LONGHI, Alessandro
Nacque il 12 giugno 1733 a Venezia, primogenito del pittore Pietro Falca, detto Longhi, e di Caterina Maria Rizzi (Vio, 1993, p. 163). Intrapresa la carriera artistica adottò lo stesso soprannome del padre.
Nel 1746 compare nell'elenco degli aspiranti a entrare nel seminario ducale. Due anni più tardi, tuttavia, il padre rinunciò formalmente, in qualità di garante, alla domanda di ammissione. Pur non avendo mai preso i voti, gli epiteti di chierico e di abate ne accompagnarono diverse volte il nome nel corso degli anni successivi (ibid., p. 164; Moretti, pp. 249 s.).
Come attesta la biografia pubblicata nel Compendio delle vite dei pittori veneziani istorici più rinomati del presente secolo… (edita dallo stesso L. nel 1762), trascorse un periodo di apprendistato nella bottega di Giuseppe Nogari, la cui produzione dovette esercitare, insieme con i modelli paterni, un'influenza decisiva sullo sviluppo dello specialismo quasi esclusivo nell'ambito della ritrattistica che il L. praticò per l'intero svolgersi della carriera.
La prima opera nota, un Ritratto di Gioacchino Cocchi oggi disperso, fu esposta a Venezia nel maggio del 1757, quando il L. aveva già ventiquattro anni (Gradenigo, p. 30). Rimangono ancora in parte da chiarire le vicende relative all'attività precedente, per la quale non esistono appigli documentari che ne permettano una definizione puntuale, resa peraltro ulteriormente complicata dalla presenza in raccolte private di buona parte dei dipinti che si considerano ormai stabilmente prodotti del suo periodo giovanile.
Focalizzando alcune nitide derivazioni dalla maniera di Nogari, Riccoboni (pp. 11-13, figg. 1-6) e Martini (1964, p. 125) ritenevano di poter individuare in un gruppo di ritratti di collezione privata (Donna anziana, Giovane cavaliere, Paolo Veronese, Ragazza con grappolo d'uva, due mezzi busti di Giovani signori) alcune delle prime tele del L., datandole verso la fine del sesto decennio. Di recente, tuttavia, Pallucchini (1995, p. 435), accolta l'ipotesi di datazione verso il 1758 formulata da Valcanover (1961, pp. 227-229) in base alla presunta età dei committenti raffigurati, ha proposto di ridefinire il primo catalogo del L. intorno a due ritratti di gruppo: quello della famiglia di Ermolao Alvise (I) di Andrea Pisani, di cui rimane solo un frammento con l'effigie a figura intera del giovanissimo Ermolao (II) Pisani al Museo civico di Belluno, e quello della famiglia del procuratore Alvise Pisani con la moglie Paolina Gambara, i quattro figli, il padre Alvise (doge morto nel 1741), i due fratelli, forse l'abate Giovanni Gregoretti e alcune figure allegoriche (Venezia, Gallerie dell'Accademia). Tali opere, lontane dalla maniera fortemente chiaroscurata del primo maestro, risultano caratterizzate da uno stile per molti versi vicino a quello del padre (del quale, non a caso, si è persino supposto l'intervento per talune figure) che il pittore andò progressivamente rielaborando in alcune delle sue componenti essenziali durante i primi anni Sessanta. I due teleri Pisani risultano inoltre piuttosto diversi nelle modalità di stesura del colore anche dalla serie di Ritratti dei pittori veneziani che il L. eseguì prima di pubblicarne l'effigie incisa nel 1760. Ciò suggerisce per intanto, pur con le opportune cautele dovute alla scarsa visibilità delle opere in questione, la possibilità di anticipare almeno alla prima metà degli anni Cinquanta il gruppo individuato inizialmente da Riccoboni. Del nucleo di immagini dei pittori sono stati rintracciati in collezione privata e a lui ascritti i ritratti di Antonio Balestra (Martini, 1971, fig. 2), Francesco Zugno, Gaspare Diziani (Id., 1982, figg. 857-858), ai quali si devono aggiungere quelli di Francesco Fontebasso (Torino, Galleria Sabauda) e Giovanni Battista Piazzetta (Venezia, Ca' Rezzonico), già considerato un autoritratto. Tutti i dipinti menzionati, datati in genere tra il 1758 e il 1760, risultano concepiti entro un orizzonte stilistico ancora riconducibile a quello di Nogari e anche per essi (se si considerano i ritratti Pisani quali punti di riferimento) sarà necessario ripensare una cronologia più alta, ovvero ipotizzare, rispetto per esempio all'ufficialità della tela dell'Accademia, un impegno di natura diversa da parte del pittore, e quindi una maniera naturalmente più corsiva, per tele che dovevano forse costituire solo dei bozzetti in vista del più laborioso progetto delle stampe.
