CASOLANI, Alessandro
Figlio di Agostino di Cipriano di Mariano, nacque nel 1552, forse a Casole d'Elsa o forse a Siena da famiglia originaria di quel paese: "di ragguardevole parentado, benché in istato di mediocre fortuna" (Baldinucci, p. 84). Stando agli antichi scrittori di cose senesi (Mancini, Ugurgieri, Della Valle), le prime esperienze artistiche del C. dovettero aver luogo nel territorio di Casole ove egli, essendo a contatto con la persona e con le opere di Cristofano Roncalli detto il Pomarancio, fu da questo stimolato all'esercizio della pittura si che si recò a Siena: qui fu aiuto del Roncalli in una tavola da questo eseguita per il duomo (Madonna col Bambino e due santi, ora nel Museo dell'Opera del duomo) e in due altri dipinti per la chiesa di S. Maria degli Angeli. Lo stesso Ugurgieri accenna tuttavia (pp. 375 s.) ad un alunnato del C. presso Arcangelo Salimbeni "il quale all'hora nella patria teneva il primo nome": ipotesi ripresa recentemente dal Salmi e dal Carli.
Considerando che sia il C. sia il Roncalli erano nati nello stesso anno 1552, è difficile pensare ad un vero e proprio rapporto da maestro a discepolo; ma è probabile che dal Roncalli il C. "abbia ricevuto gli incitamenti decisivi" (Voss) instaurando un rapporto che se non di collaborazione, dovette essere comunque di stretta contiguità anche cronologica e operativa come ad esempio in S. Caterina a Siena e nella certosa di Pavia. Del resto già il Milanesi (1873) aveva intuito che il C., "udito che ebbe Arcangelo Salimbeni, si perfezionò sotto il Roncalli".
A Siena fu accolto nella casa del balì Agostini, frequentata anche dallo scultore Prospero Antichi detto Prospero Bresciano che eseguiva un Crocifisso bronzeo per l'altar maggiore dell'oratorio della SS. Trinità: il C. fondeggiò questo Crocifisso (nel 1575, stando al Romagnoli, ms., VIII, c. 43) con una tela raffigurante S. Giovanni evangelista e le Marie piangenti. Dopo la prima attività a Siena, sempre negli anni giovanili, il C. si recò a Roma ove "attese a disegnare l'Opere più memorande di Pittura, o di Scultura, che vi fossero, de' quali disegni è ancora un pieno libro appresso Hillario Casolani suo figlio" (Ugurgieri, p. 376). Di ritorno a Siena, ricevette dalla Compagnia di S. Caterina in Fontebranda l'incarico di fornire per quell'oratorio, detto oratorio della Cucina, ove già aveva lavorato (1578-79) Arcangelo Salimbeni, una tela raffigurante S. Caterina convince il popolo di Roma a darsi a Urbano VI:i pagamentiper questo lavoro vanno dal 9 nov. 1582 al 4 maggio 1585 (Kirwin, 1972, p. 219). Contemporaneamente (1582-83) il Roncalli, stando a Roma, eseguiva due tele per lo stesso oratorio (ibid.). Nel 1583 il C. eseguì, su incarico di monsignor Francesco Piccolomini vescovo di Pienza, una Crocifissione per la chiesa di S. Francesco a Siena (Romagnoli, ms., C. 45): tela che, assai rovinata nell'incendio che devastò l'edificio nel 1655, fu poi ritoccata da G. Nasini ed è ora dispersa. Il 15 genn. 1584 il C. si impegno cm la terziaria domenicana suor Onesta Longhi a dipingere una tela raffigurante la Natività della Vergine per la cappella delle Volte in S. Domenico dietro un compenso di 70 scudi; il contratto (pubblicato in Borghesi-Banchi, pp. 602604) prevedeva, oltre a minuziose modalità di pagamento, l'esecuzione di una predella, ora dispersa, con la Crocifissione, lo Sposalizio di s. Caterina da Siena, S. Elisabetta vedova, S. Barbara e S. Orsola, nonché la decorazione a fresco del muro intorno al quadro. L'opera doveva essere consegnata entro il 25 marzo 1585, e l'ultimo pagamento reca la data del 9 maggio di quell'anno.
