ALESSANDRO il Molosso, re d'Epiro
Nacque circa il 362 a. C. da Neottolemo I re d'Epiro della casa reale dei Molossi. Una sorella di lui alquanto più anziana, Olimpiade, sposò nel 357 circa Filippo II re di Macedonia, e fu madre di Alessandro Magno. Non è improbabile che A. avesse anche un fratello maggiore Tharyps, il quale rinnovava il nome di quel Tharyps padre di Alceta I e avo di Neottolemo I, che fu, pare, il fondatore della monarchia epirota. Comunque, Anybbas, fratello minore di Neottolemo, costrinse Neottolemo a dividere con lui il regno, ne sposò l'altra figlia Troade e, morto Neottolemo prima del 357 (fu infatti Arybbas e non Neottolemo che diede Olimpiade in moglie a Filippo), dominò nell'Epiro, sia pure che lasciasse il titolo regio ai giovani figli del fratello. Morto Tharyps (se questi fu realmente il fratello maggiore di A.), e giunto A. alla maggiore età, Filippo di Macedonia intervenne in Epiro per assicurarsene il predominio, dando al cognato A. quell'effuttivo possesso del trono che Arybbas gli rifiutava. Cacciato da Filippo, Arybbas si rifugiò in Atene, dove visse coi figli. A turbare le relazioni di Filippo col re d'Epiro sopravvenne poi il fiero dissenso di lui con la propria moglie Olimpiade e con lo stesso figlio, che aveva avuto da lei, Alessandro, i quali ripararono in Epiro. Filippo però volle riconciliarsi col figlio e col cognato, dando a questo in moglie la propria figlia Cleopatra; ma fu assassinato in mezzo alle feste con cui si celebravano le nozze. Anche più strette e cordiali si delinearono peraltro le relazioni tra l'Epiro e la Macedonia, mentre i due stati furono retti rispettivamente da Alessandro Magno e dal cognato e zio di lui, A. il Molosso.
Frattanto Taranto, la principale città greca dell'Italia meridionale, vedendo sé e i proprî alleati minacciati dai progressi continui degl'indigeni d'Italia e in particolare dei Lucani e degli Iapigi (Messapî). Chiamò al soccorso prima il re di Sparta Archidamo, poi, caduto questo nella battaglia di Manduria (338), il re dei Molossi. Archidamo era venuto soltanto per soccorrere i Greci d'Italia; A., che passò in Italia a un dipresso quando il suo parente e alleato di Macedonia passava in Asia, mirava, come più tardi Pirro, a fondarsi un impero nella penisola italiana. Egli riportò successi notevolissimi. Si avanzò nell'Apulia fin presso Arpi, e riuscì ad occupare il porto di Arpi, Siponto, alleandosi poi con le stirpi iapigie contro il potente nemico che le minacciava da nord-ovest, i Sanniti. Contro Sanniti e Lucani collegati ai suoi danni, forse sperando di ricuperare all'ellenismo Posidonia, già caduta in mano degl'indigeni, si avanzò fino al Silaro (Sele) ed ivi li vinse in battaglia. Ci viene detto, e non vi è ragione per dubitarne, che egli avesse stretto alleanza coi Romani, i quali avevano poco prima vinto la cosiddetta prima guerra sannitica, e che appunto allora con la guerra latina rinsaldavano il loro predominio nel Lazio e nella Campania.
Ma a questo punto, impensieriti dai successi di A., i Tarentini defezionarono; sicché A. non poté più contare che sugli Epiroti, le città greche di Turi e di Metaponto, i fuorusciti lucani e qualche tribù indigena. Era troppo poco per resistere a popoli numerosi e guerrieri come Sanniti, Lucani e Bruzî. Così nel 331-330, mentre egli prendeva i suoi quartieri d'inverno presso Pandosia, nell'alta valle del Crati non lontano da Coscenza, assalito di sorpresa dai Lucani e dai Bruzî, favoriti dalle piogge, che, avendo rigonfiato i torrenti, impedirono ai varî reparti epiroti di prestarsi scambievolmente man forte, fu battuto e nella ritirata ucciso. Il cadavere, riscattato dagli alleati, fu sepolto in Epiro. Con lui crollò il sogno epirota d'impero in Occidente, che fu ripreso assai più tardi, in contingenze mutate e molto meno favorevoli, da Pirro. A. lasciò una figlia, Cadmea, e un figlio, Neottolomeo II, minorenne, che cominciò a regnare sotto la tutela della zia Olimpiade. La vedova, Cleopatra, tornò invece in Macedonia. Nell'insieme gli elementi che possediamo sono troppo scarsi per giudicare intorno alla personalità di Alessandro. Non gli mancarono certamente ambizione, audacia, valore. Se a queste doti si accompagnassero prudenza e perizia non possiamo giudicare. Certo il cattivo successo del suo tentativo, dovuto in grandissima parte all'insanabile spirito particolaristico dei Greci d'Italia, fu grave d'effetti nella storia delle colonie italiote.
Fonti principali sono Giustino, XII, 2; Livio, VIII, 3, 6; 17, 9; 24. Le poche altre notizie sono sparse qua e là nelle fonti più svariate.
Bibl.: Di scrittori moderni, oltre le storie greche e romane (p. c. Beloch, Griech. Geschichte, 2ª ed., III, i, p. 597 segg.; IV, ii, p. 144 segg.; De Sanctis, Storia dei Romani, II, p. 242 segg.), vedi Klotzsch, Epirotische Geschichte bis zum Jahre 280 v. Chr., Berlino 1911, p. 74 segg.; Nilsson, Studien zur Gesechichte des alten Epeiros, Lund 1909, p. 79 segg.; De Sanctis, I thearodokoi d'Epidauro, in Atti della R. Acc. di Torino, XLVII (1911-12), p. 442 segg.