FRANCESCHI, Alessandro (Elisha da Roma, poi al secolo Ottavio Franceschi)
Nacque a Roma nel 1543 da una famiglia di ebrei originaria di Foligno; suo padre, Hananel (alias Nello) Graziadio da Foligno, era un ex rabbino che convertendosi al cattolicesimo aveva assunto il nome di Alessandro Franceschi, evidentemente in onore del Farnese; fu questo Hananel-Alessandro Franceschi, scrittore di ebraico della Biblioteca Vaticana, che contribuì al rogo dei Talmud e giunse ad accusare gli ebrei romani di omicidio rituale nel 1555 (ma fu però smentito nel corso di un dibattito pubblico con i capi della comunità israelitica, promosso dal papa Marcello II).
Poiché divenendo frate domenicano il F. assumerà il nome paterno, nelle fonti sono frequenti le confusioni fra i due personaggi. Ad esempio, il Bartolocci parlando di lui scrive erroneamente che "Christi religionem suscepit adultus"; in realtà sappiamo da una lettera di Ignazio di Loyola (amico del padre del F.) che, poco dopo la nascita, il F. fu tolto a sua madre, Giusta di Servadio da Spoleto, che non aveva seguito il marito sulla strada dell'apostasia, battezzato (anche il nome di Ottavio è un omaggio alla famiglia Farnese) e affidato alla duchessa Gerolama Orsini di Castro. Quando il padre del F. nel 1544 dovette lasciare Roma, per seguire i suoi affari a Spoleto, affidò suo figlio a Ignazio di Loyola, che si era direttamente impegnato nella organizzazione della conversione degli ebrei a Roma e a cui il convertito era strettamente legato.
Risale al periodo della convivenza con Ignazio un impressionante episodio dell'educazione del piccolo F.: poiché il bambino aveva in un momento di collera invocato "il canchero", Ignazio gli legò le mani dietro la schiena e gli appese al collo un granchio vivo, "il maggiore che potesse ritrovare" (lo stesso F. ricordava da vecchio quest'episodio assicurando di non avere mai più in vita sua nominato il cancro per l'impressione subita in quell'occasione).
Già il 14 giugno 1550 Ignazio di Loyola scriveva a Giovanni Laynez, che si trovava a Palermo, per raccomandargli di seguire l'educazione del F., affidato nel frattempo alle cure di don Simone Ventimiglia, marchese di Gerace. Anche successivamente seguì direttamente l'educazione del giovane F. e nel 1554 lo inviò nel collegio palermitano, interessandosi ripetutamente di lui nelle lettere inviate a Girolamo Domenech e fungendo da intermediario per le spese della sua educazione, sostenute dal padre del ragazzo. Analogamente, dopo la morte di Hananel-Alessandro, i gesuiti Alfonso Salmeron e il Laynez cercarono, nel 1557-58, di aiutare il F. a ricevere l'eredità paterna.
Poiché i gesuiti avevano interdetto l'accesso alla loro Compagnia agli ebrei convertiti, il F. si dovette rivolgere all'Ordine domenicano: solo dopo ripetuti dinieghi e molte insistenze, fu finalmente accettato come novizio presso il convento di S. Maria sopra Minerva a Roma nel dicembre del 1557. Dopo la morte del padre, il F., appena quindicenne, gli successe nel 1558 come scrittore di ebraico alla Biblioteca Vaticana. Il 23 ott. 1558 Salmeron assicurava il Laynez che il F., "per essere putto", non era professo presso i gesuiti. Il F. divenne sacerdote domenicano alla Minerva il 19 dic. 1562 e nel 1572 ricevette dal capitolo generale dell'Ordine la laurea magistrale. Si conservano presso la Biblioteca Vaticana gli appunti analitici (veri e propri trattati in puro stile tomista) delle lezioni di teologia e filosofia tenute a Roma dal 21 maggio 1567 al 4 nov. 1570, nonché quelli di un corso in trenta lezioni sull'anima iniziato il 6 nov. 1570.
Nel giugno 1570, insieme con il cappuccino Girolamo Finucci da Pistoia, con il domenicano Paolino Bernardini e con Filippo Neri, il F. firmò una protesta al governatore di Roma contro l'arresto da parte del capitano Paolo Giordano Orsini di un gruppo di zingari col solo scopo di destinarli alle galere, in vista della guerra contro i Turchi. Pio V si risentì dell'ingerenza dei quattro teologi e punì il Finucci (sospendendolo dalla messa e dalla predicazione ed esiliandolo da Roma), ma evidentemente l'episodio non scosse la sua fiducia nel F., che nel 1571 fu incaricato (con il Bernardini) di ascoltare i sermoni dell'oratorio filippino per riferire al papa il proprio parere in merito alla loro ortodossia.
