DORI (Doria), Alessandro (Marco Antonio Alessandro)
Figlio di Francesco Felice e di Francesca Borgognoni, nacque a Roma il 25 genn. 1702 da una famiglia di origine pisana.
Il padre sembra lavorasse per l'ambasciatore veneziano a Roma, Francesco Morosini. che fu il padrino di battesimo del Dori. I suoi legami con Venezia facilitarono probabilmente la sua carriera di architetto, iniziata molto tardi, sotto il papato di Clemente XIII Rezzonico. Nulla sappiamo della giovinezza e della formazione del D.; presumibilmente studiò architettura presso l'Accademia di S. Luca, ma dal momento che tra il 1716 e il 1725, gli anni in cui avrebbe dovuto studiare, non ci furono concorsi, non è dimostrabile la sua attività in quella accademia. Nel 1732 il D. partecipò con numerosi progetti al concorso bandito da Clemente XII per la facciata di S. Giovanni in Laterano, ma non fu incluso nell'ultima selezione (per i progetti conservati vedi oltre).
Nel 1736 fu nominato paciere in una lite tra le monache agostiniane, dette turchine, del convento situato nella attuale via Sforza presso S. Maria Maggiore, e le filippine che avevano costruito un nuovo convento di fronte al loro terreno (Battaglia, 1941). Nel 1737 fu ammesso nella Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (Schede Noack). Nel 1744-46 costruì casa Giannini a piazza Capranica (Bevilacqua, 1989). Negli anni 1746-48 progettò la Biblioteca Marucelliana in Firenze, che fu eseguita dal 1748 e terminata nel 1752 da I. Giovannozzi. Sempre nel 1748 pubblicò alcuni disegni relativi a quest'opera con il titolo Disegni dimostrativi della fabbrica della Libreria Marucelli ... (Firenze, Bibl. Marucelliana, Direz., Misc. Bg. Ma. 12, 13).
Subito dopo l'insediamento di Clemente XIII nel luglio 1758 il D. fu nominato "architetto dei sacri palazzi apostolici", carica che poté effettivamente esercitare soltanto quando Ferdinando Fuga, che l'aveva ricoperta prima di lui, andò definitivamente a Napoli all'inizio del settimo decennio. In precedenza il D. era stato architetto della Camera apostolica; secondo il Vanvitelli, sarebbe stato occupato più che altro con il tribunale delle Strade (Strazzullo, 1976).
Eletto architetto di merito dell'Accademia di S. Luca nel 1760, nominato nel 1762 assistente alle liti, nel 1769 vi coprì la carica di stimatore e due anni dopo quella di camerlengo. Tra il 1760 e il 1764 diresse i lavori di trasformazione e in parte anche di ricostruzione del palazzo Rondinini al Corso. Sotto Clemente XIV, nel gennaio 1771, iniziarono i lavori di ricostruzione nel Casino di Innocenzo VIII nel Belvedere del Vaticano in vista dell'allestimento del Museo Pio Clementino, e nello stesso anno, sempre per lo stesso pontefice, il D., in qualità di architetto camerale, si occupò del progetto di un nuovo centro rurale presso Viterbo, San Lorenzo Nuovo, i cui disegni furono terminati dai suoi figli poiché il D. morì improvvisamente a Roma il 4 genn. 1772.
Il D. si era sposato una prima volta il 5 luglio 1730 con Elisabetta Vecchietti (morta l'11 maggio 1766) e una seconda (2 sett. 1766) con Maria Angela Matocci. Dal primo matrimonio nacquero Francesco (1731-32), Giuseppe (24 dic. 1733) e Giovanni (23 giugno 1735), entrambi architetti, Antonio (c. 1739) e Rosalba (c. 1743).
Contemporaneo del Vanvitelli, di U. Salvi e del Fuga, il D. può essere considerato uno dei buoni architetti del suo tempo, anche se non dei più importanti. Egli restò ancorato alla tradizione dell'Accademia romana e fedele per tutta la vita a uno stile tardo barocco di impronta berniniana, senza aderire al borrominismo di moda nel terzo e quarto decennio del secolo. Dato che solo alla fine della sua vita poté impegnarsi in opere più importanti, mentre a Roma cominciavano ad apparire le prime tendenze neoclassiche, l'architettura del D., anche se di buona qualità, risulta anacronistica e antiquata.
