TERZI, Aleardo
TERZI, Aleardo. – Nacque a Palermo il 6 gennaio 1870 da Andrea, acquerellista e litografo, e da Rose Engel, proveniente da una famiglia di editori svizzeri.
Influenzato da un ambiente familiare ricco di sollecitazioni culturali e artistiche, dopo avere brevemente frequentato, nel 1887-88, l’Accademia di belle arti di Palermo, la lasciò per trasferirsi nei primi anni Novanta a Roma e intraprendere una carriera da disegnatore che lo avrebbe portato a diventare un illustratore editoriale e un cartellonista pubblicitario tra i maggiori della stagione liberty e déco italiana. Fu inoltre incisore, ceramista, scenografo, costumista, disegnatore di moda e di mobili e notevole pittore: già nel 1891-92 partecipò all’Esposizione nazionale di Palermo con il dipinto Momenti di riposo e nel 1894, con il quadro Azalea, vinse il primo premio alla «Mostra fra artisti siciliani» di Palermo. Tuttavia la sua attività pittorica fu quantitativamente meno consistente di quella grafica, che gli dette la maggiore notorietà e nella quale raggiunse risultati particolarmente originali.
Nel 1892 venne chiamato dalla Tribuna illustrata come illustratore delle rubriche Il salotto della signora e Cronaca: fu questa la sua prima, importante ‘palestra’ da disegnatore editoriale, che gli consentì di maturare un linguaggio grafico raffinato e personale, espresso al meglio in eleganti e delicate raffigurazioni femminili. Dal 1897 collaborò con vari editori, tra cui Enrico Voghera, per il quale illustrò collane editoriali come la Piccola collezione Margherita e romanzi di Edoardo Scarfoglio, Matilde Serao e altri autori; Emil M. Engel, editore di famiglia per cui Terzi lavorò insieme al proprio fratello Amedeo John Engel Terzi (1872-1956), disegnatore scientifico, a un volume sui monumenti e i luoghi ameni di Roma; l’Istituto di arti grafiche di Bergamo, per il quale realizzò nel 1900 il suo primo manifesto, Wanda, che pubblicizzava uno stabilimento balneare di Savona.
Nella capitale entrò in contatto con vari artisti, tra cui Enrico Lionne e l’illustratore e cartellonista Giovanni Maria Mataloni, che nel 1898 lo invitò a trasferirsi a Milano per lavorare presso le Officine grafiche Ricordi, all’epoca l’azienda di editoria musicale e di comunicazione grafico-pubblicitaria più progredita in Italia. Alla Ricordi Terzi incontrò grandi cartellonisti come Marcello Dudovich, Leopoldo Metlicovitz, Leonetto Cappiello, Adolfo Hohenstein e altri, divenendo anch’egli parte di un sistema produttivo fondato su una concezione moderna di unione tra arte visiva e pubblicità che era al passo con analoghe esperienze europee, dalle quali tra fine Ottocento e primo Novecento, ‘età d’oro’ della grafica applicata, scaturirono risultati di altissima qualità. Per l’azienda milanese disegnò, firmandoli con la sua caratteristica sigla pentagonale, manifesti, locandine, copertine di spartiti musicali e due serie di cartoline, dedicate al trigesimo della morte di Giuseppe Verdi (1901) e alle inaugurazioni di alcune stagioni della Scala (1901, 1902).
