CASALI, Alessandro
Figlio del senatore Andrea e di Verde Paltroni, nacque a Bologna nel settembre del 1533. Avviatosi agli studi giuridici, nel 1558 si laureò in utroque iure presso lo Studio bolognese e successivamente, presi nel frattempo gli ordini sacri, entrò al servizio dell'anziano cardinale Rodolfo Pio di Carpi divenendone il segretario personale ed il principale collaboratore. Il C., anche per la sua specifica formazione professionale, partecipò attivamente all'attività della Congregazione del S. Uffizio e nel 1567 fu inviato a Faenza come coadiutore dell'inquisitore generale per la Romagna, Angelo Gazzini da Lugo.
Sempre per conto del cardinale Pio il C. fu incaricato di mantenere i contatti con la Spagna, divenendo il confidente dell'ambasciatore spagnolo a Roma don Luis de Requesens. La stima che aveva saputo guadagnarsi e le amicizie influenti con ragguardevoli personaggi dell'ambiente curiale gli valsero, dopo la morte del cardinal Pio, una solida carriera. In particolare il cardinale Antonio Ghislieri che, nella sua qualità di membro della Congregazione del S. Uffizio, aveva potuto valutare le doti del C., non appena eletto papa (Pio V) lo volle accanto quale maestro di camera, e grazie alla familiarità del C. con l'ambasciatore spagnolo a Roma, se ne servì soprattutto per appianare taluni contrasti fra la S. Sede e la corte di Madrid. La prima missione del giovane maestro di camera in Spagna fu svolta nell'ottobre-novembre del 1566: ufficialmente il C. era stato inviato a Madrid a compiere un atto di pura cortesia, dovendo presentare a Filippo II e alla moglie di questo, Elisabetta di Valois, le congratulazioni del pontefice per il parto della regina.
La nota informativa sul C. inviata a Filippo II dal Requesens lo indicava come persona di tutta fiducia e amica della Spagna, avvertendo contemporaneamente che Pio V lo aveva consultato prima della partenza sulla vicenda dell'arcivescovo di Toledo. A Madrid si diffuse pertanto la convinzione che il C. avesse ricevuto, oltre all'incarico ufficiale di pura cortesia, il compito di sondare nuovamente la disponibilità di Filippo II ad appianare le gravi divergenze con Roma, aggravatesi dopo la missione del vescovo di Fiesole Pietro Camaiani, il cui infelice esito aveva irrigidito le parti nelle rispettive posizioni.
Giunto a Madrid, il C. fu ricevuto con estrema cortesia dal sovrano, rassicurato dalla nota informativa ricevuta dal Requesens, ed entrò in contatto con tutti i principali esponenti della corte spagnola assicurandosene la piena fiducia, come testimonia una lettera di don Giovanni d'Austria al pontefice (Serrano, I, pp. 379 s.). Sollecitato dallo stesso Filippo II e dai ministri della corte, poté pertanto impostare su un piano meno ufficiale e di pura consultazione nuove trattative per una risoluzione delle gravi divergenze fra Madrid e Roma, che fosse onorevole per entrambe le parti.
In effetti l'annosa questione del processo dell'arcivescovo di Toledo Bartolomeo Carranza, che aveva determinato un insanabile conflitto di competenze fra l'Inquisizione spagnola e quella romana, ebbe un esito positivo poco dopo la missione del C. a Madrid (nell'aprile del 1567 il Carranza fu inviato a Roma) e da parte di tutti fu riconosciuta come determinante la mediazione del maestro di camera che aveva avuto soprattutto il merito di appianare le reciproche incomprensioni.
La seconda missione in Spagna fu affidata al C. quale nunzio straordinario nel 1572, ed ebbe come oggetto principale la trattativa per ottenere da Filippo II il riconoscimento del titolo granducale concesso dal papa a Cosimo I nel 1569.
Il gesto di Pio V aveva suscitato le più vive rimostranze da parte dell'imperatore Massimiliano II e di Filippo II che negavano al pontefice la giurisdizione temporale sui domini di Cosimo che, al contrario, doveva ritenersi vassallo dell'imperatore per quanto concerneva il dominio fiorentino e vassallo del re di Spagna per la signoria di Siena. Irrimediabile per il momento il contrasto con Massimiliano II, anche per la rigida posizione assunta dai principi protestanti riuniti nella Dieta di Spira (1570) che, per tutelare la sovranità dell'Impero, premevano per una spedizione militare contro il papa. Pio V pensò pertanto di rivolgere gli sforzi verso Madrid al fine di ottenere un riconoscimento di Filippo II, da far poi valere come precedente nei confronti di Massimiliano II. Tuttavia il sovrano spagnolo condivideva l'opinione del cugino imperatore, giudicando la concessione del titolo granducale a Cosimo I una pericolosa ingerenza di Pio V nella potestà temporale e un grave pregiudizio alle sue facoltà, quale signore feudale di Siena.
