SEMINO, Alessandro e Cesare
SEMINO, Alessandro e Cesare. ‒ Nacquero a Genova, intorno al 1550, da Andrea (Parma, 1999e, p. 408).
Compirono la formazione presso la bottega del padre (Soprani, 1674, p. 62). La precedenza del nome di Cesare rispetto a quello di Alessandro nella locale matricola dei pittori (Rosso Del Brenna, 1976a, p. 28) porta a credere ch’egli sia stato il maggiore dei fratelli (Parma, 1999e, p. 408). Intenzionato a recarsi alla corte spagnola nei primi anni Settanta del secolo, Andrea Semino dichiarò di essere assistito da «dos hijos que le ayudan bien». Lo ricorda un dispaccio del 1° ottobre 1572 dell’ambasciatore spagnolo a Genova Sancho de Padilla, documento che costituisce la prima testimonianza della loro attività di pittori (López Torrijos, 1997-1999, p. 310).
Non essendosi realizzato il progetto di partire per la Spagna, i due fratelli rimasero attivi accanto al padre nei numerosi cantieri che impegnarono la bottega di famiglia a Genova. La mano di Cesare e Alessandro è stata riconosciuta nei cicli a fresco dei palazzi di Giovanni Battista e Andrea Spinola – eseguiti tra il 1570 e il 1575 – (Fabbri, 1999, pp. 257-259), di Ambrogio di Negro – successivi alla costruzione dell’edificio (1573-75) – (Parma, 1999b, p. 269), di Angelo Giovanni e Giulio Spinola – in collaborazione con il padre, ormai anziano, tra il 1592 e il 1594 – (Parma, 1999c, p. 281), e nella villa Cambiaso Dietzch (Parma, 1999d, p. 329). In autonomia dovettero essere realizzati gli interventi pittorici nella villa di Barnaba Centurione, secondo Federigo Alizeri (1875, p. 619) condotti sulla scia «di schizzi e di cartoncini dismessi da Luca [Cambiaso] e da Andrea [Semino] che da anni non molti eran iti sotto terra» (Fornili, 1999, p. 349). Proprio un disegno conservato al Louvre e riferito a tale complesso è stato attribuito – insieme a un nucleo di opere grafiche espunte dal catalogo di Andrea e Ottavio Semino – a Cesare e Alessandro (Erbentraut, 1989-1990, p. 36; Mancini, 2017, pp. 55 s.). Ancora ai due fratelli spetta la paternità di alcuni affreschi dei palazzi di Agostino Pallavicino (Parma, 1999a, p. 254) e di Francesco Maria Imperiale a Lavagnola (Savona; Parma, 1999e, p. 408). La scena di battaglia a fresco conservata nel palazzo Lamba Doria di Savona, proveniente dalla villa Pallavicini a Genova Sampierdarena, è opera riferibile agli anni Novanta del Cinquecento e reca la firma di entrambi (ibid.).
Nel breve paragrafo dedicato ad Alessandro e Cesare all’interno del profilo biografico del padre, Raffaele Soprani (1674, p. 62) ricordò la produzione di «molte tavole, e principalmente in San Lorenzo il Martirio di santa Cattarina», oggi conservato nella chiesa genovese di S. Rocco, e la dispersa «Maddalena, che con le lagrime riga i piedi di Cristo» (Soprani - Ratti, 1768, p. 66), già nella sacrestia del Carmine. Della ricca produzione di opere da cavalletto, il dipinto più antico cui i fratelli abbiano apposto la loro firma era conservato nell’oratorio dei Ss. Paolo e Antonio, il cui patrimonio fu disperso a seguito della distruzione dell’edificio sullo scorcio del secolo XIX (Sanguineti, 1998, p. 345). Alizeri (1846, p. 164) vi testimoniò infatti la presenza di una tela rappresentante la «guarigione d’un’ossessa», oggi perduta, su cui era apposta l’iscrizione «Caesar et Alexander Semini me pinxerunt – 1585».
