FONTANA, Aldighiero
Nacque, con ogni probabilità in Ferrara, intorno al primo decennio del XIII secolo.
La provenienza della famiglia Fontana è stata in passato oggetto di discussione: un brano della Chronica parva di Riccobaldo da Ferrara afferma infatti che i Fontana "ex Aldigeriis sunt exorti", anche se tale affermazione non è suffragata da alcuna prova documentaria. Sempre Riccobaldo, precedentemente al passo citato, scrive con maggiore chiarezza: "Aldigerii de Fontana, qui nunc Fontanenses dicuntur". Tale brano suggerisce quindi che i Fontanesi, tra i quali il nome Aldighiero è spesso ricorrente - il F. è il secondo o il terzo con questo nome che conosciamo -, derivino da un capostipite "de Fontana". Il legame con gli Aldighieri sarebbe quindi poco probabile e le osservazioni fatte dall'Ostoja circa una netta distinzione delle due famiglie acquisterebbero un nuovo valore.
Nella contesa che vide opporsi per il predominio politico cittadino le famiglie Torelli ed Este, i Fontana furono costantemente insieme con i Turchi e i Giocoli tra i maggiori sostenitori degli Estensi, anche se nulla sappiamo circa il ruolo da essi svolto fino alla presa della città avvenuta nel 1240 da parte di Azzo (VII).Il primo atto della vita pubblica ferrarese che documenta la partecipazione del F. è la conclusione dell'alleanza fra Bologna e Ferrara, siglata il 2 luglio 1240, nella quale egli compare come testimone. A partire da quella data la sua fortuna appare in continua e rapida crescita: più che all'appoggio di Azzo (VII), essa fu dovuta all'amicizia e al sostegno di Filippo da Pistoia, arcivescovo dì Ravenna e vescovo di Ferrara, del quale il F. ricoprì il ruolo dì visconte tra l'aprile 1247 ed il marzo 1257, come risulta da numerosi atti. Nel giugno 1260, poco dopo l'entrata in città in veste di flagellanti degli esponenti delle famiglie allontanate da Ferrara in seguito alla presa di potere di Azzo (VII), entrata con ogni probabilità sostenuta e favorita dall'arcivescovo Filippo, i ripetuti tentativi dei Turchi per ottenere l'egemonia sulle altre nobili famiglie si conclusero con la cacciata dei Fontana, tra i quali anche lo stesso F., dalla città. Dietro questo avvenimento si intravede non solo la forte opposizione politica tra i Fontana e i Turchi, ma anche, probabilmente, la discorde opinione tra il F. ed Azzo (VII) - il primo sostenitore del movimento dei flagellanti, il secondo contrario - sul modo di intendere la spiritualità. Il 20 febbraio dell'anno successivo il F. fu comunque in grado di ritornare e costringere alla fuga la famiglia rivale.
A partire da quella data l'ascendente del F. su Azzo fu sempre costante, fino al punto che Riccobaldo giungeva a scrivere che la corte estense e la città erano rette con il suo parere ed assenso. La sua influenza fu particolarmente evidente quando egli riuscì a convincere il signore di Ferrara a designare quale erede il nipote Obizzo. In una riunione privata tenutasi poco prima della morte dell'Este, a cui oltre al F. ed alle più eminenti personalità cittadine parteciparono anche gli amici "potentes" delle città vicine, il F. sostenne con vigore la successione di Obizzo contro il parere di altri, fra i quali l'arcivescovo Filippo, favorevoli, al contrario, ad una eventuale presa del potere da parte dello stesso Fontana. La decisione del F. può sembrare sorprendente, ma essa rientrava, come sottolineato opportunamente da Riccobaldo, in una cosciente ed accorta mossa politica. La candidatura di Obizzo era stata osteggiata da un vasto schieramento per la scarsa affidabilità di un giovane di diciassette anni, poco noto per essere vissuto a lungo lontano da Ferrara e del quale quindi non si potevano prevedere comportamenti, inclinazioni, virtù e difetti. Furono proprio queste caratteristiche ad indurre invece il F. - preoccupato di mantenere in città il proprio ruolo egemone, ma non ancora tanto forte da imporre formalmente il suo nome - a sostenere l'ascesa di Obizzo ai vertici del potere.La successiva conferma di quanto deciso privatamente avvenne subito dopo la sepoltura di Azzo (1264), quando il F., per ottenere l'approvazione della successione di Obizzo, arringò la folla minacciando, in caso di mancata conferma, di creare dal nulla con l'aiuto dei suoi sostenitori, un signore fantoccio ("Unum dominatorem construeremus ex paleis"). L'acclamazione popolare - compiuta sotto vigilanza armata - sancì la volontà del F., e gli anni direttamente successivi dettero ragione della sua scelta tattica: egli infatti nominava e costituiva, per conto di Obizzo, funzionari e consiglieri in città e nella corte del signore, del quale si preoccupò anche di difendere ed accrescere il patrimonio.
Verso la fine degli anni Sessanta il clima politico subì però un deterioramento e l'antagonismo tra Obizzo ed il F. si manifestò in modo evidente. Il primo segno della rivalità ci è noto sul finire del 1269, quando il 20 dicembre il F. risulta testimone accanto al vescovo Filippo, a Federico arciprete ed ai nobili Menabò - antichi partigiani dei Torelli - alla certificazione notarile di un miracolo avvenuto sul sepolcro di Armanno Pungilupo, un uomo di conosciuta fama e religiosità, da molti ritenuto santo. L'opposizione alla diffusione del culto dei Pungilupo (che sarà giudicato eretico trent'anni più tardi, e il cui corpo verrà bruciato e le ceneri disperse) sostenuta da Obizzo ricorda l'atteggiamento ostile manifestato a suo tempo da Azzo (VII) nei confronti dei flagellanti, e pare una conferma della diversità di vedute che divideva, sul piano della manifestazione della pietà religiosa, gli Estensi dai Fontana, ma è anche una significativa testimonianza dell'avvenuto deteriorarsi dei rapporti fra il signore di Ferrara ed il suo potente sostenitore. A sei anni di distanza dal riconoscimento ufficiale del suo potere, Obizzo d'Este era cresciuto d'età e mostrava di non voler essere affatto una semplice pedina nelle mani del Fontana.
I contrasti con il F. dovettero essere frequenti e noti a tutti se la morte improvvisa di questo, avvenuta nel luglio 1270 forse per avvelenamento, fu imputata - come osserva Riccobaldo - proprio al signore d'Este.
Scomparso il F. e gravemente infermo l'amico arcivescovo Filippo, oramai prossimo anch'egli alla morte, la rottura aperta e violenta tra Estensi e Fontana si consumò immediatamente. Nell'agosto dello stesso 1270 il fratello ed il figlio del F., insieme con altri nobili, si opposero con la forza ad Obizzo ma vennero sopraffatti. Non si trattò di un episodio isolato: la lotta continuò a lungo, fino all'allontanamento definitivo della famiglia, del resto già fortemente decimata, nei primi mesi del 1277.
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