GIUSTI, Alessandro
Nacque a Roma nel 1715. Secondo le fonti (de Machado) si formò alla scuola del pittore Sebastiano Conca e dello scultore Giovanni Battista Maini. Si conosce ben poco della sua attività romana, durante la quale, tra il 1743 e il 1744, eseguì per la patriarcale di Lisbona i modelli per le mensole su cui posare il coperchio del fonte battesimale durante le cerimonie, andato distrutto nel terremoto del 1755: un incarico ottenuto dal G. probabilmente tramite Maini, che già aveva stretto rapporti di committenza portoghesi, eseguendo alcune statue per la basilica di Mafra.
Un intervento del G. nella vicenda costruttiva dell'altare maggiore di S. Apollinare (1746) dovette ulteriormente mettere lo scultore in relazione con gli artisti attivi per il cardinale Neri Corsini, il quale, protettore del Regno di Portogallo dal 1739, fu particolarmente vicino alla politica artistica promossa dal sovrano portoghese Giovanni V, tesa a realizzare uno scambio culturale tra Roma e Lisbona: Jennifer Montagu (1993, p. 87) ha reso noto un pagamento effettuato al G. dal fonditore Filippo Valle per alcuni modelli in stucco e in creta destinati a mostrare l'effetto finale dell'opera e ordinati da Ferdinando Fuga, che per il cardinale aveva, tra l'altro, progettato la realizzazione del palazzo alla Lungara; la studiosa ha anche proposto di individuare la mano del G. nelle teste di cherubini dell'altare, modellate diligentemente, ma prive di eleganza.
Negli stessi anni il G. partecipò a una delle imprese che maggiormente segnarono la vita artistica romana del tempo: la cappella di S. Giovanni Battista, disegnata a partire dal 1742 per volere di Giovanni V da Luigi Vanvitelli e Nicola Salvi, ornata di dipinti realizzati da Agostino Masucci, ed eseguita interamente a Roma dalle migliori maestranze locali con materiali preziosi e raffinati. La cappella, significativa tappa dell'affermarsi di un rinnovato linguaggio classicista, suscitò stupore e ammirazione presso gli alti prelati e i nobili intervenuti alla sua inaugurazione nel palazzo romano dei Capponi a Ripetta, e fu dopo pochi mesi, verso la fine del 1747, trasferita nella chiesa gesuita di S. Rocco a Lisbona. Spettano al G. solo un gruppo di nuvole e quattro cherubini in marmo di Carrara da cui pende il lampadario, per i quali ricevette un compenso di 210 scudi, e ancora due teste di cherubini e dei piccoli bassorilievi da collocarsi nel modello in legno della cappella.
Un ruolo maggiore ebbe forse il G. quando la cappella era già stata portata a termine, perché figura, con il compenso di 45 scudi mensili, nella numerosa schiera di artigiani e sovrintendenti incaricati del trasporto e del montaggio della cappella in Portogallo; costoro firmarono il contratto di incarico il 20 giugno 1747, giunsero a destinazione con tre navi il 1° settembre dello stesso anno e nel febbraio del 1749 si rimisero in viaggio per Roma.
Il G. rimase però in Portogallo, e non fece mai ritorno in patria.
Alla corte portoghese lo scultore assunse un ruolo di primo piano, quale probabilmente non poteva sperare di raggiungere a Roma al momento della sua partenza, e modificò il suo cognome in Justi.
Alcuni mesi dopo il suo arrivo a Lisbona, il G. fu incaricato di modellare, in collaborazione con José de Almeida, alcune statue di santi per l'atrio e l'interno della cappella del "palacio das Necessidades".
Le statue, collocate entro nicchie e impostate secondo classici contrapposti, sono animate da vibranti panneggi di matrice algardiana: mentre il S. Pietro manifesta una magniloquenza ancora seicentesca, i santi "moderni", S. Filippo Neri, S. Francesco di Sales, S. Carlo Borromeo, rivelano il gusto settecentesco nelle proporzioni esili, impreziosite dal delicato intaglio delle trine, e nelle espressioni estatiche.