Nel 1587 (Mengozzi, 1905, p. 499) i deputati di Balia del Comune senese allogarono al C. il rifacimento dell'affresco, detto la Madonna del Prato, all'interno dell'antiporta di Camollia.
È questa l'Assunzione che, ritenuta di Simone Martini e ridipinta nel 1414 da Benedetto di Bindo, era oggetto di particolare devozione e si trovava, per essere esposta all'aperto, in cattivo stato. Il C., per un compenso di ISo ducati d'oro il cui saldo verrà poi pagato solo nel 1614 alla moglie dopo la morte dell'arfista (Mengozzi, 1905, p. 500), rifece tutta la pittura salvo il volto di Maria; ma l'affresco, essendosi in seguito nuovamente guastato, fu nel 1686 ridipinto in buona parte da Giuseppe Nasini.
Nel 1588 il C. è ricordato per una vendita del valore di 100 fiorini a un certo Cosimo di Benvenuto (Romagnoli, ms., c. So), e l'anno seguente per aver realizzato, a celebrazione dell'ingresso in Siena dell'arcivescovo Ascanio Piccolomini, un arco trionfale, in tela dipinta presso la porta dei palazzo arcivescovile (ibid., C. 56). A questo periodo dovrebbe risalire l'esecuzione della decorazione a fresco attorno all'orologio della torre del Mangia: la pittura raffigurava il Giorno e la Notte, la Giustizia e la Prudenza, e dovette subito raccogliere un vasto plauso perché valse all'artista il soprannome di "Alessandro della Torre", appellativo che troviamo indicato già nel Mancini (p. 208). Purtroppo la pittura si rovinò molto presto, e nonostante le successive ridipinture è del tutto scomparsa. Un bozzetto - forse del C. - per questo lavoro è ora nella Pinacoteca nazionale di Siena. Ma a Siena il C. si sentiva forse momentaneamente distolto dalla pratica dell'arte e, "temendo che gli amici gli togliessero la quiete e il raccoglimento" (Baldinucci, p. 89), si ritiro a Radicondoli dove aveva dei possedimenti e dove dipinse per la collegiata di SS. Simone e Giuda una Natività (1590: Romagnoli, ms., c. 64). Questa assenza dovette durare ben poco perché l'anno seguente il C. era di nuovo a Siena ove fu ammesso a far parte della Compagnia dei disciplinati sotto le volte dello Spedale.
In questa associazione lo ritroviamo (1594) eletto uno dei tre governatori, nominato (1596) sagrestano e infermiere e (1597) addetto a raccogliere le elemosine per il restauro dell'oratorio, promotore (14 nov. 1598) della accettazione di un Alessandro da Como, nuovamente governatore e operaio per il mantenimento del lume al SS. Sacramento (1601), e infine (1602) infermiere. Per l'oratorio della Compagnia eseguì nel 1597 una tela con la Madonna col Bambino e quattro santi, dietro un compenso di go lire (ibid., C. 75).
Avendo eseguito una Ultima Cena (perduta) nel refettorio della certosa di Maggiano presso Siena, fu dai certosini chiamato a Pavia (Ugurgieri, p. 378; per il Mancini, p. 209, l'invito si deve al cardi. nal Federigo Borromeo).
