con ottimi risultati. Perfezionò gli studi col compositore di musica sacra Gaetano Capocci (Devoti, 1985, p. 465), che nel luglio 1873 lo fece nominare primo soprano della cantoria lateranense. Il venerdì santo del 1881, in qualità di cantore aggiunto della Cappella Giulia, eseguì in S. Pietro l’Inflammatus et accensus dallo Stabat Mater di Rossini; Lillie de Hegermann-Lindencrone, consorte statunitense dell’ambasciatore danese a Roma, osservò: «gli acuti della voce di Moreschi – ogni nota una lacrima – hanno un che di sovrannaturale» (cit. in Clapton, 2008, pp. 47 s.). La carriera di Moreschi raggiunse in quegli anni l’apice del successo; l’attività musicale nelle cantorie era affiancata da concerti e accademie in salotti privati, con esecuzioni di brani sia sacri sia profani. Nel 1883 la stessa testimone lo sentì cantare in salotto la parte di Margherita (l’«aria dei gioielli») nel Faust di Gounod (ibid., p. 48).
A causa dei molti impegni assunti, l’artista entrò in conflitto con Salvatore Meluzzi, direttore della Cappella Giulia, che lo accusò di trascurare l’attività in cantoria: «cantò mercoledì nella Ven. Chiesa del Sudario con voce splendida; il giovedì seguente non poté prestarsi in S. Pietro per la solennità della Cattedra, causa un repentino abbassamento di voce; oggi (venerdì 19 gennaio 1883) con voce splendidissima ha potuto eseguire una messa funebre nella Chiesa di S. Carlo al Corso. […] Mi sembra non sia decoroso per il Capitolo Vaticano essere posposto per capriccio di un ermafrodito …» (Devoti, 1985, p. 467).
Nella Quaresima del 1883 Moreschi interpretò la parte del Serafino nell’oratorio Cristo sull’Oliveto di Beethoven, diretto da Capocci; da quel momento in poi gli fu attribuito il soprannome «l’Angelo di Roma ». Il 22 marzo del medesimo anno ottenne il posto di soprano nella Cappella Pontificia per rescritto, entrando a pieno titolo fra i cantori di ruolo; il 31 dello stesso mese fu autorizzato a proseguire l’attività di cantore nella Cappella Pia di S. Giovanni in Laterano. Nel 1886, a quanto pare, ricoprì il ruolo di «direttore dei solisti » rimasto vacante dopo il ritiro di Giovanni Cesari (Clapton, 2008, p. 76). Nel 1891 venne nominato segretario puntatore della Cappella Pontificia e l’8 marzo dell’anno seguente fu maestro pro tempore. Il 21 agosto 1892 si recò a Montecompatri per dirigere alcuni cantori romani e i pueri cantores di S. Salvatore in Lauro nelle funzioni celebrate nella cappella della Madonna del Castagno. Le attività concertistiche fuori dall’ambito istituzionale erano state vietate ai cantori pontifici fin dal 1762 (divieto inasprito nel 1856, mentre era consentita la partecipazione a esecuzioni musicali private): per tale motivo nel 1895 lo stesso Collegio dei cantori negò a Moreschi l’autorizzazione a partecipare a un’«accademia». Per contro, nel 1896 ottenne il permesso di proseguire a cantare nelle cappelle Lateranense e Giulia. Il 4 marzo 1898 venne ritratto in una delle tante foto scattate con tutti i cantori papali; a quella data il musicista divideva il posto di «sindaco al camerlengo» con il cantore Maria Luigi Cherubini (de Salvo Fattor, 2005, p. 99 n.). L’arrivo di Lorenzo Perosi alla direzione della Cappella Pontificia nel dicembre 1898, con la sua dichiarata avversione per gli evirati, modificò gli equilibri in cantoria; nondimeno, per diversi anni ancora, Moreschi mantenne invariati i propri incarichi.
Il 9 aprile 1899, per le funzioni pasquali, il poeta e critico musicale Enrico Panzacchi ascoltò Moreschi in S. Pietro e rimase affascinato dalla sua voce. Il 9 agosto prese parte, come solista, alla cerimonia funebre in suffragio del re Umberto I, celebrata nel Pantheon sotto la direzione di Pietro Mascagni; la famiglia reale gli fece pervenire un orologio d’oro in segno di riconoscenza (Devoti, 1985, p. 468).
