BUONVISI, Alessandro
Nacque da Ludovico e da Caterina Diodati nel luglio 1533 (venne battezzato col nome del nonno materno il 1º agosto nella chiesa di S. Frediano) e morì a Lucca il 31 marzo 1601.
Rimasto orfano a diciassette anni, fu avviato alla mercatura sotto la guida dello zio Michele di Alessandro Diodati, che di suo padre era stato socio e stretto collaboratore, e insieme con il fratello Girolamo continuò le attività mercantili e bancarie vigenti alla morte di Ludovico. Nel febbraio 1555 era ancora a Lucca, ma nello stesso anno, o all'inizio del successivo, raggiunse probabilmente a Lovanio lo zio Antonio di Benedetto Buonvisi e con il suo appoggio inaugurò il primo luglio 1556 la "Alessandro Buonvisi e C. di Anversa", destinata a durare quattro anni. Antonio non figurava peraltro fra i soci che erano soltanto tre: Alessandro, Ferrante Sbarra e Michele Diodati. Mentre il Diodati, già socio "nominatus", con il fratello Girolamo e con Ludovico Buonvisi, della precedente compagnia Buonvisi di Anversa, restava a Lucca, lo Sbarra affiancava nella sede della ditta il non ancor ventitreenne B. e - se era impiegato nella compagnia - suo cugino Alessandro di Michele Diodati, anch'egli attestato ad Anversa in questi anni.
Al primissimo periodo del B. ad Anversa risale una lettera di presentazione di Aonio Paleario diretta a Corneille de Schrijver (Grafeo). Alessandro l'aveva richiesta al Paleario, che accondiscendeva di buon grado per il ricordo del padre, Ludovico, e per la liberalità nei suoi confronti dei Buonvisi "quorum splendor magnus est in civitate". "Ex ea familia Alexander... hoc tempore in Belgica est, adolescens sane bonus, et mihi gratissimus. Est enim ingenuarum artium perstudiosus et amantissimus mei". Il Palcario era certo che il Grafeo lo avrebbe accolto nella sua "consuetudo et amicitia", anche se in realtà il B. non avrebbe mai dato grande prova d'essere "ingenuarium artium perstudiosus" e la lettera resta più che altro un documento delle non infrequenti velleità culturali di molti dei mercanti Buonvisi agli inizi della loro carriera.
Nel 1556 la ditta del B. fu una delle trentadue case commerciali di Anversa che appoggiarono il progetto di riforma delle assicurazioni marittime presentato in Bruxelles a Filippo II dal piemontese Giovanbattista Ferufini. Fra il 1556 e il 1560 il B. partecipò attivamente alla vita della nazione lucchese di Anversa e fu tra i mercanti che ne rividero gli statuti. Al 4 giugno 1558 risale la sua prima lettera da Anversa che ci sia conservata diretta a Simon Ruiz: tuttavia i rapporti con i Ruiz, che conosceranno più tardi un notevole sviluppo, non appaiono ancora molto intensi.
Nell'estate 1559 fu affidato al B. il pagamento di una parte della dote di Elisabetta di Francia, terza moglie di Filippo II, che era in quei mesi a Gand.
Il vescovo di Limoges, Sébastian de l'Aubespine, inviato di Francesco II presso il re di Spagna, trattenne a Gand i denari che da Lione erano stati indirizzati al Buonvisi. Questi, precipitatosi nella città fiamminga, "m'a fait entendre (ce que au précédent je navais pas entendu) - scriveva il vescovo - que Gondi lui adressoit ledit argent pour en tirer le prouffict à Envers et, cela faict, payer pareille somme en autres espèces à sadicte majesté catholique" (cfr. Lapeyre). Il "sicur Alexandre Bonvisy" riuscì a spuntarla, anche contro la volontà di Filippo II, e a pagare ad Anversa nella moneta più conveniente anziché a Gand in scudi e reali. L'incontro fra il vescovo e il giovane mercante lucchese doveva esser stato abbastanza burrascoso se il de l'Aubespine, in previsione degli ulteriori pagamenti che il B. avrebbe dovuto effettuare, scriveva l'8 agosto di avergli lasciato l'originale della quietanza della prima somma, per timore che il lucchese "qui desbourse ceste partye, et m'en importune tant, après mon partement feist le rétif".