Pedrocco (1993, figg. 6-7, p. 182) ha pubblicato un foglio di disegni, conservato in collezione privata, in cui compaiono sul recto, tra gli altri, alcuni studi per il ritratto di Piazzetta che permettono di rafforzare l'ipotesi attributiva al L., consentendo altresì una sia pure limitata conoscenza della sua tecnica grafica. Di impaginazione simile a quella impiegata per i Ritrattidei pittori, con la stessa finta cornice ovale a racchiudere il mezzo busto del personaggio, è il Ritratto di Carlo Goldoni della Cassa di risparmio di Venezia, assegnato al L. da Pedrocco (1993, p. 181; 1997); sul dipinto, caratterizzato da una inusuale delineazione delle ombre sul viso del ritratto, ha tuttavia espresso perplessità Pavanello (1998, p. 150, n. 5), ipotizzando addirittura una mano di tardo Ottocento. Sicuramente del L. è invece il Ritratto di Goldoni di Ca' Rezzonico (esposto ora nel Museo Casa Goldoni a Venezia), realizzato prima che il commediografo, già in rapporti di cordialità con Pietro Longhi, lasciasse la città lagunare nel 1762.
Fu pagato il 5 dic. del 1759 il Ritratto di Giulio Contarini Da Mula (Rovigo, Pinacoteca dell'Accademia dei Concordi), eseguito dal L. su incarico ottenuto due anni prima dall'Accademia rodigina, che intendeva rendere omaggio al proprio protettore. L'artista si assicurò la commissione verosimilmente grazie all'interessamento di Nogari, cui spettava il compito di ritrarre Alessandro Zeno, amico di Contarini e come lui procuratore veneziano e sostenitore dell'istituzione.
Il 30 sett. 1759 sposò Marina Gaggietta, e si stabilì con lei presso la casa dei genitori. Il 19 dicembre, in base a quanto riporta Gradenigo (p. 45), era compiuto il Ritratto degli avogadori Alvise Renier, Prospero Valmarana e Vincenzo Donà, che si conserva nella sala dello Scrigno di palazzo ducale. Nello stesso anno divenne membro dell'Accademia veneziana.
Intorno al 1760, per l'età apparente dell'effigiato (Nepi Scirè, p. 124), può essere posta l'esecuzione del Ritratto di Tommaso Temanza (Venezia, Gallerie dell'Accademia), cui probabilmente doveva essere associato quello di Caterina Pensa (Londra, National Gallery), moglie del celebre architetto, identificabile come tale in virtù di una scritta ottocentesca sul retro del dipinto.
Entrambi i ritratti presentano del resto uno schema stilistico coerente con la prima produzione del L., ravvisabile in particolare nella selezione dei toni e nei chiaroscuri pronunciati e ben sfumati, consentendo di anticiparne la datazione rispetto alle ipotesi avanzate in passato che li collocavano almeno un decennio più tardi.
Nel 1760 il L. pubblicò a Venezia, dedicandola a Francesco Pisani, la Raccolta di ritratti de' pittori veneziani istorici più rinomati de' nostri giorni…, un'opera a stampa comprendente la serie di 24 ritratti incisi che l'artista riutilizzò, due anni più tardi, per la prima edizione veneziana del Compendio delle vite dei pittori veneziani…, associando ciascuna immagine alla biografia dell'effigiato affidata a un autore rimasto anonimo, come testimonia un foglio conservato al Civico Museo Correr recante un "Avis d'Alexandre Longhi" datato 22 sett. 1764 e relativo alle condizioni di vendita del volume (Moschini, 1956, p. 63; Succi, pp. 225 s.).
