MALVASIA, Alessandro
Figlio del conte Cesare Alberto e di Ginevra Gozzadini, nacque a Bologna il 27 apr. 1748 in una famiglia di antichi banchieri originaria di Gubbio che, trasferitasi nella città felsinea, vi aveva acquisito una posizione di rilievo. Mentre suo padre partecipava come senatore e gonfaloniere all'amministrazione della città, egli, compiuti i primi studi, frequentò per due anni la facoltà di giurisprudenza nell'ateneo cittadino; poi, perso il padre nel 1766, decise di intraprendere la carriera ecclesiastica e il 30 ott. 1769 ricevette, sempre a Bologna, la tonsura.
Intanto si era trasferito a Roma dove, completata la sua formazione giuridica presso gli avvocati P.F. Antamori e P. Sarnani, conseguì il 25 maggio 1770 la laurea in utroque iure alla Sapienza e il 7 marzo 1771 entrò a far parte, come referendario, nel tribunale della Segnatura ove rimase fino al 1777 quando venne assunto, come ponente, nella congregazione del Buon Governo. In precedenza, il 2 genn. 1771, aveva ceduto la sua parte di eredità al fratello maggiore Giuseppe in cambio di un cospicuo vitalizio.
Iniziò così per il M. un periodo di crescita professionale, di influenti relazioni e anche di spensieratezza giovanile, confessata più tardi nella lettera del 22 dic. 1788 all'amico L. Preti. Arrivarono però anche i primi seri disturbi convulsivi che lo costrinsero a un soggiorno di alcuni mesi a Napoli. Assai importante per la sua carriera fu la nomina, il 1( ott. 1783, a uditore del tribunale della Sacra Rota, carica che, rivestita per anni con competenza ed equilibrio, lo pose in tanta considerazione da far sì che le sue massime fossero pubblicate (Decisiones Sacrae Romanae Rotae, I-III, Romae 1821-23; I-II, ibid. 1832). Generale fu poi l'ammirazione procuratagli dalla famosa vertenza in cui si pronunciò, non senza rischi, a sfavore di Pio VI che, come privato cittadino, si era rivolto alla Sacra Rota per veder riconosciuti i diritti da lui vantati sulla ricca eredità di A. Lepri e contestati, invece, dagli eredi di questo. Giunto intanto all'età di quarant'anni, decise di proseguire nella vita ecclesiastica conseguendo, il 1( giugno 1789 l'ordinazione sacerdotale.
Lasciata Roma nel 1798, all'arrivo dei Francesi, il M. fu a Venezia durante il conclave in cui fu eletto Pio VII (Diario ordinario, 27 nov. 1799, p. 8) e, al ritorno, ottenne dal papa una serie di nuovi incarichi: il 9 giugno 1800 fu inserito nella commissione deputata al recupero dei beni ecclesiastici alienati durante l'occupazione francese, il 23 febbr. 1801 fu nominato assessore della congregazione del S. Uffizio, due giorni dopo entrò a far parte dei consultori della congregazione dei Riti e poi dei protonotari apostolici non partecipanti.
Alla seconda occupazione francese del 1809, si allontanò di nuovo da Roma e "si condusse a vivere in alcune delle principali città d'Italia" ove rimase "fedele alla santa Sede" rifiutando "ogni altezza di grado" (Moroni, p. 93), mentre suo fratello, senatore e più volte gonfaloniere di Bologna, prendeva parte attiva alla vita politica.
Rientrato a Roma nel 1814, l'8 marzo 1816 fu creato cardinale dell'ordine dei preti. Il 29 aprile gli fu conferito il titolo della chiesa di S. Croce in Gerusalemme e fu annoverato tra i membri delle congregazioni del Concilio, dei Vescovi e regolari, dei Riti e delle Acque.
All'interno del S. Collegio era annoverato tra i cardinali "giacobini" (D.A. Farini, p. 68) e probabilmente si deve proprio alla sua attitudine alla mediazione tra le parti se, pur non avendo precedenti esperienze amministrative, il 6 sett. 1816 fu nominato, su indicazione del segretario di Stato e amico E. Consalvi, legato di Ravenna.
Animato da una concezione illuminata e paternalistica del potere, il M. si dedicò con zelo al governo della sua provincia, intenzionato a lasciare buona memoria di sé e a risolvere con tatto e moderazione i delicati problemi della Legazione, primo fra tutti quello del consenso popolare al governo pontificio dopo l'esperienza napoleonica. Sostenne quindi le istanze di Ravenna nel contenzioso giurisdizionale con le Legazioni di Ferrara e di Forlì, derivante dalla nuova ripartizione territoriale; si prodigò con sovvenzioni ed elargizioni per far fronte alla carestia del 1816-17 e ai tristi fenomeni di pauperismo, accattonaggio e tifo; diede notevole impulso alle opere pubbliche, specialmente a strade, ponti e argini di fiumi e canali. La sua maggiore realizzazione fu la strada Faentina, importante via di comunicazione e di commercio verso la Toscana che si augurava avrebbe condotto in futuro al collegamento del porto di Livorno con quello di Ravenna. Tutto questo, mentre gli procurava il favore popolare, non impediva malumori per la pressione fiscale, gli abusi e le frequenti richieste di sussidi a Roma.