Nel 1589 i fratelli entrarono nel circolo di committenza del principe Giovanni Andrea Doria, dipingendo «con putti e prospettive» la volta e le pareti dell’oratorio di donna Zenobia nel palazzo di Fassolo a Genova (Merli - Belgrano, 1874, p. 60; Stagno, 1999, p. 41). È possibile precisare, sulla scorta di documenti inediti, che tali lavori furono saldati con due pagamenti, l’uno da 242 lire genovesi, l’altro da 244, il 9 gennaio e il 17 aprile 1589 (Roma, Archivio Doria Pamphili, Libro di netto, c. 228).
Il principe dimostrò di apprezzare le opere dei due fratelli, forse perché queste, «popolate da anatomie poderose e stereometrie semplificate» (Boggero, 2001, p. 75 n. 13), e giocate su elementi di chiarezza simmetrica e semplificazione formale, rispondevano al sentore di «severa pietà» e religiosità controriformata dettato dal suo temperamento (Zanelli, 2015, p. 30).
Il 24 dicembre 1590 i due Semino ricevettero da Giovanni Andrea un acconto per il Battesimo di Cristo, pala d’altare della chiesa di S. Agostino a Loano, poi saldata l’8 marzo 1591. Per la stessa chiesa lavorarono alla Pala di s. Agostino, dotata di un’incorniciatura a storiette, di cui non sono tuttavia note indicazioni documentarie (Boggero, 1999, pp. 68 s.; Id., 2001, p. 75 n. 13). Morta la moglie del principe il 18 dicembre 1590, il solo Alessandro fu pagato nell’aprile dell’anno seguente per due ritratti «della felice memoria di d. Zanobia mia» (Boggero, 1999, p. 74). Il 31 agosto 1591 i due fratelli furono saldati per un dipinto rappresentante «due angioli in atto di tenere ritta una croce scolpita in legno» (Merli - Belgrano, 1874, p. 60), collocato nell’oratorio del palazzo di Fassolo da loro precedentemente affrescato. Tra il 12 novembre 1591 e il 1° agosto 1592 attesero alla realizzazione del Cristo crocifisso con lo svenimento della Vergine, s. Giovanni Evangelista e la Maddalena per la chiesa doriana di Nostra Signora delle Grazie di Genova Pegli, edificio per cui furono ulteriormente impegnati almeno nella conduzione di una piccola tela, sempre rappresentante la Crocifissione (Boggero, 1999, p. 71; Zanelli, 2015, p. 30). Ancora per S. Benedetto a Fassolo, tra il 2 agosto e l’11 dicembre 1592, riscossero pagamenti tributati da Giovanni Andrea per la pala d’altare con la Gloria della Ss. Trinità. Di fronte a tale lavoro, costato al Doria la cifra esorbitante di 1300 lire genovesi, Alizeri (1875, p. 550), mal celando la sua bassa considerazione dei due pittori, dichiarò di non sapere «dove meglio operassero questi degeneri figli d’Andrea».
Non è da escludere che il loro coinvolgimento nei cantieri doriani abbia favorito un contatto con Giovanni Battista Paggi, pittore genovese che, esiliato a Firenze, ebbe modo di tornare brevemente in Liguria, tra il 1590 e il 1591, grazie alla protezione di Giovanni Andrea (Boggero, 1999, pp. 64 s.). Proprio in questi anni Paggi fu protagonista della nota disputa sulla nobiltà dell’arte, dibattito nel quale i fratelli Semino presero le parti dell’esiliato (Lukehart, 1987, pp. 256 s.). In una lettera al fratello, informandolo della presa di posizione di Cesare e Alessandro, Paggi ebbe modo di elogiarli come «giovani di molta virtù et di grande aspettazione nella pittura» (Rosso Del Brenna, 1976b, p. 16).
