Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Albrecht Dürer introduce le conquiste del Rinascimento italiano in Germania, svolgendo un ruolo centrale nel superamento della tradizione tardogotica. La sua opera di incisore rivoluziona completamente le tecniche delle arti grafiche, mentre i suoi dipinti danno prova di una straordinaria ricettività ai più diversi stimoli figurativi: dalla pittura italiana a quella fiamminga. I suoi scritti sono il primo esempio di trattatistica d’arte nei paesi nordici.
Incisioni e xilografie
"Si può dire senza esagerazione che la storia della pittura sarebbe rimasta inalterata anche se Dürer non avesse mai toccato un pennello e una tavolozza, ma che i primi cinque anni del suo lavoro indipendente come incisore e xilografo furono sufficienti a rivoluzionare le arti grafiche". Quest’affermazione di Erwin Panofsky (1955) può apparire troppo riduttiva per essere del tutto condivisibile ma, in realtà, la fortuna di Dürer incisore e xilografo sopravanza quella di Dürer pittore già agli occhi dei suoi contemporanei.
È sufficiente leggere il famoso giudizio di uno spettatore d’eccezione quale Erasmo da Rotterdam, legato a Dürer da un rapporto di reciproca amicizia e stima, per trovare un incondizionato elogio della perizia grafica dell’artista tedesco.
"Che cosa non seppe esprimere con i suoi monocromi, cioè con le sue linee nere!", esclama Erasmo , anteponendo Dürer allo stesso Apelle, pittore greco del IV secolo a.C.: "Non è meraviglioso raggiungere senza le blandizie del colore quei risultati che Apelle otteneva soltanto grazie ad esso?".
Alcuni fattori contribuiscono a spiegare gli straordinari risultati di Dürer nel campo delle arti grafiche. Anzitutto l’apprendistato come orafo nella bottega paterna, che consente all’artista di conseguire grande familiarità con le tecniche di incisione e intaglio; in secondo luogo, il fiorente mercato dell’industria tipografica di Norimberga (Dürer ha per padrino lo stampatore Anton Koberger). Inoltre, xilografie e incisioni concedono a Dürer una maggiore libertà e indipendenza creativa rispetto alle impegnative commissioni per ritratti e dipinti sacri, e gli garantiscono anche un buon tornaconto economico: "D’ora in poi mi concentrerò sull’incisione. Se avessi sempre fatto così ora sarei più ricco di un migliaio di fiorini", scrive l’artista in una lettera.
È nel campo della xilografia che Dürer ottiene i primi risultati di grande rilievo: la sua Apocalypsis cum figuris (1498) è il primo libro illustrato a venire pubblicato per iniziativa dell’artista, anziché dell’editore.
In quelle xilografie Dürer riassume e supera le influenze della grafica tedesca di cultura tardogotica, quali le opere dell’Hausbuchmeister e di Schongauer, conferendo alla tecnica dell’incisione in legno un vibrante grafismo e una mobilità prima impensabili e che in seguito non potranno più essere ignorati, e immettendo nella tradizione grafica nordica le preoccupazioni per la rappresentazione spaziale e le proporzioni che sono conquista precipua del Rinascimento italiano. All’Apocalisse fanno seguito il ciclo della Grande Passione – composto tra il 1497 e il 1498, e terminato solo nel 1511 – e quello della Vita della Vergine, nel quale Dürer si concentra sulla rappresentazione di interni e paesaggi, ottenendo una serie di xilografie dallo spiccato sapore narrativo che conoscono una larghissima diffusione e una grande fortuna.
Parallelamente alle xilografie, Dürer pubblica alcuni grandi fogli di incisioni a bulino, nei quali riesce a ottenere effetti di fine pittoricismo (Le insegne della morte; Visione di san Eustachio) e approfondisce, al contempo, gli studi sulle proporzioni del corpo umano (Il peccato originale), sulla prospettiva e sulla resa atmosferica del paesaggio (Natività). I più alti risultati nel campo dell’incisione sono tuttavia i tre grandi fogli degli anni 1513-1514, perfetta sintesi tra i diversi elementi della cultura figurativa e umanistica düreriana: la tensione religiosa di matrice erasmiana si unisce agli studi sulle proporzioni equine che Dürer intraprende sulla scorta delle riflessioni leonardesche in Il cavaliere, la morte e il diavolo del 1513; prospettiva e pittoricismo accompagnano la glorificazione dell’umanista nel San Girolamo; una riflessione sulla creazione artistica si accompagna a un’avanzatissima ricerca sul chiaroscuro e le ombreggiature nella celeberrima Melanconia (1514).
