GUIDICCIONI, Alessandro
Figlio di Aldobrando di Aldobrandino, nacque a Lucca nel 1489; aveva un fratello, Girolamo, nato nel 1479.
La famiglia - tra le più prestigiose della Repubblica - strinse importanti legami con la Curia romana, soprattutto attraverso Bartolomeo, zio del G., che con l'ascesa al soglio pontificio di Paolo III Farnese, di cui era stato a lungo vicario vescovile, conseguì alcuni tra gli incarichi principali della corte e il cardinalato; sempre all'ombra dei Farnese si svolse anche la carriera del cugino del G., l'illustre letterato Giovanni.
Il 21 ag. 1535 il G. entrò a far parte della Cancelleria papale, affidata solo una settimana prima al cardinale Alessandro Farnese, ma diretta dal segretario papale Ambrogio Ricalcati fino al 1538, allorché il Farnese assunse effettivamente la guida dell'ufficio. Per il giovanissimo cardinale e nipote del papa, il G. si occupò (fino al 1542, con qualche parentesi) soprattutto dell'amministrazione delle ingenti rendite che gli spettavano a titolo personale, della loro riscossione e dell'appalto: è il caso delle entrate dell'arcivescovato di Avignone, per le quali nell'agosto del 1536 ebbe il mandato di affidarne la riscossione a Sebastiano di Montacuto.
Nel 1538 il G. risulta tra i familiares del cardinale, secondo solo al segretario Marcello Cervini, ed è menzionato come maestro di casa. In tale veste, tra l'altro, doveva assicurare al cardinal-padrone la disponibilità del denaro nelle località toccate durante i viaggi diplomatici: il G. poteva farlo attraverso la rete di clientele dei mercanti lucchesi sulle piazze europee.
Grazie alla sua posizione, il G. tutelò anche gli interessi della famiglia: innanzitutto quelli del cugino Giovanni - nunzio presso Carlo V nel 1535-37 -, di cui era spesso portavoce presso il papa e il Ricalcati, perorandone le richieste finanziarie e le ragioni che l'opponevano all'antagonista Giovanni Poggio, collettore apostolico e infine sostituto nella nunziatura in Spagna.
Nel marzo del 1539 fu inviato dal Farnese in Spagna, per adempiere - sia nel corso del viaggio attraverso Genova, Avignone e Barcellona, sia a corte - a commissioni di controllo, di supervisione e di intermediazione, come risulta dalle istruzioni, in cui abbondano le questioni di natura finanziaria. Ancora in Spagna nelle prime settimane di maggio, aspettò forse l'arrivo del Farnese, che si recò presso il sovrano per prospettare un progetto nuziale Asburgo-Valois.
Il 23 nov. 1539 ricevette il canonicato della basilica di S. Pietro. Fu nominato governatore di Tivoli l'11 ott. 1540. Nominato vescovo di Ajaccio il 19 genn. 1541 (avrebbe rassegnato la carica nell'aprile del 1548), fu impegnato soprattutto in qualità di maggiordomo del papa, ufficio che assolse forse fin dal 1539 ma sicuramente tra il 1540 e il 1544. In questi anni, godendo della buona opinione del pontefice, fu investito di numerose incombenze a metà tra l'amministrazione domestica dei possedimenti papali e quella pubblica. Nel corso della cosiddetta guerra di Paliano, che Paolo III intraprese contro Ascanio Colonna nel marzo 1541, fu inviato a prendere possesso di Rocca di Papa, rapidamente espugnata all'inizio di aprile, e diresse le prime operazioni di atterramento della rocca. Nel gennaio 1542 ebbe il mandato di amministrare i possedimenti appartenuti al Colonna. Il 5 sett. 1543 fu incaricato del governo di Marino; aveva inoltre "curam et regimen" di Frascati, che nel 1537 Pierluigi Farnese aveva acquistato da Lucrezia Della Rovere, vedova di Marcantonio Colonna, e quindi permutato con la Camera apostolica in cambio del Ducato di Castro.
Il 6 apr. 1544 il G. fu nominato nunzio in Francia, in sostituzione di Girolamo Dandini. Lasciata Roma in maggio, raggiunse il nunzio pro tempore Girolamo Capodiferro tra giugno e luglio. Il primo anno della nunziatura, tuttavia, non è documentato e i dispacci inviati a Roma sono conservati solo dall'aprile 1545.