A contatto con le corti e con i ministri reali il B. sembra ormai tenere più allo "splendor" della casata che alle "ingenuae artes": una delle sue prime preoccupazioni al ritorno a Lucca nel 1560 (aveva speso 300 scudi per rientrare da Anversa e nel corso del viaggio aveva fatto visita per conto della Repubblica di Lucca al duca di Savoia) fu quella di commissionare a Giuseppe Civitali "l'albero della famiglia" per la non indifferente somma di 50 scudi, pagati l'11 giugno 1560. Alla fine dello stesso mese doveva esser chiusa la compagnia di Anversa che fu invece prorogata al 31 dic. 1560: nulla sappiamo dei suoi capitali e degli utili che procurò ai soci, ma si può supporre che l'andamento sia stato favorevole se lo stesso Alessandro e Girolamo Buonvisi lasciarono in deposito presso la società 18.698 scudi, dei 21.000 che costituivano il primo acconto dell'eredità di Antonio Buonvisi, a un tasso del 2,75% per 3.000 scudi e del 2,5% per i restanti 15.698. Gli interessi percepiti dalla ditta nei suoi depositi "a diverse persone" in occasione delle fiere erano di regola superiori al 4%.
Forse ancora a Lucca era il B. il 1º genn. 1561 quando venne aperta, con la medesima ragione sociale, la nuova compagnia di Anversa, di cui erano con lui soci Ferrante Sbarra (da poco divenuto suo cognato) e Alessandro di Michele Diodati. La ditta avrebbe dovuto chiudersi il 1º genn. 1565, ma era "in elexione del detto Alexandro [il B.] di finire detta compagnia quando li piacerà". Governatori della società erano il B. e lo Sbarra: poiché quest'ultimo era a Lucca nell'aprile del 1561, entro la stessa data il primo avrebbe dovuto essere rientrato ad Anversa. Nel luglio-agosto 1562 il B. fu estratto per la prima volta anziano e tutto lascia presumere che egli abbia effettivamente ricoperto la carica. Fra il 1562 e il 1563 l'operazione di maggior rilievo dei Buonvisi di Anversa fu la partecipazione a un prestito di 20.000 libbre tornesi, garantito su gioielli della corona, a favore del re di Francia, i cui emissari, "parigini richissimi e conosciuti", si erano appositamente recati ad Anversa. Per tutto il 1563 si servì del banco del B. per rimesse di denaro il fiorentino Giovan Battista Guicciardini, mentre dal dicembre dello stesso anno fino all'ottobre del 1564 si susseguono numerose le lettere del B, a Simon Ruiz, che testimoniano d'un vivace scambio commerciale con la Spagna. La compagnia si chiuse alla scadenza prefissata e la nuova "Alessandro Buonvisi e C. di Anversa" si aprì il 1º febbr. 1565: gli eredi di Ludovico Buonvisi vi fecero una "missa" di 6.000 scudi, cioè il doppio di quella che il padre aveva fatto nella compagnia di Anversa aperta nel 1549.
Altro segno della redditività delle aziende Buonvisi del Belgio era l'aumento del numero dei soci: quella che era stata - a rigore - un'azienda personale di Alessandro diveniva una ditta della famiglia con l'associazione di suo fratello, Girolamo, e dei suoi cugini Benedetto, Paolo, Lorenzo e Bernardino di Martino. Anche i Diodati aumentavano la loro rappresentanza fra i soci perché accanto ad Alessandro di Michele partecipava suo fratello Vincenzo: anzi i due (al Diodati va attribuita la sottoscrizione del 15 luglio 1565 di cui in Goris, p. 90: "Io Vincento a nome di alli Po [sic per Alessandro] Bonvisi") divennero i direttori della ditta, mentre Ferrante Sbarra e Alessandro, pur conservando la firma, si trattennero a Lucca. Qui il B. fu gonfaloniere nel marzo-aprile del 1566 e anziano per lo stesso bimestre del 1568, ed effettuò, da solo e con il fratello Girolamo tutta una serie di acquisti di beni fondiari, particolarmente nella zona di Forci, dove era la villa costruita dal padre Ludovico.