Già i progetti per la facciata del Laterano, del 1732, il momento del grande fiorire del "borrominismo" a Roma, accusano l'impronta tardobarocca del suo stile. I due disegni conservati all'Accademia di S. Luca (Hager, 1971, fig. 15; Jacob, 1972, fig. 12; Marconi-Cipriani-Valeriani, 1974, nn. 2135 s.) presentano due progetti alternativi di facciata indicati come "terza" e "seconda" idea e furono regalati dal D. all'Accademia al momento della sua nomina nel 1760; al n. 2136 assomiglia l'alzato di facciata conservato nella coll. Lanciani della Biblioteca dell'Ist. di archeologia e storia dell'arte a Roma (Roma XI, vol. 43, f. 31 Jacob, 1972, fig. II). Il fatto di aver presentato all'Accademia disegni vecchi di trent'anni è significativo come indizio di una mancanza di commissioni importanti a Roma sino al 1760. Per la facciata del Laterano il D. utilizzò l'ordine colossale in tutte le sue varianti, desunse motivi dalla facciata di S. Pietro del Maderno e dal palazzo dei Conservatori di Michelangelo, concordando in questo con i progetti del vincitore del concorso, A. Galilei. In ogni modo il D. cercò, seguendo lo stile dell'architettura accademica del suo tempo, di movimentare la facciata con un corpo centrale convesso e aggettante.
La prima opera importante a Roma può essere considerata l'intervento di trasformazione e parziale ricostruzione in palazzo Rondinini negli anni 1760-1764, che è stato ampiamente analizzato da L. Salerno (1965): sono del D. la facciata sul Corso, il cortile, il vestibolo e lo scalone oltre all'infilata di sale di rappresentanza del piano nobile. Desiderio del committente, il marchese Giuseppe Rondinini, era di esporre la sua ricca collezione di antichità nel cortile e nello scalone.
Mentre la facciata, articolata soltanto da fasce di bugnato, da un inconsueto portale doppio e da timpani ad arco al piano nobile, è assai semplice, all'interno il D. realizzò nella successione portico d'ingresso, cortile, vestibolo e scalone un particolare insieme scenografico di gusto barocco. I pezzi antichi non vengono isolati come in un museo, ma usati come motivi ornamentali e come tali inseriti nella decorazione d'insieme: basti come esempio la famosa Medusa Rondinini trasformata in elemento decorativo e collocata al di sopra del portone d'ingresso. La ricca decorazione in stucco e l'utilizzazione di Atlanti sono motivi affini a quelli della scuola del Bernini (G. P. Schor); la forma del portale principale è ripresa da quello di palazzo Chigi Odescalchi del Bernini. L'aspetto del cortile, con le pareti tutt'intorno coperte di rilievi e dettagli decorativi antichi e moderni, ricorda la decorazione del cortile di palazzo Mattei (oggi Antici Mattei) e anche, nella posizione delle nicchie d'angolo e della fontana, il cortile del Belvedere prima del 1771. Nel complesso è evidente un ritorno al repertorio formale secentesco.
Il palazzo della famiglia pontificia in via della Dataria, cominciato nel 1764 e finito nel 1766-67, sempre attribuito al D., fu invece eseguito da Paolo Posi, che fu responsabile di tutti i lavori dei palazzi al Quirinale, mentre il D. era responsabile di quelli al Vaticano (comunic. or. di C. C. Kelly).
Nel gennaio 1771, su proposta del cardinale Angelo Braschi, il futuro Pio VI, Clemente XIV iniziò i lavori per trasformare il casino di Innocenzo VIII del Belvedere vaticano nel Nuovo Museo delle antichità (Pietrangeli, 1951-52; 1985). Il D. vi lavorò sino alla morte (gennaio 1772) creando la "galleria delle statue" nella ex loggia del casino, un "gabinetto" (più tardi "gabinetto delle maschere") e la "sala dei busti" in uno dei piccoli ambienti della precedente abitazione del papa.
Come già in palazzo Rondinini, anche qui impiantò grandi e scenografici assi visivi: articolò la galleria prodotta dallo sfondamento del muro con serliane poste una dietro l'altra in triplice successione, sottolineandone l'effetto teatrale con drappeggi in stucco; le pareti estreme della galleria, con le statue rispettivamente del Giove Verospi e della Giunone Barberina, assumevano la funzione prospettica di punti terminali dell'asse visivo, incorniciati a loro volta da serliane. Questo effetto point de vue, che richiama le gallerie dipinte da G. P. Pannini, è oggi conservato solo nella parte verso est, perché dall'altra parte è stato annullato dal prolungamento della galleria ad opera di M. Simonetti. La trasformazione del cortile ottagono fu cominciata, sempre dal Simonetti che era un seguace del D., solo dopo la sua morte. Mentre la forma delle finestre del piano superiore del cortile fa pensare a un progetto del D., il portico che circonda il cortile è certamente tutto del Simonetti.Intorno alla fine del 1771 dovevano essere pronti i progetti del D. per la costruzione del centro di San Lorenzo Nuovo al lago di Bolsena (Zocca, 1943; Bordini, 1971). Nell'Archivio di Stato di Roma è conservata una serie di 19 disegni (tutti in Bordini, 1971, figg. 5-23), eseguiti però tutti da figli del D. e quindi da assegnare ad un'epoca posteriore alla morte dell'architetto; solo la pianta generale del luogo risale a un suo progetto originale; tutti gli altri disegni sono contrassegnati come schizzi dei figlio Giovanni e sono stati disegnati dall'altro figlio Giuseppe.
