CAPPONI, Alessandro Gregorio
Ultimo rappresentante del ramo romano della famiglia, nacque a Roma il 12 marzo 1683 da Francesco Ferdinando, da cui ereditò il titolo di marchese e una certa disponibilità finanziaria, e da Ottavia Giustiniani. Celibe, trascorse l'intera vita nel palazzo romano di sua proprietà sito in via di Ripetta (attuale n. 246), dedicando tutta la sua attività alla creazione di una esemplare biblioteca di testi di letteratura italiana e di un museo privato di antichità. Legato al cardinale Lorenzo Corsini ed alla sua famiglia, quando questi fu fatto papa col nome di Clemente XII, ottenne il 28 ott. 1730 la carica di furiere maggiore dei palmi apostolici e la dignità di cameriere segreto del pontefice. Ma la sua biografia, poverissima di eventi esterni, si riassume tutta nelle vicende delle sue raccolte librarie ed artistiche. Incominciò con i libri a vent'anni, nel 1703, mentr'era a Firenze; i primi acquisti, secondo un diario da lui stesso tenuto scrupolosamente sino alla vigilia della morte (oggi in Bibl. Apost. Vat., Capp. 313), furono indirizzati verso autori relativamente moderni, dal Tasso al Marino, con rigida e sintomatica esclusione dei classici greci e latini, di opere storiche, filosofiche, politiche, di contemporanei e di stranieri, e accompagnati da un ostinato quanto esteriore studio lessicografico ed antologistico dei testi della tradizione fiorentina (si veda il ms. Capp. 37, contenente di sua mano un'antologia per materia di composizioni poetiche diverse ed una silloge di frasi esemplari e curiose, di bisticci e di proverbi estratti da autori vari, compilate ambedue nel 1708).Col1710 il C. cominciò ad acquistare anche manoscritti ed allargò progressivamente la cerchia dei suoi interessi ai grandi classici del Trecento; nel 1711poté avere l'editio princeps del Petrarca; ma il suo autore preferito rimase sempre il Boccaccio, di cui nel 1715 riuscì ad ottenere l'edizione giuntina del 1527 "dopo tanto tempo speso in cercare e far cercare per tutta Italia" (Capp. 313 c. 24r) e nel 1717 una copia di mano di A. M. Biscioni (e revisionata anche da G. G. Bottari) del manoscritto laurenziano detto del Mannelli del Decameròn (oggi Capp. 143). Intanto un nuovo soggiorno a Firenze sulla fine del 1714 aveva ancor più sviluppato quella che egli stesso definiva la "soverchia lussuria che ho per questi benedetti libri" (Capp. 311 cc. 24v-25r), e gli aveva fatto stringere più diretti rapporti con i maggiori letterati fiorentini del tempo, A. M. Biscioni, F. A. Marmi, S. ed A. M. Salvini, che gli procuravano codici rari e ne rafforzavano il culto per la letteratura volgare dei secoli d'oro, cui lo invitava anche l'intrapreso carteggio con A. Zeno.
