MARTINI, Alessandro
MARTINI, Alessandro. – Nacque a Firenze il 16 maggio 1824 da Girolamo e Annunziata Marchionni.
La famiglia aveva umili origini: le sue modeste condizioni economiche furono aggravate da alcuni rovesci di fortuna che spinsero i genitori a trasferirsi a Torino (1845).
Il M. dovette abbandonare gli studi e a 14 anni si impiegò come garzone nella Michel, Re, Agnelli e Baudino, che, come recitava la denominazione sociale completa, era Distilleria nazionale di spirito di vino all’uso di Francia e Deposito di rhum, absinthe, kirsch, cognac, curaçao. La società aveva in Torino il magazzino e l’esercizio per la vendita al dettaglio e in San Salvatore Monferrato lo stabilimento per la produzione. Sorta nel 1847, l’impresa crebbe e iniziò a manifestare interesse per l’export: avviò una fabbrica di birra ad Alessandria e aprì magazzini di spedizione a Genova Sampierdarena e case di rappresentanza in Francia, a Béziers e a Narbonne. L’affermazione dell’impresa si dovette anche al contributo del M., che dal 1851 era passato a occuparsi della parte commerciale e partecipava agli utili al pari di T. Sola, assunto con il ruolo di contabile. Con la ditta fondata da Clemente Michel, Carlo Re, Carlo Agnelli ed Eligio Baudino collaborava anche Luigi Rossi, proprietario di un negozio di erbe aromatiche e vermouth situato a Torino, in via Dora Grossa, nella zona degli erboristi e dei liquoristi. La competenza e il talento creativo di questo ne facevano uno degli interlocutori più apprezzati per la società, che si affidava a lui soprattutto per i vini aromatizzati, produzione tradizionale torinese.
Con la morte di Re, nel 1860, la società venne profondamente ristrutturata; nel 1863 nacque la società in accomandita semplice Martini, Sola e C., il cui capitale di 100.000 lire fu conferito in parti uguali dai soci responsabili M., Sola e Rossi e dagli accomandanti Agnelli e Baudino, che però si ritrassero presto dall’iniziativa.
Ufficialmente la società dichiarava uno scopo assai ampio, orientato verso la produzione enologica, ma comprensivo anche della realizzazione di prodotti chimici, preparati galenici e candele steariche, secondo un’associazione merceologica piuttosto comune nell’Ottocento. Tuttavia raggiunse il successo grazie ad alcune specialità. In primo luogo il vino bianco Canelli spumante e il moscato spumante d’Asti, precursori dell’Asti spumante prodotto ancora oggi. Ma fu soprattutto il vermouth a imporsi come prodotto distintivo dell’impresa: vino aromatizzato radicato in una lontana tradizione subalpina, affermatosi nella Torino postunitaria come aperitivo d’élite, il vermouth veniva ottenuto dalla mistura di uvaggi bianchi neutri con circa ottanta erbe aromatiche diverse. La società produceva inoltre un Fernet, digestivo brevettato in quegli anni che faceva concorrenza a quelli realizzati da Branca e Campari. Così come apprezzato era l’Elixir di china, liquore preparato con la corteccia dell’albero della china calissaia e antesignano della China Martini, nome impostosi nel secondo dopoguerra.
Nella Martini, Sola e C. il M. continuò a occuparsi della parte commerciale, mentre a Sola era lasciata la direzione contabile e a Rossi la gestione del nuovo stabilimento situato a Pessione, presso Chieri. La localizzazione della struttura produttiva era strategica per vari aspetti: si trovava sulle colline che dividono Torino dal Monferrato, da cui affluivano le uve, ed era collocata sulla linea ferroviaria Torino-Genova, una delle poche attive all’indomani dell’Unità. Ne derivava per l’impresa un efficace collegamento con i mercati internazionali da cui provenivano alcune erbe aromatiche (la camomilla, il cardamomo, i chiodi di garofano dall’Asia, la china e il quassio dalle Americhe, il coriandolo dall’Africa) e verso cui si esportavano i liquori.
La Martini, Sola e C., infatti, riprese e rilanciò la vocazione all’export già propria della Michel, Re e Baudino grazie al ruolo decisivo del Martini. Egli mise a frutto l’esperienza accumulata in decine di viaggi all’estero, specie sui mercati mitteleuropei.
Già nel 1865 e nel 1867 arrivarono i primi riconoscimenti internazionali, con le medaglie conquistate alle Esposizioni di Dublino e Parigi. Quindi, negli anni Settanta, oltre all’apertura di una sede a Roma, arrivò la piena consacrazione internazionale: i prodotti della Martini, Sola e C. si diffusero sul mercato nordamericano, tanto che nel 1877 l’impresa esportava i tre quarti del vermouth importato dagli Stati Uniti, ma penetrarono anche in Estremo Oriente, attraverso Shangai e Yokohama, e nel 1875 sbarcarono a Cuba.
La morte di Sola, nel 1879 (con conseguente mutamento della denominazione sociale in Martini e Rossi succ. Martini Sola e C.), non intralciò il crescente successo dell’impresa, sempre più impegnata in un processo di internazionalizzazione: la società aprì succursali a Buenos Aires (1884), Ginevra (1886) e Barcellona, e raggiunse i mercati russo e sudafricano. Trainata anche dal consistente flusso migratorio che interessò l’Italia dagli anni Ottanta, rivolto soprattutto verso le Americhe, le vendite all’estero si impennarono, tanto che nel 1884 l’azienda era la prima esportatrice del settore con 40.000 ettolitri medi annui.