Entro questa produzione sono da ricordare particolarmente i manifesti da lui realizzati tra inizio Novecento e anni Dieci per i Magazzini Mele di Napoli, tra le sue prove più felici per efficacia comunicativa e qualità estetica, aggiornate alla più avanzata produzione grafica europea del tempo, da quella di area secessionista e Jugendstil a quella francese d’impronta art nouveau. Con questi e altri lavori pubblicitari, come quelli creati dal 1911 per l’editore bolognese Chappuis (tra cui il manifesto per l’Esposizione internazionale di Roma del 1911), e con le sue illustrazioni per noti periodici quali, fra gli altri, Emporium (1899), Natura e arte, La Lettura (1901-03, 1907, 1909-19), La Casa (1908-09), L’Illustrazione italiana, Il Secolo XX (1903, 1914-17), Vita internazionale, Rapiditas (1906), Ars et labor (1907-12), Noi e il mondo (1912-14), La Grande illustrazione (1914), Numero (1914), e soprattutto Novissima (1901-10, 1913), lo stile grafico di Terzi maturò, allontanandosi dai pittoricismi e accogliendo moduli tipicamente modernisti d’influsso orientale, quali le campiture cromatiche piatte, gli incastri di tipo ‘positivo-negativo’ tra aree bianche e nere, i pattern decorativi, la spazialità bidimensionale, l’asimmetria compositiva. Alcuni suoi manifesti sono entrati nella storia della pubblicità, come quello del 1914 per il dentifricio Dentol, in cui a fare da insolita testimonial è una scimmia che si lava i denti dondolando su un ramo d’albero, e quello del 1921 commissionatogli da Chappuis per il colorificio Max Meyer, raffigurante un cagnolino con un pennello sporco di vernice tra i denti.
Dopo un breve soggiorno a Londra presso il fratello nel 1903, l’anno seguente Terzi venne chiamato come direttore e disegnatore dall’editore Danesi di Roma, per il quale lavorò fino al 1910, e nel 1905 sposò Adele Bonfiglio, che gli diede tre figli. Tornato a Milano, nel 1906 illustrò per la casa editrice di Novissima il libro Cantilene dei bambini e vinse un concorso per una copertina bandito dal Giornalino della domenica, testata con cui collaborò dal 1907 al 1919. A partire da queste esperienze affiancò alle sue attività quella di illustratore per l’infanzia, che annoverò nel tempo molte altre fortunate collaborazioni editoriali, fra cui quelle con Il Corriere dei piccoli e con le collane La bibliotechina della lampada, diretta da Arnoldo Mondadori e Tomaso Monicelli, e La scala d’oro della UTET. In quest’ambito dimostrò una notevole duttilità adeguando il suo registro stilistico, caratterizzato da un segno lieve dialogante con ampi spazi vuoti, alle capacità cognitive dei piccoli fruitori, così da «conservare una compattezza ed un rigore che dovettero consentirgli di farsi ‘leggere’ chiaramente dal suo pubblico infantile» (Faeti, 1972, p. 231), e inserendosi dunque a pieno titolo in quella che Antonio Faeti ha definito come la tradizione italiana dei «figurinai».
Tra le pagine di Novissima, esperienza di punta nell’ambito dell’editoria periodica illustrata italiana, Terzi affinò il suo linguaggio grafico elegantemente liberty, disegnando dal 1906 la serie Eterno femminino, «in cui il modulo della silhouette in nero, con riferimenti alla grafica viennese ma anche a Giorgio Kienerk e a Marcello Dudovich, si mescola alla preziosità dell’acquatinta colorata, nella cui tecnica puntinata è visibile una consumata perizia divisionista» (M. Adamo, in I manifesti Mele, 1988, p. 238). Ma fu soprattutto nella pittura di Terzi che si manifestò tale vicinanza al divisionismo, come attestano i dipinti esposti tra il 1913 e il 1916 alle mostre della Secessione romana, di cui egli fu uno degli animatori, disegnando le copertine dei cataloghi e curando alcuni allestimenti (decorazioni e arredi per la sala degli impressionisti francesi, 1913; fregio per la sala internazionale, 1914). Nel vivace ambiente secessionista romano frequentò Camillo Innocenti e soprattutto Duilio Cambellotti, che lo indirizzò alla ceramica e con il quale aveva già collaborato in passato, illustrando insieme a lui nel 1906 il libro La navigazione generale italiana delle origini. Alle mostre della Secessione, accanto a dipinti divisionisti come Meriggio d’autunno, Mattino d’estate (1913), Ritratto, La donna dalle calze verdi (1914), Terzi non mancò di esporre anche opere grafiche, nelle sale del bianco e nero. Come pittore divisionista, tra gli anni Dieci e Venti prese parte in Italia a varie altre mostre, tra cui l’Esposizione d’arte alla Floridiana (Napoli, 1919), e la Biennale napoletana e quella romana, entrambe del 1921. Fu inoltre tra gli organizzatori della I e della II Mostra primaverile di Fiamma (Roma, 1922; Napoli, 1923), dei cui cataloghi disegnò le copertine.
