DI MEO, Alessandro
Nacque a Volturara Irpina (Avellino) il 3 nov. 1726 da Marco e Giovanna Pennetti. Perduto il padre all'età di nove anni, fu posto sotto la tutela dello zio Antonio Pennetti, medico a Napoli, che lo avviò agli studi nel seminario di Montemarano. A diciannove anni, attratto dalla fama di Alfonso Maria de Liguori, abbandonò il seminario per entrare nell'Ordine dei redentoristi, ai Ciorani, la terza casa fondata dal de Liguori. Nel 1749 fu inviato dal de Liguori, che lo teneva in gran conto per la sua rettitudine e per l'ingegno acuto e precoce, a perfezionare gli studi a Napoli. Qui studiò l'ebraico sotto la guida di I. La Calce e nel 1752 fu nominato maestro di teologia e poi di filosofia.
Negli anni successivi il D. si dedicò sia alle questioni teologiche e dottrinarie, prendendo posizione - accanto al suo maestro - contro le teorie di ispirazione giansenista, sia allo studio della storia medievale. Anche in questo campo fu spinto dal de Liguori, cosciente dell'importanza della storia e dell'apologia per la Chiesa, in linea con quanto andava facendo in quel periodo l'Accademia di materie ecclesiastiche. Il de Liguori anzi, secondo il De Maio, intendeva fare del D. un nuovo Baronio, per contrastare i giansenisti Jacques e Samuel Basnages. Se si può dire che questo scopo non fu raggiunto, non si può al tempo stesso negare che il D., con i suoi postumi Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli nella mezzana età, sia da considerare uno dei maggiori storici del Settecento napoletano.
L'impegno religioso del. D. al fianco del de Liguori fu duplice: sul versante della predicazione popolare e su quello delle dispute dottrinarie. Nel primo campo egli fu presente come predicatore nelle missioni cittadine create dal suo maestro, ma risentì dell'eccessivo uso delle osservazioni filosofiche nel corso di prediche volte a divulgare e semplificare le dottrine ascetiche e le teorie dei redentoristi. Frutto dell'impegno dottrinario fu il volume, pubblicato anonimo a Napoli nel 1764, Confutazione della lettera replica di d. Cipriano Aristasio a mons. de' Liguori. Si esamina quali sieno i veri sentimenti di Santa Chiesa sopra la frequente comunione, redatto sulla scorta della polemica sorta tra il giansenista Aristasio e il de Liguori. Tra il 1766 e il 1769 il D. continuò ad occuparsi di questo argomento e scrisse un trattato sistematico sulla dottrina della comunione, rimasto inedito e senza titolo (cfr. O. Gregorio). In esso, dopo aver analizzato le fasi storiche della pratica dell'eucarestia, mostrava il valore della sua frequenza, esponendone gli effetti positivi, la disposizione necessaria a riceverla e le regole a cui bisognava attenersi.
L'attività di studioso del Medioevo del D. si concretizzò, oltre che nella redazione degli Annali, nella stesura di diversi saggi, rimasti quasi tutti inediti, di cui si riporta l'elenco secondo i titoli - probabilmente approssimativi - menzionati dal suo biografo Pennetti, che poté consultare i manoscritti: Nota cronologica dei Mansoni e dei duchi di Amalfi, pubblicata poi - secondo il Pennetti - da un certo G. Mansi, a cui il D. l'aveva data in visione (l'opera non è stata rintracciata); La cronologia dei principi di Salerno, pubblicata come propria da S. M. De Blasio (col titolo Tabula chronologica principum qui Langobardorum tempore Salerni imperarunt a Siconolfo ad Gisulphum postremum principem a Normannis eiectum singulorum dominii annis ad Christi, sive ad vulgaris aerae annos relatis ex vetustis sacri regii coenobii Trinitatis Cavae tabularis membranis excerpta), in appendice (pp. I-CLXXVI) ad un'opera sui principi longobardi (Series principum qui Langobardorum aetate Salerni imperarunt ex vetustis sacri regii coenobii Trinitatis Cavae tabularii membranis eruta eorum annis ad christianae aerae annos relatis a vulgari anno DCCCXL ad annum MLXXVII, Napoli 1785); La concordanza dell'Egira con le varie epoche greche; Dissertazione sopra le ragioni di alcuni feudi, contro alcuni regolari; La scrittura sul casale di Bolena; Dissertazione sugli anni natalizi e mortuali di Cristo (queste ultime quattro non reperibili).
