COPPINI, Alessandro
Figlio di Bartolomeo di Marchionne, nacque a Firenze o nei dintorni, verso il 1460. Entrò probabilmente nell'Ordine dei servi di Maria nel 1475, anno nel quale sappiamo che iniziò gli studi ecclesiastici presso il convento fiorentino della SS. Annunziata, come si ricava da un documento del 18 sett. 1478 che lo nomina fra i novizi. Probabilmente., in questo periodo incominciò anche gli studi musicali, alla scuola di uno degli organisti italiani operanti all'Annunziata (forse frate Bernardo di Luca di Firenze o ser Piero di Giovanni d'Arezzo), dedicandosi alla teoria musicale sotto la guida del compositore oltremontano Arnolfo, che pure viveva nel convento in quegli anni. Può anche darsi che il C. studiasse l'organo con Antonio o Francesco Squarcialupi, i più eminenti organisti fiorentini del tempo.
Compiuto il primo addestramento alla Annunziata, il C. fu mandato a perfezionarsi a Bologna, verosimilmente all'università. Le spese per il suo mantenimento in quegli anni (1485-1489 circa) risultano da parecchi libri di conti dell'Annunziata, in uno dei quali si dice: "frate Alessandro di Bartolomeo da Firenze, nostro frate e studente a Bologna". Nella primavera del 1489 ritornò a Firenze e prese servizio all'Annunziata come organista, cantore e insegnante di musica dei novizi, incarichi che mantenne sino a fine d'aprile 1493, quando la cappella del convento fu sciolta. In quel tempo prestavano servizio di cappella molti musicisti di fama intemazionale, fra i quali Heinrich Isaac, Alexander Agricola e Johannes Ghiselin. È dunque più che probabile che il C. completasse gli studi di composizione con uno di essi, poiché le composizioni sacre a noi pervenute dimostrano chiaramente la sua buona conoscenza della tecnica della polifonia nordica.
Mancano notizie dell'attività del C. nel periodo fra il maggio 1493 e il luglio 1497. Non c'è dubbio, tuttavia, che la sospensione dell'attività musicale all'Annunziata, al duomo e al battistero, causata probabilmente dalla severa condanna della musica polifonica da parte del Savonarola, lo costrinse, come molti altri musicisti, a lasciare Firenze per cercare impiego altrove. È probabile che in questi anni effettuasse diversi viaggi: si recò forse a Milano, dove alcune sue composizioni sacre furono comprese poco dopo questo periodo in un volume compilato sotto la sorveglianza di Franchino Gaffurio, e forse ritornò a Bologna per continuare gli studi. Tornato a Firenze, il C. fu assunto il 6 sett. 1497 come organista e cappellano dell'ospedale di S. Maria Nuova, carica che, salvo qualche interruzione, mantenne sino alla fine dell'ottobre 1516, anche se negli ultimi anni fu coadiuvato da frate Ambrogio di Gismondo. Riassunto come organista della SS. Annunziata il 28 nov. 1497, pochi mesi dopo il C. riprese anche le funzioni di cantore e insegnante dei novizi; il 30 nov. 1500 assunse infine la carica di organista in S. Lorenzo. Ma i tre incarichi dovevano essere troppo gravosi per lui e infatti il 12 nov. 1503 fu dimesso da S. Lorenzo, sotto l'accusa di aver trascurato i suoi doveri. Nel frattempo aveva anche continuato gli studi teologici, poiché il 17 nov. 1502 "fu incorporato come maestro" nel Collegio fiorentino dei teologi, come ci informa il Cerracchini. Documenti di S. Maria Nuova, pressappoco di questo periodo, lo citano come "maestro Allesandro di Bartolomeo, maestro in sagra teologia e frate di S. Maria de' Servi et nostro orghanista" (cfr. D'Accone, 1967).
Un altro documento di S. Maria Nuova, del 17 apr. 1505, fa supporre che il C. stesse progettando un altro viaggio fuori da Firenze. Ed infatti, dopo un pagamento "per tutto giugno 1505" da parte dell'Annunziata, non troviamo altra menzione di lui per gli anni successivi negli archivi fiorentini. Come in precedenti occasioni, tuttavia, nessuna notizia ci è pervenuta sugli scopi e i luoghi del suo viaggio (forse fu in questo periodo che si recò a Milano).
Il 1° luglio 1509 il C. firmava un nuovo contratto come insegnante di canto ai novizi dell'Annunziata e qualche mese dopo riappaiono - nei libri di conti di questo convento e di S. Maria Nuova - i versamenti a lui fatti per aver suonato l'organo; negli anni successivi i suoi servizi presso le due istituzioni sono regolarmente documentati (ibid.). In quel periodo compì alcuni viaggi a Roma e Bologna per il convento, essendo divenuto frattanto vicario provinciale dell'Ordine. Il Cerracchini dice che fu fatto diacono del Collegio fiorentino nel 1517 e che "dopo lunga lettura si addottorò per mezzo del suo generale". Breve tempo il C. stette anche a Roma, dove nel 1522 è citato fra i cantori della cappella papale: in seguito rientrò a Firenze, dove morì nell'estate del 1527, vittima della peste.
