FREGOSO, Alessandro
Nacque probabilmente a Genova tra il primo e il secondo dogato del padre Paolo (1462 e 1463), allora anche arcivescovo della città. Fin dalla prima infanzia il destino del F., come quello del fratello Fregosino, risulta condizionato dalle vicissitudini di Paolo, che alla sistemazione di questi due figli naturali provvide brillantemente proprio quando la sua fortuna politica stava incrinandosi. Nel 1487, infatti, un anno prima della conclusione del suo terzo e ultimo dogato, Paolo riusciva a ottenere per il F. il vescovato di Ventimiglia.
Come il padre e tanti esponenti della potente famiglia, il F. dovette ricevere un'ottima formazione culturale e marziale e compiere studi umanistici: prima alla corte di Mantova (dove Paolo si rifugiò con i figlioletti nel 1464 e dove li lasciò per dedicarsi all'attività corsara) e poi probabilmente a Pavia e a Bologna per raggiungere infine a Roma il padre, eletto cardinale nel 1480.
Prese possesso della sua diocesi il 5 marzo 1487. Dopo la morte del padre nel 1498 il F. preferì dedicarsi alla vita militare. Le sue ultime comparse in abito vescovile risalgono al marzo 1498 e all'agosto 1499: la prima, a Roma, appunto alle solenni esequie del padre; la seconda in legazione al seguito del cardinal Francesco Borgia da Roma a Venezia. Il 24 genn. 1502 il F. rinunziò alla dignità di vescovo di Ventimiglia, ottenendo in cambio una pensione annua di 500 ducati sopra i frutti della diocesi di Bologna. Il beneficio gli verrà confermato nel 1504 da Giulio II Della Rovere, che vi aggiungerà la facoltà di ritorno alla diocesi di Ventimiglia: di questa facoltà il F. si avvarrà nel 1511, ma per rinunziarvi di nuovo il 5 marzo 1518, riservandosi titolo e metà delle rendite.
Come uomo d'arme, al servizio prima di Giulio II e poi di Leone X, il F. non dimostrò né la genialità del padre né la coraggiosa dedizione del fratello. Alla corte di Giulio II si poté in un primo momento aggregare agli autorevoli parenti Ottaviano e Giano Fregoso: ma il tentativo di salpare con loro alla volta di Genova, alla fine del luglio 1506, per unirsi ai nobili cacciati dal governo popolare, fu impedito dal papa stesso. Cinque anni dopo, nell'aprile 1511, mentre Genova era sotto il governatorato francese di G.G. Trivulzio, nella mutata situazione internazionale fu invece il papa a inviarvi segretamente il F. per preparare la sollevazione e consentire l'entrata alle forze di Ottaviano e Giano Fregoso. Ma il F., dopo essere rimasto tre giorni nascosto nell'ostello di S. Marta, informato e spaventato dalle contromisure poliziesche del Trivulzio e temendo i controlli lungo la costa, preferì fuggire di notte attraverso l'entroterra appenninico. A Rossiglione tuttavia fu catturato e condotto prigioniero a Milano, dove confessò nomi, collegamenti, obiettivi dell'operazione.
Liberato grazie alla mutata situazione politica milanese, il F. ritornò a Roma, dove sembra rimanesse anche dopo la morte di Giulio II e la conquista del potere a Genova da parte di Giano Fregoso prima (1512) e di Ottaviano poi (1513-22). Certo nel 1519, dopo una permanenza di qualche mese a Ferrara, era a Bologna, da dove proponeva a Leone X un piano di conquista della città estense, da compiersi sfruttando la mancanza di difese dalla parte del Po e ricorrendo a un falso obiettivo (la conquista della vicina Concordia) per non insospettire il duca Alfonso I d'Este. Il F. ottenne da Leone X il finanziamento di 10.000 ducati per arruolare 2.000 fanti, parte nel territorio romano e parte in Lunigiana, terra di feudi familiari, con la motivazione ufficiale di conquistare Genova. In seguito alle contromisure di Ottaviano (forse a conoscenza del vero obiettivo), il F. fece deviare l'esercito oltre l'Appennino verso Correggio, con la complicità di Alberto Pio da Carpi. Ma il suo piano fallì per la prontezza e la lealtà del marchese di Mantova Federico II, che gli rese di fatto impossibile il passaggio del Po e comunicò i suoi sospetti al duca di Ferrara. Mentre la doppiezza di Leone X e la diplomazia estense e vaticana riuscivano a salvare le apparenze e lo status quo, il F. fingeva di portare l'attacco senza successo alla località di Concordia, congedando poi l'esercito. Sembra che, dopo il fallimento di questa impresa, persa la fiducia di Leone X, sia ritornato a Roma. Ma senza lasciare più traccia di sé né discendenza.
Fonti e Bibl.: B. Senarega, De rebus Genuensibus commentaria, a cura di E. Pandiani, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXIV, 1, pp. 104, 141; I. Burchardi Liber notarum, a cura di E. Carusi, ibid., XXXII, 1, t. II, pp. 19, 161; M. Sanuto, I diarii, XII, Venezia 1879, p. 161; F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di S. Menchi, Torino 1981, pp. 919, 1321 s., 1329; U. Foglietta, Dell'Istorie di Genova, Genova 1597, p. 632; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova 1825, I, p. 6; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1835, II, p. 649; G.B. Semeria, I secoli cristiani della Liguria, Torino 1843, pp. 508 s.; E. Pandiani, Un anno di storia genovese (1506-07), in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXVII (1905), p. 67 n. 2; L. Levati, I dogi perpetui di Genova, Genova 1930, p. 440; C. Eubel, Hierarchia catholica, II, Monasterii 1914, p. 268; G. Gulik - C. Eubel, Idem, III, ibid. 1923, p. 334.