MICHAUD, Alessandro
– Nacque a Nizza il 22 luglio 1772 da Francesco e Maria Antonietta Renaud. La famiglia, appartenente alla borghesia agiata, era originaria della Savoia. Il padre avrebbe desiderato vederlo ingegnere come lui, ma il M. manifestò sin da giovane una nettissima inclinazione per la vita militare. In questo campo diede la prima dimostrazione delle sue capacità nel 1792, organizzando 300 volontari con i quali si oppose all’avanzata sulla sua città dei rivoluzionari delle «phalanges marseillaises». Caduta Nizza, il M. raggiunse la famiglia in Piemonte dove il principe ereditario Carlo Emanuele di Savoia, tenuto anche conto dei suoi precedenti studi, nel 1793 lo assegnò tenente al corpo dei pionieri appena costituito.
Già nel giugno di quell’anno il M., alla testa di 50 pionieri, si distinse sull’Authion; l’anno dopo rimase ferito a un braccio mentre faceva saltare il ponte di Roccaviglione difeso da una batteria francese. Appena guarito si offrì di guidare un attacco contro l’avamposto di Vaccarile, difeso da 160 granatieri francesi: riuscì nell’impresa, ma fu ferito al braccio da una baionettata. Il 26 giugno 1794 venne ferito una terza volta davanti alla posizione di Fralines: ottenne la promozione a capitano e la croce dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
Rimasto in servizio dopo l’armistizio di Cherasco, il 2 maggio 1798 a Rocca Grimalda il M. con un corpo franco affrontò gli insorti appoggiati dai Liguri. Poi, quando il re Vittorio Emanuele IV si rifugiò in Sardegna e l’esercito piemontese fu affiancato a quello francese, rassegnò le dimissioni. Alcuni autori lo danno presente alla battaglia di Magnano contro gli Austriaci e poi, il 14 giugno 1800, contro i Francesi a Marengo, ma sembra trattarsi di omonimia con altri Michaud.
Dopo la seconda occupazione francese del Piemonte il M. raggiunse Carlo Emanuele IV nel suo esilio romano, attraversando a piccole tappe, con qualche astuzia, l’Italia occupata dai Francesi. Il soggiorno romano gli fece comprendere che, al momento, non sussistevano speranze di una pronta restaurazione e lo stesso re lo incoraggiò a utilizzare altrove i suoi talenti. Prese servizio allora presso la Repubblica Septinsulare e contribuì all’ammodernamento delle fortificazioni di Corfù e di Santa Maura, ottenendo l’iscrizione nel Libro d’oro della nobiltà locale.
La guerra della III coalizione aveva intanto portato a Corfù nel 1805, insieme con una squadra navale russa, un corpo di spedizione, nel quale il M. entrò col grado di capitano del genio. Prese così parte, fino al 1807, alla campagna combattuta contro i Franco-Italici fra Ragusa e le Bocche di Cattaro. Rimasto al servizio russo come addetto allo stato maggiore, partecipò, dal 1809, alla guerra contro la Turchia, segnalandosi nel 1810 alla presa di Tourtoukai, che gli procurò la croce dell’Ordine di S. Giorgio e la promozione a maggiore; nel 1811 a Routschouk, dove venne promosso tenente colonnello e decorato con l’Ordine di S. Anna; nel 1812 a Loutcha, dove si guadagnò la promozione a colonnello.
Era intanto iniziata la guerra contro la Francia. Nell’autunno del 1812 il M. raggiunse l’esercito russo che stava organizzando la difesa nel campo trincerato di Drissa, sulla Dvina. La posizione apparve subito indifendibile al M., che ne informò lo zar Alessandro I tramite il principe P.M. Volkonskij, suo aiutante di campo generale. Il M. confermò poi davanti a un consiglio di guerra tale suo parere negativo che venne accettato: la posizione fu quindi abbandonata e il M. fu incaricato di cercare nuove linee difensive attorno a Mosca e sul Volga. Tornato al quartier generale, il M. venne incaricato dal generale M.I. Kutuzov di portare allo zar la notizia della caduta e dell’incendio di Mosca, bilanciata poi da quella della vittoria russa a Vinkovo. Rimasto presso lo zar come aiutante di campo, partecipò alla battaglia di Krasnoe e poi alla campagna del 1813, seguendo lo zar nelle battaglie di Dresda, di Chelmno e di Lipsia, in seguito alle quali fu nominato aiutante di campo generale e promosso al grado di maggiore generale. Il M. fu a fianco dello zar anche durante la campagna del 1814, partecipando alla battaglia di Brienne ed entrando a Parigi con gli eserciti alleati.
Già nel corso delle ultime campagne il M. aveva sollecitato lo zar a sostenere la restaurazione dei Savoia e un accrescimento territoriale dei loro domini. Ottenuto il consenso dello zar, fu da lui incaricato di riportare a Torino dalla Sardegna il nuovo re Vittorio Emanuele I. Lo raggiunse a Cagliari, latore di una lettera dello zar, e con lui si imbarcò per Genova. Entrato a Torino il 20 maggio 1814, il re lo insignì della gran croce dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e gli propose di scegliere tra le cariche di governatore di Torino e di ambasciatore sardo in Russia. Il M. si schermì, sostenendo che se avesse continuato a servire Alessandro I sarebbe stato assai più utile alla causa sarda. In effetti con la sua influenza contribuì a sventare i tentativi di ridurre i domini continentali dei Savoia, che dopo i Cento giorni furono recuperati con il ritorno di Nizza e di parte della Savoia. Per i suoi servigi il 21 giugno 1816 il M. ottenne dal re Vittorio Emanuele I il titolo di conte.