Nel maggio 1569 il B. era nuovamente ad Anversa e riprendeva la corrispondenza con i Ruiz; una nuova interruzione nello scambio di lettere fra l'agosto 1569 e l'aprile 1570 coincide con il suo rientro a Lucca. Egli si apprestava ormai a cedere ai cugini figli di Martino l'azienda di Anversa e il suo soggiorno nel Belgio nel 1570, durato almeno fino all'agosto, preludeva alla chiusura della compagnia, che nel febbraio del 1569 era stata prorogata fino al 31 agosto del 1570 e affidata alla direzione di Paolo Burlamacchi. Il B. fu poi ancora socio della "Benedetto, Bernardino Buonvisi e C. di Anversa" del 1570-74, ma dopo quest'ultima data non ebbe più alcun rapporto con le compagnie Buonvisi del Belgio, anche se le vicende di alcuni suoi crediti non erano ancora definite nel 1595.
La compagnia di Anversa non era stata la prima delle aziende della famiglia ad intitolarsi ad Alessandro Buonvisi. Fin dal 1551 (quando era appena diciottenne) il suo nome comparve accanto a quello dello zio nella "Michele Diodati, Alessandro Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca". La ditta aveva un capitale di 18.400 scudi; il B. e Girolamo parteciparono (in qualità di "eredi di Ludovico Buonvisi", il che non esclude che essi abbiano contribuito anche singolarmente) con una "missa" di 1.000 scudi (5,43%), versati in sette rate fra il 20 nov. 1551 e il 3 marzo 1553. La prima divisione degli utili avvenne il 27 sett. 1554, ma essi non furono completamente divisi che nel settembre 1561: oltre alla "missa" gli eredi incassarono 677 scudi. La compagnia era stata rinnovata sotto la medesima intitolazione il 1º genn. 1554 per cinque anni. Era diretta da Michele di Alessandro Diodati, da suo fratello Vincenzo e da Ludovico di Garzone Garzoni; ne erano inoltre soci Antonio di Benedetto Buonvisi, la "Antonio, eredi di Ludovico Buonvisi e C. di Lione", il B. e Girolamo Buonvisi e gli eredi di Niccolò Diodati. I due figli di Ludovico fecero una "missa" di 1.000 scudi, pari questa volta al 3,6% del capitale sociale, che era stato portato a 27.400 scudi. Gli utili (la cui divisione cominciò il 3 marzo 1559 e si prolungò fino al 10 genn. 1567) furono soltanto del 38,4%.
La successiva compagnia dell'arte della seta di Lucca si aprì il 1º genn. 1559 sotto la nuova intitolazione "Alessandro Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e C.": avrebbe dovuto chiudersi alla fine del 1561 ma venne prorogata di un anno. Era diretta da Michele Diodati (che tuttavia ne fu socio soltanto durante l'ultimo anno, subentrando al fratello Vincenzo), da Vincenzo Diodati e inoltre da Ludovico Garzoni, quanto "al condur la seta in drappi". Erano soci anche Vincenzo di Benedetto Buonvisi, i quattro figli di Martino, Girolamo e Alessandro di Ludovico Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e i suoi fratelli e gli eredi di Niccolò Diodati. Il capitale sociale era stato portato a 30.000 scudi (l'incremento fra il 1551 e il 1559 era stato dunque del 63%) e gli eredi di Ludovico parteciparono questa volta con 4.000 scudi (13,33%) versati entro il marzo del 1560; gli utili che risultavano divisi al novembre 1568 erano del 24,6%.