Nel 1761 realizzò l'acquaforte con Le tentazioni di s. Antonio, riprendendo con poche differenze la composizione del dipinto paterno di identico soggetto e traducendo la scena attraverso un segno e una modalità di illuminazione affini ai modi della temporanea voga rembrandtiana, alla quale dovette essere verosimilmente introdotto da Nogari, che ne fu uno degli antesignani. All'anno successivo, invece, quando il padre consegnò il dipinto all'Accademia, dovrebbe risalire l'esecuzione dell'acquaforte da esso tratta e raffigurante Il filosofo Pitagora, connotata dallo stesso spettro di riferimenti stilistici.
Secondo Pallucchini (1995, p. 437), contrariamente all'opinione diffusa che lo ritiene di periodo più avanzato, dovrebbe risalire a questo momento anche il dipinto allegorico raffigurante La Pittura e il Merito, eseguito per l'Accademia e ivi ancora conservato. Della tela esiste una traduzione a stampa - databile forse per ragioni di stile alla metà degli anni Sessanta (Succi, p. 220) - realizzata dal L. medesimo e dedicata a John Udney, console inglese a Venezia, le cui date dell'incarico (1761 e 1773-75) non contribuiscono tuttavia a fare definitiva chiarezza sulla cronologia dell'opera.
Nel 1764 dipinse il Ritratto del chagì Abdurahman Agà (collezione privata: Pallucchini, 1995, fig. 701), plenipotenziario di Tripoli in Barberia, ritraendo il personaggio anche in un'acquaforte riferibile presumibilmente allo stesso momento. A esso si accosta di consueto, per le similitudini esecutive, il Ritratto di pittore (collezione privata: ibid., fig. 704), che Martini (1982, p. 553 n. 360), ancorché senza addurre solidi argomenti, ipotizzava essere un autoritratto.
Verso la metà del settimo decennio, mentre il padre cominciava a riservare per sé quasi esclusivamente la ritrattistica "privata", il L. iniziò ad assumere committenze di carattere ufficiale, esibendo una buona conoscenza dei codici espressivi delle formule "d'apparato" nel realizzare due notevoli dipinti a figura intera: il Ritratto di Antonio Renier, provveditore generale in Dalmazia e Albania (Padova, Musei civici), e quello di Francesco Grimani, provveditore generale da Mar (collezione privata: Martini, 1964, tav. XXX).
Oscillante tra il 1765 e il 1770 è invece la datazione del Ritratto di Carlo Lodoli (Venezia, Gallerie dell'Accademia) che, come Goldoni, ben conosceva il padre del L., tanto da essere da lui rappresentato in diversi quadri.
Non è possibile stabilire se la versione dell'Accademia (certamente del L. per via dell'iscrizione nel dipinto) sia quella che faceva parte della raccolta di Andrea Memmo, da lui stesso ricordata negli Elementi d'architettura lodoliana… del 1786 (Del Negro, 1993, p. 239, n. 46).
Nel 1766 firmò, tra gli altri, il Ritratto del pittore Andrea Urbani di collezione privata (Pallucchini, 1995, p. 444, fig. 702). L'anno successivo, in occasione della sua elezione a procuratore di S. Marco, Nicolò (I) Erizzo ordinò al L. un ritratto a figura intera, oggi conservato presso la Fondazione Miniscalchi Erizzo a Verona. Probabilmente nello stesso 1767 realizzò anche il Ritratto del doge Alvise (IV) Mocenigo su commissione dell'Accademia (Venezia, Gallerie dell'Accademia), che aveva la consuetudine di far realizzare e conservare le immagini dei dogi durante il loro governo.
Nel 1769 firmò datandola una Visitazione (Trieste, S. Antonio Taumaturgo), uno dei rari dipinti di genere sacro dell'intera attività del Longhi.