Già tre nunziature straordinarie ed una legazione, quella del cardinal Michele Bonelli (giugno-novembre 1571), erano state investite, fra l'altro, del problema, senza tuttavia ottenere alcun risultato apprezzabile. Nel dicembre del 1571 il cardinal Francesco Pacheco, legato da vincoli di parentela alla casa medicea, proponeva a Pio V di inviare in Spagna, per un nuovo tentativo di mediazione, il C., e per persuadere il pontefice "le procuran dar a entender que está V. M. en este negocio mas blando de lo que ha estado por el pasado" (Serrano, IV, p. 580). Il C. stesso, che teneva al corrente l'ambasciatore spagnolo a Roma, don Juan de Zúñiga, delle manovre del Pacheco, tentò di differire, sia pure inutilmente, la missione; nel marzo del 1572 dovette però partire per Madrid.
Il motivo occasionale era rappresentato dalla nascita del principe don Ferdinando, figlio di Filippo II, e il C. fu inviato a Madrid col pretesto di portare le felicitazioni del pontefice ai sovrani spagnoli e di offrire alla regina la Rosa d'oro, ma l'Instruttione consegnatagli il giorno della partenza da Roma recava precise indicazioni che chiarivano gli scopi prettamente politici della missione. Innanzitutto egli doveva tentare di ottenere da Filippo II il riconoscimento del titolo granducale concesso dal pontefice per la dedizione che Cosimo aveva sempre mostrato verso la S. Sede, garantendo che il nuovo titolo non avrebbe recato pregiudizio ad alcuno e assicurando infine la totale disponibilità del granduca alle operazioni belliche contro il Turco. Il C. doveva inoltre dissipare gli equivoci insorti fra don Giovanni d'Austria, comandante generale dell'armata cattolica, e Marc'Antonio Colonna, capitano della flotta pontificia, al fine di mantenere inalterata l'alleanza contro il Turco. Infine aveva il compito di sollecitare un intervento del sovrano spagnolo nelle controversie giurisdizionali nuovamente insorte fra il governatore di Milano e l'arcivescovo Carlo Borromeo "advirtiendo à S. M. que este modo de proceder abria tácitamente la puerta á las herejias" (Hinojosa, p. 206).
Giunto a Madrid all'inizio del giugno del 1572 il C., che era stato preceduto dalla notizia della morte di Pio V, ritenne di dover differire l'inizio delle trattative, in attesa di una riconferma dei suoi poteri da parte di Gregorio XIII che non tardò a giungere, pur limitando alla sola questione del titolo granducale lo scopo della sua missione e riservando la restante materia ad una legazione guidata dal vescovo di Padova Niccolò Ormaneto. Il C. ebbe contatti frequenti con il cardinale Diego Espinosa al quale manifestò l'irritazione della S. Sede per l'atteggiamento assunto dalla corte spagnola nella vicenda, accusando soprattutto i ministri di Filippo II di non volere ratificare un accordo per condizionare ulteriormente le scelte del pontefice e di Cosimo I.
Egli contestava inoltre l'opinione sostenuta dai giuristi imperiali, e fatta propria dalla corte spagnola, che "non licere Romanis Pontificibus in locis sibi non subiectis quidquam disponere", sostenendo che il papa possedeva ab antiquo la facoltà di concedere titoli sovrani. Infine il C. lasciando intendere che nel caso di un'ulteriore dilazione dell'accordo "los Pontifices se verán incitados y forzados á dispensar nuevas gracias á otros Principes; y que si bien las otorgadas hasta ahora no periudican á S. M., las nuevas podrian periudicarle grandemente" (Hinojosa, p. 209).
Ricevuto da Filippo II, questi addossò la colpa del contrasto all'intransigenza di Pio V, assicurando tuttavia la sua piena disponibilità a patto che il papa "prupuseria algun medio honroso". Oramai la missione del C. poteva ritenersi conclusa positivamente, grazie all'autorità del nuovo pontefice che aveva consentito a sgombrare il campo dalle molte incomprensioni attribuibili al carattere autoritario di Pio V, ma grazie anche alle capacità diplomatiche del C., riconosciutegli dallo stesso cardinale segretario di Stato Tolomeo Galli. Alla fine di agosto il C. lasciava pertanto Madrid ove era giunto l'Ormaneto col compito di proseguire il negoziato e rientrava a Roma.
La dedizione del C. agli interessi spagnoli gli aveva giovato un intervento diretto di Filippo II per ottenere la sua elezione al cardinalato nel 1568, poiché, come suggeriva lo Zúñiga e él no tendria otra dependencia sino la de V. M." (Serrano, II, p. 491).