Con il 1º genn. 1565 il B. riuscì a rinnovare la collaborazione fra i due rami dei Buonvisi discesi da Benedetto e Paolo di Lorenzo associandosi ai figli di Giovanni di Lorenzo di Paolo (a loro volta staccatisi dalla "Bernardino Cenami, eredi di Giovanni Buonvisi e C.") nella "Alessandro, Giuseppe e Lorenzo Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca". Mentre i Diodati restavano tutti nella "Paolo Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e C. dell'arte della seta di Lucca", anch'essa di nuova costituzione e aperta parallelamente alla ditta di Alessandro, i figli di Martino e di Ludovico Buonvisi incrociavano le loro partecipazioni nelle due compagnie, cui aderiva anche la "Eredi di Ludovico, Benedetto Buonvisi e C. di Lione". L'unico socio estraneo alla famiglia nella ditta del B. era Giovanni de' Nobili; il "ministro" dell'azienda, Giuseppe Compagni, non era invece fra i soci. Nulla sappiamo del capitale sociale e degli utili della compagnia: gli eredi di Ludovico vi mantennero comunque la "missa" di 4.000 scudi (mentre altrettanti ne versavano nella ditta di Paolo Buonvisi) e vi depositarono per il 1565 1.400 scudi al 3,5%, per il 1566 3.000 scudi al 7,5%, per il 1567 11.000, per il 1568 10.200, per il 1569 7.500, sempre al 7,5%.
La "Alessandro, Giuseppe, Lorenzo Buonvisi e C." venne rinnovata il 1º genn. 1570; come la precedente sarebbe dovuta durare cinque anni, ma venne chiusa alla fine del 1572; il Compagni non ne era più "ministro" e Paolo Buonvisi non compariva più fra i soci. Oltre a Paolo uscirono dalla compagnia anche Girolamo Buonvisi e Giovanni de' Nobili al rinnovo per cinque anni dal 1º genn. 1573; subentrarono, come nuovi soci, Cesare e Ottavio di Benedetto de' Nobili e Lorenzo di Bartolomeo Cenami, che fu posto alla direzione della ditta. Con il 1578 il B. si ritirò dalla compagnia, che proseguì sotto il nome dei soli Giuseppe e Lorenzo Buonvisi, sempre affiancati dagli eredi di Martino.
Le dimissioni del B. non erano affatto casuali: pochi mesi prima era cessata la sua partecipazione alla "Alessandro di Michele, Nicolao Diodati e C. dell'arte della seta di Lucca" (succeduta alla "Paolo Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e C." del 1565-70) apertasi per cinque anni nel 1570 e prorogata fino al 31 ott. 1577; alla fine del 1579 cessò la sua collaborazione alla "Bernardino Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1575-79; infine dalla "Paolo Buonvisi e C. dell'arte della lana di Lucca" (di cui era stato socio per il 1568-71) era uscito fin dal 1572.
Dal 1º genn. 1580 il B. era ormai estraneo a tutte le compagnie "di bottega" Buonvisi; dalla compagnia di Anversa, come si è visto, era uscito dal 1574. Per Lione le cose non andarono in maniera diversa. Come uno dei due "Eredi di Ludovico Buonvisi" il B. partecipò, fin dalla morte del padre, alle compagnie di Lione del 1547-54,1554-59 ("Antonio, Eredi di Ludovico Buonvisi e C."), 1559-64 ("Eredi di Antonio e di Ludovico Buonvisi e C."), 1564-69, 1579-74, 1575-80 ("Eredi di Ludovico Buonvisi, Benedetto Buonvisi e C."); ma dopo il 1580 non compare più fra i soci delle compagnie Buonvisi di Lione.
Le difficoltà incontrate dalle ditte lucchesi (ma non solo lucchesi) nel decennio 1570-80 lo avevano evidentemente convinto (e con lui il fratello Girolamo) a un radicale mutamento di rotta circa l'impiego dei sempre notevolissimi capitali liquidi della famiglia: a questo nuovo indirizzo non aderirono invece i figli di Martino, ma la separazione fra i due rami della famiglia, cui assistiamo a partire all'incirca dal 1580, appare la conseguenza di questo divergere delle scelte economiche, e non viceversa.
