MAGGI, Alessandro (noto anche come Alessandro Bassano)
Figlio di Livio, nacque a Padova nel 1509; ebbe un fratello, Camillo, maggiore di lui, e sicuramente una sorella, andata in sposa a Marco Olzignano e conosciuta per esser madre del celebre giurista Girolamo. Non si conoscono il nome della madre, né quello della consorte del M., ma i documenti attestano che si sposò ed ebbe cinque figli.
Rimasto orfano appena quindicenne, restò per qualche tempo sotto la tutela di Camillo e, in ossequio alla tradizione di famiglia, fu avviato allo studio del diritto. Raggiunta appena la maggiore età, il M. perse prematuramente anche il fratello e si ritrovò alla guida della famiglia, dovendo a sua volta provvedere all'istruzione dei nipoti Livio e Annibale. La scelta di avviarli agli studia humanitatis coincise con il sempre più netto definirsi della predilezione per il mondo classico e per il "dilletto de anticaglie" cui lo aveva iniziato sin da piccolo il padre, appassionato collezionista di oggetti d'arte e antichità.
Il palazzo di famiglia a Padova, più noto come la "casa degli specchi" per via delle particolari decorazioni in porfido, fu progettato e fatto costruire dal nonno paterno del M., Annibale detto Bassianino. Questi fu attivo nella seconda metà del XV secolo a Padova, dove progettò la sala del Consiglio del palazzo dei Signori, portata a termine nel 1523 da B. Bigoio. Morì a Padova nel giugno 1504.
Nell'atrio, nel cortile, incastonati nella stessa facciata del palazzo di famiglia erano disseminati frammenti di colonne, epigrafi, lapidi onorarie, stele funerarie, busti, basamenti di statue: un patrimonio che, incrementato dal M. stesso, si conservò nel tempo dando origine nel XIX secolo alla sezione lapidaria del Museo civico di Padova.
Il primo acquisto effettuato dal M. risale al 1528, quando comprò per 3 ducati da un monaco di S. Giustina "certe lassagne pietrificate", fossili pervenuti al monastero in seguito al sacco di Roma. Alla compravendita presenziò anche Giovanni Cavino, l'abile incisore di medaglie con il quale il M. strinse un duraturo rapporto di collaborazione e amicizia. Per suggellare il sodalizio, Cavino realizzò successivamente una medaglia con i loro profili affiancati, oggi conservata presso il Museo Bottacin di Padova.
Negli anni Trenta, durante il periodo della residenza padovana di P. Bembo, il M. ne frequentò assiduamente la casa, divenendo appassionato studioso e diligente conservatore della sua collezione numismatica. Entrò in contatto con latinisti, bibliofili e antiquari, cominciò a collezionare monete antiche e, dietro suggerimento dello stesso Bembo, mise mano a un trattato sull'interpretazione dei "riversci delle medaglie antiche delli primi dodici Cesari" (Bodon, 1991, p. 61).
Alla stesura dell'opera in lingua latina, di interesse storico e iconografico, oltre che numismatico, il M. dedicò almeno trent'anni della propria vita, ma non ebbe la gioia di vederla pubblicata (la prima parte del manoscritto, l'unica superstite, si conserva presso la Biblioteca del Seminario vescovile di Padova). Seguendo l'ordine di successione dei primi imperatori, il testo passa in rassegna i loro principali conii, dando conto delle particolari vicende storiche e politiche che potevano aver determinato le raffigurazioni allegoriche del verso delle medaglie. È lecito supporre che buona parte del materiale studiato appartenesse alla sua collezione: le monete appaiono non solo minuziosamente descritte, ma anche fedelmente riprodotte nei disegni a margine del testo, realizzati dallo stesso Maggi. I suoi sforzi interpretativi e le frequenti digressioni sul valore dell'antiquaria, dimostrano come egli considerasse la disciplina una scienza ausiliaria della storia, riservata ai soli "vetustatis inquisitores" e asservita all'incremento della conoscenza.
Sebbene i principali interessi fossero rivolti allo studio, il M. si dedicò con successo anche alla vita politica. Tra il 1537 e il 1568 ricoprì diverse cariche amministrative, che gli conferirono visibilità pubblica, contribuendo a diffondere la sua fama di erudito e a farne un punto di riferimento laddove si rendessero necessarie precise competenze storico-archeologiche. Nel 1540, il capitanio di Padova Girolamo Corner gli affidò il compito di sovrintendere al rifacimento della decorazione pittorica della sala dei Giganti nel palazzo dei Carraresi, per la quale il M. elaborò anche il programma iconografico. I quarantaquattro colossali personaggi della storia romana - affrescati da Domenico Campagnola, Giuseppe Porta, Lambert Sustris e altri artisti della scuola locale - risultano contraddistinti da insoliti e sofisticati attributi, per i quali il M. prese diretto spunto dalle medaglie romane e dal materiale lapideo in suo possesso, come dimostrano anche le citazioni di alcuni pezzi della collezione di famiglia.
