BELLONI, Alessandro
Nacque a Bologna nel 1742 da famiglia nobile. Avviato alla carriera ecclesiastica, entrò nel seminario vescovile di Prato e vi compi gli studi teologici che proseguì, negli anni 1762-63, in Roma nel collegio Nazareno sotto la guida dello scolopio Martino Natali. La sua formazione intellettuale fu quindi condizionata dalle dottrine antigesuitiche e schiettamente gianseniste del Natali, col quale rimase in relazione anche in seguito e dal quale probabilmente fu introdotto nell'ambiente giansenizzante romano i cui centri più attivi erano, in quegli anni, il gruppo che faceva capo a, mons. G. Bottari e quello costituito presso gli oratoriani della Chiesa Nuova. Fu appunto nella Congregazione dell'Oratorio che il B. entrò nel 1766, ricoprendovi successivamente le cariche di vicebibliotecario, sottosegretario, prefetto della musica, prefetto degli infermi e continuandovi gli studi sotto la guida di c. Massini e di A. Micheli che lo consigliavano spesso per l'acquisto, di libri francesi di ispirazione giansenista e quesnellista. Intima amicizia lo strinse al canonico F. de Vecchi e a mons. Z. Banchieri, che lo ricordano spesso nei loro carteggi; col de Vecchi villeggiò a Genzano nell'aprile 1773 e di lui, del Micheli e di G. Andosilla lo stesso de Vecchi sériveva al Banchieri definendoli "settari e partigiani di Foggini in materia di Religione (Codignola, I, p. 261). Appoggiati dal superiore, Vincenzo Vettori, gli oratoriani filogiansenisti, capeggiati dal Micheli, dal B. e dall'Andosfila, svolgevano attiva propaganda delle loro idee, in relazione sia col circolo del Bottari sia, in genere, con gli esponenti del movimento giansenista italiano e francese, specialmente attraverso frequenti riunioni alla Chiesa Nuova, nelle quali discutevano tutti i problemi cari al giansenismo ed all'anticurialismo. Questa attività originò violenti contrasti in seno alla Congregazione, provocando una denuncia al S. Uffizio, portata direttamente dinanzi al papa Pio VI, il quale nell'aprile del 1776 ordinò l'espulsione del B., del Micheli e dell'Andosilla dalla Congregazione. I cardinali che simpatizzavano con il gruppo del Bottari e con quello della Chiesa Nuova e gli ambasciatori dei paesi avversi al gesuiti riuscirono ad ottenere che il papa revocasse la sua decisione, ma nel luglio seguente il B. fu nuovamente denunziato al pontefice da un confratello, il p. de Magistris, come colpevole di professare dottrine eretiche. Pio VI ordinò la visita apostolica alla Chiesa Nuova che iniziò praticamente il 22 agosto conTinterrogatorio degli oratoriani. Dopo circa un anno i visitatori, per espressa volontà del pontefice, decretarono la espulsione del B. dalla Congregazione, imponendogli anche di risiedere in Bologna.
Dopo una breve sosta ad Amelia, presso il canonico Catenacci - la cui casa rom a era un altro piccolo centro di riunioni filogianseniste -il B. ritornò a Bologna nella sua famiglia, il che rese più dolorosa la sua situazione in quanto "il padre [è] pieno sino nell'ossa di massime gesuitiche, e reputa eretici tutti i loro nemici. Ha un fratello che lasciò l'abito per la soppressione; figuratevi il rimanente" (G. Astorri a mons. Baldovinetti, 7 sett. 1777, in Arch. di Stato di Firenze, Acquisti e doni, f. 144).L'espulsione del B. - nella quale, in sostanza, si erano unicamente concretate le decisioni dei visitatori apostolici - ebbe una grande eco sia fra i giansenisti italiani sia, pel tramite degli abati Massa e Clément du Tremblay, fra quelli francesi: il de Vecchi scriveva in proposito al Banchieri il 16 apr. 1776, al momento del primo ordine di espulsione: "Il fatto parla da se medesimo. Si rinnova in Italia la storia di Porto-Reale, e Dio voglia che produca la medesima edificazione nella Chiesa, e santificazione nelle anime" (Codignola, II, p. 262); il Pujati scriveva al Clément il 20 sett. 1777 di non parlarne ancora nelle Nouvelles ecclésiastiques poiché - come annota lo stesso Clément a margine della lettera - "ce seroit compromettre nos amis, et particulierment le P. Belloni sujet du Pape, et demeurant a Bologne, que d'en dire la moindre chose" (Parigi, Biblioteca del Seminario di St. Sulpice, Fondo Clément, vol. III, Correspondance avec le p. Pujati).
