MALABAILA, Alessandro
Nacque probabilmente ad Asti verso il 1430 - nel 1441 risulta infatti essere ancora minorenne - da Antonio Abelloneo e da Luserna Pulsavino di Alba.
La famiglia degli Abellonei aveva adottato l'indicazione cognominale "de Malabayla" (che si affermò come cognome unico dalla generazione dei figli di Antonio) in quanto, fin dal 1332, aderiva al clan guelfo dei Malabaila ("hospicium illorum de Malabaylis"). Gli Abellonei condussero dal secondo decennio del Trecento un avviato banco di pegni a Orange in società con i Riccio, poi, nella seconda metà del secolo, trasferirono la loro attività finanziaria a Bourg-en-Bresse insieme con i Malabaila del ramo di Valgorrera; al principio del Quattrocento detenevano ancora una "casana" (banco di pegno) a Genova, anche se dal 1407 avevano acquistato dagli Asinari il castello di Belotto, presso Villafranca d'Asti, fornendo un eloquente esempio di quelle famiglie astigiane dalle fortune economiche di origine mercantile-creditizia che intrapresero la via della nobilitazione attraverso l'acquisto di feudi e castelli. Nel suo testamento, del 1440, Antonio vietava infatti ai figli di esercitare l'usura; ebbe cinque maschi e tre femmine: Evasio detto Vasino (che divenne vescovo di Asti nel 1473), Manuele, dottore in legge, Tomaso, il M. e Giovanni Alberto, Margherita, Luchina e Lionetta, monaca nel monastero astigiano di S. Agnese. Il M., come detto, e Tomaso erano ancora minori nel 1441 quando Manuele, dopo la morte del padre, acquistò anche a nome dei fratelli (per 4750 genoini d'oro) dai Roero di Canale un terzo del feudo di Montà, dipendente dalla contea di Asti; i tre fratelli furono poi reinvestiti di Montà dal governatore Rinaldo de Dresnay nel 1467.
Il M., armato cavaliere (miles) e già membro del Consiglio comunale di Asti nel 1470, intraprese la sua brillante carriera presso l'amministrazione orleanese di Asti a partire dal biennio 1473-74 quando compare ad Asti come capitaneus del castello urbano di S. Antonio e connestabile dell'omonima porta, nei cui pressi si trovava la residenza della famiglia: il controllo dell'area occidentale della città gli rimase per tutta la vita e dopo la sua morte passò al nipote Filippo, figlio di Tomaso, che tenne castello e porta nel 1517-21, mentre dal 1502 al 1521 furono connestabili di Porta S. Pietro i suoi cugini Rolando e Giovanni Malabaila, padre e figlio. In qualità di miles, il M. faceva parte fin da allora del Consiglio segreto della contea e nel 1477, infatti, in qualità di consigliere ducale accompagnò il referendario Antonio Solaro in missione diplomatica presso la corte di Milano. Nel decennio successivo risulta aver esercitato la funzione di podestà di Neive e di Castagnole Lanze, località della contea a dipendenza diretta del governatore, ma la vera affermazione avvenne con l'ascesa al trono di Francia nel 1498 del duca d'Orléans e signore di Asti, re Luigi XII. Nel corso di quell'anno, oltre che del castello urbano di S. Antonio, il M. assunse infatti il controllo anche dell'importante Rocchetta, cittadina verso il Tanaro; fu promosso referendario della contea e "magister hospitii regii ordinarius", dignitario dalle competenze molteplici e intermediario fra le richieste degli abitanti del luogo e il re. Benché si intitoli sempre con tale dignità, la funzione nei libri-paga della contea del 1498-99 e del 1501-02 in realtà è attribuita a Benedetto Pelletta che la ricoprì fino al marzo del 1503, sicché si può pensare a una designazione puramente onorifica, anche in considerazione del fatto che con la conquista del Milanese il M. fu chiamato a più alte responsabilità.
Nel settembre 1499 Luigi XII si impossessò del Ducato di Milano, grazie all'azione militare del condottiero Gian Giacomo Trivulzio con cui collaboravano gli Astigiani; in quel frangente il M. ottenne come ricompensa l'ufficio di governatore di Alessandria e dell'intero territorio "citra Padum"; in qualità di "civis et miles Astensis, condominus Montate, christianissimi regis Francie scalcus et Alexandrie gubernator" compariva infatti nel giugno 1500 come donatore alla cattedrale di Asti di un "notabile palium" di seta celeste ricamato d'oro con tre gigli di Francia, da usare per la processione del Corpus Domini (Vergano). Nel luglio dello stesso anno il re remunerò coloro che avevano contribuito con il Trivulzio a sedare la sommossa scoppiata a Milano in primavera, assegnando loro la rendita annua dei beni confiscati ai ribelli; fra i collaboratori italiani beneficiati, oltre al governatore di Asti, ai Guasco di Gavi e a Francesco Trotti, risultano esserci "messire Alexandre de Malabayle et Iehronime son nepveu", gratificati fino a 100 ducati l'anno da pagarsi "sur lesdites confiscations" (Pelissier).
Forse nella medesima occasione il re gli concesse anche l'ufficio di scudiero reale e il titolo di conte di Bassignana, di Pietra Marazzi e di Pavone, già podesterie sforzesche in Piemonte, come compariva sulla lapide dedicatoria un tempo esistente nella cattedrale di Asti, posta nel 1502 per l'erezione della cappella gentilizia di S. Agnese (poi dell'Ascensione), voluta dallo stesso Malabaila. Oltre alla cappella di S. Agnese, tra il 1498 e il 1502 il M. aveva provveduto alla costruzione, sul sito di abitazioni precedenti che i Malabaila possedevano fin dal Trecento, di un sontuoso palazzo rinascimentale ("domus mea [(] ampla et magnifica": Canale, Archivio Malabaila) presso la chiesa di S. Giuliano, destinato a ospitare il re di Francia in qualità di hospicium regium di cui egli svolgeva le funzioni onorifiche di magister.