Il F. divenne successivamente teologo del cardinale Alessandrino, Michele Bonelli, nipote di Pio V (e il 29 maggio 1573 scrisse a Carlo Borromeo dalla casa del cardinale dichiarando di avere dovuto accettare l'incarico perché costretto dai superiori). Nel frattempo si rivelava notevole predicatore, forse anche grazie all'utilizzazione del patrimonio culturale e degli appunti biblici di suo padre. L'epigramma "Hebraeus docet; Lupus movet; Panigarola delectat" non solo accomuna il F. a due dei massimi predicatori del suo tempo (il cappuccino Alfonso da Medina de Lobo e il francescano Francesco Panigarola), ma rileva come caratteristiche della predicazione del F. una profonda dottrina e una notevole capacità di trasmetterla; tali caratteristiche emergono dalla raccolta di sermoni manoscritti del F. nonché da un "ristretto" autografo di una sua predica sul "vendere a tempo" (cioè sull'interesse e l'usura), tenuta a Genova il sabato avanti la domenica delle Palme del 1572, e soprattutto dalle reportationes, di mano di Tiberio Alfarano, di alcune prediche che il F. tenne in S. Pietro nel 1577-79.
Nel duro scontro che contrappose il cardinal Bonelli all'Ordine domenicano (di cui era protettore) e in particolare al maestro generale Ippolito Maria Beccaria il F. si schierò con il suo cardinale, forse incorrendo per questo motivo nell'ostilità dei domenicani (e persino in una sorta di postuma rimozione della sua memoria). Nel 1582 Girolamo Catena chiese invano al Sirleto che fosse conferita al F. addirittura la carica di maestro del Sacro Palazzo. L'elezione al soglio pontificio di Clemente VIII Aldobrandini (1592) segnò un'ulteriore tappa nella carriera del F., definito dal papa "theologus et familiaris noster", nonché "commensalis". Ricoprì cariche di grande responsabilità fra i domenicani, giungendo a fare le veci del procuratore e vicario generale Giovan Vincenzo Astorga nel 1592 (e il 2 genn. 1593 riceverà l'autorizzazione a rimettere le pene che aveva comminato "quando erat procurator et Vicarius Ordinis"). Proprio nel periodo in cui gestì di fatto il suo Ordine il F. riuscì a ottenere da Clemente VIII (20 maggio 1592) l'indulgenza plenaria per tutti i visitatori delle chiese domenicane nei giorni delle feste di s. Antonino, s. Tommaso e s. Vincenzo.
È al F. che il pontefice affidò nel settembre 1592 il delicato compito di riformare la Congregazione dei "feuillants", diretta da Jean de la Barrière. In questo stesso periodo il F. fu anche incaricato dal papa di difficili missioni diplomatiche, fra cui il viaggio a Firenze nell'ottobre 1592 per fermare il cardinale Pierre Gondi, che veniva a Roma a perorare la causa del Navarra, e la gestione dell'arduo problema delle peticiones delle Cortes spagnole lesive dei privilegi della Chiesa (autunno 1593). Il 4 maggio 1594 il F. fu inviato a Forlì come vescovo (una carica assai difficile da raggiungere per un ebreo convertito), ma dopo tre anni si dimise preferendo tornare a Roma per occuparsi della conversione degli ebrei (almeno stando alla versione ufficiale).
Il F. morì a Roma il 10 genn. 1601, lasciando la sua raccolta di manoscritti e di libri (non solo ebraici) alla Biblioteca apostolica Vaticana; fu sepolto, ma senza alcuna lapide che ne ricordasse la figura e l'opera, presso la chiesa di S. Maria sopra Minerva.
Nella Bibl apost. Vaticana sono conservati gli appunti delle prediche del F. in Vat. lat. 4652; altri appunti filosofici, insieme con il resoconto della predica sulla "vendita a tempo" in Vat. lat. 4666. Il resoconto della "riforma" dei "feuillants" e la posizione del F. sulla proibizione agli ebrei convertiti di far parte della Compagnia di Gesù in Vat. lat. 4667, cc. 3r-9r, 13r; autografo del F. con vari appunti (prevalentemente da usare per lezioni e prediche) organizzati alfabeticamente in Vat. lat. 4686.