Per la biblioteca del medesimo convento intorno al 1748 il G. scolpì in marmo bianco il Busto del re Giovanni V, in armatura di corte e con i simboli delle arti e delle scienze, coronato di alloro, con il bastone del comando e il manto d'ermellino.
L'opera, attualmente conservata nel palazzo di Mafra, mostra il re vigoroso e trionfante nel suo ruolo di condottiero e mecenate, con un'espressione lievemente accigliata che conferisce energia e vitalità all'orgoglioso e fermo ergersi del capo; il G. riprodusse fedelmente le fattezze del sovrano, ma al contempo le idealizzò e le sottopose a un processo di astrazione, creando un'immagine fortemente rappresentativa e simbolica.
Gli avvenimenti successivi della vita privata del G. possono essere seguiti attraverso i documenti reperiti da Ayres de Carvalho (1963) nell'archivio della chiesa degli italiani di Nossa Senhora do Loreto a Lisbona.
Il 7 apr. 1750 sposò la diciottenne Teresa Maria Pecorari, figlia del celebre musicista italiano; l'avvenimento segnò evidentemente il suo definitivo trasferimento a Lisbona.
Nel maggio 1751 fu battezzata la prima figlia, Maria Ana; madrina fu la moglie del famoso pittore di corte Francisco Vieira Lusitano. Il 4 febbr. 1753 fu battezzato il secondo figlio, João Pedro; padrini furono João Pedro Ludovici, figlio dell'architetto della basilica di Mafra, e sua moglie. Il 24 nov. 1754 venne battezzata un'altra figlia, Leonor, che poté vantare di avere per padrini alcuni rappresentanti dell'alta nobiltà, e per madrina la moglie del potente ministro Sebastião de Carvalho e Mello. Il secondo figlio probabilmente morì, e il 20 genn. 1757 gli stessi padrini tennero a battesimo un altro João Pedro.
Dai documenti emergono indirettamente la stretta amicizia che legò il G. alle famiglie degli artisti più acclamati e la fitta rete di relazioni con gli influenti personaggi locali intessuta dallo scultore fin dai primi tempi del suo soggiorno portoghese. Benché avesse avuto un ruolo modesto nella realizzazione della cappella di S. Rocco, il G. seppe infatti conquistarsi le simpatie e i favori dell'allora soprintendente ai lavori, padre Carbone, e del nuovo sovrano, il re Giuseppe I.
Nel 1753 venne scelto per scolpire le pale marmoree degli altari della basilica di Mafra, che dovevano sostituire le tele commissionate intorno al 1730 da Giovanni V a famosi artisti stranieri, soprattutto italiani (tra cui Sebastiano Conca, Francesco Trevisani, Francesco Solimena, Agostino Masucci, Corrado Giaquinto), le quali dopo soli venti anni si trovavano già in un pessimo stato di conservazione a causa della forte umidità.
Il catastrofico terremoto del 1755 devastò Lisbona, ma risparmiò Mafra, che ritornò in breve tempo il maggior centro artistico del paese sotto la direzione di Francisco Vieira Lusitano. È a quest'ultimo che si deve l'invenzione della maggior parte della produzione scultorea di Mafra, realizzata dal G. e dai suoi allievi.
Con uno stipendio principesco, dal 1754 il G. visse stabilmente a Mafra, dove diventò un vero e proprio caposcuola, ammirato e riconosciuto; apprendisti affluirono da tutte le parti del paese per partecipare all'esecuzione dei retabli della basilica.
La morbidezza di modellato del G. e la sua sensibilità e padronanza tecnica si possono apprezzare nei bozzetti in terracotta e stucco delle pale, conservati nel palazzo di Mafra, piuttosto che nelle più rigide realizzazioni finali, spesso condotte a termine dagli allievi.
