SCALA, Alessandra
– Nacque a Colle di Val d’Elsa nel 1475 dal cancelliere della Repubblica fiorentina Bartolomeo Scala e da Maddalena Benci.
Fu la quarta di sei sorelle (Battista, Francesca e Lucrezia, che entrarono nel monastero di San Clemente, Giovanna, che andò sposa a Cristofano Buonaguisi, e Bartolomea, moglie di Vincenzo Gori) ed ebbe due fratelli minori (Giuliano e Lorenzo).
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta studiò humanae litterae allo Studio fiorentino sotto la guida dapprima di Giano Lascaris, che ne cantò le bellezze in sei affettuosi epigrammi in greco, e quindi di Demetrio Calcondila. Tra 1491 e 1494 seguì invece le lezioni di Angelo Poliziano, che si innamorò di lei e le dedicò sette epigrammi greci composti a partire dal 1493. Scala replicò alle attenzioni del maestro con un epigramma in greco, forse redatto con l’aiuto di Lascaris, in cui risulta evidente il gusto per la citazione dotta (ad esempio, da Omero) e l’inclusione di forme proverbiali. Tra gli spasimanti di Scala, oltre ai maestri Lascaris e Poliziano, fu in passato annoverato anche Cristoforo Landino, la cui Xandra fu erroneamente interpretata quale omaggio alla figlia di Bartolomeo Scala. Tra 1492 e 1493 intrattenne uno scambio epistolare in latino con l’umanista veneziana Cassandra Fedele, del quale sono giunte una lettera di elogio scritta da Scala il 6 ottobre 1492, e due lettere di risposta di Fedele, in una delle quali (datata 15 febbraio) viene affrontata la questione se sia meglio per una donna dedicarsi alle lettere o al matrimonio («utrum Musis an viro»: C. Fedele, Epistolae et orationes posthumae, 1636, p. 167). Negli stessi anni Fedele ricordò e lodò le qualità letterarie di Scala anche in altre quattro epistole, due indirizzate al padre Bartolomeo e due a Poliziano.
Nel 1493, come ricorda il maestro Ambrogini in un’epistola inviata sempre a Fedele, Scala prese parte a una rappresentazione dell’Elettra di Sofocle allestita dagli allievi di Lascaris nel palazzo Scala in Borgo Pinti. In quell’occasione il fratello Giuliano interpretò il ruolo di Oreste, mentre Alessandra recitò la parte della protagonista, riscuotendo un enorme successo non soltanto per la sua bellezza, ma soprattutto per la sua straordinaria capacità di recitare versi in greco. Nell’epistola il maestro sottolineò inoltre che l’allieva «dies [...] noctesque in studiis utriusque linguae versatur» (la lettera fu pubblicata in Pesenti, 1915, p. 300). Di tali studi, tuttavia, al di là dell’epigramma greco a Poliziano e dell’epistola latina a Fedele, non rimangono oggi altre tracce. Priva di fondamento è l’attribuzione a Scala di altri carmi greci pubblicati da Zanobi Acciaiuoli in appendice al Liber epigrammatum Graecorum di Poliziano, così come inattendibile è la notizia di una sua presunta conoscenza della lingua persiana; incerta risulta anche la composizione di apologhi esemplati sul modello paterno degli Apologi centum e di una traduzione latina di alcuni opuscoli di Avicenna, testi che sarebbero andati perduti a causa delle inondazioni dell’Arno tra 1557 e 1559. Sull’assenza di opere attribuibili a Scala non mancarono tuttavia già nel XVI secolo alcune illazioni. Secondo quanto riportato da Giovanni David Tomagni nel dialogo Dell’eccellentia de l’huomo sopra quella de la donna... (1565), Scala «ripiena di buone lettere et elegantia ne l’una et l’altra lingua, [...] fu tanto feconda nel verso d’ogni sorte et nella prosa che, havendo composto un’opera da renderla immortale al par di qual si fosse dotto stato a tempi suoi, vedutola il padre l’abbruciò, [...] solo per non volere che si dicesse che una figliuola in dottrina havesse superato il padre» (c. 146rv).
Le sue doti di colta umanista ed esperta di greco e latino le procurarono gli apprezzamenti, tra gli altri, di Andrea Stagi nel poema mitologico Amazonida, di Baldassarre Castiglione nelle prime due redazioni del Cortegiano, di Paolo Giovio negli Elogia doctorum virorum; e ancora nel 1864 fu introdotta da Diego Vitrioli quale interlocutrice (accanto a Pontano, Manuzio, Flaminio e Navagero) del secondo dialogo dell’opera Asinus Pontanianus dal titolo De literis Latinis. Secondo Agnolo Firenzuola, che ne elogiò le qualità nell’Epistola in difesa delle donne (1525), Scala «più mosse con gli arguti epigrammi e con le buone lettere di filosofia il greco Marullo ad infiammarsi di lei [...] che non fece la sua bellezza» (p. 221). Non si conosce con precisione la data delle nozze con Michele Marullo Tarcaniota, celebrate comunque dopo il 1494, anno in cui, come conferma un’epistola di Fedele a Poliziano, Scala risultava ancora sotto la protezione del maestro Ambrogini.