Fonti e Bibl.: Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 7123, cc. 195-200: elenco dei 76 codici del F. pervenuti alla Bibl. Vaticana (fra questi molte raccolte di sermoni); Vat. lat. 6194, c. 341: lettera del Catena al Sirleto (30 apr. 1582); carteggio fra il F. e il Gondi (del 1593-94) in Ottob. lat. 2228 (cc. 91v-99r), Vat. lat. 10257 (cc. 66v-72r), Vat. lat. 13432 (cc. 87v-92r); la data di morte in Vat. lat. 7900: P.L. Galletti, Necrologio dei vescovi morti in Roma, 981-1777, c. 70r; Roma, Bibl. naz., Gesuitico 170 (2299): Iulianus Matteoli, Liber entroytus et expensarum sacrosantae basilice, cc. 17r-21r, 22r-29r, 31r-34r, 35r-46v, 80r-81r, 82r-86v (Reportationes di mano di T. Alfarano delle prediche tenute dal F. a S. Pietro per l'avvento 1577 e per la quaresima 1579). Copia di una dura lettera del F. al cardinale Gondi da parte del papa in Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, serie 1, CCCV, 7, c. 24; V.M. Fontana, Constitutiones, declarationes et ordinationes capitulorum generalium S. Ordinis praedicatorum…, Romae 1655, I, coll. 321 s.; Id., Sacrum theatrum dominicanum…, Romae 1666, pp. 193 s.; Id., Monumenta dominicana, Romae 1675, p. 559; I. Bartolocci, Magna Bibliotheca rabbinica, Romae 1675, I, pp. 217 s.; A. Altamura, Bibliothecae dominicanae…, Romae 1677, p. 419; P. Mandosio, Bibliotheca Romana…, Romae 1682, I, p. 32; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, II, Venetiis 1717, col. 587; P. Paruta, La legazione di Roma (1592-1595), II, Venezia 1887, p. 53 e n.; Mon. histor. Societatis Iesu, s.1, Monumenta Ignatiana, I, Matriti 1903, pp. 268-289; III, ibid. 1905, pp. 83 s.; IV, ibid. 1907, pp. 273, 514, 563, 588, 613, 677; s. 4, Scripta de s. Ignatio, I, ibid. 1904, pp. 574 s.; A. Salmeroni Epistolae, I, ibid. 1906, pp. 187, 190, 247, 249; I. Taurisano, Hierarchia Ordinis praedicatorum Romae 1916, p. 54; F. Callaey, St Pie V et les Zingaris. Un épisode de l'expédition contre les Turcs (1570), in Hommage à Dom Ursmer Berlière, Bruxelles 1931, pp. 66-72; L. Ponnelle - L. Bordet, S.Filippo Neri e la società romana del suo tempo (1515-1595), Firenze 1931, pp. 225 s. Lo studio più approfondito sulla figura e l'opera del F. è quello di R. De Maio, A. F. e il cardinale Pierre Gondi nella riconciliazione di Enrico IV, in Mélanges Eugène Tisserant, VI, 1, Città del Vaticano 1964, pp. 313-356. Si veda, inoltre: U. Balzani, Libro d'introiti e spese della Basilica Vaticana compilato da Giuliano Matteoli (a. 1483-1484), in Arch. della Soc. romana di storia patria, I (1877), 3, pp. 257-301. Per i rapporti del F. con il suo protettore cardinal Bonelli e con l'Ordine domenicano: R.P. Mortier, Histoire des maitres généraux de l'Ordre del frères prêcheurs, VI, Paris 1913. Un primo contributo alla biografia del F. si può trovare in A. Zucchi, Roma domenicana, I Roma 1938, pp. 105-112, ma si veda anche un'appendice sul F. alle pp. 126 s. e in III, ibid. 1941, pp. 58 s. Sull'attribuzione (controversa) al F. di alcuni codd. Vat. Hebr., vedi: S.E. Assemani - I.S. Assemani, Bibliothecae apostolicae Vaticanae codicum manuscriptorum catalogus, I, Romae 1756, pp. 191, 232 s.; G. Mercati, Per la storia della Biblioteca apostolica, bibliotecario C. Baronio, in Id., Opere minori, III, Città del Vaticano 1937, pp. 233 s. n.7. Fondamentale per la storia dei neofiti ebrei: K. Hoffmann, Ursprung und Anfangstätigkeit des ersten päpstlichen Missionsinstituts, Münster in W. 1923, pp. 28, 53, 115, 118, 213. Si veda anche nell'Enciclopedia Judaica, VI, p. 1374, la voce dedicata al padre del F. Foligno, Hananel (da); S. Simonsohn, Alcuni noti convertiti ebrei del Rinascimento, in Ebrei e cristiani nell'Italia medievale e moderna…, Atti del VI Congresso internazionale (San Miniato 1986), a cura di M. Luzzati - M. Olivari - A. Veronese, Roma 1988, pp. 101 ss.; F. Tamburini, Ebrei saraceni cristiani. Vita sociale e vita religiosa dai registri della Penitenzieria apostolica (secc. XIV-XVI), Milano 1996, ad Indicem; G. Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica…, III, Monasterii 1923, p. 214; P. Gauchat, Idem, IV, ibid. 1935, p. 189; H. Cassuto, Bybliothecae apostolicae Vaticanae. Codices manuscripti recensiti…, Codices Vaticani hebraici. 1-115, Romae 1956, p. 117.