LAMBERTINI, Aldraghetto
Nacque a Bologna intorno al 1355 da Egano di Guido e da Tommasina di Aldraghetto da Castelbarco. Ebbe una sorella, Aylicia, e un fratello, Malatesta, forse figlio naturale di Egano.
Del periodo iniziale della sua vita, segnato dalla forte personalità del padre, i soli elementi sicuri attengono ad aspetti strettamente privati. Nel 1377 sposò Beatrice di Guido Roberti da Reggio e ne nacquero Giovanna, Nicolò, Alberto e Carlo. La famiglia della moglie era legata alla casa d'Este da vincoli di vassallaggio e di stretta familiarità, ma il Roberti aveva scelto di abitare a Bologna e comperato terre vicino alla città. Il matrimonio del L. con Beatrice, che il padre dotò di 1000 ducati, rientrava perciò in un contesto in cui agivano da un lato i legami con gli Estensi, che il padre del L. stava allora rinsaldando, e dall'altro l'intento del Roberti di stringere rapporti con una delle più nobili e ricche casate bolognesi.
Nel 1386 Beatrice morì, e poco dopo il L. sposò Dialta di Besazione dei conti di Piagnano, dalla quale nacquero Egano, Malatesta, Guidantonio, Amadea e Margherita. Nell'ottobre 1388 il primo di questi figli ebbe come padrino Carlo Malatesta, signore di Rimini: una delle prestigiose relazioni alle quali il L. dedicò anche in seguito grande attenzione. Nel 1389 è testimoniato un suo pellegrinaggio in Terrasanta con largo seguito di amici.
Nel 1390 il L. era a Ferrara con il padre e il fratello e in ottobre fu con loro inquisito in Bologna per non aver abbandonato la giurisdizione estense mentre la città era in guerra contro il marchese Alberto (V). A Ferrara restò anche nel 1391, ma nel febbraio 1392, quando Alberto concesse in feudo al padre e al fratello terre e vigneti nel Ferrarese, il L. aveva ripreso dimora nella giurisdizione bolognese. La separazione lo portò a esiti politici diversi da quelli del padre, che aveva fatto dei legami con gli Estensi la sua priorità.
Nel settembre 1395 il padre morì e il L., unico erede, divenne titolare di uno dei maggiori patrimoni di Bologna, fondato sulle proprietà immobiliari intorno a Poggio Renatico, e membro di prestigio della oligarchia cittadina. Niccolò (III) d'Este, consapevole dell'importanza di tenere legato a sé il L., il 4 apr. 1396 gli rinnovò tutte le concessioni in feudo elargite al padre; ma le mire mai dismesse di casa d'Este sul territorio bolognese e sulla stessa città rendevano queste concessioni un legame imbarazzante per il L., deciso a fare di Bologna il centro della sua azione economica e politica.
Sintomo di tale decisione fu l'effettiva riattivazione del mulino di Caprara di Piano, caparbiamente perseguita dal L. e ottenuta nell'agosto 1398, che costituiva uno strumento di aggregazione dell'ampio territorio circostante e un elemento di rilievo, anche politico, nelle terre al confine verso Ferrara. Tratti emblematici furono anche i rapporti, di puro prestigio, che il L. instaurò con case regnanti, come quelli con Carlo VI - che nel 1398 concesse di inserire nello stemma gentilizio dei Lambertini le rose dei nobili di Francia -, e con Amedeo VIII conte di Savoia, che assentì a dare il suo nome al primo figlio che gli fosse nato. Riflessi sostanziali ebbe invece la nomina a familiare del duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, ottenuta anch'essa nel 1398.
Nel marzo 1399 il L. fu nel Collegio degli anziani, quando Giovanni Bentivoglio e Nanne Gozzadini tentarono di scalzare il predominio di Carlo Zambeccari. Il tentativo fallì e il governo bolognese reagì con il bando dei capi rivoltosi, che però poterono rientrare in città dopo la morte di Zambeccari. Il 17 marzo 1400 Bentivoglio fu acclamato signore. Fallì peraltro il suo tentativo di aggregare a sé l'oligarchia cittadina e molti nobili, abbandonata Bologna, trovarono interessata ospitalità nei domini viscontei.