Accanto ai lavori per Giovanni Andrea, i due fratelli furono attivi per diversi mecenati, tra cui spicca Gerolamo Serra. Questi commissionò un’Assunzione della Vergine per la sua cappella in S. Siro, dipinta su una lastra d’ardesia e oggi conservata all’altare della sacrestia della chiesa. A chiarire i dubbi attributivi sul dipinto, creduto dalle fonti vuoi opera di Domenico Fiasella (Ratti, 1766, p. 123), vuoi del «magistrale pennello d’Andrea [Semino]» (Alizeri, 1875, p. 143), intervenne la scoperta della presenza della firma di Cesare e Alessandro accanto alla data di realizzazione dell’opera, 1591 (Lodi, 1992, p. 41). Manca di tali indicazioni la Resurrezione, in origine nella distrutta chiesa di S. Caterina di Luccoli e oggi in S. Gerolamo a Quarto, ricondotta dalla critica alla mano dei due fratelli (Boggero, 2001, p. 75 n. 13; Vazzoler, 2013, p. 217). Disperso risulta invece il Lot con le figlie ricordato da Alizeri (1875, p. 591) nella quadreria di villa Giustiniani Cambiaso (Seitun, 2007, pp. 21 s.).
Non sono chiare le circostanze del trasferimento di Alessandro in Spagna, avvenuto nei primi anni del 1600. A complicare il quadro critico è la presenza, a seguito del maestro, oltre che della moglie Paolina, del figlio Giulio Cesare (Parma, 1999e, p. 409). L’omonimia di quest’ultimo con lo zio potrebbe rendere problematico il riconoscimento dell’autore della Pentecoste conservata nella cattedrale di Sigüenza, siglata nel 1605 da un Cesare Semino (Pérez Sánchez, 1965, p. 539). L’ipotesi più probabile è che si tratti in realtà di Giulio Cesare, pittore che trascorse successivamente il resto della vita in terra spagnola (Parma, 2002, pp. 207 s.). Non è dato sapere se il più anziano Cesare si sia anch’egli ivi trasferito, o abbia terminato i suoi giorni a Genova (Parma, 1999e, p. 409).
Dell’attività di Alessandro in Spagna il contemporaneo Vicente Carducho (1633, 1979, p. 322) testimoniò la partecipazione al cantiere decorativo del palazzo del Pardo a Madrid. La sua firma compare inoltre su di una tela rappresentante Cristo crocifisso con committente, conservata presso il Museo di S. Cruz di Toledo (Pérez Sánchez, 2002, p. 207). In questa città Alessandro ottenne la sua ultima commissione: il 30 gennaio 1606 s’impegnò a decorare con affreschi la cappella Oballe della chiesa di S. Vincenzo Martire e a dipingere, sempre per tale ambiente, un’Immacolata Concezione su tela. Della cifra pattuita, 1200 scudi, ne ricevette 400, in tre diversi acconti, tra il marzo e il maggio di quell’anno. Alla sua morte, avvenuta con tutta probabilità a Toledo nel corso del 1607, sembra che nulla di quest’impresa fosse stato portato a compimento. I committenti, al termine dell’anno, poterono dunque rivolgersi ad altri per decorare la cappella, e l’incarico fu affidato a El Greco (Marías, 1995, pp. 363 s.; Álvarez Lopera, 2004, pp. 13 s.).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio Doria Pamphili, Libro di netto dell’illustrissimo et eccellentissimo signor Giovan Andrea D’Oria, banc. 68.9, c. 228.
