FRANGIPANE, Aldruda (Altruda, Boltruda)
Sebbene il suo nome non compaia quasi mai nelle monografie, anche più recenti, relative ai Frangipane, sembra ormai accertato che appartenesse a questa potente famiglia romana. Nata probabilmente poco dopo il 1120 (si ignorano i nomi dei genitori), notizie certe sul suo conto compaiono a partire dal 1142. Questo, infatti, è l'anno in cui l'arcivescovo di Ravenna Gualtiero si dichiarava disposto a rinnovare l'investitura del castello di Bertinoro al conte Rainerio (I), figlio di Cavalcaconte (I), se avesse acconsentito a sposare una nobile donna appartenente alla famiglia romana dei Frangipane. Che si trattasse poi della F. si deduce da un secondo documento, redatto il 29 dic. 1143 (non 1144, data con cui viene citato da quasi tutta la storiografia locale), con cui papa Celestino II concedeva in locazione il feudo di Bertinoro a Pietro degli Onesti come tutore dei figli del fu Rainerio e della stessa F. (chiamata Boltruda nel documento), alla quale, nell'ipotesi che essi morissero senza eredi legittimi, sarebbe spettato il governo del feudo. Dall'atto si rileva che tali possedimenti, sui quali il papa rivendicava l'alta sovranità della Chiesa, erano sparsi nei comitati di Forlimpopoli, Forlì, Montefeltro, Bobbio, Rimini, Faenza, Imola, Bologna, Città di Castello, Cesena e Cervia, nella pieve di Bagno e in altri castelli e città. Tra i testimoni, erano presenti anche Cencio e Oddone Frangipane, parenti di Aldruda. Si può quindi pensare che il matrimonio tra la F. e il conte Rainerio sia stato celebrato nello stesso 1142, poco dopo la sopra ricordata promessa dell'arcivescovo Gualtiero. Dal secondo documento risulta anche che alla fine del 1143, la giovane vedova aveva un figlio di pochi mesi, Cavalcaconte (II) - che morì poi a Venezia nel 1177 - ed era in attesa di un secondo, Rainerio (II), di cui, dopo il 1153, non si hanno più notizie.
Questo matrimonio è stato interpretato dalla storiografia più recente come un primo segnale della mutata politica della Curia romana verso Ravenna e la Romagna: esso sarebbe infatti il risultato dell'azione combinata del presule ravennate Gualtiero, da una parte, il quale desiderava riconciliarsi con la Chiesa romana nel tentativo di recuperare il prestigio perso dalla sua sede e, dall'altra, dalla stessa Curia romana che cominciava a esercitare nuovamente la sua influenza in Romagna favorendovi la penetrazione della nobiltà romana fedele al partito papale.
Negli anni seguenti, la F. compare soltanto in altri due documenti, sempre associata ai figli. Il 31 luglio 1152, insieme a Rainerio, rinunciò a favore del monastero di S. Pietro, a ogni diritto su Castellabate e sulla pieve di S. Martino in Bordonchio. Nel giugno 1153, la F. e suo figlio fecero atto di donazione a Rolando, abate del monastero di S. Maria in Insula e vicario di Rodolfo, priore camaldolese, del monastero della Ss. Trinità di Monte Ercole, sito nel contado di Montefeltro. La donazione venne fatta a suffragio delle anime del conte Rainerio, marito della F., e del padre di quest'ultimo, Cavalcaconte (I). Anche dopo che il primogenito Cavalcaconte (II) fu uscito di minorità, la F. continuò a reggere il governo di Bertinoro, ove tenne una splendida corte, dando notevole respiro alle consuetudini cavalleresche e alla letteratura cortese e ove accolse con magnificenza trovatori e nobili, sia ravennati sia romani.
La politica della F. si caratterizzò in senso decisamente antimperiale e culminò, nel 1173, nella coraggiosa partecipazione alla difesa di Ancona, nel tentativo di favorire la dinastia bizantina dei Comneni con la quale la sua famiglia si era da poco imparentata. Infatti nel 1170 Oddone Frangipane, che il 29 dic. 1143 aveva testimoniato all'atto di Celestino II, aveva sposato Eudocia, nipote dello stesso imperatore Manuele Comneno, e questo matrimonio aveva senza dubbio sigillato l'alleanza tra bizantini e guelfi.
L'assedio di Ancona si svolse tra l'aprile e l'ottobre 1173 e fu condotto dall'arcivescovo Cristiano di Magonza, cancelliere di Federico I, a capo delle truppe imperiali germaniche, rinforzate da una larga alleanza locale. La città, che l'imperatore bizantino aveva di fatto trasformato in una sua testa di ponte per il recupero dei territori italiani, attaccata anche dal mare dai Veneziani, era ormai allo stremo, allorché giunsero in suo aiuto, a sbaragliare gli assedianti, i Ferraresi guidati da Guglielmo Marchesella e le truppe bertinoresi condotte dalla contessa Aldruda Frangipane.
Alla luce della testimonianza fornita da Boncompagno da Signa, ma soprattutto dai coevi scrittori bizantini (tutti concordi nel ricordare la contessa - il cui nome però, da questi ultimi, non viene quasi mai riportato - come donna potente, virile, magnanima e fedele al marito anche nello stato vedovile), la storiografia romantica ha interpretato la sua partecipazione all'assedio di Ancona come un'azione mossa da spirito antiteutonico e da amore patrio. E infatti l'epica figura della F., donna guerriera che precede le truppe innalzando lo stendardo e invocando il nome dell'imperatore Manuele, acquistò un tale valore paradigmatico da essere presentata, in particolare da Eustazio di Tessalonica (che scriveva il suo panegirico all'inizio del 1174), migliore delle stesse donne bibliche Giuditta e Giaele. La massima gloria della contessa era, secondo questi scrittori, la fedeltà da lei dimostrata verso il basileus, che l'aveva portata, non contenta di inviare le sue truppe, ad affrontare di persona il combattimento.
Dopo l'assedio di Ancona non si ha più alcuna notizia della Frangipane.
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