La pubblicazione dell'Apparato cronologico agli Annali del Regno di Napoli nella mezzana età (Napoli 1785) rappresentò il coronamento del lavoro condotto per molti anni dal D. e anticipato nei precedenti scritti minori.
Nell'opera egli analizzava i diversi modi di computare l'anno presso vari popoli e presentava delle accurate tavole cronologiche, comprendenti il periodo 568-1128. Una parte consistente di essa la dedicò a una dissertazione sulla diplomatica, considerata scienza fondamentale per distinguere il vero dal falso nella pratica degli studi documentari; qui l'autore combatteva l'opinione di coloro che rifiutavano in blocco i documenti antichi, perché ritenuti falsi, e prendeva in esame le posizioni dei maggiori annalisti (Muratori, A. S. Mazzocchi, ecc.) in relazione a singoli problemi. Principale obiettivo polemico del D. era J. Mabillon, di cui rifiutava la concezione della diplomatica come quella di una scienza capace di distinguere i documenti veri da quelli falsi sulla base di canoni interpretativi prefissati.
Durante tutta la sua vita il D. rifuggì dalle cariche pubbliche e rifiutò le nomine di vescovo, di direttore del Collegio dei cadetti, di teologo di casa reale, di direttore della Biblioteca reale, accettando soltanto, nel 1783, quella di consultore generale dell'Ordine del Ss. Redentore. Costante fu invece la sua opera di missionario a Napoli: predicò negli ultimi anni della sua vita nel Collegio dei cadetti e in Campania.
Colpito da apoplessia mentre predicava, il D. morì a Nola (Napoli) il 20 marzo 1786.
Dopo la sua morte i manoscritti degli Annali, la lunga opera alla quale aveva dedicato molti anni della sua vita, finirono nelle mani del delegato della Real Giurisdizione, per essere poi depositati, nel 1793, nella Real Biblioteca. Pasquale e Giuseppe Di Meo, entrambi sacerdoti e nipoti del D., ne curarono la pubblicazione a Napoli in dodici volumi tra il 1795 e il 1819, grazie alla munificenza di Ferdinando IV (poi I). Gli Annali prendevano in esame il periodo compreso tra l'invasione longobarda (568) e il 1202 e ciascun volume, oltre alla narrazione vera e propria, conteneva un'appendice finale, redatta talvolta dall'autore e talvolta dai curatori, in cui si affrontavano questioni di critica diplomatica, si presentavano raccolte documentarie, digressioni su argomenti vari, interventi polemici. Per ciascun anno erano indicati il papa, l'imperatore, il re d'Italia e gli altri personaggi ed eventi europei di maggiore importanza. L'ultimo volume era costituito esclusivamente da due indici, monastico e topografico, e da un "indicolo di cose più meniorabili".