Il B. e Girolamo, come tutti i loro parenti e come anche qualche altro imprenditore lucchese, non si erano mai limitati a partecipare con "misse" più o meno elevate alle diverse aziende della famiglia: avevano fatto ricorso a depositi a tassi variabili nelle loro stesse ditte o in altre (per esempio la Alessandro Fatinelli, Stefano Barsotti e C. aveva da loro ricevuto 948 scudi per 9 mesi al 6% il 13 maggio 1566); a prestiti (Pietro Burlamacchi e i suoi figli ricevettero all'8% nel 1568 500 scudi da depositare nella "Ludovico Penitesi e C." e 700 da depositare nella "Alessandro Buonvisi e C." di Anversa) e infine ad accomandite. Queste ultime, secondo la formula "non possono perder più di ditta loro achomandita", erano avvenute di regola in compagnie strettamente collegate alle aziende Buonvisi (quasi loro emanazioni), in cui i vari membri della famiglia arrivavano talora a partecipare per più del 50% del capitale versato. Così il B. era stato socio in accomandita, con il fratello Girolamo, della "Biagio Balbani e C. di Ancona" del 1565-68 con una "missa" di 1.000 scudi (20% del capitale; quota complessiva dei Buonvisi: 40%); aveva partecipato con 4.000 ducati del Regno alla "Alamanno e Bartolomeo Orsucci di Napoli" del 1573-77 (20 %; quota complessiva dei Buonvisi: 55%); con 2.000 ducati del Regno (10,8%) alla "Santi del Duca, Cosimo Orsucci e C. di Monteleone di Calabria" del 1573-76 (quota complessiva dei Buonvisi: 29,7%).
Appunto sulle partecipazioni in accomandita puntarono tutto il B. e Girolamo all'incirca dall'anno 1575: ma la grossa novità fu che le ditte sostenute dai due erano completamente estranee al sistema di aziende della famiglia. Scelta la strada meno rischiosa delle accomandite, essi probabilmente si videro chiudere le porte delle aziende Buonvisi, che non potevano ammettere una partecipazione di alcuni membri della famiglia a titolo diverso dagli altri, e si dettero a sostenere altre compagnie lucchesi.
Il B. fa socio in accomandita della "Francesco Sbarra e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1º apr. 1575-31 dic. 1578 con due "misse" per complessivi 2.900 scudi (23,3%) e della "Augusto e Iacopo di Stefano Sanminiati e C. dell'arte della seta di Lucca" dello stesso periodo con una "missa" di 2.000 scudi (40%); Iacopo Sanminiati e Francesco Sbarra in precedenza erano stati associati in un'unica ditta. "Agostino Serafini e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1º ag. 1575-31 luglio 1579 il B. apportò 500 scudi (16,66 %); alla "Nicolao Gratta e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1º ag. 1576-1º ag. 1580 fornì 1.000 scudi (16,66%); alla "Lazzaro Arnolfini, Iacopo Sanminiati e C. dell'arte della seta di Lucca" del 7 ott. 1579-31 dic.1582 contribuì con quattro "misse" per complessivi 6.000 scudi (30%). Due "misse" per complessivi 3.500 scudi (ignoriamo la percentuale rispetto al capitale sociale) vennero fatte dal B. nella "Bartolomeo, Ludovico, Fabio Arnolfini e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1º ott. 1579-31 dic. 1582, poi prorogata al 31 dic. 1583. Tre "misse" per 2.400 scudi vennero accordate alla "Girolamo Micheli, Girolamo Guinigi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 10 luglio 1582-10 luglio 1585; due "misse" per 3.000 scudi (28,5%) alla "Lazzaro Arnolfini e C. dell'arte della seta di Lucca" del 16 ott. 1582-16 ott. 1585; tre "misse" per 4.000 scudi (40%) alla stessa ditta che era stata rinnovata il 6 nov. 1584 con scadenza al 31 dic. 1586; una "missa" di 4.000 scudi (28,5%) alla "Giuseppe, Francesco, Bernardino Arnolfini e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1º ott. 1584-31 dic. 1586; tre "misse" per 3.300 scudi alla "Girolamo Micheli, Girolamo Guinigi e C." del 10 ag. 1585-10 