Nella Roma antiquaria ed archeologica del primo Settecento, però, era ben difficile che a questo interesse, prevalentemmte letterario e tipico di un fiorentino trapiantato, non se ne dovesse accompagnare l'altro, diverso, ma parallelo e complementare anche in altri letterati del tempo (come nel Bottari), per gli oggetti di scavo e le opere d'arte dell'antichità. Il C. aveva di suo un vivo e preciso gusto di collezionista d'arte, che in un primo tempo (dal 1717 al 1725 all'incirca: cfr. il suo autografo Diario di acquisti di quadri, oggetti, iscrizioni, dal 26 sett.1717 al sett. 1746: Capp. 293) esercitò soprattutto acquistando stampe di A. Dürer e di L. di Leyda e quadri di artisti olandesi, verso i quali aveva vivissima inclinazione; ad essi accompagnò anche opere di pittori rinascimentali e manieristi italiani, sino ad alcuni moderni, quali C. Maratta, G. Pannini e G. van Wittel, da lui stimatissimi, non disdegnando di collocare in quello che chiamava il suo "piccolo museo" anche alcuni oggetti di curiosità, come un prototipo di penna stilografica avuto dall'Inghilterra nel 1725, o numerose e rare armi da fuoco e da taglio, per ottenere le quali non esitava a sacrificare anche dei libri. Ma intorno al 1725, appunto, e soprattutto dal 1726 in poi, quando cioè in un colombario dell'Appia antica gli avvenne di trovare un affresco romano raffigurante un architetto (o un agrimensore, che egli fece disegnare da P. L. Ghezzi ed incidere da G. Orazi: cfr. prove di stampa con note autografe del C. in Capp. 313 A, nn. 5-7), di cui riuscì ad impossessarsi, l'interesse per gli oggetti di scavo divenne in lui prevalente sugli altri per la pittura o per l'incisione; in ciò gli fu, maestro e guida F. Ficoroni, studioso e mercante al tempo stesso, il cui contraltare era ormai, agli occhi del C. e su un piano di più elevata erudizione letteraria, G. Fontanini, abile valorizzatore dei tesori della biblioteca capponiana; di essa proprio nel 1725 veniva redatto un primo indice alfabetico per autore, assai semplice, moderno e funzionale (Capp. 313).
Divenuto un personaggio sempre più noto della Roma letteraria ed erudita, il C. entrò nel 1722 in relazione con L. A. Muratori, cui procurò i testi delle cosiddette cronache capponiane, e cui promise altri aiuti per il seguito del suo lavoro; e nel 1726-27 fece rivivere in Roma l'Accademia dei Quirini, di cui fu primo edile e di cui nel 1730 curò l'edizione di una raccolta di carmi dedicata a Clemente XII.
Tre anni dopo la collezione di piccoli oggetti di scavo messa insieme dal C. era già così rilevante, che egli pensò di pubblicarla, facendone disegnare ed incidere i singoli pezzi a G. Piccini (Capp. 293, cc. 30v-31r); un progetto che egli accarezzò per lungo tempo e che non vide mai realizzato. Nel 1730, forse proprio a questo fine, il C. operò un riordinamento generale del suo museo privato, al fine di raccoglierlo e sistemarlo organicamente.
La nomina a membro della parigina Académie des inscriptions et belles-lettres al posto del defunto cardinale A. F. Gualtieri (1729) e quella di poco successiva a furiere maggiore dei palazzi apostolici (1730) in certo qual modo istituzionalizzarono e resero più esclusivo l'interesse archeologico del C., particolarmente attivo, anche per l'espletamento di pubblici incarichi di notevole rilievo, nel decennio di pontificato di Clemente XII. Nel 1731, infatti, le autorità capitoline affidarono a lui ed al marchese G. Theodoli il compito di provvedere al restauro dell'arco di Costantino, cosa che fu materialmente compiuta dall'architetto F. Barigioni e dallo scultore P. Bracci, e che consistette nel rifacimento di alcune parti dell'ornamentazione scultorea, con l'ampia utilizzazione di frammenti architettonici di scavo. Due armi appresso, il 15 dic. 1733, il C. rappresentava il pontefice all'atto dell'acquisto della imponente collezione scultorea del cardinale Alessandro Albani, che egli ebbe quindi (27 dic. 1733) l'incarico di sistemare nei Musei Capitolini trasformati in tal modo in una raccolta di grande rilievo. L'opera imponente di ordinamento e sistemazione del materiale scultoreo (ammontante a 408 pezzi) ed epigrafico in sale appositamente studiate si concluse nel 1734, e il C. fu nominato presidente a vita del museo; per suo interessamento, fra il 1733 ed il 1734, Clemente XII provvide inoltre a far restaurare l'arco ed il ponte di Augusto a Rimini (Capp. 279, c. 50r).
In Roma, intanto, il C. incominciava ad avviare esplorazioni e scavi per proprio conto; nell'aprile del 1732 effettuò una ricognizione nella catacomba dei SS. Pietro e Marcellino; nel 1734 condusse scavi nei pressi di S. Sisto vecchio, ricavandone materiale d'ogni genere; fra il 1743 ed il 1745 scavò sistematicamente una sua vigna situata fuori Porta del Popolo, murando poi nel cortile del suo palazzo le iscrizioni rinvenutevi.
