MASNAGO, Alessandro
– Figlio di Giovanni Antonio, intagliatore di cammei, nacque forse a Milano nella prima metà del XVI secolo (Distelberger, 2002).
Attivo a partire dal 1560 circa, il M. si formò nella bottega paterna, ereditando l’estro e la bravura nel rendere animali e figure e superando il padre in virtuosismi (Morigia), tanto da riuscire a lavorare in esclusiva per la corte di Rodolfo II d’Asburgo, coadiuvato da una schiera di aiuti, tra i quali Bonetti annovera lo stesso Giovanni Antonio.
Di Giovanni Antonio non sono noti gli estremi biografici: Morigia dice solo che morì all’età di quarantotto anni. La letteratura moderna ha comunque cercato di creare due distinti cataloghi, uno per il padre (si ricorda la scheda relativa alla collana di cammei raffiguranti animali conservata presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna, modello utilizzato da Sofonisba Anguissola nei suoi dipinti; Distelberger 1995), e uno per il M., ma le date delle opere giunte fino a noi rientrano soltanto nell’arco dell’attività di quest’ultimo.
Nella formazione del M., a detta degli studiosi, ha giocato un ruolo di primo piano la conoscenza delle opere di Leone Leoni, Iacopo Nizzola da Trezzo, Francesco Tortorino e Agostino Busti detto il Bambaia (Bonetti). Fatto questo che vede il M. muoversi inizialmente nell’ambito di una consolidata tradizione stilistica lombarda, milanese in particolare.
Al Metropolitan Museum di New York è conservata una sua agata intagliata, raffigurante una pastorella dormiente al chiaro di luna; ma il nucleo principale dei suoi lavori si trova presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna. Proprio i cammei di Vienna presentano due monogrammi che sono stati interpretati da Kris (1927) come la firma del M. e hanno costituito la base di partenza per la ricostruzione del catalogo delle opere.
Tra queste, sistemate cronologicamente da Distelberger (2002), va citata innanzitutto la Madonna con Bambino, in agata, con montatura in oro e smalti di Jan Vermeyen: da collocarsi attorno al 1590, essa si pone come un piccolo capolavoro di bravura, per il modo di rendere i vari piani della composizione, che vede una Madonna in bassorilievo circondata da nuvole e teste di angioletti eseguiti in rilievo più accentuato.
All’ultimo quarto del XVI secolo risalirebbe anche Giasone che combatte per il vello, considerata da Distelberger (2002) una delle opere più raffinate del M., lavorata con alternanza di basso e alto rilievo e con una cura attentissima verso ciascun dettaglio, come per esempio si può notare osservando la maschera incisa sopra l’elmo dell’eroe.
Il cammeo presenta il monogramma dell’artista. La scena si sviluppa lungo tutta la convessità della pietra, così come accade nel cammeo raffigurante Giove e Io, di identico materiale (agata marrone, bianca, grigia) e formato. Quest’ultimo viene datato o all’ultimo quarto del XVI secolo, come il Giasone, o attorno al 1600 (ibid.). Esso costituisce un altro vertice della produzione del M. per quanto riguarda la capacità di intagliare fino i più minuscoli particolari, come i tratti del viso di Giove, disteso lungo il bordo inferiore della composizione, nell’atto di parlare, rivolto a Giunone, che accorre sopra le nuvole verso Io già trasformata in giovenca.
Al periodo tra gli anni 1590-95 e 1600 risalgono invece due cammei di medesimo soggetto, raffiguranti Latona e i contadini, il primo ricavato da un’agata, il secondo da un’agata diaspro, entrambi in cornici di anonimi artefici.
Il tema deriva da un’incisione di Étienne Delaune, artista in più occasioni guardato dal M., che rappresenta il momento in cui Latona trasforma i contadini lici in rane, secondo quanto racconta Ovidio nelle Metamorfosi. Il primo di questi cammei è significativamente firmato con il monogramma: segno, come nota Distelberger (2002), dell’orgoglio con cui il M. deve aver guardato a questa sua opera, di difficile resa; in effetti il soggetto dell’incisione è affollato di personaggi e comprende diversi momenti, cosa che comporta una lavorazione della pietra particolarmente ardua, su più piani, al limite delle possibilità tecniche. La seconda versione, invece, è eseguita su una pietra di dimensioni maggiori. Il pittoricismo di quest’ultima opera ha fatto parlare di «antipodi» dell’arte dell’intaglio classica (ibid.); infatti, il M. sceglie sì temi classici, ma li ambienta in vasti paesaggi, affollati di figure, in composizioni ispirate alla coeva pittura manierista, dove meno marcata è la chiara differenza tra figure e sfondo, non più nettamente delineati dai diversi colori della pietra, ora lavorata molto intensamente. In questo modo, nelle opere eseguite dal 1600 in poi, il M. si distacca dalla tradizione ancora rinascimentale milanese, per adeguarsi agli stilemi in voga presso la corte del suo committente; egli introduce così diversi elementi anticlassicisti che influenzeranno a loro volta lo stile di seguaci e imitatori (Bonetti).
