ADIMARI, Alessandro
Nato a Firenze nel 1579 e morto ivi nel 1649. Fu della stessa antica famiglia fiorentina alla quale appartenne Filippo Argenti, e, pur dolendosi che questo suo antenato fosse stato posto da Dante all'Inferno, riconobbe ch'è sempre una gloria l'essere ricordato da tanto poeta. Celebrò in cinquanta sonetti, corredati di note erudite, i più famosi personaggi della sua stirpe. Intitolò quest'opera Clio (1639), ed essendosi proposto "di dare un tributo a ciascuna delle nove muse", impose i loro nomi ad altrettante raccolte di cinquanta sonetti (Polinnia, 1628; Tersicore, 1637; Clio, 1639; Melpomene, 1640; Calliope, 1641; Urania, 1642, ecc.). Con tutti questi versi siamo in pieno secentismo; ma il colmo dell'ingegnosità barocca si ha nell'Urania, dove peraltro tutte le più stravaganti metafore sono giustificate con passi dei sacri testi. Molto meglio riuscì l'A. come traduttore: notevole specialmente è il suo volgarizzamento delle Odi di Pindaro, arricchito di note erudite (Pisa 1631). Tradusse dallo spagnolo una predica del gesuita Jacopo Alberto contro l'abuso delle commedie.
Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Scrittori d'Italia, I, s. v.