CONTINI BONACOSSI, Alessandro
Nacque ad Ancona il 18 marzo 1878 da Camillo Contini e dalla contessa Elena Bermudez Bonacossi. Appena diciannovenne, orfano di padre, si trasferì a Milano, dove incontrò Erminia Vittoria Galli. Trasferitisi ambedue a Barcellona, si sposarono; dal matrimonio nacquero i figli Augusto Alessandro (1899) e Elena Vittoria (1901).
Il C. lavorò nel ramo commerciale e legale della Chemical Works Co. Limited di Chicago, e dal 1904 ne diresse, insieme con Arrigo Petruzzi, la succursale di Madrid. Iniziò, anche, in Spagna la sua attività di collezionista, nel campo filatelico, interessandosi in particolare ai francobolli delle colonie spagnole di cui riuscì a comprare tutte le serie in circolazione, determinandone così il prezzo di vendita. Alternò soggiorni in Italia e in Spagna anche lungo tutto il periodo della prima guerra mondiale, per trasferirsi definitivamente a Roma nel 1918.
L'interesse per i francobolli continuò dopo il suo ritorno in Italia, per cedere poi all'attività di collezionista e mercante di dipinti e sculture, soprattutto di antica scuola italiana. In tale attività il C. trovò ben presto un consigliere ed esperto nel giovane R. Longhi, conosciuto nel 1918 a Gaeta, sotto le armi, dal figlio Augusto Alessandro. Da questo contatto occasionale nacque una collaborazione durata fino alla fine della seconda guerra mondiale. Lo svolgersi dell'intreccio tra collezionismo e commercio, sia filatelico sia d'arte, è legato anche alla figura di un importante cliente del C., lo spedizioniere di origine argentina Achillito Chiesa. Collezionista di francobolli, sotto la suggestione del C., fin dal 1920 il Chiesa divenne un instancabile acquirente di quadri, istituendo in pochi anni a Milano un'enorme raccolta di dipinti antichi, italiani e stranieri, in gran parte forniti dal Contini. La collezione, in seguito ad un crollo finanziario, fu poi, tra il 1925 e il 1927, a più riprese, venduta in aste tenute a Milano ed a New York. Molti dei pezzi migliori vennero allora riacquistati dal C., e costituirono il primo nucleo della sua collezione personale.
Nello stesso giro d'anni, durante ripetuti viaggi negli Stati Uniti, il C. ebbe occasione di incontrare vari collezionisti americani, con alcuni dei quali concluse affari. Tra questi vanno ricordati Felix Warburg, Simon Guggenheim e il banchiere Jules S. Bache. Fu il rapporto con quest'ultimo a provocare una violenta campagna contro il C. da parte dei mercante anglo-americano Joseph Duveen, che convinse il Bache a disfarsi delle opere acquistate dal Contini.Fondamentale fu tuttavia l'incontro dei C. con Samuel Henry Kress, un ricchissimo uomo d'affari americano, proprietario di una catena di negozi negli U.S.A. Le prime vendite al Kress avvennero a Roma nel 1927. per continuare ininterrottamente fino al 1941, durante i viaggi annuali che il Kress compiva in Italia, insieme con la sua compagna Delora Kilvert. Dovevano poi riprendere nel secondo dopoguerra attraverso varie vendite effettuate dal C. alla Fondazione Kress, tra cui vanno ricordate quelle del 1948 e del 1950.
I quadri e le sculture vendute dal C. al Kress ammontavano a molte centinaia. Essi venivano generalmente acquistati dal C. sul mercato straniero (Londra, New York, ecc.) e su quello italiano. Questa ingente collezione, confluita nel patrimonio della Fondazione Kress, venne poi in gran parte donata alla National Gallery of Art di Washington e a numerosi musei sparsi negli Stati Uniti (Tulsa, Oklahoma; Denver, Colorado; Honolulu, Hawaii; Raleigh, Carolina del Nord; New Orleans; Ponce, Portorico, ecc.); oltre che a varie chiese, istituti e università.
Nel frattempo il C. era entrato in relazione con l'avvocato R. Gualino, industriale e collezionista torinese, al quale vendette un certo numero di dipinti, fino a una brusca interruzione di rapportii a causa di dissapori intervenuti tra il C. e il Longhi da un lato e il critico e consigliere di Gualino, Lionello Venturi, dallo altro. Al C. si deve anche la formazione di un importante nucleo della raccolta di arte di Vittorio Cini a Venezia.
Da parte sua il C. aveva effettuato vari doni a musei italiani: l'arredo completo di sette sale di Castel Sant'Angelo a Roma, due tavole di Vitale al Museo civico di Bologna, il modello in terracotta del monumento a Luigi XIV del Bernini alla Galleria Borghese di Roma, la scultura della Pietà di A. Selva per la cattedrale di Tripoli, parte degli arredi dell'Istituto nazionale di studi per il Rinascimento di palazzo Strozzi a Firenze, con numerosi dipinti tra cui la pala d'altare di Cosimo Rosselli e l'Amore e Psiche di Andrea Schiavone. Finanziò anche il restauro degli affreschi di Filippo Lippi a Prato.
