ANTELMINELLI, Alessandro
Nacque a Lucca nel 1572 da Bernardino di Baldassarre, mercante. All'epoca della sua giovinezza la fortuna economica degli Antelminelli, una delle prime di Lucca, andava declinando. Vi si alimentavano invece le ambizioni politiche: fin dal 1580 il padre Bernardino intratteneva relazioni con agenti del granduca di Firenze Ferdinando I, che, fomentando a Lucca un partito filofiorentino, voleva preparare l'occasione per annetterla al granducato.
Non si sa in quale misura l'A. fosse al corrente, in questi anni, delle segrete corrispondenze paterne, né quanto in seguito ne sia stato complice, come fu sospettato. Pare, tuttavia, essere stato assente da Lucca durante il triennio 1593-96, in cui si vennero precisando le trame del complotto filofiorentino. E si trovava ad Anversa, dove esercitava la mercatura, quando, nell'estate 1596, ricevette la notizia dell'arresto del padre e del bando, emesso il 2 agosto, che richiamava lui stesso a Lucca pena la condanna a morte in contumacia e una taglia di 1500 scudi. Obbedendo all'ingiunzione, forse senza tutta la sollecitudine possibile, l'A. raggiunse l'Italia, via Lione, verso la fine di ottobre o l'inizio di novembre. Ma allora la sua intenzione dì difendere la propria innocenza davanti al governo lucchese apparve inattuabile. Era già stata pronunciata ed eseguita (30 ottobre) la condanna a morte del padre e dei fratello Arrigo; i beni della famiglia erano confiscati senza detrazione della legittima; i fratelli Scipione e Lelio, ecclesiastico, detenuti in carcere; contro l'A. stesso i sospetti si erano accumulati ed era stata emessa la minacciata condanna a morte (29 ottobre). Fermatosi a Firenze, dove poteva contare sulla protezione è il favore del granduca, l'A., coinvolto ormai nella disgrazia della famiglia, ripartì alcuni giorni dopo, evitando così la sorte dei fratelli Scipione e Lelio, decapitati nell'estate 1597. Per Basilea e attraverso la Lorena, raggiunse Londra, dove si trattenne per un paio di anni.
Il 10 ott. 1597 il Consiglio generale di Lucca creò uno speciale uffizio (composto dal Magistrato dei segretari assistito da tre cittadini) incaricato dell'esecuzione della taglia pendente sull'A., ultimo membro superstite della famiglia. L'uffizio, che ebbe vita per un cinquantennio, fu tenuto esattamente al corrente dei vari spostamenti dell'A. attraverso l'Europa, ma non riuscì mai a farlo raggiungere. Confidenti principali furono mercanti lucchesi all'estero: Niccolò e Ascanio Samminiati e Michele Balbani; fra tutti più pericoloso, un delatore che vendette all'uffizio le più esatte informazioni, celandosi dietro il falso nome di Federigo Landschott.
Informato del soggiorno londinese dell'A., l'"uffizio" lucchese incaricò Marcantonio Franciotti, anticipandogli una provvigione di 200 lire, di rintracciarlo ed ucciderlo. L'A., però, individuato in un tale Teodoro Paleologo sedicente mercante di Pesaro, fiutato il pericolo, disparve. Lasciata l'Inghilterra nel 1599 sotto il finto nome di Amerigo Salvetti, mercante fiorentino (nome che conservò poi per tutta la vita), passò ad Amburgo, a Danzica e, attraverso la Germania e l'Italia settentrionale, a Ragusa. Colà il governo lucchese cercò di farlo sorprendere, giungendo però troppo tardi, quando l'A. era già partito per la Francia. Furono in conseguenza inviati sicari in Francia e chiesta a Genova l'estradizione nel caso di un suo passaggio per la città, ma non si riuscì neppure questa volta a rintracciarlo.
Nel 1600 l'A. si trovava in Italia con due nobili inglesi, il figlio di Edward Wotton e sir Henry Wotton, il quale, implicato nel complotto del conte di Essex, aveva dovuto lasciare l'Inghilterra e si era stabilito a Venezia. Assieme a costoro l'A. venne in Toscana, dove di nuovo il govemo lucchese cercò di farlo uccidere, incaricandone la compagnia di cacciatori di banditi capeggiata da Brugiatello di Minucciano. Ma la protezione del granduca impedì ogni azione contro l'A. in territorio toscano. Nel 1601, corsa la voce di un prossimo viaggio dell'A. a Roma, l'uffizio lucchese prese, d'accordo con Ottavio Guidiccioni governatore dello stato di Castro, tutte le misure per arrestarlo al passaggio per Ronciglione: a questo punto però ne furono perse le tracce. Pare che l'A. abbia continuato ad accompagnare i Wotton fino all'epoca del loro rientro in Inghilterra, dopo la morte della regina Elisabetta (marzo 1603).
Nel 1605 l'A. era a Parigi: l'uffizio lucchese aumentò la taglia, offrendo al suo delatore Landschott 4000 scudi, pagabili attraverso banchieri di sua fiducia. Di nuovo l'A. sparì, spargendo la falsa notizia della sua partenza per la Spagna. Forse a quest'epoca si ruppero i rapporti tra l'A. e Henry Wotton, che, rientrato in Inghilterra, era stato nominato, nel 1604, da Giacomo I, ambasciatore a Venezia. Nel 1606-07 il Wotton intavolò infatti da Venezia trattative segrete con il governo lucchese per consegnargli l'A. in cambio di un appoggio per l'arresto di un seguace del duca di Northumberland, il capitano inglese Robert Eliot, allora rifugiato in Toscana. L'impossibilità di arrestare l'Eliot, protetto dal granduca, fece fallire anche questo tentativo.
Nel 1607 l'A. si stabilì definitivamente in Inghilterra. Continuò a godere del favore del granduca Ferdinando I e poi di Cosimo II, che lo nominò nel 1618 ambasciatore residente di Toscana a Londra, con la provvigione di 200 lire sterline annue, carica che l'A. conservò per tutta la vita. Neppure allora si arrestarono i tentativi dell'uffizio lucchese: nel 1620 Michele Balbani, mercante ad Anversa, doveva, tuttavia, far notare l'impossibilità dicondurre a termine impunemente a Londra un'azione contro l'Antelminelli.
Nella vecchiaia l'A. implorò il perdono della Repubblica, cui indirizzò un'apologia; ma il governo lucchese fu inflessibile, rifiutando di riaprire il processo Antelminelli e di dare lettura in Consiglio delle scritture di Alessandro.
In Inghilterra l'A. sposò la figlia di sir William Colbume, da cui ebbe sei figli, tre femmine e tre maschi, tra cui Giovanni, nato nel 1634.
Morì il 10 luglio 1657.
Dopo la sua morte il granduca Cosimo II chiamò a Firenze il figlio Giovanni e gli trasmise la carica patema di ambasciatore residente a Londra, che questi tenne fino all'anno 1680.
Fonti e Bibl.: Calendar of State Papers and manuscripts existing in the Archives and collections of Venice (1603-1607), X, London 1900, n. 600, 601-, 602; S. Bongi, Storia di Lucrezia Bonvisi lucchese, raccontata sui documenti, Lucca 1864, pp. 66-73, 162-182.