FORMAGLIARI, Alessandro Antonio
Nacque a Bologna il 6 nov. 1696 da una famiglia del patriziato cittadino, figlio di Vincenzo e di Isabella Solaroli. Giovanissimo, intraprese lo studio del diritto addottorandosi in utroque iure a Bologna il 9 sett. 1717. Quindi venne aggregato al Collegio dei giudici e degli avvocati; e sempre presso lo Studio bolognese ottenne l'incarico di lettore di diritto civile.
Insieme con quella universitaria, il F. intraprese anche la carriera ecclesiastica. Ordinato sacerdote, nel 1716 divenne coadiutore al primiceriato della cattedrale, affiancando così il primicerio titolare monsignor L. Campeggi fino al 1728, quando, alla morte di questo, entrò nel pieno possesso del titolo.
Nel 1725 il F. si recò a Roma per seguire i lavori del sinodo provinciale, indetto da papa Benedetto XIII: un evento che fu ricordato come un vero e proprio concilio. Il F. vi prese parte in qualità di procuratore del vescovo di Albano cardinale G. Boncompagni, che era anche arcivescovo di Bologna. Di questa sua partecipazione il F., che si trattenne a Roma per tutta la durata del concilio, dal 12 aprile al 30 maggio, ha lasciato un Diario del concilio romano celebrato in S. Giovanni in Laterano l'anno del giubileo 1725…, pubblicato a Roma nel 1728 sotto lo pseudonimo di Giuseppe Francesco Antonio Del Buono.
Le vicende di questo resoconto del F. si intrecciarono strettamente con quelle che agitarono il concilio stesso (e probabilmente spiegano anche il ricorso da parte dell'autore ad un falso nome), in particolare per quanto riguardava la formulazione finale del decreto conciliare relativo alla costituzione Unigenitus, emanata nel 1713 da Clemente XI contro il giansenismo e che Benedetto XIII intendeva rinnovare e corroborare con l'approvazione del concilio, chiamato a sancire il valore di "regola di fede". La posizione del F. si fece pericolosa allorché, nel suo Diario, fornì una significativa pezza d'appoggio a quanti sostenevano che la parte del decreto relativo alla Unigenitus che ne ribadiva il valore di "regula fidei" sarebbe stata aggiunta a posteriori, e cioè una volta terminata la discussione in seno alla quinta sessione (incaricata di esaminarla), e subito prima dell'approvazione finale del corpus delle costituzioni sinodali. Il rilievo conferito al lavoro del F. è da attribuirsi pressoché esclusivamente al fatto che, nel suo dettagliato resoconto delle congregazioni e delle sessioni conciliari, non vi è traccia della frase incriminata del decreto sulla Unigenitus. Gli avversari della posizione espressa dal concilio (specialmente gli oppositori dei gesuiti) ne ricavarono così una prova a favore della loro tesi circa un'ipotetica interpolazione nel testo avvenuta successivamente alla votazione, o perlomeno al dibattito tra i padri conciliari.
La presunta testimonianza indiretta del F. circa questo supposto "colpo di mano" della Curia ebbe vasta eco, soprattutto in Francia. Inoltre, il F. avrebbe pagato un pesante scotto per la sua intraprendenza di cronista: con decreto del 5 luglio 1728 il Diario fu messo all'Indice. Secondo quanto riportato dalle Nouvelles ecclésiastiques del 15 ott. 1728 (Fiorani, p. 16), il F. sarebbe incappato nelle maglie dell'Inquisizione, avrebbe subito l'arresto e sarebbe stato rilasciato dietro il pagamento di una cauzione di 2.000 scudi.
Agli inizi del 1730 il F. fu creato da Benedetto XIII arcidiacono della cattedrale bolognese; con la nuova carica assunse anche l'ufficio di cancelliere maggiore dello Studio cittadino. Successivamente Benedetto XIV provvide a fornirlo di una pensione perpetua di 300 scudi. Fu membro della colonia renana dell'Arcadia, mentre in gioventù aveva già fatto parte dell'Accademia dei Gelati. Sostenne la legittimità del diploma teodosiano in favore dello Studio bolognese, che difese contro l'opinione contraria del padre C. Petracchi, dando adito ad un'animata schermaglia erudita, iniziata con le Riflessioni sopra la storia della basilica di S. Stefano di Bologna del p. Petracchi, pubblicate dal F. a Venezia nel 1747 sotto il nome arcade di Filostene Oresteo. Fu anche autore di una Bononiensis Archigymnasii historia in sei volumi, che incorse tuttavia nei rigori della censura ecclesiastica fin dalla presentazione del primo volume per l'imprimatur. Lo stesso Benedetto XIV, con una lettera indirizzatagli l'8 maggio 1748, cercò di persuadere il F. a desistere dalla pubblicazione, e a non sottrarsi alle decisioni dell'inquisitore. Ma i consigli del pontefice non furono sufficienti per convincere il F. a lasciar perdere l'impresa, tanto che la proseguì per altri cinque volumi. L'opera rimase comunque manoscritta e attualmente si trova presso la Biblioteca dell'Archiginnasio, codd. B. 1285-1290.
Nel 1760 il F. divenne lettore di diritto canonico allo Studio bolognese, incarico che mantenne fino alla morte, sopravvenuta in Bologna il 14 ott. 1769.
Fonti e Bibl.: Bibl. apost. Vaticana, S. Congregazione dell'Indice, Decreti varii dal 1642 al 1728, n. 113; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, pp. 334-336; L. Simeoni, Storia dell'Univ. di Bologna, II, Bologna 1940, pp. 134 ss.; L. Fiorani, Il concilio romano del 1725, Roma 1978, pp. 16 ss. e passim; G. Mazzatinti, Inv. dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XXV, p. 26; LXXV, p. 130; LXXIX, p. 12.