Attorno al 1600 è datata anche l’agata rosa raffigurante Il seguito di Diana, soggetto nuovamente ispirato a un’incisione di Delaune, con cornice riconducibile ad Andreas Osenbruck. Essa costituirebbe una delle tre opere del M. in questo tipo di pietra: l’altra è un’Aurora che Distelberger (2002) gli attribuisce per ragioni stilistiche; l’ultima, il Ratto di Proserpina, di cui si dirà, venne eseguita quando il M. era ormai in età avanzata.
Agli inizi del XVII secolo va collocato il Nettuno che insegue Anfitrite, messo a confronto già da Kris, per quanto riguarda l’organizzazione della composizione, con il cammeo raffigurante Giasone che combatte per il vello, di cui viene replicato anche il trattamento dello sfondo. Il M. utilizza qui la convessità della pietra per accentuare l’impressione di profondità e per assecondare il movimento delle figure, lasciando perciò il centro della composizione libero (ibid.). Proprio per il suo virtuosismo, il Nettuno viene considerato opera tarda, così come il cammeo di soggetto sacro con l’Adorazione dei pastori.
I due lavori sono legati tra loro per via dello studio compiuto dal M. sui movimenti delle figure rappresentate e per la cura dei dettagli; tipica del M. è la scelta della pietra, funzionale alla composizione: qui l’intaglio sfrutta gli effetti coloristici per sottolineare con un tono luminoso il Bambino, mentre il retro della pietra in corrispondenza delle rovine è stato artificiosamente laccato di nero; di opere di questo soggetto esistono altre versioni (ibid.). La composizione richiama anche un altro lavoro conservato a Vienna, la Sepoltura di Cristo (ibid.).
Si deve quindi citare l’Uscita degli animali dall’arca di Noè: l’oreficeria viene attribuita a Vermeyer che l’avrebbe eseguita attorno al 1606 a Praga. L’opera, datata ai primi anni del XVII secolo da Distelberger (2002), viene ricondotta al M. da Kris per ragioni stilistiche.
Qui il M. mostra la sua abilità nello sfruttare la naturale marezzatura dell’agata per dare vita a una composizione concentrica, che si rifà all’opera di analogo soggetto di Raffaello nelle Logge vaticane (Distelberger, 1988).Tra gli altri esemplari del museo viennese che vengono attribuiti con una qualche certezza al M. è compreso il già ricordato Ratto di Proserpina, cammeo datato attorno al 1590, montato entro una cornice leggermente più tarda di Osenbruck. L’opera, come accade spesso nel M., mescola citazioni diverse: il gruppo di Plutone e Proserpina riprende un’incisione di Jean Mignon; mentre il demone è tratto da un disegno di Delaune (Id., 2002). A essa si possono aggiungere infine pure la Lucrezia, già attribuita da Kris a Iacopo da Trezzo, l’Aurora sopra citata, l’Europa sul toro, considerata da Kris (1927) come lavoro genericamente italiano della metà del XVI secolo, e, come opera di bottega, Atalanta e Ippomene (Distelberger, 2002).
Kris (1929) menziona anche una piccola statua, il Cristo sul letto di morte, in alabastro, attorno alla quale potrebbero ruotare altre opere tridimensionali di questo tipo.
Il M. morì a Milano nel 1620 (Distelberger, 2002).
Fonti e Bibl.: P. Morigia, La nobiltà di Milano, Milano 1619, p. 487; F. Eichler - E. Kris, Die Kameen im Kunsthistorisches Museum, Wien 1927, pp. 24-26, 119; E. Kris, Meister und Meisterwerke der Steinschneidekunst in der italienischen Renaissance, Wien 1929, pp. 84-87; Id., Renaissance-Kleinkunst in Italien: Gefässe, Gemmen, Schmuckstücke und Skulpturen in Bergkristall und Edelstein, Leipzig s.d. [ma 1935], ill. 347-363; R. Distelberger, in Prag um 1600 (catal., Essen-Vienna), I, Freren 1988, pp. 468, 473-475, schede nn. 338, 346, 348, 350, 351; Id., in Sofonisba Anguissola. La prima donna pittrice (catal., Vienna-Cremona-Washington), a cura di S. Ferino Pagden, Wien 1995, p. 148, scheda n. 61; P. Venturelli, Gioielli e gioiellieri milanesi. Storia, arte, moda (1450-1630), Cinisello Balsamo 1996, pp. 33, 55, 57, 60 s., 174; K. Aschengreen Piacenti, Cammei e gioielli nel Rinascimento italiano, in L. Lenti, Gioielli in Italia. Tradizione e novità del gioiello italiano dal XVI al XX secolo. Atti del Convegno nazionale, Valenza… 1998, a cura di L. Lenti - D. Liscia Bemporad, Venezia 1999, pp. 53-59; P. Venturelli, Oreficerie e oggetti preziosi dall’età sforzesca all’inizio del Settecento, in Le arti decorative in Lombardia nell’Età moderna 1480-1780, a cura di V. Terraroli, Milano 2000, pp. 154 s.; M. Bonetti, ibid., p. 366; R. Distelberger, Die Kunst des Steinschnitts: Prunkgefässe, Kameen und Commessi aus der Kunstkammer (catal., Vienna), Milano 2002, pp. 162-172; Cameo appearances, mostra a cura di J.D. Draper - H.R. Kravis, Metropolitan Museum of art, New York, 8 marzo - 30 ott. 2005 (senza catalogo); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 208.