ag. 1587; una "missa" di 3.500 scudi (35%) alla "Girolamo Micheli e C." del 1º apr. 1588-1º apr. 1590; una "missa" di 5.000 scudi (31,33 %) alla "Giuseppe, Francesco, Bernardino Arnolfini e C." del 1º genn. 1589-1º genn. 1591; una "missa" di 3.000 scudi (21,4%) alla "Benedetto, Cesare, Ottavio de' Nobili e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1º genn. 1590-1º genn. 1596 e del 1º genn. 1596-1º genn. 1601; una "missa" di 2.000 scudi alla "Giuseppe, Bernardino Arnolfini e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1592-97 (25% del capitale sociale) e alla stessa ditta del 1598-1603 (15,3%); una "missa" di 3.500 scudi (29,1%) alla "Alessandro, Pompeo Micheli, Giovambattista Balbani e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1593-97 e alla "Alessandro, Pompeo, Niccolò Micheli e C." del 1597-1600; alla stessa ditta, rinnovata, per tre anni, il 1º ag. 1600, il B. conferì 2.000 scudi (15,7%); una "missa" di 1.000 scudi venne concessa alla "Girolamo Parensi, Niccolò Micheli e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1593-96 (6,8%) e del 1596-99 (63,3%); una "missa" di 3.000 scudi alla "Fabio Buonvisi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1º ag. 1599-31 dic. 1602 (20%). Non solo, ma oltre alle ditte impegnate nella seta, il B. non esitò a finanziare anche quello che era il maggior banco lucchese di Lione, dopo i Buonvisi, con una "missa" di ben 15 mila scudi, sempre in accomandita: la "Pompeo Micheli, Bartolomeo, Fabio Arnolfini e C." del 1579-1584.
Ciò nonostante restava un legame fortissimo fra i due più potenti rami dei Buonvisi: esso era costituito dal banco di Lucca, che era ormai prossimo a compiere i duecento anni. Dal 1550 si intitolava al B. e a Girolamo sotto la dizione "Eredi di Ludovico Buonvisi", che comparve al primo posto nelle successive compagnie fino al termine del secolo XVI. Dalla "Eredi di Ludovico, Michele Diodati e C." del 1550-54, alle "Eredi di Ludovico Buonvisi, Benedetto Buonvisi, Michele Diodati e C." del 1555-59, 1560-64, 1564-69, 1570-74, 1575-80, 1580-85, alla "Eredi di Ludovico, Benedetto Buonvisi, Alessandro di Michele Diodati e C." del 1586-1590, alle "Eredi di Ludovico, Bernardino, Stefano, Antonio Buonvisi e C." del 1591-96 e 1596-1601 (quest'ultima interrotta nel 1599 e sostituita dalla "Paolo, Stefano, Antonio Buonvisi e C."), il B. fu sempre socio ammesso alla firma delle compagnie Buonvisi del banco di Lucca. Una vera e propria frattura all'interno della famiglia avrebbe dovuto determinare una spaccatura anche nella compagnia del banco; essa invece rimase unica, al servizio tanto dei Buonvisi sempre direttamente impegnati nella gestione delle attività mercantili, quanto di quei membri della famiglia che avevano optato per il ruolo di semplici finanziatori delle imprese altrui. E la persistente coesione fra i due rami è dimostrata anche dai matrimoni: Antonio di Benedetto di Martino sposò Chiara figlia del B.; Pompeo di Paolo di Martino sposò Luisa di Alessandro; Ludovico di Alessandro sposò Caterina di Paolo.
Fu soltanto nel 1599 con il ritirarsi degli eredi di Ludovico dal banco di Lucca, che i due rami dei Buonvisi cessarono ogni collaborazione diretta; la "Fabio Buonvisi e C." del 1599-1602 e la "Ferrante Diodati, Simo Simi e C. dell'arte della seta di Lucca" del 1601-1604 (cui Ludovico di Alessandro partecipò con 2.000 scudi su 18.000) furono poi le ultime ditte ad accogliere capitali in accomandita tanto dei Buonvisi del ramo disceso da Martino, quanto dei Buonvisi del ramo disceso da Ludovico; ma ormai il figlio del B., con lo zio Girolamo, il quale non aveva discendenti, era rimasto l'unico del suo ramo e la contrazione della famiglia giustificava così l'ulteriore tendenza ad estraniarsi dagli affari.