Nei doni a Castel Sant'Angelo e a palazzo Strozzi il gusto del C., nel tentativo di ricostruire esempi di decorazione rinascimentale, rifletteva un atteggiamento che avevano espresso in precedenza lo studio dello Schiapparelli sulla casa fiorentina e i suoi arredi nei secc. XIV e XV (Firenze 1908) e interventi come quello dell'antiquario Elia Volpi per il ripristino di palazzo Davanzatì a Firenze nel 1911. Il massimo risultato di tale gusto fu la sistemazione della raccolta personale nella sua casa di Firenze in via Valfonda, già villa Strozzi, da lui ribattezzata villa Vittoria.
Il C. vi si era trasferito da Roma nel 1931, dopo che una mostra di pittura spagnola, da lui allestita (egli fu patrocinatore e finanziatore di molte grandi mostre di pittura antica) nel 1930, alla Galleria di arte moderna di Roma, era stata violentemente criticata da più parti (cfr. A. Porcella, Revisioni alla mostra di pittura spagnola, Città del Vaticano 1930).
Sistemò la sua collezione al pianterreno e al primo piano di villa Vittoria: includeva sommi capolavori della pittura italiana, fra cui la Madonna delle Nevi, eseguita dal Sassetta per il duomo di Siena, una pala del Bramantino, già della raccolta Trivulzio di Milano, un trittico di Ugolino da Siena, oltre a numerosissimi dipinti dal Duecento al Settecento (Agnolo Gaddi, Carlo Crivelli, Giuseppe Maria Crespi, Giovanni Paolo Panini, ecc.); ai dipinti si accompagnavano pochi sceltissimi pezzi di scultura (tra cui il S. Lorenzo dei Bernini) e rari pezzì di mobilio rinascimentale, di maiolica, di vetri e di arazzi.
L'insieme costituiva uno degli esempi più cospicui della tendenza museografica esemplificata da Wilhelm Bode in talune parti dei Kaiser Friedrich Museurn di Berlino, frutto di quelle non comuni doti di conoscitore e di quello straordinario senso della qualità artistica che caratterizzava la sensibilità culturale del C., pure privo di qualsivoglia preparazione accademica.
Nel 1965 la collezione, che comprendeva 1.040 pezzi, fu trasferita dagli credi del C. nel palazzo Capponi di Firenze, mentre la vecchia sede fu alienata per divenire il palazzo dei Congressi. Secondo il suggerimento del C. e di sua moglie Vittoria agli eredi, la raccolta avrebbe dovuto essere donatg nella sua integrità o comunque lasciata intatta. Tale progetto fu in un primo tempo portato avanti dallo stesso C., che pensava di lasciare la collezione alla Città del Vaticano. Una serie di vicende ed ostacoli burocratici portò allo smembramento della collezione con la donazione allo Stato italiano di 144 pezzi, esposti in palazzo pitti nell'edificio della Meridiana, per essere poi trasferiti agli Uffizi.
La scelta venne effettuata da una commissione governativa composta di critici e studiosi (R. Longhi, B. Molajoli, N. Fiocco, N. Castelfranco, M. Salmi, F. Rossi, G. Pozzi, U. Pi:ocacci, P. Bargellini) ed ha portato ìn proprietà dello Stato opere di altissimo livello; c'è tuttavia da rilevare che in quell'occasione si tolse il vincolo ad opere di altissimo pregio, che vennero successivamente vendute all'estero, come una Natura morta e la Nascita della Vergirte dello Zurbarán, il Flautista e il Pastore innamorato del Savoldo, l'Adorazione dei Magi del Murillo, la Crocefissione di Giovanni Bellini, il Ritratto di Sigismondo Malatesta di Piero della Francesca, il disegno di Raffaello per la libreria Piccolomini di Siena e l'Adorazione dei Magi di Defendente Ferrari e numerosissimi altri oggetti e quadri, finiti a musei americani ed europei.
Al secondo piano di villa Vittoria il C. aveva la sua abitazione, il cui arredo includeva mobili disegnati in parte da G. Ponti e quadri di Rosai, Conti, De Pisis, Sironi, Tosi, Carrà, Martini, Marini, Morandi, Michelucci. Aveva anche formato una notevole fototeca.
E C. fu sempre aperto e generoso nei rapporti coi giovani artisti contemporanei, critici e studiosi d'arte. Il rapporto con R. Longhi s'ìnterruppe intorno al 1950, quando divenne preminente quello con Bernard Berenson, che fino ad allora si era mantenuto in termini formali, e che si rivelò determinante nelle vendite a cavallo degli anni Cinquanta, alla Fondazione Kress per i quadri destinati alla National Gallery di Washington.
