Levi, Alessandro
Filosofo italiano del diritto (Venezia 1881 - Berna 1953). Prof. (dal 1920) nelle univ. di Ferrara, Cagliari, Catania, Parma, fu dimesso dalla cattedra (1938) in seguito alle leggi razziali; si rifugiò quindi in Svizzera, dove insegnò (1944-45) nei corsi organizzati per i rifugiati italiani, presso l’univ. di Ginevra. Tornato in patria (1945), fu chiamato all’univ. di Firenze. Allievo di Ardigò a Padova, la costante riflessione critica intorno ai temi fondamentali del positivismo lo indusse poi ad accogliere nel suo pensiero alcuni suggerimenti dell’idealismo storicistico, verso i quali era sospinto da un vivo interesse per i problemi della storia. In parte precursore in parte critico della concezione istituzionalistica del diritto, elaborò una dottrina del «rapporto giuridico» che è cardine della sua teoria generale del diritto, svolta in numerosi scritti (Contributi a una teoria filosofica dell’ordine giuridico, 1913; Filosofia del diritto e tecnicismo giuridico, 1920; Saggi di teoria del diritto, 1924; Istituzioni di teoria generale del diritto, 1934; Teoria generale del diritto, 1950). La sua opera di storico del pensiero giuridico e politico si concentrò sull’analisi della tradizione risorgimentale, vista nei suoi aspetti più avanzati (La filosofia politica di G. Mazzini, 1917; Il positivismo politico di Cattaneo, 1928; Romagnosi, 1935). Altre opere: Delitto e pena nel pensiero dei Greci (1903); Sul concetto di buona fede (1912); Riflessioni sul problema della giustizia (1943).