Nel 1770 dipinse il Ritratto del senatore Angelo (I) Memmo, conservato al Civico Museo Correr, secondo la tipologia già sperimentata nelle tele raffiguranti Antonio Renier e Francesco Grimani, il Ritratto di monsignor Bernardo Bocchini del Museo civico di Treviso e quello di Giovanni Benedetto Civran (Chioggia, vescovado), realizzato in occasione della sua elezione al vescovado di Caorle.
Quattro anni più tardi ritrasse il Vescovo Andrea Benedetto Ganassoni (Feltre, seminario vescovile), impiegando uno schema compositivo del tutto simile a quello concepito per il Vescovo Civran e per numerosi altri ritratti di impostazione analoga, con una biblioteca sullo sfondo a sottolineare gli interessi intellettuali dell'effigiato.
Dell'opera esiste una versione firmata e datata 1774 da Pietro Longhi a Ca' Rezzonico, che, con ogni probabilità, come ha sostenuto buona parte della letteratura recente, subì l'influenza della maniera del figlio nella redazione dei ritratti tardi.
La ritrattistica del L., già ampiamente stimata tra le famiglie patrizie della Serenissima, si intensificò molto negli anni Settanta, divenendo lo strumento celebrativo per eccellenza dell'assunzione di una dignità o di un incarico da parte dei notabili cittadini; egli giunse così a dominare il mercato veneziano dell'ultimo quarto del secolo con una produzione copiosa quanto diseguale sotto il profilo qualitativo, in cui sono riscontrabili alternativamente esempi di pregevole fattura, specie nella resa dell'individuazione fisionomica, e dipinti dalle connotazioni talvolta persino "seriali".
Tra i primi spiccano senz'altro il Ritratto di prelato (Firenze, Uffizi) del 1776, il Bartolomeo Ferracina (Ca' Rezzonico), eseguito con ogni probabilità nel 1777 (Pedrocco, 1998, p. 84), e il Ritratto del medico Gian Pietro Pellegrini (Venezia, Ateneo veneto), situabile tra la fine dell'ottavo e l'inizio del nono decennio.
Nel 1780 il L. realizzò le figure degli apostoli Taddeo e Matteo nei pennacchi esterni sull'arco di ingresso della terza cappella a destra di S. Pantalon a Venezia, dipingendo ancora per la stessa chiesa, entro i due anni successivi, quattro tele allegoriche raffiguranti La Giustizia, La Carità, La Prudenza e Le opere di misericordia.
Tra il 1779 e il 1781, come si evince da alcune annotazioni di spesa (Moschini Marconi, p. 47), dipinse il Ritratto del doge Paolo Renier per l'Accademia (Venezia, Gallerie dell'Accademia), che, durante la presidenza di Giuseppe Angeli, nel 1781, gli ordinò anche i ritratti del Veronese, del Tintoretto, di Bassano e di Tiziano, eseguiti probabilmente l'anno successivo e fino al 1807 ancora collocati in una delle sale della medesima istituzione. I primi tre risultano dispersi, mentre il Tiziano è stato identificato da Martini (1971, p. 32, fig. 8) con una tela di collezione privata.
Nel 1788 realizzò il Ritratto di Sante Bonelli, parroco di S. Stefano (Museo civico di Torino), che costituisce una delle emergenze qualitative della produzione tarda, insieme con il cosiddetto Maestro di spada (collezione privata: Pallucchini 1995, fig. 713) e con i ritratti di Domenico Pizzamano e Giovanni Maria Sasso, entrambi a Ca' Rezzonico, tutti collocabili cronologicamente tra la fine degli anni Ottanta e i primi dell'ultimo decennio.
Il 9 giugno 1790 sposò in seconde nozze Angela Maria Piccini.
Al 1797 sono datati due degli ultimi ritratti noti: il Reverendo Giovanni Picardi della chiesa dei Carmini di Venezia e il Don Ferrari di Sant'Agnese, conservato nella chiesa dei gesuati della stessa città. Sicuramente di cronologia molto avanzata è anche una piccola tela di devozione privata raffigurante Maria delle Gallerie dell'Accademia.
