DURINI, Alessandro
Nacque a Milano il 30 maggio 1818 nella linea primogenita dei conti di Monza, sesto degli otto figli di Antonio, notabile della corte napoleonica e podestà di Milano dal 1807 al 1815 e dal 1827 al 1837, e di Giuseppina Casati, sorella di Gabrio e di Teresa. Avviatosi alla pittura, pare dietro incoraggiamento di Ferdinando Albertolli, amico di famiglia (Gozzoli, 1881, p. 142), segui a Brera la scuola di elementi e dal 1836 al 1843 quella di Luigi Sabatelli, stringendo amicizia soprattutto con Vincenzo Vela, Cherubino Cornienti, Domenico Induno, Domenico Pezzi (Morazzoni, 1914, p. 8). Nel 1837 ottenne una menzione speciale alla scuola di anatomia (Esposizione delle opere degli artisti e dei dilettanti nelle Gallerie dell'I. R. Accademia delle belle arti…, Milano 1837, p. 45) e nel 1845 venne prescelto per l'esecuzione di un saggio finale, Francesco de' Medici nomina intendente di corte Pietro Bonaventuri, presentato all'esposizione accademica del 1847. Nel frattempo si andava facendo un nome come acquerellista, specializzazione che gli otterrà i maggiori successi della sua carriera e per la quale gli spetta, in ambito lombardo, un ruolo di precursore.
Acquerelli del D. furono esposti a Pietroburgo nel 1843 per interessamento di Karl Brüllov. Nonostante i tentativi del Sabatelli per scoraggiarlo dal dedicarsi a questa tecnica, cui l'insegnamento accademico dava allora valore solo accessorio, gli sforzi centrali del D. si concentrarono negli anni seguenti sul tentativo di introdurre in Italia il successo di mercato e di pubblico che l'acquerello aveva all'estero, facendone un mezzo adatto a reggere il confronto con il quadro storico e di genere. Fogli del D. compaiono a Brera nel 1845, 1847, 1850, e in varie manifestazioni internazionali (a Berfino nel 1846 alla Galleria Wosendank; a Londra nel 1849 ad una delle esposizioni della Society of arts presso la National Gallery ottenendo la medaglia d'oro di primo grado; a Nizza nel 1850 alla Société des amis de l'art; a Parigi nel 1851 alla Société des artistes français guadagnando un'altra medaglia d'oro, a Vienna nel 1852 alla Kunstakadernie: cfr. Morazzoni, 1914, pp. 14 s., 17-20): il D. divenne cosi, in pratica, il solo acquerellista italiano conosciuto Oltralpe in quegli anni, assicurandosi la stima e l'amicizia di K. Müller, E. Isabey, Th. Couture, L. Gérôme, L. Knaus, C. Corot.
Nonostante la posizione della famiglia a corte (la madre era dama di palazzo e il D. stesso copriva la carica di ciambellano dell'arciduca Ranieri), maturava frattanto un suo coinvolgimento in senso patriottico dietro l'esempio del fratello Giacomo (1812-1837), fondatore del Presagio insieme con C. Correnti, G. Carcano e C. D'Adda e figura di spicco fra la gioventù intellettuale milanese di quegli anni. Gli avvenimenti del 1848 videro il D., che già si era messo in dubbia luce politica come animatore e per un certo periodo presidente dell'irrequieta Società degli artisti (G. Giulini, Arcobaleno di vita gioconda, circoli e ritrovi milanesi…, Milano 1934, pp. 178-182), in prima fila insieme con i fratelli Carlo ed Ercole. Ferito il 22 marzo a Porta Tosa durante le Cinque giornate, disegnò le uniformi della guardia civica, partecipò alla difesa dell'Adda, fu autore della litografia La presa del palazzo del Genio, venduta a favore delle famiglie dei feriti, e dette ulteriori contributi all'iconografia di quegli avvenimenti in una serie di acquerelli eseguiti nel 1849 a Lugano, dove si era rifugiato in esilio insieme col fratello Ercole (vedi, su quest'ultimo, informazioni in A. Faconti, Le cinque giornate, Morti feriti benemeriti, Milano 1894, p. 179, e in Milano e il 1848 nelle memorie del diplomatico austriaco conte Giuseppe Alessandro di Hübner, a c. di A. Comandini, Milano 1898, p. 114).
Tornato a Milano, il matrimonio nel 1852 con la figlia di Pompeo Litta Biumi, Guglielmina, e una serie di eredità gli permisero di consolidare le condizioni finanziarie che in precedenza non erano state brillanti, togliendo ogni stimolo economico ad una carriera che verrà, da allora in poi, proseguita per diletto e fra difficoltà dovute ad altre occupazioni (Gozzoli, 1881). La sua presenza fu ancora consistente alle esposizioni di Brera del 1857 (cinque acquerelli), del 1865 (due dei suoi fogli più celebri: L'artiste e La gioventù del pittore e incisore Giacomo Callot) e del 1872; ma la sua attività si andava rarefacendo e la sua maniera appariva oramai inattuale: sintomatico l'insuccesso de I Milanesi accolgono e soccorrono gli emigranti scacciati da Tortona, arresasi a Federico Barbarossa nell'anno 1155, il suo quadro storico più ambizioso, esposto nel 1876 a Brera e recensito dall'Illustrazione italiana, 10 sett. 1876, p. 227, come tipico esempio di un linguaggio superato.