Per le vicende degli ultimi venticinque anni del Cinquecento, oltre a quella d'un litigio in famiglia, sembra da scartare anche l'ipotesi d'una manovra per avvolgere tutta l'economia lucchese nella morsa dei capitali dei Buonvisi: gran parte delle aziende sostenute dal B. e da Girolamo, come ad es. quelle dei Micheli e degli Arnolfini (il B. aveva fra l'altro sposato Angela di Girolamo Arnolfini) erano andate incontro a gravi dissesti nel decennio 1570-80, e ciò spiega perché siano state costrette ad accettare l'ipoteca dei capitali in accomandita dei Buonvisi; ma altre notevoli ditte, come quelle dei Balbani, dei Burlamacchi e, verso la fine del secolo, degli stessi Diodati, restarono del tutto indipendenti dai Buonvisi. Maggior credito, nonostante l'audacia dell'operazione, potrebbe esser dato all'ipotesi che la famiglia, nell'interesse dei suoi traffici internazionali, abbia invano tentato di restituire ossigeno alla declinante arte della seta lucchese intervenendo a favore di aziende che senza il suo apporto finanziario non avrebbero più potuto sostenersi; ma non si spiegherebbe in questo caso una così rigida divisione di compiti (gli uni attivi nella mercatura, gli altri del tutto assenti e ridotti al ruolo di semplici finanziatori) fra i due rami della famiglia. Il disimpegno degli eredi di Ludovico fu probabilmente dovuto ad una scelta operata o per motivi di prudenza o anche soltanto per l'affievolirsi della vocazione mercantesca.
Il B., dopo gli anzianati del 1562 e del 1568 e dopo il gonfalonierato del 1566, fu ancora gonfaloniere nel 1573 e anziano nel 1575; ma nel 1578, nuovamente estratto anziano, fu "liberato" non sappiamo per quali motivi, e in seguito non fu più chiamato alle massime cariche pubbliche: la coincidenza con il periodo dello sganciamento dalla mercatura è sorprendente; tenendo conto anche del divario fra il suo patrimonio e quello del fratello Girolamo nel 1599 (126.000 contro 270.000 scudi: una differenza che il maggior impegno del primo rispetto al secondo nelle accomandite che abbiamo elencato non basta a spiegare) v'è da chiedersi se non siano stati impegni personali e finanziari al di fuori di Lucca a contribuire ad allontanarlo dalle vie tradizionali fino ad allora seguite dai Buonvisi.
Le valutazioni fiscali lucchesi del 1599 e del 1606 sembrano indicare con chiarezza che il tipo di investimenti scelto dagli eredi di Ludovico non consentiva i guadagni che l'esercizio della mercatura continuava ad assicurare agli eredi di Martino: se nel 1599 i primi, con i loro 396.000 scudi, non erano molto lontani dai secondi (421.000), già nel 1606 la differenza appariva enormemente accresciuta (446.800 scudi contro 812.000). Tuttavia il fallimento del 1629, che coinvolse quasi soltanto i Buonvisi del ramo di Martino, doveva dar ragione, alla distanza, a chi aveva abbandonato per tempo il diretto impegno mercantile e si era avviato, nell'incombente crisi dell'economia lucchese, alla più tranquilla e più "nobiliare" posizione di rentier:non è forse un caso che siano stati l'uno nipote e l'altro pronipote del B. i due cardinali Girolamo e Francesco, entrambi vescovi di Lucca nel corso del sec. XVII.