V. Carducho, Dialogos de la pintura. Su defensa, origen, esencia, definición, modos y diferencias (1633), a cura di F. Calvo Serraller, Madrid 1979, p. 322; R. Soprani, Le vite de’ pittori, scoltori et architetti genovesi, e de’ forestieri che in Genova operarono, Genova 1674, p. 62; C.G. Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura, Genova 1766, p. 123; R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de’ pittori, scultori et architetti genovesi, Genova 1768, p. 66; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1846, pp. XXXII, 70, 164, 412; L. Merli - L.T. Belgrano, Il Palazzo del Principe D’Oria a Fassolo in Genova, in Atti della Società ligure di storia patria, X (1874), 1, pp. 1-116; F. Alizeri, Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875, pp. 21, 143, 288, 549 s., 557, 591, 595, 619; A.E. Pérez Sánchez, Pintura italiana del siglo XVII en España, Madrid 1965, pp. 42-44; G. Rosso Del Brenna, Arte della pittura nella città di Genova, in La Berio, XVI (1976a), 1, pp. 5-28; Ead., ibid. (1976b), 3, pp. 5-29; P.M. Lukehart, Contending ideals: the nobility of G.B. Paggi and the nobility of painting, Baltimora 1987, pp. 256 s.; R. Erbentraut, Zeichnungen der Genueser Freskantenfamilie S. Ergebnisse einer erneuten Durchsicht von ‘S. Zeichungen’ des Louvre, in Jahrbuch der Staatlichen Kunstsammlungen Dresden, XXI (1989-1990), pp. 25-39; L. Lodi, Chiesa di San Siro. Le opere, in Luoghi del Seicento genovese. Spazi architettonici, spazi dipinti, a cura di L. Pittarello, Bologna 1992, pp. 36-43; F. Marías, El Greco y el punto de vista: la Capilla Ovalle de Toledo, in El Greco of Crete. Proceedings of the International Symposium... 1990, Iraklion 1995, pp. 357-369; R. López Torrijos, Nuevos documentos sobre pintores genoveses (Piaggio, Cambiaso y S.), in Studi di storia delle arti, 1997-1999, n. 9, pp. 307-316; D. Sanguineti, Il patrimonio artistico di Portoria: tracce per una ricerca, in Quaderni Franzoniani, XI (1998), 2, pp. 329-367; F. Boggero, Il cantiere di S. Agostino e l’équipe di Giovanni Andrea Doria, in Giovanni Andrea Doria e Loano, la chiesa di Sant’Agostino, Loano 1999, pp. 61-75; F. Fabbri, Palazzo di Giovan Battista e Andrea Spinola, in La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999, pp. 257-261; L. Fornili, Villa Centurione (Musso Piantelli), ibid., pp. 349-354; E. Parma, Palazzo di Agostino Pallavicino, ibid., 1999a, pp. 250-254; Ead., Palazzo di Ambrogio di Negro, ibid., 1999b, pp. 267-271; Ead., Palazzo di Angelo Giovanni e Giulio Spinola, ibid., 1999c, pp. 281-291; Ead., Villa Cambiaso Dietzch, ibid., 1999d, pp. 329-331; Ead., S., A. e C., ibid., 1999e, pp. 408 s.; L. Stagno, Giovanni Andrea Doria tra magnificenza e devozione: cappelle e dipinti di soggetto religioso in Palazzo del Principe a Genova, in Giovanni Andrea Doria e Loano, la chiesa di Sant’Agostino, Loano 1999, pp. 37-56; La pinacoteca dei cappuccini a Voltaggio, a cura di F. Cervini - C. Spantigati, Alessandria 2001 (in partic. F. Boggero, scheda n. 13, p. 75); A.E. Pérez Sánchez, Pittura genovese in Spagna nel Seicento, in Genova e la Spagna. Opere, artisti, committenti e collezionisti, a cura di P. Boccardo - J.L. Colomer - C. Di Fabio, Cinisello Balsamo 2002, pp. 207-219; J. Álvarez Lopera, El Greco en la Capilla Oballe, in El Greco y la Capilla Oballe (catal.), a cura di J. Álvarez Lopera - R. Alonso Alonso, Madrid 2004, pp. 11-39; S. Seitun, Villa Giustiniani Cambiaso. Patrimonio storico artistico, Genova 2007, pp. 21 s.; M. Vazzoler, Genova tra Rivoluzione e Impero. Patrimonio artistico, mercato dell’arte, progetti museografici, Firenze 2013, p. 217; G. Zanelli, I dipinti della chiesa di Nostra Signora delle Grazie: fonti storiche, riscoperta critica e restauri, in Restauri nella chiesa di Nostra Signora delle Grazie. Giovan Bernardo Lama, Giovanni Battista Paggi, C. e A. S., a cura di G. Zanelli, Genova 2015, pp. 28-39; F. Mancini, Dessins génois XVIe-XVIIIe siècle, Paris 2017, pp. 40, 42-44, 51 s., 55 s., 58, 60.