All'inizio del 1402, allorché Gian Galeazzo approntò un esercito per assalire Bologna, il L. prese parte all'azione con altri fuorusciti e, dopo la vittoria di Casalecchio del 26 giugno, fu armato cavaliere da Francesco Gonzaga, capitano delle milizie viscontee. Nel luglio il L. fece parte dell'ambasciata che a Pavia recò a Gian Galeazzo l'atto di sottomissione di Bologna. La morte nel settembre 1402 di Gian Galeazzo diede luogo a una nuova lega antiviscontea. A capo delle milizie fu posto Niccolò (III) d'Este che ne affidò il comando a Uguccione Contrari e nel giugno 1403 questi attaccò i centri fortificati sul confine bolognese. Caddero la torre dell'Uccellino e il castello di Poggio Renatico che fu messo a sacco. Nello stesso tempo Niccolò confiscò le proprietà del L. a Ferrara e gli sostituì nelle concessioni feudali il Contrari, al quale assegnò anche Poggio Renatico. La cessione di Bologna alla Chiesa, sanzionata dalla pace separata del 25 ag. 1403 della reggente Caterina Visconti con il legato pontificio Baldassarre Cossa, non mutò la situazione, poiché Niccolò riuscì a mantenere il controllo dei centri sul confine bolognese appena conquistati. Le cronache riportano che solo nel 1408 il L. rientrò in possesso del castello di Poggio Renatico: se ne prese merito il Cossa, ma non sembra che il L. divenisse per questo un suo sostenitore. Assunse invece un ruolo di primo piano nelle file dell'oligarchia, soprattutto dopo che nel maggio 1411 una rivolta aveva dato il potere a elementi popolari. La sua opposizione al nuovo regime parve aperta sedizione e, con alcuni compagni, fu arrestato e condannato a morte. Il L. morì il 9 marzo 1412, decapitato nella piazza Maggiore di Bologna.
Aveva dettato in cella il suo testamento: ordinata la restituzione della dote alla seconda moglie, Dialta, e la costituzione di una dote di 500 ducati per le figlie Amadea e Margherita, disposti vari piccoli legati e remissioni di debiti, attribuiva ai nipoti Bartolomeo e Carlo, soli discendenti del suo primo matrimonio, unicamente la quota legittima, e nominava eredi universali Egano, Malatesta e Guidantonio, figli di secondo letto. Non spiegava i motivi di tale trattamento, ma sembra che avessero origini lontane, poiché documenti del 1398 attestano una sua notevole freddezza verso i figli e la famiglia della prima moglie.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune-Governo, Provvigioni cartacee, s. III, 73, c. 20; 77, c. 29; Archivio Lambertini, b. 9; Arch. di Stato di Modena, Arch. segreto Estense, Catastri investiture, N, c. 16; Camera ducale, Notai di Ferrara, Nicolò d'Abbadia, c. 176v; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Gozzadini, 85: Epitome ovvero Cronologia… della famiglia Lambertini, cc. 101-111; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 1, vol. III, ad ind.; M. de Griffonibus, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, ibid., XVIII, 2, ad ind.; Pietro di Mattiolo, Cronaca bolognese, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, pp. 122, 239; P. Zambeccari, Epistolario, a cura di L. Frati, Roma 1929, pp. 18-21; C. Ghirardacci, Historia di vari successi… della città di Bologna, Bologna 1669, pp. 535, 591; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, pp. 441 s.; A. Longhi, Il palazzo Vizani (ora Sanguinetti) e le famiglie illustri che lo possedettero, Bologna 1902, pp. 109, 123; A. Palmieri, La congiura per sottomettere Bologna al conte di Virtù, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 4, VI (1916), p. 211; D. Trevor, Terra e potere a Ferrara nel tardo Medioevo, Modena-Ferrara 1990, pp. 97-99, 104.