In quella città andò nel 1599 e dipinse, oltre che nel collegio Ghislieri, nella chiesa di S. Tommaso dei domenicani, nella Certosa per la quale già al Roncalli, l'anno avanti, erano state commissionate due tele per la sagrestia nuova. Qui il C. intraprese la decorazione a fresco degli otto spicchi nella cupola interna della chiesa raffigurandovi il Padre Eterno con l'agnello e i re dell'Apocalisse. Dell'opera, che fu terminata nel 1600 dal compagno senese Pietro Sorri, dovrebbero spettare al C. lo spicchio centrale verso il coro, appunto quello con il Padre Eterno, e i due contigui (opinione tradizionale confermata dal Pesenti, 1968); purtroppo il "rinnovamento" cui le pitture furono sottoposte ad opera di Agostino Camerio (1826-27) rende oggi malagevole una distinzione tra le due mani. Sempre nella Certosa il C. è comunemente indicato come l'iniziatore degli affreschi nella volta della sagrestia nuova, impresa pure condotta a termine dal Sorri. Giustamente però il Pesenti, pur non escludendo una collaborazione tra i due artisti, ritiene che il lavoro sia da assegnare prevalentemente al Sorri che del resto firmò da solo l'opera, nell'ottagono sopra l'altare, apponendovi la data 1600.
Nel 1600, il C. era ritornato a Siena ove, il 23 marzo, gli venne pagato un quadro con S. Bernardino eseguito per il palazzo pubblico (Romagnoli, ms., C. 79: ora perduto). Non mancano le notizie sugli ultimi anni di vita dell'artista.
Il 24 ott. 1601, nella chiesa di S. Giovanni, insieme col pittore Antonio Gregori fu testimone al matrimonio del pittore Achille di Baldassarre; nel 1603 fu ammesso all'Accademia degli Intronati col nome di Dimesso; al 1604 è comunemente riferito il Martirio di s. Bartolomeo nella chiesa del Carmine già dai contemporanei ritenuto il suo capolavoro; nello stesso anno concorse con Giovan Paolo Pisani e Ventura Salimbeni per la pittura dell'altar maggiore dell'oratorio di S. Gherardo, concorso che il C. vinse sì da realizzare, nel 1606, il Transito di S. Gherardo. Nel 1605 il suo nome è ancora legato alla Compagnia dei disciplinati come coltore delle elemosine, e come governatore nel 1606.
Non mancarono al C., in vita, i riconoscimenti e le lodi. Dinanzi ad una Resurrezione da lui dipinta per la chiesa di S. Francesco Guido Reni "proruppe dicendo: Costui è veramente Pittore" (Ugurgieri, p. 378) e il Cavalier d'Arpino "disse essere il Casolani un grand'Alessandro" (Romagnoli, ms., c. 93); il S. Bartolomeo del Carmine fu visto dal Roncalli il quale esclamò "che l'Arte in quei tempi era riposta in Alessandro", e dal cardinal Federigo Borromeo "che domandò dell'Autore, lo volle visitare, e lo celebrò per huomo della sua età senza pari" (Ugurgieri, p. 378). Tuttavia gli scrittori insistono sulla sua modestia e sul suo carattere schivo, a cominciare dal Mancini che certamente lo conobbe di persona: "Fu huomo da bene, di costumi piacevoli, che dava troppo nel modesto e nel sommesso..., onde non avanzò quello che al merito suo conveniva" (p. 209). L'Ugurgieri lo loda per non avere mai dipinto "Pitture lascive, né Historie profane" e, definendolo "lontano da ogni superbia", quasi con stupore pone in rilievo che "chiamato istantemente a Roma nel pontilicato di Clemente VIII, ricusò gli inviti, ed i lavori offertigli in S. Pietro di Roma" (p. 379). Del resto anche il nome dì Dimesso, che il C. scelse nell'entrare fra gli Intronati, sembra attestare una intenzionale umiltà di indole.