L'attività diplomatica del G. si svolse sullo sfondo di vicende politiche di grande rilievo, che egli tuttavia vide solo scorrere, restandone ai margini: l'unico ruolo che rivestì fu quello di accurato informatore della corte di Roma e di diligente portavoce del papa e dei suoi collaboratori. All'indomani della conclusione della pace di Crépy, stipulata tra Francesco I e Carlo V nel settembre del 1544 senza che Paolo III vi avesse parte alcuna, e a seguito delle clausole stabilite segretamente a Meudon, ritornò palesemente attuale fin dall'ottobre successivo la possibilità di convocare il concilio. Per chiedere l'assenso del sovrano a fine ottobre fu inviato in Francia di nuovo G. Dandini, e Francesco I formalizzò al papa la richiesta di convocare il concilio entro tre mesi, confermando anche in seguito nei diplomatici stranieri l'impressione della sua favorevole disposizione verso l'assise. Su Trento, una delle città menzionate negli accordi segreti di Meudon, cadde infine la scelta della località per il concilio, indetto per la seconda metà del marzo 1545 e intimato dal G. ai vescovi francesi in febbraio. Nei primi mesi dell'anno, tuttavia, il re francese non curò di disporre le nomine dei delegati, che erano di sua competenza, pur circolando liste di prelati e teologi, reputando opportuno attendere l'esito della Dieta imperiale di Worms, dove si era recato anche il cardinale Alessandro Farnese. Peraltro, il massacro dei valdesi di Provenza nella primavera del 1545, che il nunzio commentò favorevolmente riferendosi a quelli residenti a Cabrières, quindi sotto il dominio pontificio, aveva mostrato tutte le ambiguità della politica religiosa francese.
D'altro canto, la disponibilità del re di Francia al concilio era in parte subordinata alla propensione del pontefice e dell'imperatore a sostenere lo sforzo bellico francese contro l'Inghilterra, destinato al duplice scopo di riconquistare Boulogne, caduta in mano inglese alla metà di settembre 1544, e di progettare un'invasione dell'isola. Ma sull'entità di questo impegno finanziario pontificio, così come sulle modalità anche formali del drenaggio delle risorse (in alternativa al versamento delle decime sui benefici francesi), si aprì una vertenza annosa e infruttuosa.
Il G. inviò costantemente informazioni sulla spedizione in Inghilterra, segnata fin dalla partenza, nel luglio 1545, da numerosi incidenti, sulle trattative diplomatiche e sugli sforzi militari intorno a Boulogne che durante i successivi dodici mesi avrebbero scandito il conseguimento della pace tra Francesco I ed Enrico VIII (giugno 1546). Lo stesso rilievo è dato nei dispacci alla politica matrimoniale della casa reale francese, di cui avrebbe dovuto essere protagonista d'eccellenza il duca di Orléans, destinato, secondo il sistema di alleanza cattolica definito a Crépy, a unirsi a una Asburgo e ad acquisire Milano o i Paesi Bassi, se non fosse incidentalmente morto nel settembre 1545. L'avvenimento riconfigurò gli schieramenti, avvicinando Francesco I ai protestanti, pronti ad aiutarlo nella riconquista di Boulogne in cambio di una presa di distanza dal concilio, e costringendo Carlo V, ma anche la diplomazia pontificia, ad adoperarsi per evitare il disimpegno dei Francesi. Con il richiamo dei delegati nell'autunno, Francesco I ricominciò la politica attendista ed esitante dell'inizio del 1545 e procrastinò l'invio di una delegazione più corposa - definita in marzo - a Trento, dove all'inizio dei lavori conciliari, nel dicembre 1545, erano presenti solo due prelati francesi.
Gli sforzi del G. andarono a vuoto: al momento del suo richiamo a Roma, il 16 luglio 1546, il sostituto G. Dandini avrebbe dovuto continuare a occuparsi della questione della rappresentanza francese al concilio. Lucido e sovente annoiato ("più per buona usanza, che perché ci sia cosa di molta importantia, le dirò quel poco che è successo", Correspondance, p. 339), circondato per di più da un clima di sottile diffidenza, il G. espresse fin dal gennaio 1545 il desiderio di essere richiamato: qualche mese più tardi, ritornando sull'argomento, manifestava al cardinale camerlengo Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora la speranza che il tempo della sua permanenza "non debba essere molto longo, così perché sarà pur giusta cosa haver compassione a casi miei […]", ma era altrettanto pronto "prima che a discontentarla, [a] supportar ogni pena, nonché questa della corte di Francia, fino a posponere l'interesse proprio della vita" (ibid., p. 355).
Tornato a Roma, nel dicembre 1546 il G. subentrò a F. Landi come commendatore dell'Ordine di S. Spirito e amministratore della chiesa e dell'ospedale di S. Spirito in Sassia, cariche che assunse ufficialmente il 7 gennaio successivo.