Fallito questo primo tentativo lo Zúñiga, sollecitato da Filippo II, tentò nuovamente di promuovere l'elezione del C. durante il pontificato di Gregorio XIII, ma, sia perché, come paventava l'ambasciatore spagnolo, il papa "tiene otros muchos boloneses á quien tiene mayor obligacion" (Colección de documentos, CII, p. 329), che per il protrarsi dell'attrito fra Roma e Madrid, anche questo secondo tentativo non ebbe esito favorevole.
Non mancarono tuttavia al C. i riconoscimenti materiali per l'attività prestata: già Pio V gli aveva assegnato un canonicato in S. Pietro e nel 1570 lo aveva creato protonotario apostolico; in seguito gli furono concessi i benefici delle abbazie di Colombano, nel Modenese, e di Castel de' Britti, nel Bolognese. Infine nel 1577 lo stesso Filippo II, cui apparteneva il giuspatronato dei benefici della diocesi di Vigevano, lo indicò come nuovo vescovo e nel luglio dello stesso anno fu confermato da Gregorio XIII (alla rendita corrente del vescovato, valutata in 3.000 scudi l'anno, Filippo II aggiunse un suo dono di 9.000 scudi). Il C. giunse nella sua sede vescovile solo il 29 giugno 1578, ma si fece precedere da un vicario, il domenicano Egidio Marchesini che, nell'aprile del 1578, ricevette Carlo Borromeo che svolse la visita apostolica della città e della diocesi.
A Vigevano il C. svolse la visita pastorale secondo le norme del tridentino e nel 1578 intervenne al quinto concilio provinciale. A lui si deve l'ampliamento del palazzo vescovile e la costruzione della sontuosa cappella, detta di S. Carlo, ove volle essere sepolto; si rese infine benemerito della comunità facendo restaurare, a sue spese, le mura della città.
Morì il 16 febbr. 1582.
Fonti e Bibl.: Bibl. Ap. Vaticana, Vat. lat. 6184, ff. 677, 704v (lettera del C. al card. Spoleto, 1565); Arch. Segr. Vaticano, Spagna 15, cc. 18, 19, 37 (lettere del cardinal di Como al C.); 17, cc. 84-108v (lettere del C. al cardinal di Como); Ibid., Misc. Arm., II, 82, ff. 372-373v ("Instruttione data a mons. A. C. a 14 marzo 1572 nel quale giorno partì per Spagna"); Bologna, Bibl. com., ms. B 671: B. Carrati, Compendio delle famiglie senatorie di Bologna, cc. 78 ss.; ms. B 936, c. 162 (lettera del C. a C. Lupari); Ibid., Bibl. univ., ms. 770, vol. XVII: A. F. Ghiselli, Mem. antiche di Bologna, cc. 485, 908; ms. 4207: L. Montefani-Caprara, Famiglie bolognesi, XXIV, c. 98; Veroli, Bibl. Giovardiana, ms. 191 (42-1-45), V: Istruzione di mons. A. C. avvocato concistoriale, per quelli a cui si concede l'avocazione concistoriale; Colección de documentos inéditos para la historia de España, CII, Madrid 1892, pp. 264, 328 s., 383 s.; R. de Hinojosa, Los despachos de la diplomacia pontificia en España, Madrid 1896, pp. 205-211; C. Nubilonio, Cronaca di Vigevano, a cura di C. Negroni, in Misc. di storia ital., s. 2, XXIX (1892), pp. 352-61; L. Serrano, Corrispondencia diplomatica entre España y la S. Sede durante el Pontificado de s. Pio V, Madrid 1914, I-II, IV, ad Ind.; Nunziature di Venezia, a cura di A. Stella, VIII, Roma 1963, p. 86; G. N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi, Bologna 1620, p. 24; A. Masini, Bologna perlustrata, II, Bologna 1666, p. 120; P. S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 251; C. S. Brambilla, La Chiesa di Vigevano, Milano s. d., pp. 31-32; G. Sitoni, Clarissimae Casaliorum familiae... chronogeneal. monum., s. 1, 1731, pp. 25 s.; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XIV, Venezia 1858, pp. 613-15; A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella st. e nell'arte, Faenza 1909, p. 254; L. von Pastor, Storia dei papi, VIII, Roma 1924, pp. 85, 94, 270, 312, 625; F. Pianzola, I decreti della visita apostolica fatta da s. Carlo nella diocesi di Vigevano, Varese 1938; M. G. Tre Re, Gli avvenimenti del Sedic. sec. nella città di Faenza con partic. riguardo ai processi e alle condanne degli inquisiti per eresia, in Studi romagnoli, VII (1957), pp. 291-97; V. L. Bernorio, La Chiesa di Pavia nel secolo XVI e l'azione pastorale del card. Ippolito de' Rossi (1560-1591), Pavia 1971, p. 267; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor-eccles., LXVIII, p. 254; C, p. 106; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III Monasterii 1923, p. 334.