A San Pietroburgo, dove, in quanto aiutante di campo generale dello zar, alloggiò nel palazzo d’Inverno, il M. continuò a godere della stima e dell’amicizia di Alessandro I e a salvaguardare gli interessi della dinastia sabauda. Nel 1822 infatti, in occasione del congresso di Verona, il M. – che dall’inviato sardo in Russia era già stato segnalato al nuovo re Carlo Felice come l’uomo che maggiormente poteva influire sullo zar – tutelò ancora una volta gli interessi della casa regnante sventando la possibilità che Carlo Alberto per la parte avuta nei moti del 1821 fosse allontanato dalla successione al trono. In segno di gratitudine il M. ricevette una pensione annua di 6000 lire. Da parte sua, poi, Carlo Alberto nel 1838 avrebbe aggiunto al titolo comitale di M. l’allusivo e onorifico predicato «di Beauretour», con riferimento alle vicende del 1814.
Nel 1825, in occasione di un viaggio in Italia per sistemare questioni di famiglia, il M. ricevette dallo zar una missione di particolare delicatezza e rilevanza da svolgere presso il papa. Ancor oggi non è chiaro se dovesse comunicare a LeoneXII l’intenzione dello zar di convertirsi al cattolicesimo oppure chiedere l’invio di un delegato papale incaricato di ricondurre sotto Roma il patriarcato di Mosca o, più semplicemente, di un teologo incaricato di studiare la questione. Quel che è certo è che il M. fu ricevuto dal papa il 5 dic. 1825; Olszamowska-Skozwrónska ha pubblicato una lettera dell’8 febbr. 1827 in cui, scrivendo a LeoneXII, il M. gli chiedeva se doveva rivelare al nuovo zar, Nicola I, «il gran segreto già confidato al papa durante il Giubileo» e se, in caso affermativo, doveva render nota l’autorizzazione da-
tagli dal pontefice. Non si conosce la risposta a questa lettera: alla morte del M., un documento relativo a tutta la vicenda fu inviato allo zar, ma probabilmente fu bruciato dal destinatario. Di questa missione non è fatto alcun cenno nella biografia del M. scritta dalla nipote Anastasie Michaud; qualche cenno compare in opere successive. Comunque la morte di Alessandro I, sopravvenuta il 5 dic. 1825, fece sì che la missione restasse priva di qualsiasi conseguenza.
Saputo della morte di Alessandro I, il M. si affrettò a tornare in Russia, dove il nuovo zar lo confermò nel suo incarico conferendogli anche il gran cordone dell’Ordine di S. Anna. Malgrado cominciasse ad avere problemi di salute, nel 1829 accettò la nomina a capo di stato maggiore e comandante dell’artiglieria e del genio dell’armata che marciava nei Balcani contro i Turchi; non riuscendo però a esercitare il comando a causa dei reumi e della gotta, il M. chiese il congedo. Lo zar acconsentì a farlo rientrare in patria, dove un clima migliore gli avrebbe forse restituito la salute, ma lo mantenne in servizio, conservandogli stipendio e grado, anzi nel 1836 lo promosse tenente generale e nel 1841 generale di fanteria.
Dopo il 1831 e un iniziale soggiorno a Nizza, il M. tornò a Torino, dove la sua casa era frequentata da alti ufficiali e da dignitari della corte sabauda e, in occasione delle loro visite ufficiali, dal fratello dello zar nel 1837 e dal principe ereditario nel 1839.
In cerca di un clima più mite il M. si trasferì a Palermo e qui, dopo qualche mese, morì il 22 luglio 1841.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Consulta araldica, ff. personali e araldici, b. 3540; A. Michaud de Beauretour, Coup d’oeil sur la vie de s.e. le comte Alexandre M. de Beauretour, Turin 1869; Mémoires du général Levis (Leon) Benningsen, a cura di E. Cazalas, Paris s.d., III, pp. 89, 363-368, 423; S. Olszamowska-Skowrónska, La correspondance des papes et des empereurs de Russie (1814-1878) selon les documents authentiques, Città del Vaticano 1970, pp. 19 s., 22, 218 s., 223 s.; F. Pinelli, Storia militare del Piemonte dalla pace di Aquisgrana ai dì nostri, Torino 1854, II, pp. 63, 113; K. Waliszewski, La Russie il y a cent ans. Le régne d’Alexandre Ier, Paris 1925, II, p. 126; III, pp. 363-368, 479; M. Zucchi, Carlo Alberto dalla Restaurazione all’avvenimento al trono nelle memorie inedite di Alessandro di Saluzzo, Torino 1926, XII, pp. 515, 578 s., 581; V. Ilari - P. Crociani - S. Ales, Il Regno di Sardegna nelle guerre napoleoniche e le legioni anglo-italiane (1799-1815), Invorio 2008, pp. 45 s.; J.B. Toselli, Bibliographie niçoise ancienne et moderne, Nice 1860, pp. 90-100; V. Ilari et al., Diz. biogr. dell’Armata Sarda 1799-1821, Invorio 2008, s.v.
P. Crociani