Della Scala, Alboino
, Figlio di Alberto, successe nella signoria di Verona al fratello Bartolomeo, dal marzo 1304 al novembre del 1311, avendo al suo fianco, dal 1308, il minor fratello Cangrande come legittimo " correggente ". Uomo pio, mite, d'indole " aliena dagli strepiti di guerra ", è variamente giudicato come principe: ora debole e inetto, ora in termini enfatici di encomio.
Oggi si tende a riconoscergli, nei limiti di un'onesta mediocrità, doti di prudenza e di accortezza, che non gli fecero difetto nel periodo, relativamente tranquillo, che precedette la venuta di Enrico VII (periodo di piccole lotte con le signorie degli Este e dei Torriani), ma che ebbero campo di manifestarsi, con le più alte e spiccate del fratello, alla vigilia e nel primo tempo dell'impresa di Enrico. Le scelte politiche di Cangrande furono anche le sue, e così gli accorgimenti che schiusero la via all'ambitissimo vicariato perpetuo, ottenuto nel marzo del 1311. Partecipò egli pure all'assedio di Brescia, allontanandosene appena per dar sepoltura, in Sant'Anastasia di Verona, alla salma di Valeriano, fratello dell'imperatore, caduto in un assalto; e vi contrasse la malattia che dopo lunghi mesi lo condusse a morte. Se è probabile che deludesse " le speranze che i Bianchi banditi dalle città avevan riposto negli Scaligeri, dopo che a una benevolenza concreta aveva dovuto far pensare, invece, l'atteggiamento di Bartolomeo " suo predecessore, egli " s'era certamente reso conto della difficoltà, per non dire della inutilità di mandare aiuti nell'Italia centrale, dove s'era venuto organizzando un sistema politico costituito da una serie di leghe in Umbria intorno a Perugia, in Toscana intorno a Lucca e a Firenze, e più a Nord, in Emilia, intorno a Bologna ": " la sua prudenza ", scrive il Manselli, " si potrà considerare non eroica forse, ma certo politicamente opportuna ".
Dei suoi rapporti con D., null'altro sappiamo se non quanto si può desumere da Cv IV XVI 6 Bene sono alquanti folli che credono che per questo vocabulo ‛ nobile ' s'intenda ‛ essere da molti nominato e conosciuto '... E questo è falsissimo; ché, se ciò fosse... Asdente, lo calzolaio da Parma, sarebbe più nobile che alcuno suo cittadino; e Albuino de la Scala sarebbe più nobile che Guido da Castello di Reggio: che ciascuna di queste cose è falsissima. È un passo, di cui par difficile non avvertire il pungente sarcasmo. " Quanto a vera nobiltà ", osserva il Parodi, " il gran signore Alboino di fronte al povero Guido da Castello fa una gran brutta figura ", e per ciò il gran Lombardo di Pd XVII 70-78, primo e generoso refugio del poeta, non può esser che Bartolomeo " tranne che ci si voglia indurre a fare il torto a Dante di crederlo capace di alterare i suoi sentimenti per cortigianeria verso Cangrande, proprio là dove la sua diritta e austera coscienza si afferma più fieramente: e s'io al vero son timido amico (XVII 118) ". Proprio là, incalza la Fasoli, dove i due principi evocati da Cacciaguida figurano come i soli benemeriti in un generale processo di corruzione: " il loro elogio, l'elogio della loro cortesia, sono la conclusione logica di tutte le rievocazioni che Dante ha fatto della vita cortese, morta dovunque, salvo che a Verona ".
M. Apollonio, ultimo in ordine di tempo di quanti, a partire dal Vellutello, con I. Del Lungo e U. Cosmo, identificarono per l'appunto Alboino col gran Lombardo, obietta che " nella prospettiva della Commedia [D.] capovolge il rapporto onde nel Convivio si era assiso a giudice della nobiltà. Ancora gli sovviene il paragone fra Alboino e Guido da Castello; ma non ha più bisogno di deprimere l'uno per innalzare l'altro... l'uno e l'altro hanno grandezza benché diversa: Guido è il semplice Lombardo, Alboino nella gloria del cielo di Marte, per bocca di Cacciaguida... diventa, e non per virtù propria, ma per essere a capo di una dinastia politica e guerriera, il gran Lombardo ".
Permangono tuttavia, a sostegno dell'altra identificazione, l'ineccepibile testimonianza di Pietro (v. alla voce DELLA SCALA, BARTOLOMEO) e la chiosa di tutti gli antichi prima del Vellutello: oggi seguita dai più, e convalidata da un riesame dell'intera questione condotto da G. Petrocchi; il quale puntualizza lo scarto ermeneutico del Vellutello e propone uno scorcio biografico del poeta nel Veneto, in cui l'avverso giudizio espresso nel Convivio (posteriormente al marzo del 1306) troverebbe esplicita conferma (partenza da Verona a fine marzo 1304, con la speranza di veder realizzata in Firenze la missione di pace del cardinale Niccolò da Prato; rientro alla corte scaligera, ad avvenuta morte di Alboino).
Bibl. - Oltre alla Bibl. alle voci Della S., Alberto, e Della S., Bartolomeo, si veda: L. Carcereri, Politica dantesca e politica scaligera, in D. e Verona, Verona 1921; G. Fasoli, Veneti e Veneziani fra D. e i primi commentatori, in D. e la cultura veneta, Firenze 1966, 83.