Nel 1734 la libreria, situata al secondo piano del palazzo in alcune (due?) sale contigue ed ornata di una serie di vasi etruschi collocati al disopra degli scaffali e dal motto senechiano "Non refert quam multos sed quam bonos habeas" (cfr. la sua raffigurazione nel frontespizio del Catalogodella libreria..., edito nel 1747), era stata danneggiata da un incendio; l'anno appresso il C. compì un viaggio per ricerca ed acquisto di nuove opere manoscritte e a stampa, che lo portò a Viterbo, Perugia, Siena e Firenze, ove comprò un gran numero di pezzi di rilievo ed ebbe occasione di scoprire nella Laurenziana, insieme al Biscioni, materiale manoscritto e a stampa appartenuto a V. Borghini (Capp. 279, cc. 278r-280v). Fra il 1736 ed il 1740 comprò ancora molti quadri e monete, ma si disfece delle statue moderne, con la giustificazione di non volere "in casa cose se non antiche" (Capp. 291 c. 111v). All'inizio del 1741 un colpo apoplettico compromise la salute del C., il quale poco tempo dopo intraprese con rinnovata lena una grande opera di riordinamento delle sue raccolte. Nel 1744 affidò il compito di riprodurre mediante incisioni in rame l'intero suo medagliere all'artista bolognese I. Lucchesini e contemporaneamente revisionò e pose l'ex libris su tutti i suoi volumi, di cui riprese anche a compilare il catalogo, facendosi in ciò aiutare dal padre A. P. Berti, trasferitosi appositamente presso di lui; aveva intanto cominciato a comprare anche libri d'arte e d'antiquaria collocandoli in una sala speciale; nel 1744 acquistò ancora molti volumi della biblioteca e molti oggetti dalla collezione già di F. Patrizi, antiquario della Camera apostolica. Nel giugno dell'anno seguente commissionò a F. Fuga e a M. Slodtz il suo monumento funebre in S. Giovanni dei Fiorentini; ma ancora nel gennaio di quel 1745 sperava "di poter continuare l'intrapresa ricerca di raccogliere libri da molte parti del mondo ...sequitando... il nostro istituto di tanti anni e desiderio di acquistare sempre più libri" (Capp. 313 cc. 348r e 348v). Il 16 sett. 1746 scrisse la sua ultima annotazione sul diario della libreria.
Morì a Roma il 21 sett. 1746.
Aveva fatto testamento il 25 apr. 1745, lasciando erede della "cosa più gelosa e cara" che avesse e cioè dei libri, la Biblioteca Vaticana, e Esponendo che la sua raccolta fosse sistemata in un'ala nuova di quella biblioteca, che egli stesso aveva avuto modo di attrezzare anni prima. La raccolta degli oggetti di scavo fu lasciata al padre C. Contucci perché la unisse al Museo Kircheriano (oggi nel Museo nazionale delle Terme); il resto, con le statue, i quadri, le iscrizioni, il palazzo, alla sorella sposata Cardelli. La libreria, trasportata in Vaticano il 7dic. 1746, contava 3.546pezzi, di cui 289manoscritti; a questi ultimi furono aggiunti nel 1959 altri 28codici acquistati dagli eredi Cardelli. Nel 1747veniva pubblicato in Roma il Catalogo della libreria Capponi o sia de' libri italiani del fu marchese A. G. C., con ampie annotazioni critiche attribuibili a mons. D. Giorgi e al padre A. P. Berti.