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, n. 766, p. 195 (anzianati e gonfalonierati); Comune,Corte dei mercanti, n. 87 (Libro delle date), cc. 31, 64v, 97v, 122, 131v (Anversa); pp. 29v-30, 48-49, 91, 123v-124, 166v-167 (Lione); cc. 6, 45v-46v, 92, 95v, 108v, 120, 130v, 134, 148v, 163, 173 (compagnie "di bottega" di Lucca del gruppo Buonvisi); c. 99 (Ancona); c. 158 (Napoli); cc. 159v-160 (Monteleone di Calabria); cc. 5, 55, 85v, 122v, 166 (banco di Lucca); cc. 137, 164, 165, 168, 176v-177 (associazioni in accomandita a diverse compagnie); n. 88 (id.), pp. 22-23, 49v-50, 89, 159rv (banco di Lucca); pp. 3, 4rv, 5, 9, 16v, 118, 27, 43v, 44v-45, 52v-53, 70, 74, 115rv, 122, 123, 125, 146v-147, 156, 174, 186v, 191v-192 e n. 89 (id.), pp. 21, 26, 34, 35v (associazioni in accomandita a diverse compagnie); Archivio Buonvisi, I, n. 34 (Libro di contratti delli spettabili e nobili homini Allexandro e Girolamo... B. ... principiato questo di primo dicembre, 1565); n. 35 (contratti del B., 1569-1585); n. 44, pp. 827 ss. (testamento e codicillo del B.); n. 68, pp. 664-665 (notizie varie sulla famiglia Buonvisi); n. 72; Aonii Palearii Verulani Opera, a cura di F. A. Hallbauer, Jenae 1728, pp. 577 s. (Ep. IV, IX); V. Vazquez de Prada, Lettres marchandes d'Anvers, Paris 1960, I, p. 199; II, nn. 1, 7, 10, 14, 15, 21, 23, 26, 68 s., 71, 74-77 (per il B.), n. 62 (per "Alessandro Buonvisi e C."); Lucca, Biblioteca governativa, ms. 1108: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), passim; Nègociations,lettres et pièces diverses relatives au règne de François II…, a cura di L. Paris, Paris 1841, pp. 22, 33 s., 40, 74, 78, 80 s.; S. Bongi, Storia di Lucrezia Buonvisi, Lucca 1864, p. 153 (patrim. dei Buonvisi nel 1599 e 1606); J. A. Goris, Etudes sur les colonies marchandes mérid. à Anvers de 1488 à1567, Louvain 1925, pp. 80, 102, 187, 400; Invent. des Affaitadi,banquiers italiens à Anvers de l'année 1568, a cura di J. Denucé, Paris 1934, pp. 52, 210, 212, 214; J. Denucé, Italiaansche Koopmansgeslachten te Antwerpen in de XVIe-XVIIIe Eeuwen, Amsterdam s.d. (ma 1934), pp. 44, 50; M. Mazzolani, Simone Turchi. Storia di un delitto famoso e commento a una novella del Bandello, in Boll. stor. lucch., VIII (1936), p. 155; Id., I Balbani nella Germania inferiore,ibid., X (1938), p. 38; Libro della comunità dei mercanti lucchesi in Bruges (1377-1404), a cura di E. Lazzareschi, Milano 1947, p. 291 (partecipazione alla vita della nazione lucchese di Anversa); Lettere di G. B. Guicciardini a Cosimo e Francesco de' Medici scritte dal Belgio dal 1559 al 1577, a cura di M. Battistini, Roma 1950, ad Ind.;R. Ehrenberg, Le siècle des Fugger, Paris 1955, p. 292; H. Lapeyre, Une famille de marchands: les Ruiz…, Paris 1955, pp. 144, 282; E. Coornaert, Les Français et le commerce international à Anvers. Fin du XVeXVIe siècle, Paris 1961, I, p. 131; II, p. 73; F. Casali, L'azienda domestico-patrimoniale di Ludovico Buonvisi e la sua partecipazione alle compagnie principali del casato (con trascrizione del libro personale suo e degli eredi degli anni 1549-1569: Archivio Buonvisi, I, 72), tesi di laurea, università di Pisa, facoltà di economia e commercio, s.d. [1964], ad Indicem;R. Mazzei, Ricerca sulla vita politica ed economica della Repubblica di Lucca agli inizi del sec. XVII, tesi di laurea, univ. di Firenze, fac. di magistero, 1969-70, p. 202 (Ludovico d'Alessandro Buonvisi).