Dette immediatamente il via a un cospicuo e ambizioso programma di decori, finanziato solo in parte dalle entrate personali: entro poche settimane commissionò un organo per la chiesa e l'anno seguente lo splendido soffitto a cassettoni della navata; nel dicembre 1548 acquisì una cappella laterale, dove innalzò l'altare del Crocefisso e fece predisporre due sepolcri, uno per sé, l'altro per il fratello Girolamo (morto nel 1547). Dotò anche l'ospedale del bellissimo soffitto a cassettoni per la corsia "sistina", la più grande della fabbrica, dove fece collocare un secondo organo. L'eccesso di spese gli attirò il biasimo di Giulio III che, lamentando casse vuote e pendenze creditizie, alla morte del G. affidò l'amministrazione alla Confraternita.
Il G. morì a Roma il 7 ott. 1552 e fu tumulato nella chiesa di S. Spirito in Sassia, così come aveva disposto nel testamento redatto due anni prima, nel quale stabilì inoltre che le rendite dei beni posseduti in Lucca, destinati in fedecommesso a Nicola (figlio del cugino Cristofano) fossero impiegate nel primo anno per fare "un poco di memoria di una sepoltura appresso a quella della b.m. di mons. Giovanni Guidiccione vescovo di Fossombrone" (Lucca, Biblioteca statale, Mss., 1115, c. 162).
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Arm. XLI, 19, n. 894; 28, n. 582; 29, n. 233; Camera Apostolica, Diversa Cameralia, 126, cc. 41, 111; Biblioteca apost. Vaticana, Arch. del Capitolo di S. Pietro, Manoscritti vari, t. 19, c. 170v; Ottob. lat., 1111, cc. 202 ss.: Instruttione a m. A. G. nostro mastro di casa per il suo viaggio in Spagna alli 14 di marzo 1539; Lucca, Biblioteca statale, Mss., 1115: G.V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi, cc. 115, 160-163; Roma, Arch. stor. Capitolino, Archivio Urbano, sez. I, vol. 767, cc. 324 ss., 353 (inventario dei beni 23 dic. 1546 e prima versione del testo); P. Saunier, De capite sacri Ordinis S. Spiritus dissertatio, Lugduni 1649, p. 50; M. Giustiniani, De' vescovi e de' governatori di Tivoli, Roma 1665, pp. 143 s.; Lettere ineditedi mons. Giovanni Guidiccioni da Lucca, Lucca 1855, pp. 155, 199, 273; Id., Opere, a cura di C. Minutoli, II, Firenze 1867, pp. 71, 106, 389; G. Guidiccioni, Le lettere. Edizione critica…, a cura di M.T. Graziosi, Roma 1979, lettere 70, 90; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese… di Roma…, VI, Roma 1869, pp. 393 nn. 1203 s., 395 n. 1209; Concilium Tridentinum: diariorum, actorum, epistolarum, tractatuum nova collectio, IV, Friburgi Brisgoviae 1904, ad ind.; Correspondance des nonces en France Capodiferro, Dandino et Guidiccione, 1541-1546, a cura di J. Lestocquoy, Rome-Paris 1963, ad ind.; I manoscritti torrigiani donati al R. Archivio centrale di Stato di Firenze, in Arch. stor. italiano, XXV (1877), p. 374; A. Boselli, Il carteggio del card. Alessandro Farnese conservato nella "Palatina" di Parma, in Arch. stor. per le provincie parmensi, XXI (1921), p. 126; L. Dorez, La cour du pape Paul III d'après les registres de la Trésorerie secrète, I, Paris 1932, pp. 29 s.; A. Canezza - M. Casalini, Il Pio Istituto di S. Spirito…, Roma 1933, p. XLIII; O. Montenovesi, L'archiospedale di S. Spirito in Roma. Saggio di documentazione, in Arch. della R. Deputazione romana di storia patria, LXII (1939), pp. 185, 225; P. De Angelis, Musica e musicisti nell'arcispedale di S. Spirito in Saxia dal Quattrocento all'Ottocento, Roma 1950, p. 25; L. von Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1959, ad ind.; U. Bittins, Das Domkapitel von Lucca im 15. und 16. Jahrhundert, Frankfurt a.M. 1992, pp. 259 s.; L. Smith Bross, The church of S. Spirito in Sassia: a study in the development of art, architecture and patronage in counter-reformation Rome, University Microfilms International, I, Ann Arbor, MI, 1994, p. 126; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di Ch. Weber, Roma 1994, p. 719; A. Tallon, La France et le concile de Trente (1518-1563), Rome 1997, ad ind.; G. van Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 94.