MONETA, Alcibiade
– Nacque a Casalmaggiore, nei pressi di Cremona, il 26 luglio 1851 da Carlo e da Margherita Biolchi. Le sue prime esperienze politiche coincisero con la militanza garibaldina: per arruolarsi volontario nel 1866, il quindicenne M. fuggì dal collegio Giussani del suo paese natale. Nel 1867 fu di nuovo con G. Garibaldi nella spedizione conclusa a Mentana e ancora tre anni più tardi, in Francia, combatté nella garibaldina Armata dei Vosgi. Al suo rientro in Italia il M. visse a Torino, dove fu redattore del Bollettino generale, foglio finanziario piemontese di antica tradizione. Fondò poi a Milano un altro periodico, Il Mercurio, organo industriale e commerciale sulle cui pagine il M. si espresse a favore di una democratizzazione della finanza, denunciando i guasti procurati alle attività economiche e all’intero corpo sociale dal monopolio esercitato da gruppi oligarchici. Dopo aver fondato un altro giornale, Il Reduce italiano, organo della Società dei reduci delle patrie battaglie di Milano, nel 1879 il M. fu segnalato in Svizzera, dove ebbe modo di maturare politicamente in contatto con economisti e attivisti di orientamento socialista, quali B. Malon, A. Costa, E. Bignami.
Il suo itinerario politico non fu diverso da quello di molti altri giovani che, già volontari nelle ultime iniziative garibaldine, svolsero nell’area padana un ruolo decisivo nel dar vita a iniziative associative e protosindacali di indubbia rilevanza. In tal senso il contesto mantovano è particolarmente significativo e fu lì che il M. operò per lunghi anni, dalla fine del 1879, dopo il soggiorno elvetico. Nel 1880 fondò con A. Scalzotto la Società dell’uguaglianza sociale, nella quale si riunivano le forze progressiste locali e tra il maggio e il giugno 1881 fu direttore del Mincio, organo della Società democratica mantovana. Nell’agosto dello stesso anno il M. acquistò La Favilla, cui già aveva iniziato a collaborare nel 1879; da quel momento dispose di una tribuna dalla quale mettere in atto la sua propaganda a sostegno dell’emancipazione del proletariato agricolo e operaio.
Nel frattempo, nel luglio del 1881, aveva dato vita con A. Scalzotto al circolo socialista mantovano, a partire dal quale anche il M. si impegnò per la penetrazione nelle campagne. Fu su queste basi che il M. costruì la sua prima candidatura alle elezioni politiche, nel 1882, presentandosi nella lista della Democrazia mantovana come rappresentante del Partito operaio italiano. Il M. e Cesare Aroldi, un altro reduce dell’esercito dei Vosgi, risultarono i primi dei non eletti, avendo potuto beneficiare dell’estensione del suffragio a più ampi gruppi sociali. Nel frattempo il M. aveva sostenuto in prima persona e attraverso le pagine del suo giornale gli scioperi bracciantili del marzo 1882. Aveva anche preso parte agli scontri, ricordati come i «fatti della bandiera rossa dell’8 e 9 giugno».
Pochi giorni dopo la morte di Garibaldi, nel giugno del 1882, i componenti della Società dei nuovi elettori e i rappresentanti delle associazioni politiche operaie mantovane parteciparono in piazza Sordello alle onoranze in onore del generale davanti al monumento ai martiri di Belfiore. Motivo – o pretesto – scatenante degli scontri tra manifestanti e forza pubblica fu la presenza di una bandiera rossa con cui si erano presentati i socialisti. Sequestrato il drappo facendo ricorso anche alle armi, si appurò che esso portava l’iscrizione «Viva Garibaldi – i repubblicani e i socialisti» . In quell’occasione il M. venne individuato come colui che guidava la folla con parole – «avanti!», «coraggio!» – interpretate come incitazione alla rivolta. Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine si ebbero anche il giorno successivo: con l’imputazione del reato di ribellione si effettuarono numerosi arresti, cui non si sottrasse lo stesso Moneta.