Tredici sue composizioni profane (una non completa) sono conservate manoscritte a Firenze (Bibl. naz., Banco rari 230 e 337; Magl. XIX, 121; Bibl. del conservatorio, Basevi 2440): si tratta di otto canti carnascialeschi, tre ballate e due canzonette su testi di Giovambattista dell'Ottonaio, Guglielmo detto il Giuggiola e altri poeti fiorentini dell'epoca. Forse alcuni dei canti carnascialeschi furono musicati per commissione di Lorenzo il Magnifico, la cui simpatia per composizioni di tale genere è ben nota. Ma alcune delle composizioni del C. risalgono certamente al primo decennio del secolo XVI, quando, dopo la caduta dei Savonarola e prima della restaurazione dei Medici, le celebrazioni camevalesche furono riprese con rinnovato vigore e la produzione di canti carnascialeschi ebbe in Firenze una seconda fase altrettanto feconda. Essendo uno dei pochi compositori che si trovavano allora in città, il C. certamente sarà stato invitato a contribuire alla ripresa delle feste: ed effettivamente egli può essere considerato il più prolifico autore fiorentino di canti carnascialeschi, come dimostrano le attribuzioni delle fonti.
Le composizioni sono scritte per tre o quattro voci in una delle forme fisse (la musica della prima stanza del testo si ripete per le stanze successive) e sono caratterizzate da una costruzione accordale-omoritmica, solo occasionalmente vivificata da brevi passi imitativi. Benché la parte del soprano predomini, anche le parti più basse sono concepite per voci; ma non c'è dubbio che tali composizioni fossero destinate a essere accompagngte da vari complessi strumentali, specialmente nelle esecuzioni all'aperto. Chiari accenti ritmici dipendono infallibilmente dagli accenti del testo e passi in doppio e triplo metro si alternano spesso per maggior varietà. Come d'uso si incontrano triadi complete e chiare progressioni tonali. L'uso da parte dei C. del colore armonico nell'interpretazione delle più suggestive frasi del testo è specialmente evidente nei passi vivaci della Canzona de' naviganti ("Contrar' i venti, et mar, la terra abbiano") e nei toni scuri della Canzona della morte ("Perch'ogni cosa el suo proprio fin brama").
Della sua produzione sacra ci rimangono solo tre Mottetti a quattro voci e una Messa a cinque voci, manoscritti a Milano (Ven. Fabbrica del duomo, Liber Capelle F. Gafori, librone n. 3) e un Mottetto a sei voci, conservato manoscritto a Kassel (Landesbibliothek, 4aMus. 38). Un testo di mottetto (supplica a s. Sebastiano per la liberazione dalla peste) fa supporre che la composizione fosse commissionata dalla Confraternita fiorentina di S. Sebastiano per un'esecuzione nella SS. Annunziata, dove si tenevano cerimonie speciali con musica il 20 gennaio di ogni anno, festa del santo. Due mottetti traggono i testi dalla liturgia per il Natale e per la Pasqua, mentre l'ultimo ci è pervenuto senza testo. In queste composizioni, frasi costruite a piena imitazione si alternano con sezioni in libero contrappunto; occasionalmente, per dar maggiore rilievo al testo, si inseriscono passi omoritmici. Nel mottetto in onore di s. Sebastiano si fa largo uso di un cantus firmus nel tenore e suoi temi appaiono liberamente parafrasati anche nelle altre voci. Tuttavia la spontaneità e l'originalità del pensiero musicale del C. si rivelano meglio nelle sezioni in cui il libero contrappunto prevale, piuttosto che in quelle che impiegano la stretta imitazione. La Missa Si dedero a cinque voci, che manca del Kyrie nel ms. milanese, deriva dal mottetto a tre voci dello stesso titolo di Alexander Agricola, e può costituire una conferma diretta degli studi compiuti dal C. con questo musicista nei primi anni del decennio 1490-1500. Benché la messa sia essenzialmente del tipo a cantus firmus, il principio della parodia risulta evidente in molte sezioni, il che dimostra la conoscenza da parte del C. di una delle più moderne pratiche del tempo. Effettivamente questa, più di ogni altra composizione, aiuta a rivelare l'importanza storica del C. come precursore di quella generazione di musicisti italiani che seppero unire i dati contrappuntistici nordici con i precetti armonico-tonali della musica italiana stabilendo, in questo modo, i fondamenti del linguaggio musicale del tardo Rinascimento.
Fonti e Bibl.: L. Cerracchini, Fasti teologali ovvero notizie istoriche del collegio de' teologi della "Sacra Università" fiorentina dalla sua fondaz. fino all'anno 1738, Firenze 1738, p. 212; F. X. Haberi, Die römische 'schola cantorum' und die päpstlichen Kapellsänger bis zur Mitte des 16. Jahrhunderts, in Vierteljarsschrift für Musikwissenschaft, III (1887), p. 259; R. Gandoffi, Intorno al codice membranaceo n. 2440..., in Riv. music. ital.. XVIII (1911), pp. 537 ss.; P. M. Masson, Chants de carnaval florentins, Paris 1913, pp. 74 ss.; F. Ghisi, I canti camascialeschi nelle fonti musicali del XV e XVI sec., Firenze 1937, pp. 57 ss.; A. Einstein, The Italian Madrigal, I, Princeton 1949, p. 277; F. D'Accone, A.C. and Bartolomeo degli Organi..., in Analecta musicologica, IV (1967), pp. 38-76; Ars nova e umanesimo 1300-1540, a cura di A. Hughes-G. Abraham, in Storia della musica Feltrinelli, III, Milano 1969, pp. 431 s.; F. D'Accone, in Die Musik in Gesch. und Gegenwart, XV, Suppl., Kassel 1973, coll. 1575 s., e in The New Grove Dict. of music and musicians, IV, London 1980, pp. 725 s.; J. Gallucci Jr., Florent. festival music, Madison 1981, pp. 39 ss., 54 ss., 88 ss., 94 ss.; le opere musicali complete, a cura di F. D'Accone, in Music of the Fiorentine Renaissance, II, Corpus Mensurabilis Musicae 32, Roma 1967, pp. 1-20, 52-117.