Il 3 febbraio 1902, il motu proprio di Leone XIII sancì l’eliminazione degli evirati dalla Cappella Pontificia (pur senza nominarli esplicitamente), consentendo comunque agli ultimi tre cantori ancora presenti (Domenico Salvatori, Vincenzo Sebastianelli e Moreschi) di restare in servizio sino al pensionamento. Due mesi dopo Moreschi effettuò una serie di incisioni fonografiche, per conto della Gramophone and Typewriter Company, che lo videro impegnato in qualità di direttore, solista e cantore; furono effettuate sette sessioni di prove, fra il 3 e il 5 aprile 1902. Oltre a queste incisioni – in parte conservate – altre ne vennero effettuate nell’aprile 1904 sotto la direzione del barone Rodolfo Kanzler.
Nel medesimo anno, Moreschi, preso atto dei mutamenti in corso nella Cappella Pontificia, rivolse i propri interessi verso la Cappella Giulia, dove la presenza degli evirati era ancora tollerata; fece parte del Collegio dei cantori pontifici fino al 22 marzo 1913 quando, trascorsi i 30 anni di servizio, fu giubilato. Il suo nome rimase in organico sino al 1921. Il suo posto, non più assegnabile a un castrato, venne coperto dall’allievo Domenico Mancini, falsettista, che quattro giorni dopo intervenne per la prima volta in sua vece nel servizio per le esequie del cardinale Pietro Respighi, in S. Maria sopra Minerva.
Durante la Pasqua del 1914, Haböck volle incontrare Moreschi, ultimo evirato ancora attivo a Roma, per intervistarlo. Negli anni a seguire il musicista ridusse man mano la propria attività anche nella Cappella Giulia dove, il 25 marzo 1919, per la settimana santa, fu sostituito definitivamente da Mancini.Il 16 giugno, in qualità di ex alunno, prendeva parte alla solenne accademia per il cinquantenario della Schola cantorum di S. Salvatore in Lauro, celebrata in S. Ignazio. In quel periodo il tenore Giacomo Lauri Volpi, che lo aveva incontrato a Roma, commentava: «La gente si voltava a guardarlo. E sentii qualcuno che diceva: “Quello è Moreschi”. Era un uomo comune, di media statura, le labbra aperte a un vago sorriso» (Devoti, 1985, p. 472). Il suo nome nel 1922 era ancora segnalato tra i cantori della Cappella Giulia (musici voce acutiori).
Morì a Roma il 21 aprile 1922. Alle esequie, tenute in S. Lorenzo in Damaso, Perosi diresse la messa da requiem, accompagnato da numerosi cantori delle principali cappelle romane; fu sepolto nel cimitero Monumentale del Verano.
Comunemente considerato «l’ultimo castrato», Moreschi si dedicò per tutta la vita all’attività musicale come cantore nelle basiliche romane, come artista (costituì un quartetto vocale con Giovanni Del Papa, Ercole Cappelloni e Luigi Falcioni, tutti cantori della Cappella Pontificia) e insegnante di canto. Nei primi anni del Novecento si esibì spesso nei concerti di Natale tenuti in alcuni alberghi romani: per esempio, all’Hotel Russia cantò al fianco del tenore Francesco Marconi e del baritono Antonio Cotogni (Devoti, 1985, p. 468).
Sulle sue peculiarità vocali esistono diverse testimonianze riportate in cronache e periodici coevi; di particolare interesse storico le incisioni giunte sino a noi, peraltro non facili da valutare: la qualità dei documenti sonori è alquanto limitata e l’emissione della voce può risultare, in alcuni casi, incerta. Haböck, che ebbe modo di ascoltarlo in diverse occasioni, dichiarò che possedeva un’ampia estensione della voce e una discreta potenza sonora, simile a quella di un tenore acuto, aggiungendo: «la voce di Moreschi può solo essere paragonata alla chiarezza e alla purezza del cristallo» (1927, p. 208). La sua tecnica vocale prevedeva un utilizzo ampio della messa di voce, del vibrato e di ampi glissati eseguiti non solo nei generi profani ma anche in quelli sacri, secondo uno stile legato al gusto romantico, condizionato dagli influssi della musica operistica. Come scrisse Lauri Volpi: «Egli emetteva, nella sua immobilità e serenità, una voce flautata, leggera, spontanea, immune da sforzo e lenocinio, come sospinta dal sentimento fatto suono […] quel magico sopranista […] saliva con la sua voce alta la barriera dell’umano» (cit. in Devoti, 1985, p. 466).
