LEARDINI, Alessandro
Nacque a Urbino o nel territorio dell'antico Ducato (nelle fonti è detto infatti "urbinate") entro il primo decennio del XVII secolo.
Nulla si sa della prima formazione musicale del L., che dovette avvenire in patria. Nella maturità si ipotizza un collegamento con l'ambiente romano, perché l'unica sua composizione sacra conosciuta è compresa nell'antologia musicale Florida verba (IV vol. di un'omonima serie, comprendente brani da 2 a 4 voci di vari autori di scuola romana: O. Benevoli, G. Carissimi, B. Graziani, F. Foggia ecc.), pubblicata a Roma dal canonico Florido Silvestri da Barbarano nel 1648 (ristampe: Venezia 1649, Anversa 1661). Il suo mottetto a 4 voci, Miserator Dominus, reca l'intestazione "Del Sig. Alessandro Leardini, musico dell'Illustriss[imo] Sig. Cavalier Sforza", da cui si ricava il servizio del compositore presso un non meglio identificato aristocratico, forse Francesco Maria Sforza, cavaliere di Malta e marchese di Caravaggio (The New Grove Dict.).
Le maggiori e più significative testimonianze dell'attività compositiva del L. sono legate alla straordinaria stagione dello sviluppo del teatro musicale a Venezia verso la metà del Seicento. La prima opera in cui compare è La finta savia, melodramma in tre atti, su libretto di G. Strozzi (Venezia, teatro Ss. Giovanni e Paolo, 1643), musicato da vari compositori (F. Laurenzi, per la maggior parte, T. Merula, A. Crivelli, B. Ferrari, V. Tozzi), per il quale il L. compose due intermezzi, alternativi e "senza ballo": La Frode e L'Adulatione e l'Instabilità; la musica è perduta, ma la forma poetica del primo è strofica, quella del secondo dialogica con ritornello a due. Interprete principale dell'opera fu la celebre cantante romana Anna Renzi, già osannata protagonista de La finta pazza dello stesso Strozzi (musica di F.P. Sacrati, Venezia, teatro Novissimo, 1641); è perciò probabile che il L. fosse a Venezia già da qualche anno e avesse legami con l'ambiente romano di Laurenzi, Renzi e Strozzi. In seguito, Anna Renzi sarà ancora protagonista di Argiope, favola musicale di anonimo (forse P. Michiel) e G.B. Fusconi (Venezia, Ss. Giovanni e Paolo, 1649).
La perduta musica di quest'opera doveva risultare dalla collaborazione del L. con il veneziano G. Rovetta, all'epoca maestro di cappella in S. Marco, ma fu solo uno dei due a musicare Argiope, come rivela un'avvertenza al lettore posta alla fine del libretto a stampa (Venezia 1649): "Gli accidenti che mutano l'essere alle cose in un istante, havendo privato della seconda gloria il nostro dramma, la quale sarebbe stata la musica del sig. Rovetta, unita a quella del sig. Leardini ti lasceranno godere dell'armonia d'un solo Orfeo, mentre io te ne havea apparecchiata quella di due". L'ambigua frase è stata finora interpretata come se fosse stato il L. a comporre l'intera opera, ma si può anche intendere nel senso opposto, cioè a favore di Rovetta, che non si allontanò mai da Venezia; invece il L. è documentato a Mantova già nell'autunno dello stesso 1649, quando vi fu rappresentata Psiche, "tragicommedia" scritta per celebrare le nozze di Carlo II Gonzaga Nevers, duca di Mantova, con Isabella Clara arciduchessa d'Austria. Dell'opera, su libretto di D. Gabrielli, resta la musica, dichiarata del L. sulla partitura manoscritta conservata a Venezia (Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. IV, 378).
Psiche, in un prologo e cinque atti, si ispira alla nota favola di Amore e Psiche (Apuleio, Metamorfosi) e ne sviluppa la trama con una ventina di personaggi cantanti. La natura di opera di corte d'occasione è dichiarata da un lungo recitativo iniziale, dove sono evidenti encomiastici parallelismi tra la coppia mitologica e quella ducale. La struttura formale del melodramma appare musicalmente evoluta: sia il prologo sia i vari atti sono preceduti da ben caratterizzate "sinfonie" strumentali, scritte sempre a sei parti, ma senza indicazione di organico, e conclusi (tranne gli atti II e III) o da cori o da "ritornelli" strumentali (questi ultimi intercalati anche ad arie e ariosi nel corso dell'opera). Diversificate e interessanti sono le arie, in tutto più di venti: i loro modelli, pur potendosi sostanzialmente ricondurre ai più comuni tipi (arie strofiche, bipartite e tripartite), configurano una grande varietà di schemi, spesso con soluzioni originali. Formalmente più liberi, gli ariosi risultano molto espressivi e mostrano, a volte con l'impiego di modulazioni improvvise e progressioni cromatiche, una particolare aderenza al testo. Nei cori polifonici è impiegato sia lo stile omoritmico sia quello imitativo, a seconda del carattere dei brani. I concertati si hanno solo con il duetto tripartito di Amore e Psiche nel V atto e il concertato finale a otto voci, purtroppo mutilo. Chi ha studiato la partitura non esita a vedervi influssi dello stile monteverdiano, specie quello della cronologicamente vicina Incoronazione di Poppea, e nel contempo anticipazioni e "spunti di carattere spiccatamente settecentesco" (Monterosso Vacchelli, 1973).
