GALANTI, Alessandro
Nacque a Roma, probabilmente nella seconda metà del Seicento, e qui visse tra il XVII e il XVIII secolo. Sono incerti i dati biografici e mancano notizie che giustifichino l'aggiunta, in alcuni documenti, del cognome Cerrati. Divenuto abate, fu al servizio di monsignor Niccolò Del Giudice (prefetto dell'Annona e chierico di Camera di papa Clemente XI, poi cardinale) in qualità di segretario. Probabilmente proprio in seguito a tale incarico e alle conoscenze che ne derivarono ebbe modo di frequentare gli ambienti più elevati della Curia romana.
Fu ascritto all'Accademia degli Apatisti (fondata a Firenze nel 1632) e a quella dei Fisiocritici di Siena. La partecipazione alle attività di tali adunanze lascerebbe dunque presupporre l'esistenza di qualche interesse scientifico, del quale non abbiamo però testimonianze. Il 12 apr. 1697 fu ascritto agli Arcadi con il nome di Gantila Pelleneo, e della famosa accademia romana fu anche sottocustode. I componimenti che del G. ci rimangono (pubblicati nei volumi delle Rime degli Arcadi) si collocano cronologicamente tra il 1698 e il 1710 e testimoniano la sua partecipazione alle adunanze arcadiche e ai giochi olimpici che in esse si celebravano. L'intera sua produzione poetica si inscrive pertanto nell'ambito della frequentazione di questo circolo culturale (fortemente legato, del resto, agli ambienti curiali nei quali il G. prestava servizio) e ne assume in pieno tematiche e modalità stilistiche.
Tra i suoi primi componimenti si situa il sonetto di ispirazione religiosa "Qual'Agnellina dal sentiero uscita", composto in occasione del Natale 1698 (Rime degli Arcadi, III, Roma 1716, p. 145), i sonetti encomiastici "La Fama al suon di mille trombe…" (inserito nella Corona poetica… per la nascita del principe del Piemonte e recitata nel Bosco Parrasio l'anno 1699) e "A governar di Piero il Sacro legno", composto nel 1701 per la Corona poetica offerta… alla santità di papa Clemente XI (entrambi in Rime degli Arcadi, IX, Roma 1722, pp. 141, 68). L'argomento amoroso, trattato in sette degli undici sonetti presenti nel tomo III delle già citate Rime arcadiche (pp. 140-145), assume spesso nel G. accenti amari: la donna è infatti "infida" ("Un amico pensier talor mi sgrida"), causa di "tristezza interna" per l'amato ("Quando volgo la mente al divin volto") e può addirittura, secondo note reminiscenze mitologiche, provocare la trasformazione in fiume ("A queste amare lagrime dolenti", in precedenza pubblicato da G.M. Crescimbeni nell'Arcadia insieme al madrigale "S'oggi la tua mercede / otterrò…", pp. 312 s., 316 s.). Il G. non mancò di celebrare illustri arcadi: compose infatti un sonetto per la morte del filosofo e matematico fiorentino Francesco Maria Vettori, in Arcadia Celio Pelleneo, il quale, si legge nella dedica, fu suo "Antecessore… nel luogo arcadico" ("Beati un tempo, ora infelici armenti") e uno in onore della contessa Prudenza Gabrielli Capizucchi, da poco vedova ("Tu, che piangesti alla grand'urna accanto", pubblicato nelle Rime degli Arcadi, VIII, Roma 1720, p. 180). Scritti del G. e documenti da lui redatti in relazione ad adunanze arcadiche e alla nomina di alcuni pastori, nonché autografi di alcuni suoi componimenti si trovano nei volumi manoscritti d'Arcadia custoditi presso la Biblioteca Angelica di Roma (Mss., 7, 9, 11, 12, 15, 16, 34).
Fonti e Bibl.: G.M. Crescimbeni, L'Arcadia, Roma 1711, p. 346; Id., Dell'istoria della volgar poesia, IV, Venezia 1730, p. 249; A. Salza, La lirica. Storia dei generi letterari italiani, Milano s.d., p. 95; Arcadia. Inventario dei manoscritti (1-41), a cura di R. Tellini Santoni, Roma 1991, ad indicem.