Le conseguenze giudiziarie che ne seguirono rappresentarono sicuramente uno spartiacque nella sua vicenda politica ed esistenziale: per sfuggire a diverse condanne che, partendo degli eventi di giugno, finivano in realtà con il sanzionare principalmente la sua attività giornalistica, il M. riuscì a riparare in Spagna, dove si trovò costretto a lavorare come minatore. Da quell'esperienza sarebbero nati i Ricordi di un condannato, pubblicati in appendice a La Favilla nei primi mesi del 1884, nelle cui pagine trovarono spazio non solo vicende personali, ma anche riflessioni sul quadro politico spagnolo e sulle condizioni dei lavoratori.
Il ritorno in Italia gli fu reso possibile dall’elezione a deputato, ottenuta nelle consultazioni politiche del maggio 1886, di nuovo nella Democrazia sociale mantovana come rappresentante dei socialisti. Mentre in sede locale si espose e si adoperò a favore della nascita di un unico partito dei lavoratori, i suoi interventi parlamentari non furono molto numerosi: emblematico di quella sua fase politica fu il discorso che pronunciò alla Camera il 6 dic. 1888, nel quale denunciò il fenomeno dell’emigrazione di massa, che a suo parere avrebbe dovuto essere contrastata attraverso la messa a coltura e la bonifica di vaste zone del territorio nazionale e il riconoscimento di un ruolo centrale al movimento cooperativo. Anche l’anno precedente il M. era stato protagonista a Mantova di un aspro scontro, sfociato in processo, con E. Sartori, da lui accusato di essere un entusiastico promotore dell’emigrazione nell'America del Sud.
Se al pari di altri deputati mantovani come i radicali E. Ferri e M. Panizza, il M. rivendicò a più riprese maggiori investimenti da parte del governo a sostegno del movimento cooperativo, nella legislatura 1886-90 si delineò in lui un’ambigua evoluzione ideologica che lo portò a essere accusato di filomonarchismo sia dai socialisti che dagli anarco-rivoluzionari mantovani. Furono accuse alle quali il M. si sentì in dovere di rispondere attraverso una lettera aperta indirizzata nel febbraio 1889 a La Provincia di Mantova, nella quale sosteneva che il luogo dell’azione rivoluzionaria era la piazza, non il Parlamento, dove non trovava contraddittorio inchinarsi alla monarchia «da avversario leale», mentre il «cuore del cittadino» continuava a coltivare la fede nella «libertà del domani». Di lì a poco la partecipazione ai funerali del duca Amedeo d’Aosta gli sarebbe costata l’espulsione dal gruppo parlamentare dell’Estrema Sinistra.
La fine degli anni Ottanta fu caratterizzata per il M. da iniziative e orientamenti contraddittori, che lo esposero ad accuse di incoerenza e di anacronismo e talvolta a feroci contestazioni da parte degli stessi contadini mantovani più politicizzati, a sostegno delle cui rivendicazioni aveva costruito la sua credibilità e la sua carriera politica. Contrariamente a quanto andava sostenendo in ambito parlamentare, in sede locale il M. continuò a privilegiare metodi di azione legati ai tradizionali modelli di resistenza. Lo stesso movimento cooperativo, di cui stava promuovendo l’unificazione anche attraverso il periodico Il Contadino, da lui fondato nel giugno 1889, avrebbe dovuto avere come scopo precipuo, nella sua ottica, il finanziamento di tali iniziative. Sempre più isolato, dunque, rispetto alle tendenze riformistiche che si andavano affermando nelle organizzazioni di base, il M. si stava guadagnando anche la crescente ostilità dei socialisti rivoluzionari mantovani, che gli contestavano il diritto di rappresentare le posizioni dei lavoratori.
Concluso il mandato parlamentare nel 1890, il M. ebbe modo di dedicarsi maggiormente agli interessi letterari e teatrali che già aveva coltivato negli anni precedenti, dando vita a una produzione capace di ottenere in alcuni casi un buon riscontro di pubblico: tra i suoi lavori la commedia di ispirazione autobiografica Il minatore, andata perduta, la commedia Cuore e seduzioni (1887), di notevole successo, e l’opera di ispirazione patriottica Tito Speri (1888).