Dürer prosegue la sua attività di incisore e xilografo incidendo numerosi ritratti (Erasmo da Rotterdam, 1521) e sovrintendendo alle xilografie per gli apparati trionfali dell’imperatore Massimiliano (Carro trionfale di Massimiliano , edito tra il 1522 e il 1526).
Dürer e l’Italia
L’esperienza italiana ricopre un ruolo decisivo nella vita e nell’opera di Dürer. Il primo viaggio (1494) vede l’artista impegnato ad assorbire temi e motivi del Rinascimento italiano quali si sono sviluppati nelle corti e nelle città settentrionali: esemplare, a questo proposito, è la sua personalissima reinterpretazione di incisioni anticheggianti di scuola ferrarese e mantegnesca (Morte di Orfeo, 1494 o 1495).
Quando compie il suo secondo viaggio in Italia (1505-1506), Dürer è un artista ormai affermato che si compiace nel vedere copiate le sue incisioni e s’impegna in prestigiose commissioni a Venezia, per rintuzzare le critiche che i pittori italiani muovono alla sua abilità pittorica. Nella grafica come nei dipinti, Dürer trova nel Rinascimento italiano e negli studi prospettici e antiquari un correttivo alla tradizione tardogotica e al realismo fiammingo che ormai gli sono familiari: nel pannello centrale dell’altare di Dresda (1496), ad esempio, un’incastellatura prospettica di matrice squacionesca serve a contenere elementi di stretta ascendenza fiamminga; in molti ritratti e dipinti sacri Dürer ripete schemi compositivi di Giovanni Bellini detto Giambellino – Madonna con il bambino di Washington –; e anche le incisioni del veneziano Jacopo de’ Barbari influenzano notevolmente i suoi studi sulle proporzioni e sul paesaggio. Accanto alla cultura figurativa veneziana di Mantegna, è Leonardo da Vinci, con i suoi disegni e le sue riflessioni teoriche, a esercitare un profondo influsso sull’artista tedesco: una mirabile sintesi tra motivi leonardeschi e recupero della tradizione tardogotica è osservabile nel Cristo tra i dottori del 1506. Da Leonardo derivano anche molti disegni sulle proporzioni del cavallo che sfoceranno nelle incisioni del secondo decennio del Cinquecento. Inoltre, proprio la tradizione della trattatistica d’arte italiana spinge Dürer a comporre i suoi scritti.
Il rapporto tra Dürer e l’Italia, però, non è a senso unico: se molti sono i debiti del tedesco nei confronti della cultura figurativa italiana, non bisogna dimenticare il ruolo che le opere grafiche düreriane ricoprono nello sviluppo del primo manierismo fiorentino e in molti dei pittori "eccentrici" del primo Cinquecento.
I dipinti e i disegni
L’opera pittorica di Dürer, al pari delle sue opere grafiche, mette in luce l’estrema ricettività dell’artista. Se le sue prime prove riflettono l’influenza della ritrattistica tedesca e fiamminga (Autoritratto con l’eringio, 1493), ben presto essa viene temperata dall’influsso italiano, riscontrabile nella monumentalità dei ritratti degli anni 1495-1500, dove al fondo monocromo si sostituiscono cortine di broccato e porzioni di paesaggio (Autoritratto con i guanti, 1498; Ritratto di Oswolt Krel, 1499).
È un’eredità italiana e umanistica anche la crescente stima che il pittore ha di sé e della sua professione: sempre attento a questo tema, Dürer lascia molti autoritratti, sia su carta sia in pittura, fino a rappresentarsi nelle sembianze del Cristo nell’ Autoritratto con pelliccia (1500).