Sempre a Mantova, ulteriori composizioni del L. destinate alla corte sono documentate dalle sole fonti letterarie: Introduzzione al balletto dei dodeci Cesari Augusti, in occasione delle nozze dell'imperatore Ferdinando III con Eleonora Gonzaga (1651), e alcune musiche per il torneo Festa della Barriera (carnevale 1652), per la venuta degli arciduchi Ferdinando Carlo, con la moglie Anna de' Medici, e Sigismondo Francesco d'Austria.
Risalgono pure al periodo mantovano quattro cantate amorose per soprano e basso continuo, conservate manoscritte a Modena (Biblioteca nazionale Estense e universitaria, Mus., G.106-109): Ahi dolci glorie, Penoso è quel contento, A Dio mia libertà (vi si legge: "Di Alessandro Leardini, ma[est]ro di Capella del Duca di Man[tov]a"), Non m'asciugate il pianto (l'attribuzione da altre fonti a L. Rossi è ritenuta improbabile da E. Caluori). Sono tutte attribuite al 1662, ma tale data, scritta sul retro della copertina di ciascuna cantata, si riferisce alla copiatura o alla costituzione della raccolta a cui anticamente esse appartennero e non alla loro composizione, poiché già nel 1656 l'incarico di maestro della cappella ducale di Mantova era passato ad A. Mattioli.
Bisogna perciò concludere che, a questa data (1656), il L. aveva lasciato Mantova o era già morto.
La musica superstite del L. non è molta, ma rivela un compositore valente e duttile, capace di fondere gli elementi stilistico-formali della scuola romana con il più moderno gusto musicale veneziano dell'epoca. Lo dimostra emblematicamente il Miserator Dominus, che nonostante sia "representative of the new progressive style of Roman church music" (The New Grove Dict., p. 418), comincia con una patetica frase del soprano solo sopra il tetracordo minore discendente del basso continuo, per di più tormentato da cromatismi, secondo un procedimento tipico dei "lamenti" operistici del contemporaneo F. Cavalli.
Fonti e Bibl.: G. Strozzi, La finta savia, Venezia 1643; G.B. Fusconi, Argiope, Venezia 1649; D. Gabrielli, Psiche, Mantova 1649; A. Tarachia, Introduzzione al balletto dei dodeci Cesari Augusti…, Mantova 1651; Feste celebrate in Mantova alla venuta de' ser.mi arciduchi Ferdinando Carlo e Sigismondo Francesco d'Austria…, Mantova 1652; T. Wiel, I codici musicali contariniani del sec. XVII nella R. Biblioteca di S. Marco in Venezia, Venezia 1888, pp. 28 s.; G. Radiciotti, Contributi alla storia del teatro e della musica in Urbino, Pesaro 1899, pp. 51 s.; O.G.T. Sonneck, Catalogue of opera librettos printed before 1800, Washington 1914, I, p. 138; II, p. 1544; Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale di Bologna, V, Libretti d'opera in musica, a cura di U. Sesini, Bologna 1943, p. 264; E. Caluori, L. Rossi (ca. 1598-1653): unreliable attributions, Wellesley 1965, n. 352; C. Sartori, La prima diva della lirica italiana: Anna Renzi, in Nuova Riv. musicale italiana, III (1968), pp. 448, 450; F. Testi, La musica italiana nel Seicento, Milano 1970, I, pp. 314, 360, 412; A.M. Monterosso Vacchelli, "Psiche", tragicommedia di A. L. (1649), in Scritti in onore di L. Ronga, Milano-Napoli 1973, pp. 389-414; Id., L'opera veneziana nella prima metà del Seicento, in Storia dell'opera, Torino 1977, I, 1, pp. 86 s.; U. Gironacci - M. Salvarani, Guida al Diz. dei musicisti marchigiani di G. Radiciotti e G. Spadoni, Ancona 1993, p. 138 n. 1174; U. Manferrari, Diz. universale delle opere melodrammatiche, II, pp. 220 s.; R. Eitner, Quellen-Lexikon, V, p. 90; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, col. 405; Diz. encicl. universale della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 332; Répertoire international des sources musicales, s. B/I, Recueils imprimés…, nn. 1648/1, 1649/4, 1661/1; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, I, n. 2450; III, n. 10541; IV, n. 19282; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XIV, pp. 418 s.; Die Musik in Gesch. und Gegenwart (ed. 2003), Personenteil, coll. 1381 s.