Insoddisfatto dei modi del suo maestro Sabatelri, cui pure fu legato da rapporti di reciproca stima, il D. si era mosso fin dagli inizi in direzione dei nuovi fermenti romantici e della pittura di genere, mantenendosi però all'interno di schemi accademici che gli precludevano sviluppi nel senso delle correnti veriste di fine secolo. Restava, comunque, una figura di notevole prestigio mondano con funzioni di tramite tra ambienti artistici ed aristocrazia. Attivo animatore dei circoli dilettanti milanesi, specie per quanto riguarda la diffusione dell'acquerello, fu lui a introdurre Domenico Morelli presso il pubblico colto cittadino e a proteggere i primi passi di Federico Faruffini, ospitandolo nel proprio atelier dopo la conclusione degli studi a Pavia (De Luca, 1903-04, p. 296).
I meriti personali e le generose convinzioni risorgimentali gli valsero inoltre, dopo l'Unità d'Italia, una serie di incarichi pubblici: entrato a far parte del Consiglio comunale nel 1862, fu assessore supplente dal 1868 al 1870 e membro, nel 1862, della commissione giudicatrice al terzo concorso per la sistemazione dell'area tra piazza Duomo e piazza della Scala che preludeva all'elaborazione del progetto di G. Mengoni per la galleria Vittorio Emanuele II; nel 1860 fu tra gli artisti scelti per realizzare l'album di acquerelli storici donato dalla cittadinanza milanese al maresciallo J.-B. P. Vaillant; nel 1868 diresse le feste milanesi per il matrimonio fra Margherita e Umberto di Savoia e l'esecuzione dello stipo donato dalla città in quella occasione. Nel 1862 fu eletto a socio onorario dell'Accademia di Brera, nel 1865 a socio onorario dell'Istituto di belle arti di Urbino. Nel 1888 fu membro esecutivo per l'ordinamento del padiglione italiano all'Esposizione di Barcellona, ed era da poco stato nominato membro del Consiglio generale all'Esposizione internazionale di Madrid quando la morte lo colse a Milano il 9 genn. 1892.
Oltre i due terzi delle circa 250 opere del D. riportate nel più completo elenco finora disponibile (Morazzoni, 1914, pp. 31 ss.) rimasero proprietà della famiglia, se si escludono le commissioni private, un legato (oggi disperso) di acquerelli e disegni relativi alle Cinque giornate a favore del Museo del Risorgimento di Milano, e quanto andò distrutto nel 1862 a seguito di un incendio dello studio dell'artista a palazzo Crespi in via Borgonuovo 18. Fra il 1908 e il 1911 il figlio unico del D., Antonio (Milano 1853-1934: cfr. Caramel-Pirovano, 1975, pp. 11, 55, figg. 824-33), anche lui dilettante di pittura e promotore dell'istituzione a Brera nel 1911 di un premio triennale di pittura all'acquerello intitolato al padre, raccolse tutte le opere di quest'ultimo e la collezione di arte antica di famiglia in una "Galleria Durini", aperta al pubblico nel fabbricato seicentesco dell'ex Collegio delle nobili vedove in via Guastalla (oggi distrutto; per una documentazione sull'allestimento, curato da Filippo Carcano poco prima di morire, cfr. Pecchiai, 1919). Nel 1934 tali materiali passarono in eredità alla Fondazione Alessandro e Antonio Durini, istituita per testamento di Antonio ed eretta in ente morale per r.d. 4 genn. 1938 con compiti di incoraggiamento agli artisti anziani. Nel 1939 la Fondazione cedette le proprie raccolte d'arte al Comune di Milano. Quasi tutta l'opera del D. è quindi oggi distribuita fra il Civico Gabinetto dei disegni e delle stampe (dieci album di schizzi e studi rilegati) e i depositi della Galleria d'arte moderna, dove la mancanza di spazio ha sempre impedito di esporla. Tali vicende, determinando una quasi totale assenza dal mercato e in altre collezioni pubbliche di opere del D., hanno contribuito al disinteresse della critica nei suoi confronti.
Fonti e Bibl.: A. Caimi, Delle arti del disegno…, Milano 1862, p. 78; F. Calvi, Famiglie notabili milanesi, I, Milano 1875, tav. II; G. Gozzoli, Dizionario degli artisti viventi, Roma 1881, p. 142; A. De Gubematis, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, p. 186; G. B. Marchesini, Il podestà di Milano conte Antonio Durini, in Arch. stor. lomb., XXX (1903), 2, p. 176; P. De Luca, Artisti del passato: A. D., in Natura e arte, II (1903-04), pp. 291-304; Id., La Galleria Durini in Milano, in Varietas, X (1913), pp. 359-367; S. Ricci, L'acquerello nella grande arte italiana, Milano [1913], pp. 10 s.; Id., La medaglia in onore di A. D. e in premio della pittura all'acquerello presso la R. Accademia di belle arti in Milano, in Boll. ital. di numismatica e di arte della medaglia, XI (1913), pp. 60-64; G. Morazzoni, A. D., Milano 1914; La Galleria Durini, in Città di Milano, XXXI (1915), pp. 122 ss.; P. Pecchiai, La Galleria Durini in Milano, Milano 1919; A. Monti, in Dizionario del Risorgimento nazionale, II, Milano 1930, pp. 968 s.; L. Marchetti-M. Parenti, IlQuarantotto milanese, Novara 1948, pp. 87 s., 93, 128; P. Mezzanotte, L'edilizia dalla caduta del Regno italico alla prima guerra mondiale, in Storia di Milano, XV, Milano 1962, p. 402; P. Arrigoni, Milano nelle vecchie stampe, II, Milano 1970, p. 59; L. Caramel-C. Pirovano, Galleria d'arte moderna - Opere dell'Ottocento, Milano 1975, pp. 11, 51-55, figg. 701-823; M. Monteverdi, Storia della pittura italiana dell'Ottocento, Milano 1975, I, p. 79; III, p. 223; G. C. Bascapè, Il pal. Durini Caproni di Taliedo a Milano, Milano 1980, p. 21; M. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, X, pp. 215 s.
G. Kannés