Numerose sono le opere, oltre a quelle ricordate sopra, che gli vengono riferite, soprattutto in Siena. Tra queste sono la lodatissima Adorazione dei Pastori nel duomo (secondo il Micheli, 1861, p. 10, allogata il 26 genn. 1594) che tanto piacque al granduca Ferdinando I del Medici "da fargli fare una Assunta per la cappella del suo palazzo in Siena" (Ugurgieri, p. 378); un'altra Adorazione dei pastori nella chiesa dei servi; cinque formelle affrescate nell'oratorio della SS. Trinità; una Consegna delle chiavi a s. Pietro nella chiesa delle Sperandie; una Natività nella chiesa di S. Raimondo al Refugio (per la quale il C. ricevette un acconto il 24 genn. 1600 ma che lasciò incompiuta e fu terminata da Francesco Vanni nel 1607: Romagnoli, ms., C. 92); una Immacolata Concezione nel convento dei cappuccini; una Deposizione nella collegiata di S. Maria in Provenzano; due lunette con Storie di s. Antonio abate nell'oratorio della Misericordia; una Erodiade e una Deposizione in S. Quirico (quest'ultima del 1589: ibid., C. 55); una Madonna col Bambino e due santi e un Compianto su Cristo morto nella Pinacoteca nazionale, dove sono anche una Resurrezione di Lazzaro (terminata da Vincenzo e Francesco Rustici) e una Annunciazione (terminata dal figlio Ilario). Al C. viene poi tradizionalmente attribuita l'ideazione degli ornamenti della porta Camollia, rinnovata ed abbellita nel 1604. eseguiti in pietra da Domenico di Filippo Cafaggi. Una coll. privata di Siena ha da poco acquistato un Sansone e Dalila firmato ma non datato.
Tra i non pochi dipinti fuori di Siena il più interessante è senz'altro la Lisabetta del Museo di Copenaghen, per molto tempo attribuita al Veronese. Al C. si sogliono riferire molti disegni, ancora in gran parte da individuare e da studiare. Oltre ad alcuni in varie raccolte (Kupferstichkab. di Berlino, Metrop. Muscum di New York, Uffizi, Pinac. di Siena), i più numerosi si trovano nella Bibl. comunale degli Intronati di Siena. Varie composizioni del C. fufono poi incise da Andrea Andreani: tra queste la più nota è quella derivante dalla Deposizione di S. Quirico a Siena (1593: Voss, pp. 543 s.).
Il C. morì a Siena il 20 genn. 1606 (Ugurgieri, Baldinucci). Questa data è posticipata al 29 genn. 1607 dal ms. del Romagnoli, mentre il Milanesi (note mss. al Romagnoli, 1840, p. 116) prima indica il 20 genn. 1607, Poi il 23 marzo 1606. Al momento della morte il pittore abitava nella parrocchia di S. Giovanni (Romagnoli, ms.) o di S. Giovannino in Pantaneto (Milanesi, ms.). Fu sepolto in duomo (Romagnoli, ms.; Venturi).
Moglie del C. fu Aurelia, figlia del pittore Lorenzo Rustici, che.sposò Nrtista nel 1585 portandogli 450 fiorini di dote (Romagnoli, ms.: la data è anticipata al 1581 dal Nomi Pesciolini, 1917). Dal matrimonio nacquero diversi figli di cui due, Ilario e Cristoforo o Cristofano, furono pittori (sovente si è verificata una certa confusione tra le opere del padre e quelle dei figli). Degli altri si hanno notizie nel manoscritto del Romagnoli: Ignazio, prete, il 6 genn. 1602 fu ammesso nella Compagnia dei disciplinati, nel 1603 e nel 1604 è ricordato come testimone a mairimoni, nel 1607 ricevette un legato da monsignor Francesco Maria Piccolomini e morì il 2 ag. 1608; fu "grande amatore di belle lettere, e di studi filosofici, bravo compositore di musica, eccellente suonatore di organo, e di altri strumenti" (c. 90). Antonio è documentato nel 1612 e nel 1635 (c. 91); Giovanni morì il 14 nov. 1630 (ibid.); un altro figlio, di cui non si conosce il nome, era morto il 28 agosto 1605 (c. 86). Delle figlie, Costantina è ricordata nel 1634 (c. 91), una altra entrò nel monastero del Santuccio col nome di suor Guglielma (ibid.) e una terza, Virginia, fu cresimata nel 1598 e tolta dal monastero del Refugio nel 1606 (cc. 77, 91 s.).
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