Il prestigio della commissione gli procurò altri incarichi illustri, che lo videro ancora coordinare e dirigere il lavoro di artisti, pittori e architetti, nonché impegnarsi a diffondere una sensibilità estetica attenta alla lezione dell'antico. Tra il 1546 e il 1547, il Consiglio della città gli affidò la progettazione del monumento a Tito Livio, concedendogli piena libertà per l'ideazione e l'esecuzione dell'opera. Per la realizzazione del piccolo mausoleo nel palazzo della Ragione, il M. si avvalse della collaborazione di Domenico Campagnola e dello scultore Agostino Zoppo, cui commissionò anche una copia del presunto ritratto di Livio conservato nella sua collezione, per donarlo alla città e collocarlo sulla sommità del monumento (i Maggi annoveravano con orgoglio lo storico fra i propri illustri capostipiti). Grazie a questa personale iniziativa, il M. contribuì notevolmente anche alla fortuna e alla diffusione dell'immagine di Livio nella tradizione artistica.
Nel 1556, i rettori della città lo incaricarono di allestire - in soli quattro giorni - l'apparato scenografico per salutare l'ingresso a Padova della regina di Polonia Bona Sforza. La struttura dell'arco trionfale - "fatto a figura e similitudine d'un portone corinthio" - fu progettata dal Sanmicheli e decorata con complesse immagini ispirate ancora una volta al simbolismo delle medaglie romane. L'eccessiva erudizione delle allegorie non consentì una corretta lettura del programma iconografico e il M. si occupò di illustrarlo nella Dichiaratione dell'arco fatto in Padova nella venuta della serenissima regina Bona di Polonia (Padova 1556).
Negli anni Sessanta il M. si dedicò attivamente all'incremento della sua collezione: per l'acquisto di epigrafi greche e latine, bronzetti e medaglie antiche alienò gran parte del patrimonio immobiliare, con il quale "avrebbe potuto nutrire li suoi figliuoli", commentò con una nota di biasimo lo storico contemporaneo Giovanni Antonio Sforza (Bodon, 1991, p. 93).
A causa della passione per l'antico, la situazione finanziaria della famiglia entrò in crisi; i figli erano ancora troppo giovani per comprendere - e difendere negli stenti - gli investimenti del padre. Il M. si vide quindi costretto, con tutta l'amarezza che traspare nella lettera scritta nel 1574 al medico padovano Girolamo Negri, a vendere le amate medaglie e i pezzi più preziosi della collezione di famiglia (fra cui anche il ritratto di Livio), per ottenere il denaro necessario alla sopravvivenza e per evitare che i figli, ignari del valore di mercato dei preziosi oggetti, se ne liberassero magari in futuro "per uno pezzo di pane" (Zorzi, p. 96). Sappiamo che un considerevole nucleo di monete fu ceduto all'appassionato cultore padovano Antonio Capodivacca e che nello stesso 1574 i Függer erano in avanzate trattative per l'acquisto di un'altra parte della raccolta e di alcuni bronzetti.
Vendute le anticaglie, impossibilitato a sostenere gli elevati costi della pubblicazione del suo trattato, il M. consumò nell'ombra il fallimento del proprio progetto culturale, destinato a non avere eredi. Ritiratosi anche dalla vita pubblica, sappiamo molto poco dei suoi ultimi vent'anni.
S'ignora la data di morte del M.: l'ultimo documento in cui viene ricordato ancora vivo è un atto del gennaio 1593, relativo all'acquisto di alcuni terreni su richiesta del figlio Pompeo.
Fonti e Bibl.: E. Zorzi, Un antiquario padovano del sec. XVI. A. M. da Bassano, in Boll. del Museo civico di Padova, LI (1962), pp. 41-98; C.L. Joost-Gaugier, The casa degli specchi at Padua, its architect Annibale da Bassano, Tito Livio, and a peculiar historical connection, ibid., LXXII (1983), pp. 113-124; G. Bodon, L'immagine di Tito Livio a Padova nella tradizione artistica rinascimentale, ibid., LXXVIII (1989), pp. 69-92; Id., Studi antiquari tra XV e XVIII secolo. La famiglia Maggi da Bassano e la sua collezione di antichità, ibid., LXXX (1991), pp. 29-39 (per Annibale), 55-98; Id., La sala dei Giganti a Padova e il suo programma iconografico: metodologia e primi risultati di un progetto di ricerca, in Iconografia 2001: studi sull'immagine. Atti del Convegno, Padova, 2001, a cura di I. Favaretto - I. Colpo - F. Ghedini, Roma 2002, pp. 481-494.