Intanto la fama e il prestigio del M. erano aumentati, come testimonia l’elezione nel 1872 a consigliere comunale di Torino, carica cui fu rieletto fino al 1895, e la nomina a commendatore della Corona d’Italia (1880); inoltre l’affiliazione alla massoneria ne documenta l’appartenenza a uno dei più influenti gruppi di pressione cittadini.
Gli anni Ottanta furono anche caratterizzati da alcuni lutti familiari: morirono dapprima, nel 1885, la moglie Regina Margherita Casa, da cui il M. aveva avuto i figli Cesarino ed Eligia, e poi, nel 1889, lo stesso Cesarino. Il M. si risposò nel 1894 con Margherita Battaglino, con cui ebbe quattro figli: Ida, Cesare, Emma ed Eligio.
Intanto la società venne rifondata per favorire il ricambio generazionale: nel 1889 la Martini e Rossi succ. Martini e Sola era composta dal M., dal genero Enrico Govean (marito della figlia Eligia), e dai fratelli Teofilo e Cesare Rossi, figli del vecchio socio Luigi che morì nel 1892. Il capitale di 150.000 lire era diviso in parti uguali tra il M., Govean e i fratelli Rossi. Nel 1903 nella società fecero il loro ingresso altri due figli di Luigi Rossi, Ernesto ed Enrico, con capitale aumentato a 300.000 lire.
Ai primi del Novecento il M. accumulò altre cariche e benemerenze che ne attestavano il saldo prestigio pubblico raggiunto, in ambito cittadino e non solo: dal 1899 alla morte occupò il seggio di consigliere di sconto della Banca d’Italia per la sede di Torino, e nel 1902 fu tra i primi a essere nominato cavaliere del Lavoro, entrando in un ordine istituito solo l’anno precedente.
Il M. morì a Torino il 14 marzo 1905.
Gli ultimi passaggi della sua azione imprenditoriale contengono elementi oscuri che le fonti disponibili non sono riuscite a chiarire fino in fondo: la mancata firma dell’inventario dei beni dell’azienda nel 1904 da parte del M., in particolare, potrebbe derivare da dissapori con i Rossi. La causa di questi contrasti è forse da mettere in relazione con una vicenda immediatamente successiva alla morte del M.: il genero di questo, Govean, divenuto amministratore della quota ereditata dai figli del M., Cesare ed Eligio, la cedette ai Rossi senza attendere la maggiore età dei ragazzi che alla morte del padre avevano rispettivamente 16 e 14 anni. Le motivazioni di questa cessione non sono note. In ogni caso il nome Martini sopravvisse nella denominazione sociale e nel marchio, ma i discendenti del M. furono da quel momento esclusi dalla proprietà dell’impresa.
Fonti e Bibl.: L’Arch. stor. Martini e Rossi, ubicato a Pessione (Torino), è attualmente inaccessibile per lavori. Alcuni documenti del Fondo Alessandro Martini sono stati messi a disposizione dall’Ufficio relazioni esterne della Martini & Rossi: cfr., in particolare, Misc. Domenico Rossi: lettera di E. Marchionni al M. (6 genn. 1895); lettera della loggia «Pietro Micca-Ausonia» di Torino al M. (18 giugno 1878). Informazioni sono state fornite dai discendenti, e in particolare da Cesare Martini. Torino, Arch. stor. del Comune, Schede anagrafiche individuali, ad nomen; Ibid., Arch. stor. della Banca d’Italia, sede di Torino, Mod. 44: Direz. Verbali delle sedute del Consiglio, 24 ag. 1896-23 nov. 1906; Roma, Arch. stor. della Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro, Fascicoli personali, ad nomen (scarso di notizie). Per ricostruire la vita dell’impresa, Arch. di Stato di Torino, Atti di società, 1889, IV, f. 65; 1898, VI, f. 28; 1903, VI, f. 50. Tra le fonti a stampa si vedano: G. Collotti, I cavalieri del Lavoro, s. V-VI, Catania 1903, pp. 429-440; V. Castronovo, Le origini della Torino industriale e la Martini e Rossi, in Martini è: il vermouth, Torino 1996, pp. 12-20; C. Dau Novelli, I cavalieri del Lavoro: cultura, identità, modelli di comportamento, in Cavalieri del Lavoro. Cent’anni di imprenditoria, a cura di V. Castronovo, Roma 2001, p. 514; I cavalieri del Lavoro (1901-2001). Storia dell’Ordine e della Federazione, Roma 2001, p. 17; G. Mainardi, Nascita e sviluppo del vermouth piemontese, in Il vino piemontese nell’Ottocento. Atti dei Convegni storici OICCE [Organizzazione Interprofessionale per la comunicazione delle conoscenze in enologia] 2002, 2003, 2004, a cura di G. Mainardi, Alessandria 2004, pp. 101-112; Mondo Martini. Viaggio nell’unicità di uno stile, Piobesi d’Alba 2005.