Lo stesso Berenson era stato di grande aiuto al C., nell'immediato dopoguerra, testimoniando e intervenendo a suo favore presso la Commissione d'epurazione, che inquisiva il C. per i suoi rapporti con i Tedeschi, nel traffico d'opere d'arte, soprattutto con Hermann Goering e con il suo agente in Italia Hans Posse. Parte delle opere intermediate dal C. sotto la pressione delle autorità tedesche furono recuperate in Germania dall'Ufficio recupero opere d'arte del ministero degli Affari Esteri, mentre altre, cedute dalle autorità militari alleate al governo iugoslavo, si trovano oggi al Museo di Belgrado.
Nel 1928 il C. aveva ottenuto il riconoscimento del titolo dì conte per discendenza materna e nel 1930 l'aggiunta del cognome Bonacossi. Nel 1939 venne nominato senatore del Regno. Mortagli nel 1949 la moglie Vittoria, si risposò con Atala Pampaloni.
Il C. morì a Firenze il 22 ott. 1955.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio eredi Contini Bonacossi; Ibid., Bibl. Berenson, Villa "I Tatti", Corrisp. Contini Bonachisi-Berenson;Ibid., Arch. della Fondaz. Longhi. Per un'impostazione del problema della formazione delle raccolte d'arte e del loro ruolo, vedi K. Poniam, Collezione, in Enciclopedia [Einaudi], III, Torino 1978, pp. 360-364. Parziali indicazioni biografiche si ricavano, dal momento che fino ad ora la sua formazione come collezionista ed antiquario non è stata oggetto di studio, Per lo più da articoli usciti in genere in occasioni di atti di pubblica rilevanza. Sono stati tuttavia esclusi i riferimenti di cronaca generici. Si veda in particolare: La Provincia di Ferrara, 28 giugno 1904;A. Venturi, L'appartamento di Paolo III a Castel Sant'Angelo e la donazione dei conti Contini, in L'Arte, maggio-giugno 1928, pp. 109-112;Id., in Giornale d'Italia, 11 maggio 1928; D. Tolosani, La donazione, in L'Antiquario, maggio-giugno 1928, pp. 123-125; A. Piccioli, Un altro atto di mecenatismo dei conti Contini, la Pietà di Attilio Selva, ibid., marzo 1929, pp. 65-68;R. Longhi-A. L. Mayer, Gli antichi pittori spagnoli della collez. Contini Bonacossi esposti a Roma nella Galleria nazionale di arte moderna a Valle Giulia, Milano-Roma 1930;L. Bellini, Nel mondo degli antiquari, Firenze 1947, p. 304; G. Batini, L'antiquario, Firenze 1961, pp. 40, 189, 201;G. Pampaloni-M. Salmi, Pal. Strozzi, Roma 1963, pp. 21-23; Una famosa villa fiorentina destinata a Palazzo dei congressi, in L'Italia, 16 nov. 1963; N. Mariano, An inventory of corresp. on the centenary of the birth of Bernard Berenson 1865-1859, Villa I Tatti, Cambridge, Mass., 1965, p. 22;M. Salmi, La donazione Contini Bonacossi, in Boll. d'arte, III (1967), pp. 222-232; La donaz. Contini Bonacossi, in Gazz. antiquaria, VII (1969), pp. 14 s.; P. F. Listri, Giocava a poker con i Goya, in L'Espresso, 3 ag. 1969; N. Mariano, Quarant'anni con Berenson, Firenze 1969, p. 325; J. Nova Philips, Un don aux Offices, in Connaiss. des arts, dicembre 1969, pp. 88-97;Id., Chefs d'æuvre pour Florence, ibid., maggio 1970, pp. 118-125;P. F. Listri, Da oggi alla Meridiana la coll. Bonacossi, in La Nazione, 16 giugno 1970; Sequestered treasure, in Time, 14 sett. 1970;L. Berti-L. Bellosi, Inaugur. della donaz. Contini Bonacossi, Firenze 1974; M. Lazzerini, Dietro la "grande donazione", in L'Unità, 27 febbr. 1974;F. Dentice, Coll. donata mezzo salvata, in Bolaffi Arte, V (1974), 37, pp. 1621; A. M. Papi, Gruppo di fam. dall'interno, in Il Giornale nuovo, 30 ag. 1975, p. 18; Gli Uffizi. Catalogo generale, Firenze 1979, passim;F. Zeri, Come? Francobolli nell'arte?, in L'Europeo, 24 nov. 1980;M. Mimita Lambert, Riccardo Gualino: una collez. e molti progetti, in Ricerche di storia dell'arte, n. 12, 1980, p. 8; F. Haskell, La dispersione e la conservazione del Patrimonio artistico, in Storia dell'arte italiana, X, Torino 1981, p. 33.