Fra i brani incisi tra il 1902 e il 1904 pervenuti si ricordano: Giovanni Aldega, Domine, salvum fac Pontificem nostrum Leonem; Luigi Pratesi, Et incarnatus est e Crucifixus; Francesco Paolo Tosti, Ideale e Preghiera; Salvatore Meluzzi, Ave Verum; Johann Gustav Eduard Stehle, Tui sunt coeli; Mozart, Ave Verum; Rossini, Crucifixus dalla Petite Messe solennelle; Ignaz Xaver Joseph Leybach, Pie Jesu; Eugenio Terziani, Hostias et Preces; Charles Gounod, Ave Maria; Gaetano Capocci, Laudamus Te; Tomás Luis de Victoria, Improperia; Giovanni Pierluigi da Palestrina, La cruda mia nemica; Emilio Calzanera, Oremus pro Pontifice; Incipit Lamentatio Jeremiae, in canto piano.
Moreschi lasciò parte del proprio archivio privato all’allievo prediletto, Domenico Mancini, e al figlio adottivo Giulio; quest’ultimo fu attivo come tenore nelle cappelle Giulia e Liberiana, come cantore aggiunto nella Cappella Pontificia negli anni 1950-52 e membro del Coro dell’Accademia nazionale di S. Cecilia. Si ricorda la sua partecipazione come attore nel film Lo sceicco bianco (1952) di Federico Fellini (fu, fra l’altro, maestro di canto di Riccardo, fratello del regista). Morì il 16 luglio 1955.
Fonti e Bibl.: F. Haböck, Die Kastraten und ihre Gesangskunst, Berlin 1927, pp. 206-210; A. De Angelis, La musica a Roma nel secolo XIX, Roma 1935, p. 20; A. Gabrielli, Riassunto delle conversazioni sulla storia delle cappelle musicali romane, in Rassegna Dorica, X (1938-1939), pp. 255 s.; A. Heriot, The castrati in opera, London 1956 (trad. it. I castrati nel teatro d’opera, Milano 1962, pp. 253 s.); J.K. Law, A. M. reconsidered. A castrato on records, in The Opera Quarterly, II (1984), 2, pp. 1 s.; L. Devoti, A. M. detto «L’angelo di Roma» (1858-1922), in Musica e musicisti nel Lazio, a cura di R. Lefevre - A. Morelli (Lunario Romano, XV), Roma 1985, pp. 463-474; R. Burning, A. M. and the castrato voice, diss., Boston University, Boston, MA, 1990; M. Scott, The record of singing (1977), Boston 1993, pp. 10 s.; L.M. Kantner - A. Pachovsky, La Cappella musicale pontificia nell’Ottocento, Roma 1998, pp. 25, 33, 50, 59, 145, 148, 156, 168, 181, 184, 243, 270 s., 275; S. de Salvo Fattor, La Cappella musicale pontificia nel Novecento, Roma 2005, pp. 8, 15, 26, 99, 103, 127, 219 (per Alessandro); 229 (per Giulio Moreschi); N. Clapton, M.: the last castrato, London 2004 (trad. it. M.: L’Angelo di Roma, Montecompatri 2008, in part. pp. 48, 76, 108 s., 128, 134-139 [per Alessandro], 128 e 170 [per Giulio]); M. Beghelli - R. Talmelli, Ermafrodite armoniche. Il contralto nell’Ottocento, Varese 2011, ad ind.; C. Schmidl, Diz. Univ. dei musicisti, suppl., p. 550; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, V, p. 196; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XVII, pp. 115 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, 2004, XII, col. 470.
Salvatore De Salvo Fattor