Notizie del B. dopo l'espulsione dall'Oratorio ci forniscono le lettere di Fabio de Vecchi al Banchieri fino al 1782: nell'aprile 1781 il de Vecchi lo invita a passare le vacanze presso di sé a Siena; nell'ottobre dello stesso anno è a Pistoia; nell'autunno 1782 il de Vecchi propone, per la prefazione di un libro, di cui però non dice né il titolo né l'argomento, che, ove Tamburini non possa farla, venga incaricato il B. "adesso che essendo padrone di sé potrà mettere in sicuro la sua persona, e maneggiare la penna" (Codignola, II, P72). Non si conosce la data di morte del Belloni.
Non è facile documentare con chiarezza la posizione personale del B. nei confronti dei problemi del giansenismo, disponendo esclusivamente della fonte indiretta costituita dagli Atti della visita apostolica, in mancanza di sue opere o scritti in materia. Dal punto di vista disciplinare, nelle dichiarazioni scritte rilasciate ai visitatori, tutti i confratelli sono concordi nell'affermare che, prima di prendere in considerazione le dottrine professate dal B., vadano sottolineati il suo fanatismo e la sua presunzione "che lo rende ardito a spacciare qualunque proposizione per quanto temeraria, e lo fa essere intollerante non solo che sia contraddetto, ma ancora che vi sia alcuno che senza dirlo dissenta da lui" (Atti della Visita, fasc. 12, Belloni, Dottrina). È quasi da tutti frequentemente messa in luce la sua ammirazione per i portorealisti, le cui dottrine egli studiava e sosteneva spesso in polemica con altri confratelli; è anche ritenuto "uno dei più forti sostegni" nell'Oratorio del "partito" giansenista, nelle cui dottrine si era formato, ed uno dei più energici avversari dei gesuiti, che sembra non esitasse a definire "eretici". Insofferente degli obblighi e delle incombenze previste dalla regola, sembra tenesse, anche in refettorio, un contegno ostentatamente indisciplinato e si rifiutasse sia di fare sermoni, sia di assolvere ai compiti connessi alle cariche interne da lui successivamente ricoperte (Atti della Visita, fasc. 13, Belloni, Disciplina).
Per quel che riguarda, in particolare, le idee del B., risulta sia dalle deposizioni dei confratelli, sia dalla sua stessa dichiarazione autografa che, in sostanza, le dottrine professate erano le stesse degli appellanti francesi e dei riformisti giansenizzanti italiani della seconda metà dei sec. XVIII, benché egli si segnalasse per notevole arditezza e coraggio nel manifestarle pubblicamente: giunge a definire Giansenio un santo che morendo si è immolato per il suo gregge; canta la litania - nella stanza di un confratello che teneva una pittura in cui Pio V e altri santi scagliavano fulmini dal cielo ai demoni fra i quali erano raffigurati Lutero, Calvino, Giansenio, Bajo, Arnauld, Nicole e Quesnel - dei maggiori giansenisti, pur se nella dichiarazione rilasciata ai visitatori vuol presentare la cosa come una burla ed una "semplice e solenne ragazzata" (Atti della Visita, dichiarazione Belloni); nelle questioni della grazia le sue idee sono chiaramente gianseniste: tra l'altro nega l'esistenza di una grazia sufficiente e afferma che "Iddio inclina con assoluto potere, e dominio la volontà degli uomini per quella parte che vuole: e che ciò che Egli fa non solo rapporto al bene, in cui inclina la volontà umana piuttosto all'uno, che all'altro bene, ma altresì riguardo e rapporto al male, in cui la volontà male piuttosto inclina e piega da una parte, che dall'altra, piuttosto al tal male, che al tal altro" (ibid.), confortando l'affermazione con citazioni di S. Agostino e. del Suárez; nei confronti dell'autorità pontificia professa la sua fede nel primato papale, ma ritiene che l'abuso di molte proposizioni, specie sulla potestas directa o indirecta del papa in temporalibus, ha causato i danni più gravi alla Chiesa (ibid., dichiarazione Santini), pur se nella sua dichiarazione ostenta profonda venerazione e rispetto verso il pontefice, protestando i suoi "premurosissimi sentimenti di rammarico, di sommissione, e d'ubbidienza" (ibid., dichiarazione Belloni).
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, Atti della Visita Apostolica alla Chiesa Nuova, Miscellanea, Armadio VII, 82; Parigi, Bibl. del Seminario di St. Sulpice, Fondo Clément, vol. III; Arch. di Stato di Firenze, Acquisti e doni f. 144; E. Codignola, Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio de Vecchi, Firenze 1944, 1, pp. 50, 145, 147, 261, 263, 275, 292 s., 300, 303-305, 347; 11, pp. 20-25, 38, 72 s.; E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del sec.XVIII, Città del Vaticano 1945, pp. 167, 197, 199, 200, 205, 209-212, 314.