CAPPI, Alessandro
Nacque a Ravenna il 21 nov. 1801 da Pietro e da Teresa Lovatelli, in una ricca famiglia, trasferitasi da Bologna con il nonno Vincenzo, tesoriere generale della provincia di Romagna, aggregato ben presto alla nobiltà e al consiglio ravennati ed elevato alla dignità comitale da Pio VI nel 1796.
Nella città natale frequentò il rinomato collegio-convitto comunale, studiando soprattutto eloquenza, filosofia e disegno. Laureatosi in giurisprudenza a Bologna, non esercitò mai la professione forense; già nel 1827 era segretario della neonata Accademia provinciale delle Belle Arti di Ravenna, della quale avrebbe assunto la direzione nel 1855, dopo la morte dell'amico e collaboratore prof. Ignazio Sarti.
Di famiglia liberale - gli zii paterni Nicola e Filippo erano stati ufficiali del Regno italico combattendo nella campagna di Russia, ed il fratello Carlo (1813-1882), imprigionato per avere partecipato ai moti di Romagna del 1845, era partito nel 1848 come volontario ed aiutante di campo del generale Durando - il C. nel gennaio del 1849, dopo la fuga da Roma di Pio IX, fece parte col marchese V. Cavalli e col conte C. Rasponi della giunta provinciale di Ravenna. Proclamata la Repubblica romana, fu autorevole membro del Circolo popolare ed assunse poi, su invito di A. Saffi, la carica di provveditore del patrio collegio-convitto dalla quale fu rimosso due anni dopo per motivi politici. Nel 1856, dopo esserne stato a lungo vicedirettore successe a don Paolo Pavirani nella direzione della Biblioteca Classense, che tenne per dieci anni.
Autore di eleganti ma fredde prose letterarie, traduttore dal francese, scrittore forbito di epigrafi patriottiche negli anni 1848-49, estensore di "elogi storici" di personaggi ravennati (editi per la maggior parte negli Atti dell'Accademia di Belle Arti da lui curati per ventotto anni), verseggiatore fecondo ma mediocre, il suo componimento più noto è il capitolo in terzine Sull'amor fraterno pubblicato nel 1826 e subito ritirato dalla circolazione per intervento del S. Uffizio a causa dell'acceso patriottismo. Membro autorevole del vivace mondo culturale operante tra Romagna e Bologna, fu seguace della "scuola classica romagnola" con V. Monti, G. Perticari, A. Costa, D. Strocchi, C. Montalti, D. Rambelli. Carteggiò con il Leopardi, A. Manzoni, M. d'Azeglio, G. P. Vieusseux e fu amico e corrispondente di G. Manuzzi, dei fratelli Ferrucci, di molti liberali romagnoli ma soprattutto del letterato, patriota e uomo politico ravennate F. Mordani.
Maggiore attenzione meritano le sue opere di erudizione bibliografica, come La Biblioteca Classense illustrata ne' principali suoi codici e nelle più pregevoli sue edizioni dal secolo XVI (Ravenna 1847), definita da A. Mai lavoro "di non comune dottrina ed esattezza" e gli studi su artisti ravennati, tra i quali va ricordato, anche per il pregio dell'edizione in folio, il Luca Longhi illustrato con tavola in sul rame e in sull'acciaio (Ravenna 1853). che analizza minutamente vita ed opere di questo pittore del XVI secolo.
Molto stimato per la fama di patriota e di erudito - il ministro M. Amari lo incaricò nel 1863 di guidare lo storico F. Gregorovius nella sua visita a Ravenna -, era stato reintegrato nel 1859 nella carica di provveditore del collegio-convitto, e sei anni dopo eletto membro della commissione governativa che doveva accertare l'autenticità delle ossa di Dante appena riscoperte: in occasione delle solenni cerimonie il C. scrisse un Inno e una dotta ricerca su Dante in Ravenna edita nel volume Dante e il suo secolo (Firenze 1866).
Socio della Regia Deputazione di storia patria per le Romagne e di molte accademie, cavaliere mauriziano, per l'aggravarsi di quel mal della pietra che lo aveva a lungo tormentato, morì a Ravenna il 24 luglio 1867.
Fra gli scritti principali, oltre quelli citati, ricordiamo: In morte del conte G. Perticari. Canzone, Ravenna 1822; Versi, Bologna 1823; Lettere due intorno alla fondazione dell'Accademia di Belle Arti in Ravenna e ad un suo regolamento d'istruzione, ibid. 1831; Alcune poesie di A. di Lamartine recate in versi italiani, ibid. 1837; Prose artistiche e letterarie, Rimini 1846; Biografia di R. Sarti, in Giornale arcadico, CXIV (1848), pp. 99-111; Versi del conte A.C., Rimini 1848; Saggio di epigrammi inediti, Ravenna 1852; Sopra alcune consideraz. del prof. F. Rocchi intorno alla Rotonda di Ravenna, Ravenna 1857.
Fonti e Bibl.: Molti autografi del C. sono conservati a Rimini presso il conte A. Zavagli Ricciardelli e presso il prof. R. Comandini. Altri autografi a Ravenna, Bibl. Classense, mob. 3.5Br, 127; mob. 3.5, 7/47, cam. B, arm. 5.L4/C; inoltre, per notizie sulla famiglia, Ibid., cam. B, arm. 2 A, 2. Si v. inoltre: Epistol. di G. Leopardi, a cura di F. Moroncini, IV, Firenze 1938, p. 107; F. Mordani, Vita del conte A. C., Forlì 1868; [F. Lanciani], A. C., in Atti d. Acc. di Belle Arti in Ravenna 1871, pp. 193 ss.; C. Malagola, recens. in Il Propugnatore, IX(1876), p. 500; G. Boccardo, Nuova Encicl. ital., IV, Firenze 1877, pp. 1057 s.; F. Mordani, Lettere famil. ined., Pesaro 1880, pp. 51 s., 115 ss., 123 ss., 129, 131 s., 166 ss., 291 ss.; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1913, p. 400; G. Guidetti, Le iscrizioni, l'autobiogr. e un elogio stor. di F. Mordani Reggio Emilia 1915, pp. 240, 254; A. Pilot, Lettere ined. in proposito del volume "Dante e il suo secolo", in Nuovo Archivio veneto, n.s., XLI (1921), p. 165; C. Frati, Diz. bio-bibl. d. bibliot. e bibliof. ital. dal sec. XIV al XIX, Firenze 1933, pp. 140 s.; R. Comandini, Un corrispondente ravennate di Massimo D'Azeglio: il conte A. C., Faenza 1960; Id., A. C. e la scoperta delle ossa dell'Alighieri con documenti ined., in L'Alighieri, VI(1965), 1, pp. 61-75; Id., Mons. Stefano Bonsignore nell'opinione dei seguaci della scuola classica romagnola, in Studi romagnoli, XVII(1966), pp. 318-24; Id., Una vicenda ravennate all'indomani della caduta della Repubblica romana: la rimozione del conte A. C. …, in La Zagaglia, XLIV(1969), pp. 1-24.