Il suo più attivo collaboratore fu il giovane avvocato e futuro cardinale P. Marini, assessore civile della Legazione e governatore della città, sul quale riversò tanto affetto da proporlo - senza però essere accontentato - alla carica di vicelegato della provincia, nominarlo suo curatore testamentario e gratificarlo con un lascito di 6000 scudi. In onore del M., si dovette al Marini la fondazione, nel marzo 1817, dell'Accademia Malvasiana, intesa alla promozione delle scienze e delle lettere.
In un ambiente turbato dalle passioni politiche, il M. non interpretò la Restaurazione come dura repressione dei liberali; anzi, anche per meglio controllarli, non esitò a coinvolgerli nell'amministrazione. Non mancarono divergenze e contrasti con il progovernatore di Roma e direttore generale di polizia, mons. T. Pacca, sia per la scelta dei funzionari provinciali del dicastero sia per evitare lo scavalcamento del legato nella comunicazione con essi. Quando ormai sembrava probabile la sua conferma per un altro triennio, partì contro il M. l'offensiva della parte più reazionaria che, adducendo ragioni di età e di salute, metteva in discussione la sua efficienza e muoveva pesanti accuse di liberalismo, irreligiosità e venalità verso i suoi più stretti collaboratori. Malgrado le imputazioni, il "buon Malvasia" (L.C. Farini, I, p. 14) ottenne la conferma, invocata da più parti, ma la visse con tanta angosciosa amarezza che in pochi mesi la sua fibra cedette.
Il M. morì a Ravenna il 12 sett. 1819 e le sue spoglie, imbalsamate, furono sepolte solennemente in S. Apollinare Nuovo dove gli fu eretto un monumento.
Fonti e Bibl.: Documenti inediti sul M. sono custoditi presso l'Arch. di Stato di Roma: Tribunale della Segnatura, voll. 723, 730 (processo per l'ammissione); Miscellanea delle famiglie, bb. 95, 123 (31 lettere autografe inviate a L. Preti e N. Nicolai); Roma, Biblioteca nazionale, Lettere autografe: A.136.54 (lettera a L. Farnesi); Ibid., Arch. stor. del Vicariato, Liber ordinationum (1779-89), pp. 458, 476, 488, 503; Arch. segreto Vaticano, Segr. di Stato, Rubricelle, parte moderna, n. 16 (Q-R: 1816-1818), cc. 89-95, 97v-98; n. 37 (Q-R: 1818-1820), cc. 95-107 (elenco degli atti inviati dal M. alla segreteria di Stato durante la legazione a Ravenna e distribuiti nelle varie rubriche del fondo); Arch. di Stato di Ravenna, carte della Legazione pontificia (1816-19). Altre notizie e riferimenti sono contenuti in P. Farini, Discorsi, Bologna 1822, I, p. 129; II, pp. 29-57; C. Spreti, Memorie intorno i dominj e governi della città di Ravenna, Faenza 1822, p. 47; Biographie nouvelle des contemporains, Paris 1823, ad nomen; L.C. Farini, Lo Stato romano dall'anno 1815 al 1850, I, Firenze 1853, p. 14; P. Uccellini, Diz. storico di Ravenna e di altri luoghi di Romagna, Ravenna 1855, pp. 7, 274; Id., Memorie di un vecchio carbonaro ravegnano, a cura di T. Casini, Roma 1898, pp. 102, 246; D. Silvagni, La corte pontificia e la società romana nei secoli XVIII e XIX, a cura di L. Felici, II-III, Roma 1971 ad ind.; D.A. Farini, La Romagna dal 1796 al 1828, a cura di L. Rava, Roma 1899, pp. 68-75; E. Cerchiari, Capellani papae et Apostolicae Sedis auditores causarum Sacri Palatii Apostolici, II, Romae 1920, p. 266; L. Miserocchi, Ravenna e Ravennati nel sec. XIX, Ravenna 1927, pp. 199, 216; M. Petrocchi, La Restaurazione romana (1815-1823), Firenze 1943, pp. 97, 104 s.; Storia di Ravenna, a cura di L. Lotti, V, Venezia 1996, ad ind.; P. Boutry, Souverain et pontife: recherches prosopographiques sur la Curie romaine à l'âge de la Restauration (1814-1846), Roma 2002 pp. 413 s., 637; C. Weber, Die päpstlichen Referendare 1566-1809. Chronologie und Prosopographie, III, Stuttgart 2004, p. 709; H. Wolf, Prosopographie von römischer Inquisition und Indexkongregation 1814-1917, II, München-Wien-Zürich 2005, pp. 926 s.; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, pp. 92-94; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, IV, pp. 268 s.; Hierarchia catholica, VII, pp. 10, 12, 41.