Nelle opere eseguite dal G. in Portogallo è preponderante l'impronta romana, frutto della riflessione condotta sui testi seicenteschi e sulle più tarde sculture a tutto tondo eseguite da artisti italiani per il re di Portogallo, ma condizionata soprattutto dalla lezione di Alessandro Algardi. L'accento classicista che informa le statue della Necessidades e la grazia che le anima ricorrono anche nelle pale marmoree di Mafra, che peccano però di senso prospettico; le composizioni si svolgono in primo piano, affollate di figure, ambendo a ottenere effetti pittorici. Dalle nuvole modellate in pesanti masse concentriche emergono le figure, talvolta scalate grazie alla modulazione dello spessore del rilievo (altare della Circoncisione), più spesso giustapposte con goffi risultati.
Vecchio e malato, il G. non cessò del tutto la sua attività, continuando a lavorare e a sovrintendere alla realizzazione dei retabli della chiesa fino al 1789, data della Sacra Famiglia per l'altare della cappella omonima.
L'opera del G. continuò a fare scuola anche dopo il sopravvenire della cecità, e la sua lezione fu determinante per tutta la scultura portoghese della seconda metà del Settecento.
Della malattia agli occhi del G. si prese molto a cuore il re, che lo fornì delle necessarie protezioni e raccomandazioni e gli fece compiere tra l'aprile e il maggio del 1773 un viaggio a Parigi per consultare i migliori medici del tempo; l'ambasciatore portoghese a Parigi, dom Vicente de Sousa Coutinho, fornì al re una relazione dettagliata delle visite, pubblicata in parte da Sousa Viterbo insieme con il referto dei medici, che si dichiararono impotenti di fronte alla paralisi di entrambi i nervi ottici. Alla fine di maggio lo scultore si imbarcò a Le Havre e fece ritorno in Portogallo.
Il G. morì, probabilmente a Mafra, nel febbraio del 1799.
Fonti e Bibl.: C. de Machado, Colleção de memórias, Lisboa 1823, pp. 260-265; R. Sousa Viterbo - R. Vicente d'Almeida, A capella de S. João Baptista erecta na egreja de S. Roque. Noticia histórica e descriptiva, Lisboa 1900, pp. III, 15, 83-85, 183; A. Haupt, Lissabon und Cintra, Leipzig 1913, pp. 86, 101; D. de Macedo, A escultura portuguesa nos séculos XVII e XVIII, Lisboa 1945, p. 89; A. Ayres de Carvalho, A escola de escultura de Mafra. Os ecultores José de Almeida e A.G.…, in Belas Artes, XIX (1963), pp. 27, 30-39, 42, figg. 14, 16-18, 20; Y. Bottineau, Le goût de Jean V: art et gouvernement, in Actas do Congresso "A arte em Portugal no séc. XVIII", in Bracara Augusta, XXVII (1973), 2, p. 351; S. Vasco Rocca - G. Borghini - P. Ferraris, Roma lusitana - Lisbona romana. Guida alla mostra, Roma 1990, pp. 56, 69, 147 n. 108; The age of the Baroque in Portugal (catal.), a cura di J. Levenson, Washington 1993, fig. 1, p. 14; A. Delaforce, Lisbon, "This new Rome". Don João V of Portugal and relations between Rome and Lisbon, ibid., p. 72; J. Montagu, João V and Italian sculpture, ibid., pp. 81, 87; P.P. Quieto, Relações artístico-culturais entre Lisboa e Roma, in Ioanni V Magnifico. A pintura em Portugal ao tempo de D. João V, 1706-1750 (catal.), Lisboa 1994, p. 66; A. Ayres de Carvalho, Lisbona romana all'epoca di João V, in Giovanni V di Portogallo (1707-1750) e la cultura romana del suo tempo, a cura di S. Vasco Rocca - G. Borghini, Roma 1995, pp. 15 fig. 4, 16; A. Delaforce, Giovanni V di Portogallo e le relazioni artistiche e politiche del Portogallo con Roma, ibid., p. 34; M.T. Mandroux França, La patriarcale del re Giovanni V di Portogallo, ibid., pp. 90, 97; J. Montagu, João V e la scultura italiana, ibid., pp. 389 s., 409-411; F. de Pamplona, Diccionario de pintores e escultores portugueses ou que trabalharam em Portugal, II, Lisboa 1956, pp. 123-125; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 224; The Dictionary of art, XII, pp. 762 s.