La disposizione del borgo è progettata in guisa di città ideale, secondo un disegno a scacchiera, e segue l'esempio della disposizione di Cervia Nuova presso Ravenna (1698-1714). Al centro del villaggio il D. collocò una grande chiesa con facciata racchiusa da due torri, che doveva servire da punto di riferimento al viandante che attraversava la porta della città provenendo dalla Cassia. Gli edifici attorno alla chiesa erano disposti secondo un ordine gerarchico, più vicini quelli destinati ai ceti più alti e mano mano più lontani quelli per i ceti inferiori. Anche questo piano appare arcaico per il momento in cui fu progettato e, forse non solo per ragioni di costi, le costruzioni non furono eseguite. Nel 1774 il seguace del D. Francesco Navona sostituì l'edificio dominante come luogo focale del borgo con una piazza aperta.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Vicariato, S. Lorenzo in Lucina, Lib. batt. 20 (1700-1708), 60; 25 (1730-34); 26 (1735-39); S. Eustachio, Lib. mort., 22 (1693-1776), 764; Lib. matrim. 19 (1665-1784), 307; S. Prassede, Lib. matrim. B. 31; Dispense matrim., Notaio Gaudenzi, 1766, mazzo 114; Stati d'anime, S. Lorenzo in Lucina, S. Eustachio, passim; Roma, Bibl. Hertziana, Schede Noack; Diario ordinario, 11genn. 1772, p. 9; R. Ojetti, Antichi concorsi dell'Accademia di S. Luca, in Annuario della R. Acc. di S. Luca, I (1911), pp. 3-25; R. Battaglia, Matematici contro architetti nella Roma del '700, in Roma, XIX (1941), p. 503; M. Zocca, Un piano regolatore per S. Lorenzo Nuovo, ibid., XXI (1943), pp. 220 ss., figg. 1 s.; C. Pietrangeli, Il Museo Clementino Vaticano, in Atti della Pontificia Acc. romana di archeol., s. 3, Rendic., XXVII (1951-52), 1-2, pp. 87-109; L. Salerno, Via del Corso, Roma 1961, pp. 87, 123 ss.; Id., Palazzo Rondinini, Roma 1965, pp. 11, 23, 46, 65, 67-72, 79, 105 s.; H. Hager, Il modello di L. Rusconi Sassi del concorso per la facciata di S. Giovanni in Laterano, in Commentari, XXII (1971), p. 58, fig. 15; S. Bordini, Il piano urbanistico di un centro rurale dello Stato pontificio. La ricostruzione settecentesca di San Lorenzo Nuovo e l'attività di A. D. e F. Navona, in Storia dell'arte, 1971, II, pp. 179-210; S. Jacob, Die Projekte Bibienas und Doris, für die Fassade von S. Giovanni in Laterano, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXXV (1972), pp. 114-117, figg. 11-12; P. Marconi-A. Cipriani-E. Valeriani, I disegni di architettura dell'Archivio storico dell'Accademia di S. Luca, Roma 1974, II, nn. 2135 s., 2245 s.; L'Accademia naz. di S. Luca, Roma 1974, pp. 70, 277; C. Pietrangeli, IMusei Vaticani al tempo di Pio V, in Boll. d. monumenti, musei e gallerie pontificie, I (1974), p. 9; F. Strazzullo, Le lettere di L. Vanvitelli della Biblioteca Palatina di Caserta, Galatina 1976, II, nn. 518, 582 ss.; M. Ciscato, Bibl. Marucelliana, Firenze. Cenni storici e guida breve, Firenze 1980, pp. 13 s.; C. Pietrangeli, I Musei Vaticani, Roma 1985, pp. 50-60; M. Bevilacqua, Casa Giannini e piazza Capranica e la tipologia del palazzo ad appartamenti nella Roma di metà '700, in Studi sul Settecento romano, 1989, 5, pp. 205-220; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 473; Diz. encicl. di archit. e urbanist., II, p. 190.