LABOUREUR, Alessandro Massimiliano
Nacque a Roma nel 1794 da Francesco. Fu allievo prima del padre, anch'egli scultore, e poi, forse, di B. Thorvaldsen.
Tuttavia alcuni sostengono che egli avrebbe detto di aver "molto […] apparato" dai precetti di A. Canova, cui il L. fu riconoscente anche per aver vinto una pensione triennale istituita dal maestro di Possagno per agevolare i giovani talenti (Visconti, p. 6). Nel 1816, in occasione del premio Clementino e dell'Anonimo, banditi dall'Accademia di S. Luca, il L. ebbe il secondo posto per la classe seconda di scultura con un bassorilievo in terracotta rappresentante Elettra che depone i capelli sulla tomba di Agamennone. Limitate sono le notizie inerenti a sue realizzazioni autonome prima dell'inizio del quarto decennio del secolo, forse perché egli collaborò col padre, defunto nel 1831.
Alla metà degli anni Venti il L. prese parte alla sistemazione di piazza del Popolo condotta da G. Valadier, che ne aveva elaborato la progettazione già dal 1818. Nel 1824 scolpì la statua raffigurante L'Estate, sita in un'estremità dell'emiciclo centrale.
La snella e garbata figura femminile scolpita nell'atto di incedere rivela forme piene, denunciate dalla veste aderente, e richiama alla mente uno stile fortemente decorativo, probabilmente riferito a un prototipo di Thorvaldsen ma con un effetto finale quasi botticelliano.
Di poco posteriore al 1831 è il Monumento funebre di Francesco e Isabella Palombi (deceduti entrambi nel corso di quell'anno) per la prima cappella a sinistra della chiesa di S. Maria in Montesanto, finanziato dai fratelli dei defunti e dagli eredi della famiglia.
D'ascendenza paterna è il ricorso all'uso del marmo di diversa qualità (bianco e venato). L'opera si conforma all'accademismo proprio di quegli anni, soprattutto per il sarcofago di tipo neoclassico incassato nel muro. Il timpano triangolare, con stemma centrale, è ornato da volute di nastri che si ripetono sui medaglioni con i profili dei defunti, scolpiti a bassorilievo.
Al 1833 risale il Genio della Pace, in bassorilievo, per la salita del Pincio, all'altezza del ripiano delle colonne rostrate.
Entro la nicchia di destra del muraglione di sostegno, lateralmente alla statua di Igea, la figura di giovane, col capo cinto d'alloro, appare provvista di ali piuttosto piatte e rigide; nella mano sinistra reca un ramo d'ulivo, mentre la destra tiene una face capovolta, che serve a dar fuoco a una catasta di armi e armature; col piede sinistro calpesta un serpente. Il corpo ignudo, a eccezione di una leggera tunica ferma ai fianchi, si presenta rigido e statico: il volto è inespressivo, lo sguardo attonito. Anche la costruzione plastica è superficiale, e si associa a una scarsa caratterizzazione anatomica.
Due anni dopo si data la colossale Statua di s. Gregorio Magno, posta nel braccio sinistro del transetto della basilica di S. Paolo fuori le Mura e realizzata nell'ambito della nuova decorazione della chiesa promossa da Gregorio XVI.
Lodata all'epoca per "solidità non disgiunta da conveniente sveltezza" (Melchiorri), i critici sembrano oggi propendere per un sostanziale ridimensionamento nel giudizio di merito; non convince l'esecuzione del camice e del piviale che sembrano soffocare il personaggio, per cui l'opera risulta "scadente, goffa, espressa in un movimento barocco raggelato dal peggiore accademismo del principio del secolo" (Riccoboni, p. 382).
Tra il 1836 e il 1838 il L. realizzò il Monumento funebre del cardinale Luigi Bottiglia di Savoulx, addossato al pilastro tra prima e seconda cappella a destra nella chiesa di S. Silvestro in Capite.
La stele a muro deriva da prototipi canoviani: la lastra centrale presenta un'epigrafe sormontata da un medaglione con il profilo sinistro del cardinale, incorniciato da un nastro. Il coronamento è composto da un timpano, riempito dallo stemma cardinalizio, delimitato da acroteri laterali.
Al 1838 si ha menzione del nome del L. tra i membri della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon. Poco dopo il 1842 devono essere datati i bassorilievi con Sventure e avventure di Didone che ornavano l'anticamera del piano nobile del demolito palazzo Torlonia in piazza Venezia, giacché in quell'anno fu edita la guida di Giuseppe Checchetelli (Una giornata di osservazione nel palazzo della villa di s.e. il principe d. Alessandro Torlonia, Roma), che ne segnalava la prossima collocazione (Hartmann, p. 23). A questa data il L. doveva aver raggiunto la piena affermazione professionale perché, quasi ripercorrendo le orme paterne, alla data del 1843 risultava essere assessore alla scultura (Betti, p. 341).
Risale al 1852 il Monumento al marchese Carlo Teodoro Antici in S. Maria d'Aracoeli, commissionato dai figli del defunto.
Il L. scelse per quest'opera una nuova organizzazione degli elementi. Su un alto basamento con iscrizione poggia la lastra della stele. Essa è completamente ricoperta da un bassorilievo in stile canoviano sul quale sono raffigurati una donna (che regge una ghirlanda) in piedi appoggiata a una colonna con il busto del defunto, e un angelo, che mostra le tavole dei comandamenti e il calice con l'ostia. Il coronamento è frutto di un compromesso tra il motivo della centina semicircolare e quello del timpano triangolare, ma si nota più per sovrabbondanza di ornamenti che non per novità.
Nel 1856 fu nominato corrispondente per l'Accademia reale del Belgio.
Per l'abbazia di Hautecombe realizzò un grande bassorilievo con Bonifacio di Savoia, in bianco di Carrara, destinato all'altare dedicato allo stesso arcivescovo di Canterbury.
Il L., che aveva lo studio al n. 105 di piazza dell'Oca e nel cortile del civico n. 3 di piazza del Popolo, morì a Roma l'11 nov. 1861; il decesso fu registrato nella parrocchia di S. Giacomo in Augusta (Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Giacomo in Augusta, Liber mortuorum, 3, c. 224).
Fonti e Bibl.: P.E. Visconti, Il Genio della Pace, statua colossale di A.M. L., Roma 1832; G. Melchiorri, S. Gregorio Primo detto il Grande del cav. A. L., in L'Ape italiana delle belle arti, II (1836), p. 10; F. Gerardi, Monumento sepolcrale a Mario Gramiccia del cav. A. L., ibid., III (1837), p. 23; S. Betti, Francesco Massimiliano Laboureur, in L'Album. Giornale letterario e di belle arti, XI (1843), pp. 340 s.; Guide du visiteur dans l'église de l'abbaye royale d'Hautecombe, Lyon 1868, pp. XII, 42; A. Riccoboni, Roma nell'arte. La scultura dell'Evo moderno dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942, pp. 382 s.; E. Lavagnino, L'arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, I, Torino 1961, p. 192; J.B. Hartmann, La vicenda di una dimora principesca romana, Roma 1967, pp. 23, 75; M.S. Lilli, Aspetti dell'arte neoclassica. Sculture nelle chiese romane, 1780-1845, Roma 1991, pp. 96-99; V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, II, Lodi 1994, p. 590; Le scuole mute e le scuole parlanti. Studi e documenti sull'Accademia di S. Luca nell'Ottocento, a cura di P. Picardi - P.P. Racioppi, Roma 2002, pp. 344-346, 353; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 170.