Il L. morì a Venezia nel 1813, poco tempo dopo aver dipinto una pala con Il Cuore di Gesù per l'oratorio dei Ss. Pietro e Paolo, andata perduta, di cui fanno menzione le fonti ottocentesche (Moschini, 1932, p. 138; Pallucchini, 1995, p. 452).
Fonti e Bibl.: P. Gradenigo, Notizie d'arte tratte dai notatori e dagli annuali (1760), a cura di L. Livan, Venezia 1942, pp. 30, 45, 60, 68, 91, 96, 112, 122, 139, 143, 167, 212, 226; V. Moschini, Per uno studio di A. L., in L'Arte, XXXV (1932), pp. 110-147 (con bibl.); F. Valcanover, Un nuovo ritratto di A. L., in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, XXV (1954), pp. 33-36; V. Moschini, L., Firenze 1956; F. Valcanover, New light on A. L.'s "Balotin del doxe", in The Connoisseur, CXLVIII (1961), pp. 227-229; A. Riccoboni, Opere giovanili di A. L., in Emporium, CXXXVII (1963), pp. 9-15; E. Martini, La pittura veneziana del Settecento, Venezia 1964, p. 125; S. Moschini Marconi, Gallerie dell'Accademia di Venezia. Opere d'arte dei secoli XVII-XIX, Roma 1970, pp. 44-47; E. Martini, Quattro ritratti ritrovati di A. L. e altri inediti, in Arte illustrata, IV (1971), pp. 28-35; Id., La pittura del Settecento veneto, Udine 1982, pp. 105 s., 109, 552 s.; D. Succi, Da Carlevarijs ai Tiepolo: incisori veneti e friulani del Settecento (catal., Gorizia-Venezia), Venezia 1983, pp. 218-229; S. Sponza, Un ritratto di A. L. e uno di Giuseppe Angeli nel vescovado di Chioggia, in Arte. Documento, 1988, n. 2, pp. 182-185; M. De Re, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, a cura di G. Briganti, Milano 1990, pp. 769 s. (con bibl.); P. Del Negro, "Amato da tutta la Veneta Nobiltà"…, in Pietro Longhi (catal., Venezia), a cura di A. Mariuz - G. Pavanello - G. Romanelli, Milano 1993, p. 239; L. Moretti, Asterischi longhiani, ibid., pp. 249 s.; F. Pedrocco, Opere inedite o poco note di A. L., in Venezia Arti, VII (1993), pp. 181-185; G. Vio, Pietro Falca detto Longhi: la sua famiglia e i suoi messaggi elettorali, in Arte. Documento, VII (1993), pp. 163-170; G. Marini, A print by A. L., in Print Quarterly, XI (1994), pp. 425 s.; G. Nepi Scirè, Gallerie dell'Accademia di Venezia. Guida alla Quadreria, Venezia 1995, pp. 123-127; R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1995, pp. 435-452; T. Pignatti, Pietro e A. Longhi, in Splendori del Settecento veneziano (catal.), a cura di G. Nepi Scirè, Venezia 1995, pp. 351, 364-368 (con bibl.); S. Aloisi, Un inedito ritratto di A. L. in Friuli, in Ce fastu?, LXXIII (1997), 1, pp. 111-114; F. Pedrocco, Ritratto di Carlo Goldoni, in Lorenzo Tiepolo e il suo tempo (catal., Mestre), a cura di G. Romanelli - F. Pedrocco, Milano 1997, p. 70; '700 veneziano. Capolavori da Ca' Rezzonico (catal., Roma), a cura di F. Pedrocco, Venezia 1998, pp. 82-84; G. Pavanello, Una "Madonna" di Giandomenico Tiepolo e un "Ritratto" di A. L., in Arte veneta, LIII (1998), pp. 146-150; M. Favilla - R. Rugolo, Tre mecenati, tre pittori, in Verona illustrata, XVI (2003), pp. 91-93, 100; Nove dipinti di Pietro e A. Longhi: da una raccolta privata (catal.), Milano 2003; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, pp. 355 s.