Per il primo decennio del Cinquecento il palazzo svolse davvero la funzione di sede della "corte" del re di Francia in Asti, in quanto - a detta del cronista Jean d'Autun - aveva ospitato fin dal luglio 1502 Luigi XII che vi soggiornò una decina di giorni; un quadro ora non più esistente mostrava infatti la solenne processione del re e della corte dal palazzo Malabaila alla vicina chiesa del monastero del Carmine. Ancora nell'aprile 1507, ormai dopo la morte del M., Luigi XII, di passaggio per Asti, "estoit moult bien logé" a palazzo Malabaila, dove nel 1509 invierà un "marzocco", o leone di s. Marco, preso ai Veneziani dopo la vittoria di Ghiaradadda, come è ricordato da una canzone francese dell'Alione ("a lostel de mons'r le maistre Malebaile"). Oggi il palazzo, nonostante lo stato fatiscente, conserva ancora l'elegante portale di ingresso in arenaria ornato dagli stemmi dei Malabaila; fino al principio dell'Ottocento sopra di esso erano ancora visibili i tre gigli di Francia e un porcospino, insegna personale di Luigi XII, riprodotta anche sulle monete del suo Regno, battute dalla Zecca di Asti. Accanto al palazzo era infine allestito anche un elaborato giardino rinascimentale, ispirato al giardino di Blois, andato distrutto nei secoli successivi.
Gli ultimi anni della vita del M. segnarono certo l'apice della sua carriera politica, in quanto ottenne, oltre al governatorato di Alessandria, anche l'alto ufficio di "transpadanus regius generalis gubernator", con il quale si intitolava nel testamento redatto nel 1501. Funse poi da luogotenente del governatore di Asti e in tale veste nel novembre 1502 concedeva un'investitura feudale, e nel febbraio 1503 presiedeva il Consiglio regio di Asti nel regolamentare gli aspetti fiscali relativi al notariato.
Il M. morì il 30 marzo 1503.
A maggio il Consiglio fu presieduto da due nuovi vicegovernatori per rispondere alla lettera del governatore, concernente le deliberazioni di febbraio, lettera alla quale il M. non aveva potuto dare riscontro in seguito alla morte, forse improvvisa.
Nonostante avesse designato - con il testamento del 17 giugno 1501 - la sepoltura nella chiesa astigiana di S. Francesco, come i suoi predecessori, fu sepolto nella cappella di S. Agnese nella cattedrale, con una lapide che ne ricordava le onorificenze ("hic iacet regius magister hospitii ordinarius cambellanus Allex. ac citra Padum gubernator generalis qui obiit die 30 martii 1503"). Non risulta che il M. avesse contratto matrimonio, anche se ebbe un figlio naturale di nome Tomaso; lasciò comunque eredi universali i nipoti Gerolamo (o Geronimo) e Filippo, figli del defunto fratello Tomaso, non solo dei suoi ingenti beni, ma anche del prestigio politico acquistato, in quanto Gerolamo ricoprì la carica di referendario e fu "magister hospitii" per tutto il tempo in cui i Francesi rimasero ad Asti, né va infine trascurato che un altro nipote, Vasino - fratello dei precedenti e omonimo dello zio vescovo -, nel 1518 assurse anch'egli al seggio episcopale astigiano.
Fonti e Bibl.: Asti, Arch. stor. del Comune, Ordinati comunali, 1470-88; Arch. di Stato di Asti, Conti orleanesi, KK.528, c. 8, KK.529, c. 5; KK.529, c. 56; Arch. di Stato di Torino, Camerale, Titoli e scritture delli molini d'Asti, 1400-1698, art. 760; Canale (Cuneo), Castello Malabaila, Archivio Malabaila, mm. 8, n. 349; 27; Asti, Biblioteca consorziale Astese, Mss., II,16: G.S. Decanis, Dell'ordine dei cavalieri d'Orléans ossia del Porco spino [datato 16 ag. 1808]; Rubrice statutorum civitatis Ast per ordinem alphabeti, Ast 1534, c. 102; Documents pour l'histoire de la domination française dans le Milanais, a cura di L.G. Pelissier, Toulouse 1891, pp. 38 s.; Jean d'Autun, Chroniques de Louis XII, a cura di R. Maulde de la Clavière, Paris 1889-95, II, p. 247; IV, p. 174; G.G. Alione, Les chansons françaises, a cura di M. Maranzana, Milano 1929, p. 86; L. Vergano, Un calendario-necrologio della cattedrale di Asti del sec. XIV, in Riv. di storia, arte, archeologia per la provincia di Alessandria, XVIII (1939), p. 329; R. Bordone, La dominazione francese di Asti. Istituzioni e società tra Medioevo ed Età moderna, in Gandolfino da Roreto e il Rinascimento, a cura di G. Romano, Torino 1998, pp. 23, 26 s., 29, 37-40, 42, 44; G. Donato, Architettura e ornamento nei luoghi di Gandolfino, ibid., pp. 56-62; R. Bordone - D. Gnetti, Cortesia, corti, cortigiani: Asti all'autunno del Medioevo, in corso di stampa.