È difficile valutare il significato ed il valore, sul piano della storia della cultura, della figura del C., di cui, oltretutto, ci è rimasta a stampa una sola e modestissima dissertazione numismatica pubblicata a sue spese nel 1745in Roma: Epistola de nummo Elagabali.La sua biblioteca, tanto vantata dai contemporanei, aveva il pregio della organicità, ma egli rimase sempre incapace di giudicare direttamente un testo o di datare senza errori di uno o due secoli i suoi propri codici; ignorante di greco, privo di ogni seria preparazione filologica, estraneo ai nuovi metodi dell'erudizione maurina e muratoriana, in campo archeologico ripeté tutti i peggiori vizi dell'antiquaria romana del tempo, dagli scavi di pura rapina ai vistosi restauri imitativi, dalla barocca disposizione "ad effetto" delle raccolte monumentali all'uso puramente ornamentale delle iscrizioni; erede da una parte della tradizione letteraria fiorentina, dall'altra di quella archeologica romana, ridusse la prima al mero livello della bibliofflia da collezionista e la seconda al culto puramente esterno delle anticaglie, delle gemme, delle monete. Forse le sue cose migliori sono quelle sillogi di iscrizioni pazientemente raccolte e trascritte nei mss. Capp. 307-310, ma gelosamente rifiutate nel 1736 al Muratori che avrebbe voluto pubblicarle.
Fonti e Bibl.: Il testamento è in Arch. di Stato di Roma, Trenta notai Capitolini, Ufficio 8º, not. Generoso Ginnetti, vol. 335; l'epistolario, raccolto in 21 voll., costituisce i mss. Capp. 271-283 della Bibl. Apost. Vat. Cfr. inoltre: Bibl. Apost. Vat., Vat. lat.9265: G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia, c. 255r; G. Fontanini, Della eloquenza ital., Roma 1736, pp. 196, 222, 263, 298, 309, 347, 380, 406, 430, 437, 498, 562, 586, 645; Museo Capitolino, I, Roma 1741, introd., n. n.; L. Callari, A. Zeno ed A. C. Carteggio ined., in Rass. naz., 16 febbr. 1898, pp. 766-79 ; Ch. de Brosses, Lettres familières, II, Paris 1904, p. 234; Epist. di L. A. Muratori, a cura di M. Campori, XIII, Modena 1915, ad Indicem, pp. 5865 e 5989 (con rinvio ai singoli voll.); A. Silvagni-A. Petrucci, Catalogo dei carteggi di G. G. Bottari e P. F. Foggini, Roma 1963, ad Indicem;R. Lanciani, Mem. ined. di trovamenti di antichità tratte dai codici Ottoboniani di P. L. Ghezzi in Bull. della commiss. archeol. comun. di Roma, X(1882), pp. 205-207, 210; A. Michaelis, Storia della collez. capitolina di antichità…, Roma 1891, pp. 58-60; G. Salvo-Cozzo, I codici Capponiani della Bibl. Vaticana, Roma 1897; H. S.Jones, A catalogue of the ancient sculptures preserved in the municipal collections of Rome. The sculptures of the Museo Capitolino, Oxford 1912, pp. 6, 385; N. Tommaseo-G. Capponi, Carteggio ined. dal 1833 al 1874, a cura di I. Del Lungo-P. Prunas, II, Bologna 1914, pp. 197-202; C. Gradara, Restauri settecenteschi fatti all'arco di Costantino, in Bullettino della commiss. archeol. comun. di Roma, XLVI(1918), pp. 161-164; C. Justi, Winckelmann und seine Zeitgenossen, Leipzig 1923, II, pp. 137, 148, 162, 169; III, p. 419; M. Maylender, Storia delle Accad. d'Italia, IV, Bologna 1929, p. 358; C. Frati, Dizionario bio-bibliogr. dei bibliotecari e bibliofili italiani, a cura di A. Sorbelli, Firenze. 1934, p. 141; L.von Pastor, Storia dei papi, XV, Roma 1943, p. 787; XVI, 1, ibid. 1953, p. 165; A. Ferrua, Della provenienza di alcune lapidi di pal. Capponi, in Epigraphica, XXI(1959), pp. 3-12; C. D'Onofrio, I restauri dell'arco di Costantino nel 1732, in Capitolium, XXXVI(1961), pp. 24 s.; C. Pietrangeli, La formazione delle raccolte, ibid., XXXIX (1964), p. 211; L.Guerrini, Marmi antichi nei disegni di P. L. Ghezzi, Città del Vaticano 1971, pp. 22 s., 31; J. Bignami Odier; La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI, Città del Vaticano 1973, pp. 166, 176, 254.