BONCI, Alessandro
Nato a Cesena (Forlì) il 10 febbr. 1870, apprendista calzolaio, fu presentato da A. Dell'Amore a C. Pedrotti, direttore del liceo musicale di Pesaro, dove venne subito ammesso. A Pesaro il B. studiò per quattro anni sotto la guida di F. Coen e dello stesso Pedrotti. Nel 1893 riuscì a vincere un concorso a primo tenore nella cappella della S. Casa di Loreto, ove rimase fino al 1896. Il 20 gennaio di quello stesso anno esordì al Teatro Regio di Parma quale Fentori nel Falstaff verdiano, ma con contrastato successo; successo che, invece, gli arrise pienamente non molto dopo a Milano, ai teatri Lirico e Dal Verme, soprattutto nelle opere Faust di Ch. Gounod, Mignon di A. Thomas e La sonnambula di V. Bellini. Nel 1897 cantò al Teatro alla Scala di Milano, applauditissimo accanto alla "virtuosa" Regina Pinkert, dapprima nei Puritani (18 febbraio), quindi nella Sonnambula (18 marzo). D'allora fino al 1927, anno del suo ritiro dalle scene, il B. percorse l'Europa e gli Stati Uniti d'America (dove debuttò il 3 dic. 1906 al Manhattan Opera House di New York con I puritani e il 22 nov. 1907 al Teatro Metropolitan della stessa città con il Rigoletto), interpretando insieme con le più famose cantanti d'agilità dell'epoca (M. Sembrich, L. Tetrazzini, M. Barrientos) opere del repertorio classico del tenore lirico-leggero: Don Pasquale,Elisir d'amore,La favorita,Don Giovanni di Mozart, Il barbiere di Siviglia di Rossini, ecc. In età più matura il B. affrontò, con non minore fortuna, anche ruoli più forti nella Bohème di Puccini e in Unballo in maschera di Verdi (memorabile, in quest'opera, per lo scoppiettante e scanzonato fraseggio, il suo "È scherzo, od è follia?").
Ritornato in patria dopo i grandi successi, specialmente americani (aveva fatto lunghe tournées negli Stati Uniti nel 1910-11, nel 1912-13, con la Chicago Opera Company, e ancora nel 1920-21 e infine nel 1924), il B. volle ritirarsi dalle scene e abbandonò il teatro il 18 sett. 1927, dopo un'acclamata esecuzione della Messa da requiem verdiana al teatro di Cesena. Per la lunga carriera, durata trentun anni, fu considerato - come già il baritono M. Battistini - un "duro a morire" della scena lirica. Il B. annoverò, fra i tanti suoi ammiratori illustri, G. Verdi e G. Carducci.
Morì a Viserba (Milano) il 9 ag. 1940.
Piccolo di statura, ma con una maschera mobile e arguta, il B. disponeva di una voce snella, squillante ed estesa, tecnicamente impeccabile, per cui fu universalmente riconosciuto come l'ultimo degno esponente del "belcantismo" ottocentesco, succedendo al conterraneo A. Masini e al napoletano F. De Lucia. In America, nonostante la diversità del repertorio, contese accanitamente a E. Caruso il favore delle platee, riuscendo talvolta a prevalere sul più dotato rivale sotto il profilo tecnico ed estetico. "Miniaturista magico della melodia" (Celletti), sua specialità virtuosistica, che portava le folle a grande entusiasmo, era quella di variare fiorettature e cadenze, con felicissimo estro e squisita musicalità, replicando più volte di seguito uno stesso pezzo (come, di preferenza, in "Una furtiva lacrima").
Bibl.: D. Bannenta (F. Bennati), A. B. Impressioni, Ferrara 1901; G. Monaldi, Cantanti celebri del sec. XIX, Roma s.d. (1929?), pp. 288-293; G. E. Schiavo, Italian-American History, I, New York 1947, p. 257 s. (con bibl. americana, italiana e svizzera); B. Gigli, Memorie, Milano 1957, pp. 71, 246; G. Lauri-Volpi, Voci parallele Milano 1960, pp. 145-148; Encicl. dello Spettacolo, II, coll. 763 s.; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, pp. 290 s.; R. Celletti, A. B., in Le grandi voci. Diz. critico-biograficodei cantanti..., a cura di R. Celletti, R. Vegeto e J. B. Richards, Roma 1964, coll. 76-81.