ALESSANDRO Filelleno ('Α. ὁ Φιλέλλην)
Figlio di Aminta I re di Macedonia, regnò nella seconda metà del V secolo, e, secondo i calcoli più probabili dal 498 al 454. L'epiteto di Filellèno (amante dei Greci") non gli è dato da alcuno degli scrittori più antichi, bensì da Dione Crisostomo e da tardi lessicografi e scoliasti. Avendo Megabazo, in nome del re Dario, nell'ultimo decennio del sec. VI o press'a poco, mandato a chiedergli terra e acqua, A. avrebbe con una frode fatto uccidere gli ambasciatori mostratisi poco riguardosi verso le donne della corte macedonica, e, per calmare la collera di Bubare, capo di uno stuolo di Persiani che venivano a fare un'inchiesta sulle cause della loro scomparsa, gli diede in moglie la sorella Gigea. Nella spedizione di Serse egli seguì la parte dei Persiani, ma la tradizione erodotea, molto benevola verso di lui, lo rappresenta come un coperto fautore della causa nazionale: egli avrebbe avvisato i Greci che era pericoloso rimanere in Tessaglia; e poi sarebbe stato latore di un'ambasciata agli Ateniesi per parte di Mardonio col fine d'indurre gli Ateniesi a fare una pace separata, e prima della battaglia di Platea avrebbe rivelato agli Ateniesi i piani di Mardonio. Dopo la battaglia di Platea, sarebbe passato dalla parte dei Greci (e non è escluso che vi sia passato a battaglia incominciata). È certo che egli contribuì a cacciare i Persiani dalla Grecia dopo Platea. Filippo II, nella lettera agli Ateniesi in cui rivendica alla Macedonia il diritto di possedere Angipoli, dice che A. dall'oro ricavato di là e dalla preda fatta sui Persiani come primizia offerse una statua d'oro a Delfo. Secondo una notizia riferita da Demostene, gli Ateniesi gli avrebbero dato la cittadinanza: notizia revocata in dubbio per ragioni non troppo eom. incenti. Prese parte ai giuochi olimpici. Nell'ultimo periodo del suo regno osteggiò gli Ateniesi, quando i Tasî si ribellarono, perché fin da allora i possessi ateniesi della costa settentrionale dell'Egeo erano una spina nel cuore della Macedonia. Egli accolse i Micenei, quando gli Argivi rasero la loro patria al suolo, e gli abitanti di Oreo, città dell'Eubea. Il suo regno non fu senza importanza per l'incremento della cultura in Macedonia, come lo rivela lo stesso epiteto di Filelleno e la tradizione che Pindaro soggiornasse alla sua corte. A lui si deve attribuire la crcazione della fanteria dei pezeteri (v. Harpocrat., s. v. πεξέταιρος); a lui forse si deve un considerevole ampliamento territoriale del suo regno, specialmente la conquista di Pidna. Secondo una notizia cui non va negata senz'altro fede, A. morì di morte violenta; è dubbio però se si trattasse di una tragedia di famiglia, oppure di una congiura cui le persone di famiglia fossero estranee.
Fonti: Per il nome di Filelleno, Becker, Anecdota Graeca, 315, 20; scolio a Demostene, Olynth., III, 130; Dione Crisostomo, II, p. 20., Per le notizie storiche, Erodoto, V, I7, 20, 22; VII, 173; VIII, 140; IX, 43, Plutarco, Arist., 15; Pausania, VII, 25, 6; Solino, IX, 14.
Bibl.: Abel, Makedonien vor Kânig Philipp, Lipsia 1847; Niese, Gesch. der griechischen und maked. Staaten, I, p. 25 seg.; Kärst, Geschichte des hellenistischen Zeitalters, 3ª ed., I, p. 167 seg.; J. Beloch, Griech. Geschichte, 2ª ed., II, i, p. 148 seg.; Poole, Catalogue of Greek coins: Macedonia, Londra 1879, p. 156 segg.