DE ANGELIS, Alessandro
Nato a Spoleto nel 1559 ed entrato nella Compagnia di Gesù nell'ottobre del 1581, si dedicò soprattutto all'insegnamento: professore al Collegio Romano, vi tenne successivamente le cattedre di logica (1590-91), di fisica o filosofia naturale (1591-92), di metafisica (1592-93) e, infine, di teologia scolastica (1609-1612). Questa era l'ultima cattedra cui si accedeva, dopo un rapido passaggio nelle altre, e, generalmente, la si occupava per alcuni anni. Dal 1611 al 1617 fu prefetto agli studi.
Come insegnante di teologia il D. fece l'unico intervento di cui si ha notizia: era consuetudine del generale della Compagnia scegliere tra i professori del Collegio i censori dei testi che richiedevano la sua autorizzazione per la stampa. Appunto in qualità di professore, il D. fu chiamato dal generale Acquaviva a censire con alcuni colleghi l'opuscolo, subito approvato, del p. Leonardo Lessio (Leendert Leys) sulla predestinazione e grazia efficace, materia alla base della controversia de auxfflis, sorta tra domenicani e gesuiti sul finire del secolo.
Nel 1615 il D. pubblicò a Lione un'opera, dedicata al cardinal D. J. Serra, contro l'astrologia: In astrologos coniectores libri quinque; a questa edizione seguì nel medesimo anno quella romana corrette. dallo stesso autore (l'opera fu successivamente riedita a Lione nel 1620, ad Anversa nel 1646, ancora a Lione nel 1650, e a Roma nel 1676).
Nell'opera si considera l'influenza del cielo sul mondo sublunare, in particolare rispetto al concepimento, alla formazione del feto, alla nascita, al parto, per escludere una totale dipendenza dalle stelle. Soprattutto a proposito della procreazione molte altre cause agiscono spesso in maniera più determinante (l'influenza delle stelle non si estenderebbe, comunque, dal corpo alla mente umana che rimane sempre libera): così il feto dipende più dal cibo e da quanto succede alla madre che non dal cielo. In questa luce i vaticini e gli oroscopi degli astrologi diventano ridicoli e frutto di mera presunzione.
L'attacco che il D. rivolge tanto ai presupposti quanto ai metodi su cui era basata l'astrologia si articola secondo due concetti fondamentali. Essa è falsa ed ingiustificata poiché si basa su assurde e indimostrate connessioni e non tiene conto di influenze più plausibili. Non è comunque praticabile perché non si può misurare né verificare attraverso l'esperienza la forza delle stelle; neppure si può calcolare la loro esatta posizione al momento, per esempio, del concepimento. Pertanto le teorie degli astrologi sorio arbitrarie, tanto più che spesso si contraddicono a vicenda, mentre i dissidi confermano la fragilità dei principi.
In quest'opera il D. riprende e rielabora precedenti argomenti contro l'astrologia, rispetto ai quali poco o nulla si aggiunge di nuovo. Inoltre, se la sua critica sembra rispondere ad un bisogno di maggiore correttezza e scientificità (in linea con l'orientamento positivo e moderno della maggior parte dei Collegio Romano), essa non si estende poi alle virtù occulte nelle quali il D. continua a credere. Allo stesso modo è convinto che un bambino svezzato con il latte di capra, da adulto potrebbe saltare come l'animale e mangiare la stessa erba.
Nella prefazione di quest'opera si accenna anche ad un'altra, ancora in preparazione, di argomento teologico-filosofico la cui realizzazione fu, con ogni probabilità, impedita dalla morte.
Il D. morì a Ferrara il 10 sett. 1620.
Fonti e Bibl.: L. Jacobillo, Bibliotheca Umbriae sive de scriptoribus Provinciae Umbriae, Fulginiae 1658, p. 36; L. Thorndike, Ahistory of magic and experimental science, VI,New York 1941, pp.202 ss., 206; R. G. Villoslada, Storia del Collegio Romano, Roma 1954, pp. 219, 323 s., 327, 329, 332; A. Sansi, Storia del comune di Spoleto, Perugia 1972, p. 290; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Yésus, I, p. 387; VIII, p. 1653.