Gli Annali rappresentano il primo tentativo, criticamente riuscito, di offrire un profilo della storia del Mezzogiorno medioevale, utilizzando le fonti documentarie accanto a quelle narrative. Il D. compì l'impresa, certamente ardua per i suoi tempi, di consultare e di studiare le pergamene dei più importanti archivi ecclesiastici del Regno di Napoli, pervenendo, con straordinario intuito critico, a dei risultati che hanno conservato, a distanza di due secoli, tutta la loro validità. Basti segnalare, per tutti, i giudizi da lui espressi intorno al fondo documentale più antico (sec. XII) dell'archivio dell'abbaziadi Montevergine, ed intorno ai documenti dei monasteri benedettini di S. Maria di Pisticci e di S. Michele Arcangelo di Monte scaglioso (secc. XI-XII). Il D. pervenne alla conclusione che le pergamene in questione, pur risultando degne di fede nella maggior parte dei casi, se esaminate alla luce dei principi diplomatistici del Mabillon, erano al contrario da ritenere delle "imposture". Si trattava cioè di pergamene dei secoli XI e XII che erano state falsificate nel secolo XIII, sulla base di originali autentici. Il processo di falsificazione sfuggiva ad un'indagine che verificasse l'aspetto esterno dei documenti ed era rilevato soltanto da uno studio interno dei testi.
Il D., che riuscì con grande acribia critica a smascherare i falsari medioevali, restò tuttavia vittima di quelli a lui contemporanei, quali, ad esempio, il capuano Francesco Maria Pratilli. Per questo motivo negli Annali il periodo relativo alla dominazione longobarda presenta qualche volta dei gravi errori. Per quanto riguarda, invece, l'indagine sul periodo normanno (secc. XI-XII), si può affermare che l'opera rappresenti, ancora oggi, un sicuro ed indispensabile punto di riferimento per chiunque voglia andare al di là della versione dei fatti data dalle fonti narrative coeve.
Fonti e Bibl.: Tra le biografie del D., di tono panegiristico, ma utili e documentate, sono quelle di M. Tannoia, Vita dip. d. A. D. della Congregazione del Ss. Redentore, a cura di A. Candela, Avellino 1889, e di V. Pennetti, Contributo di ricerche sulla vita e le opere di A. D., Avellino 1896, che contiene in appendice vari giudizi espressi da uomini illustri. Estesa ed accurata è la descrizione della vita e delle opere del D. in Biografie degli uomini ill. del Regno di Napoli, XIII, Napoli 1828, pp. 103-08 (voce redatta da V. Capialbi), mentre brevissime sono le notizie riportate in C. Minieri Riccio, Memorie stor. degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 217. Un breve recente ricordo del D. è quello di F. Barra, A. D. nel 250° anniversario della nascita, in Civiltà altirpina, I (1976), 2, pp. 44 s.
Pochi cenni sulle opere del D., inquadrate nel contesto della cultura del tempo, sono in G. Natali, Il Settecento, Milano 1936, pp. 406 e 475, e in P. Napoli Signorelli, Vicende della cultura delle Due Sicilie dalla venuta delle colonie straniere sino a' giorni nostri, VII, Napoli 1811, pp. 138 s. Una maggiore attenzione all'opera e agli scritti di carattere specificamente religioso e ai rapporti del D. con il de Liguori è dedicata da A. Samo, A.D., in L'Osservatore romano, 26 sett. 1936; dall'Enc. catt., IV, coll. 1609 s.; e da O. Gregorio, Un manoscritto inedito delp. A. D. (1726-1786), in Spicilegium histor. Congregationis Ss. Redemptoris, XV (1967), pp. 113-125, che illustra dettagliatamente la genesi e il contenuto del manoscritto inedito sulla comunione. Più volte menzionato è il D., nella sua veste di redentorista in L. Telleria, S.Alfonso Maria de Ligorio, I-II, Madrid 1950-51, ad Indicem. Un'attenta analisi del contesto religioso e culturale in cui operò il D. e un giudizio sulla sua opera di annalista è in R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell'età moderna, Napoli 1972, ad Indicem. Di scarso rilievo sono alcune illustrazioni in tono elogiativo e retorico delle virtù intellettuali del D. di G. Vitagliano: Fiori degli annali critici-diplomatici del chiar.mop. don A. D., Napoli 1836; Difesa de' flori critici-diplomatici del padre D., ibid. 1837; Supplemento alla difesa de' flori diplomatici del padre D., ibid. 1838.