È ormai rifiutata l’idea che la polemica che oppose Poliziano a Marullo e a Bartolomeo Scala sia stata determinata dalla gelosia per la giovane, al tempo non ancora ventenne; più probabile è invece che alla coppia abbia guardato George Eliot per delineare i protagonisti del suo romanzo storico Romola (1863), ambientato nella Firenze di fine Quattrocento.
Fin da prima delle nozze Marullo dedicò a Scala alcuni epigrammi latini in cui ne cantò la straordinaria cultura, ritenuta superiore a quella di Saffo. Il matrimonio ebbe tuttavia breve durata, perché Marullo morì annegato nel fiume Cecina nell’aprile 1500. Dopo la morte del marito, in data imprecisata, Scala scelse di assumere l’abito delle monache benedettine e di ritirarsi nel monastero fiorentino di S. Pier Maggiore.
Qui morì nel 1506 e fu sepolta nell’omonima chiesa.
Opere. L’epigramma greco indirizzato a Poliziano è conservato nel manoscritto autografo di Giano Lascaris Vat. gr. 1412 della Biblioteca apostolica Vaticana, f. 62r; pubblicato con varianti già nell’Opera omnia di Poliziano, Venetiis, in aedibus Aldi Romani, 1498, f. kk6r, e quindi in tutte le successive edizioni degli epigrammi greci di Ambrogini, è stato edito in A. Poliziano, Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite ed inedite, a cura di I. Del Lungo, Firenze 1867, XXX, pp. 201-203; e quindi in Id., Liber epigrammatum Graecorum, a cura di F. Pontani, Roma 2002, XXXb, pp. 141-152; una traduzione in italiano si legge anche in Id., Epigrammi greci, a cura di A. Ardizzoni, Firenze 1951, appendice I, pp. 37 s. La lettera a Cassandra Fedele è edita per la prima volta in C. Fedele, Epistolae et orationes posthumae, Patavii 1636, CVIII, pp. 163 s.; una traduzione inglese, ma con l’errata attribuzione all’umanista veneziana invece che ad Alessandra Scala, si legge in Ead., Letters and orations, a cura di D. Robin, Chicago-London 2000, XII, p. 30.
Fonti e Bibl.: A. Poliziano, Epigrammata Graeca, in Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite ed inedite, XXIX-XXXIII, XLVIII, L, pp. 199-204, 214 s.; Id., Epigrammi greci, XXVIII, XXX-XXXIII, XLVIII, L, pp. 20-22, 28 s., 56-58, 62; e con la stessa numerazione in Id., Liber epigrammatum Graecorum, pp. 129-135, 138-141, 152-157, 200 s., 205-207; M. Marullo, Epigrammaton libri (1497), in Carmina, a cura di A. Perosa, Padova 1951, l. III, 4, p. 56; 41, p. 74; l. IV, 4, pp. 82 s.; 13, p. 87 s.; 18, p. 91; A. Stagi, Opera [...] intitolata Amazonida, Venetia 1503, f. 81r; A. Firenzuola, Epistola in difesa delle donne (1525), in Opere, a cura di D. Maestri, Torino 1977, p. 221; B. Castiglione, Il libro del Cortegiano, nelle redazioni conservate dai manoscritti Vat. lat. 8205, f. 256r, e Vat. lat. 8206, f. 298r (cfr. anche La seconda redazione del “Cortegiano” di Baldassarre Castiglione, a cura di G. Ghinassi, Firenze 1968, p. 258); G. Lascaris, Epigrammata, Parisiis, apud Iacobum Bogardum, 1544, ff. 3v-4v; P. Giovio, Elogia doctorum virorum ab avorum memoria publicatis ingenii monumentis illustrium, Antverpiae, apud Ioan. Bellerum sub insigni Falconis, 1557, p. 61; G.D. Tomagni, Dell’eccellentia de l’huomo sopra quella de la donna libri tre, In Venetia, per Giovanni Varisco e compagni, 1565, l. II, c. 101r; l. III, cc. 146r-147r; M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum omnis generis, Florentiae, apud Philippum Iunctam, 1589, pp. 4 s.; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de’ fiorentini, In Firenze, per Domenico Manzani, 1593, p. 106; F.A. Della Chiesa, Theatro delle donne letterate, con un breve discorso della preminenza e perfettione del sesso donnesco, Mondovì 1620, p. 80; C. Fedele, Epistolae et orationes posthumae, Patavii 1636, CII-CIII, CVIII-CXI, pp. 158-160, 164-167; J. Gaddi, De scriptoribus non ecclesiasticis Graecis, Latinis, Italicis, II, Florentiae 1649, p. 23; L. 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