Alla vigilia della Grande Guerra e dopo di essa lavorò, oltre che in campo grafico e pittorico, in molteplici ambiti delle arti applicate e decorative, dalla ceramica all’arredamento, dalla moda alla scenografia e ai costumi teatrali, interpretando pienamente l’idea modernista, di ascendenza wagneriana, di comunicazione e parificazione tra le arti. Si ricordano le maioliche decorate nel 1912 per la Richard-Ginori a Doccia esposte alla Biennale di Venezia, le partecipazioni del 1914 alla Mostra internazionale del libro di Lipsia e alla Mostra della moda femminile al Circolo artistico di Roma, e nel 1923, con la cerchia romana di Cambellotti, alla Biennale delle arti decorative di Monza.
La multiforme carriera artistica di Terzi fu coronata da incarichi di prestigio: dal 1925 al 1930 diresse l’Istituto per la decorazione e l’illustrazione del libro a Urbino, presso il quale svolse anche attività di docenza, e collaborò con l’Ufficio artistico dell’Istituto della Enciclopedia Italiana per i volumi dal V (1930) al XVIII (1933) dell’Enciclopedia Italiana Treccani. Negli anni Trenta proseguì l’attività pubblicitaria ed editoriale, dirigendo l’ufficio propaganda della ditta Wander di Milano e realizzando circa duecento illustrazioni per racconti mitologici, fiabe e leggende, in seguito pubblicate nell’Enciclopedia della fiaba curata da Fernando Palazzi (Milano 1941).
Terzi trascorse i suoi ultimi anni di vita a Castelletto Ticino, presso Novara, dove si dedicò prevalentemente alla pittura di piccolo formato, realizzando ritratti, paesaggi e nature morte.
Morì a Castelletto Ticino il 15 luglio 1943.
Fonti e Bibl.: A. Rubino, Gli artisti del libro: A. T., in Il Risorgimento grafico, VI (1908), 5-6, pp. 73-77; M. Labò, Cartelloni italiani, in Varietas, X (1913), 105, pp. 25 s., 29; A. Faeti, Guardare le figure. Gli illustratori italiani dei libri per l’infanzia, Torino 1972, pp. 228-231, 403 s.; M. Gallo, I manifesti nella storia e nel costume, Roma 1972, pp. 90, 139 e passim; A. T., 1870-1943 (catal.), Roma [1981]; M. Quesada, A. T. tra Liberty e Déco, Palermo 1982; E. Cassoni, Il cartellonismo e l’illustrazione in Italia dal 1875 al 1950, Roma 1984, passim; G. Dainotti, A. T., in Secessione romana, 1913-1916 (catal.), a cura di R. Bossaglia - M. Quesada - P. Spadini, Roma 1987, p. 310; P. Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana, Bologna 1988, passim; I manifesti Mele. Immagini aristocratiche della “belle époque” per un pubblico di grandi magazzini (catal., Napoli), a cura di M. Picone Petrusa, Milano-Roma 1988 (in partic. M. Adamo, A. T., p. 238, e passim); G. Fanelli - E. Godoli, Dizionario degli illustratori simbolisti e Art Nouveau, Firenze 1990, s.v.; G. Salvatori, T. A., in La pittura in Italia. Il Novecento, I, a cura di C. Pirovano, Milano 1992, pp. 1087 s.