Non rinunciò in ogni caso all’attività pubblicistica, sostenendo i candidati liberali e monarchici nelle consultazioni politiche del 1892, ma dalle stesse colonne de L’Elettore mantovano fondato a quello scopo, ribadiva la propria opzione ideologica socialista. L’anno successivo, in una situazione di precarietà economica e di fragilità mentale, esprimeva un orientamento monarchico sulle pagine de Il ladro, mentre dava a La Favilla un indirizzo che spaziava dall’anarchismo al socialismo legalitario.
Dopo un breve soggiorno romano all’inizio del 1894, nella seconda metà di quello stesso anno fu a Milano, dove condusse una vita miserevole, manifestando segni di una crescente instabilità psichica.
Rientrato nel Mantovano alla fine del 1894, dopo ripetuti e sempre più lunghi ricoveri in strutture manicomiali, il M. morì a Mantova il 30 marzo 1901. Ai suoi funerali presenziarono non solo molti amici e compagni di lotta, ma anche numerose rappresentanze di associazioni e gruppi politici.
Nel necrologio che gli dedicò La Nuova Terra, il M. veniva inserito nella «schiera pugnace che i primi germi del socialismo depose nella coscienza popolare»: quasi a voler suggerire che la sua figura andasse ricordata e valutata non tanto per la coerenza e la consequenzialità del suo itinerario individuale, ma piuttosto per i percorsi collettivi di emancipazione politica e sociale di cui aveva contribuito appassionatamente a gettare i semi.
Oltre alle opere citate, il M. scrisse la commedia L’amore di un carabiniere, Mantova 1884; Rosina, dramma sociale in 5 atti, ibid. 1888; La Kellerina, dramma, 1889; Cravatta bianca, commedia in 5 atti con prologo, Mantova 1890; Il primo maggio, commedia in 5 atti con prologo, Roma 1891; Vita contrastata: psicologia sociale, Milano 1892; Vivi Elena!, commedia, 1893.
Fonti e Bibl.: Necr., in La Provincia di Mantova, 1° e 3 apr. 1901, La Nuova Terra, 7 apr. 1901; I nuovi deputati, in L’Illustrazione italiana, 20 giugno 1886, p. 558; C. Castagnoli, Il movimento contadino nel mantovano dal 1866 al movimento di «La boje», in Movimento operaio, 1955, n. 3-4, pp. 406-419; R. Salvadori, La repubblica socialista mantovana da Belfiore al fascismo, Milano 1966, pp. 43, 46, 64, 66, 70 n., 81-83; I. Barbadoro, Storia del sindacalismo italiano dalla nascita al fascismo, I, La Federterra, Firenze 1973, p. 51; G. Manzini, Padroni e contadini, Milano 1983, ad ind.; 1882. Socialisti e bandiera rossa in piazza Sordello, Mantova 1986, pp. 19, 25, 29, 49-53; M. Fincardi, L’associazionismo garibaldino in un’area padana, tra strategie politiche municipali ed extralocali, in Con la guerra nella memoria: reduci, superstiti, veterani nell'Italia liberale, a cura di A. Preti - F. Tarozzi, in Bollettino del Museo del Risorgimento, XXXIX (1994), pp. 78 s., 83 (numero monografico); M. Vaini, L’unificazione in una provincia agricola, Milano 1998, ad ind.; Un secolo di stampa periodica mantovana 1797-1897, a cura di C. Castagnoli - G. Ciaramelli, Milano 2002, ad ind.; L. Gualtieri, Il socialismo tra mito e storia. Alle origini della «Repubblica socialista mantovana», Milano 2009, ad ind.; M. Bertolotti, I contesti sociali dell'ambiguità. Manifestazioni antisemitiche nel mondo socialista italiano dell'Ottocento, in Antisemitismi a confronto: Francia e Italia. Ideologie, retoriche, politiche, a cura di M. Battini - M.A. Matard Bonucci, Pisa 2010, pp. 60-62, 65; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, in Enc. biografica e bibliografica «Italiana», II, p. 214; F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, ibid., III, pp. 538-541.