Prima del soggiorno in Italia, Dürer dipinge molti ritratti e quadri di soggetto sacro (Compianto sul Cristo morto; Adorazione dei Magi, 1504), continuando a mettere a frutto la lezione italiana nella simmetria delle composizioni e nelle ariose aperture paesistiche, e ottiene alcune importanti commissioni dall’elettore di Sassonia Federico III il Saggio (come l’altare di Dresda, 1496; Ercole uccide gli uccelli Stinfalii del 1500). I dipinti del secondo soggiorno veneziano mostrano un mutamento della gamma cromatica, che si accende di colori vivaci e squillanti (Pala del Rosario, 1506), e un ulteriore avvicinamento alle soluzioni messe a punto dalla pittura veneta (Madonna del lucherino) e leonardesca (Cristo fra i dottori). Al ritorno in Germania, Dürer dipinge importanti opere, dove l’influenza italiana si contempera con l’attenzione per esperienze fiamminghe e con il recupero di alcuni elementi tardogotici (Adamo ed Eva); l’artista ottiene altre commissioni da Federico il Saggio (Martirio dei Diecimila) e, nell’Adorazione della Trinità (1511), trova una nuova sintesi tra costruzione prospettica e scorci paesistici.
Negli anni seguenti Dürer si concentra soprattutto sulle incisioni e sulla composizione dei trattati d’arte; la pittura viene tralasciata a favore dei molti disegni e ritratti a carboncino. Ma l’ultima, grande stagione della pittura düreriana è di nuovo connessa a un’esperienza di viaggio. Nel 1520-1521 l’artista si reca nei Paesi Bassi e, come gli è consueto, in alcuni importantissimi dipinti riflette il rinnovato e vivificante contatto con la cultura figurativa fiamminga e olandese, di cui adotta molti schemi compositivi: dal taglio delle composizioni (Madonna della pera, 1526) all’attenzione per i dettagli (San Girolamo, 1521). Solamente nell’ultima opera (Quattro Apostoli, 1526), dipinta per il municipio della sua città natale, Dürer ritorna alla classica monumentalità appresa in Italia.
Accanto ai dipinti e alle opere di grafica, Dürer ci ha lasciato moltissimi disegni e acquerelli. Il disegno ricopre infatti per l’artista diverse funzioni: non vi ricorre soltanto per fissare idee che intende sviluppare in opere di maggior complessità. Molti disegni, eseguiti con estrema minuzia, sono studi dal vero di animali o piante (Lepre, 1502). Durante i viaggi in Italia, poi, Dürer esegue splendidi acquerelli di paesaggi alpini, e proprio il paesaggio attira la sua attenzione lungo tutta la sua carriera (Stagno in un bosco). Dürer si affida al disegno anche per documentare avvenimenti e persone che lo colpiscono particolarmente, fino a rappresentare ad acquerello un incubo che lo tormenta (Diluvio, 1525).
Gli scritti sull’arte
La sensibilità umanistica di Dürer lo spinge, sin dall’epoca del primo viaggio in Italia, a voler dare compiuta forma teorica alle riflessioni sulla pittura; ed è proprio il contatto con l’Italia a dare all’artista un forte impulso in questa direzione: Dürer è il primo artista tedesco a occuparsi di problemi quali le proporzioni del corpo umano e la prospettiva che in Italia furono largamente dibattuti lungo tutto il Quattrocento. Al ritorno dal viaggio del 1506 Dürer si impegna durevolmente nella stesura dei suoi trattati; bisogna tuttavia attendere il 1525 perché veda la luce il primo di essi, Die Unterweysung in der Messung mit dem Zirckel und Richtscheyt (Istruzioni sulle misurazioni con riga e compasso), che si occupa di geometria e prospettiva.
Soltanto un’altra opera teorica viene stampata prima della morte dell’artista: un trattato sulla costruzione delle fortificazioni del 1527.
Viene pubblicata postuma l’opera sulla teoria delle proporzioni (Proportionslehre, 1528) e, infine, resta incompiuto l’opus magnum dell’attività teorica di Dürer, la monumentale Speis der Malerknaben, una sorta di trattato complessivo sulla pittura che doveva occuparsi delle proporzioni umane ed equine, della raffigurazione dei gesti, della prospettiva e delle questioni relative a luci e ombre.
L’influenza dei trattatisti italiani del Quattrocento, da Leon Battista Alberti a Leonardo da Vinci, pervade interamente gli scritti düreriani sia dal punto di vista dei temi trattati che del contenuto.