ZANCARI, Alberto (Alberto da Bologna, Albertus de Zanchariis, magister Albertus)
– Nacque a Bologna, probabilmente attorno al 1280, dal medico Galvano e da Beatrice di Jacopo Faffi; anche il nonno paterno, Alberto, e il fratello Enoch furono medici.
Zancari studiò medicina e si laureò entro il 1310, quando è definito doctor nel contratto di nozze con Egidia di Fabiano Malpigli (Frati, 1914, p. 335) e in un atto giudiziario in cui è citata la sua abitazione nella cappella di S. Martino dei Caccianemici Piccoli (Mazzoni Toselli, 1870, p. 114).
È talvolta indicato come allievo di Mondino Liuzzi, probabilmente per l’errata identificazione con Niccolò Bertuccio, sulla base del diminutivo Bertuccius (Samoggia, 1965, p. 109). Nonostante ciò, è più verosimilmente da considerarsi allievo di Antonio Pelacani da Parma, del quale fu reportator del commento al I libro del Canon medicinae di Avicenna, prima del 1310 (Chandelier, 2017, p. 233). La stessa tradizione lo indica come successore di Mondino nell’insegnamento di anatomia, ma fu docente di medicina pratica (anatomia non era l’intitolazione di un insegnamento).
Il 23 febbraio 1314, alla presenza e con il consenso del padre, firmò una condotta come medico al servizio del comune di Ravenna, della durata di un anno (Frati, 1914, pp. 336 s.): il contratto lo vincolava a risiedere nella città adriatica e a esercitare come medico per gli abitanti della città e dei borghi, in cambio di un salario annuo di tutto rispetto corrispostogli dal comune (300 lire di bolognini); ai propri pazienti, Zancari non avrebbe potuto chiedere più di 3 lire ravennati per prestazione.
L’atto è redatto nella casa di Bigolo Munari, a Bologna, ove Zancari dimorava, segno che non era ancora entrato in possesso della casa sita nella cappella di S. Tecla di Porta Nova che divenne poi la casa di famiglia.
All’epoca, Zancari aveva probabilmente già avviato la carriera accademica; nel 1312 e nel 1314 disputò due quaestiones (Chandelier, 2017, p. 234). Di sicuro era già docente nel 1319, anno in cui fu protagonista (sull’identificazione con Zancari del magister Albertus citato nell’occasione, cfr. Frati, 1914, p. 330), seppur indiretto, di un noto processo celebrato contro alcuni studenti di medicina (Mazzoni Toselli, 1870, pp. 117-121).
Il crimine contestato agli studenti (e non al docente) era di furto sacrilego di cadavere dal cimitero della chiesa di S. Barnaba, e le deposizioni dei testimoni illuminano con rara chiarezza che le dissezioni anatomiche a fini didattici e di studio, pochi anni dopo la pubblicazione della Anothomia di Mondino Liuzzi, erano già praticate a Bologna. Un servitore di Zancari dichiarò di aver visto trasportare un cadavere nella sua scuola nella cappella di S. Salvatore, nel quartiere delle scuole dei medici e degli artisti – secondo Ottavio Mazzoni Toselli (1870, p. 127) era solo sede della scuola, ma la presenza della madre tra i testimoni fa pensare che, come era abituale, la scuola fosse annessa all’abitazione – e che vi si erano affollati gli imputati e altri «con rasoi e coltelli e altri strumenti, e che sezionavano detto uomo morto e facevano altre cose che sono proprie dell’arte dei medici» (p. 120) e di avere sentito dire alla madre di magister Alberto che alcuni scolari del figlio avevano fatto disseppellire il corpo di un impiccato per praticare una dissezione. Il processo, di cui non è rimasta la sentenza, si concluse probabilmente senza condanne (Grmek, 1990, p. 35); esso testimonia inoltre la difficoltà nel reperire cadaveri da utilizzare per le dissezioni. Non incise, in ogni caso, sulla carriera e sulla fama di Zancari, che proseguì negli anni successivi senza apparenti interruzioni.
Nel 1321, in effetti, Zancari fu tra i maestri di medicina che ricevettero un salario comunale (Ghirardacci, 1657): il suo fu fissato a 50 lire di bolognini. Secondo l’erudizione locale, sarebbe stato ascritto al Collegio dei dottori di arti e medicina nel 1326 (Mazzetti, 1847): è necessaria però una certa prudenza, in assenza di testimonianze dirette dell’esistenza stessa di un Collegio istituzionalmente strutturato in quella data (Duranti, 2017). Nello stesso anno fu testimone alla redazione del testamento di Mondino Liuzzi (il rapporto con il quale è confermato anche dalla presenza del figlio Ludovico alla costituzione di dote per Margherita Zancari, nel 1344). La sua carriera di docente dovette continuare a lungo, anche se le testimonianze dirette sono pochissime: si sa che nel 1332 disputò una quaestio (Tabarroni, 1992, p. 607), ma il suo nome non compare nei repertori di docenti per gli anni Quaranta (Lines, 2002).
Tra i suoi allievi si possono identificare il senese Giovanni de Caxulis, che nel 1319 acquistava un Canon Avicennae (R. Greci, Note sul commercio del libro universitario a Bologna nel Due e Trecento, in Studi di storia medioevale e diplomatica, IX (1987), pp. 49-98, App. 1, p. 99) e gli scolari processati nel 1319, tra cui compare il più noto Jacopo da Piacenza (Grmek, 1990).
Come gli altri medici della sua famiglia (Samoggia, 1965), Zancari svolse anche l’attività di medico perito per i tribunali bolognesi (Chandelier - Nicoud, 2015, p. 273), ma nel complesso scarse sono le informazioni su una sua partecipazione alla vita pubblica. Nel 1347, alla morte di Taddeo Pepoli, fu tuttavia membro del consiglio generale di Bologna che offrì la signoria ai figli Giacomo e Giovanni (Ghirardacci, 1657, p. 187). Nel dicembre 1343 aveva ottenuto la cittadinanza veneziana (Cives Veneciarum, 2017).
Più solide informazioni abbiamo sulla situazione economica di Zancari e sulla sua famiglia, grazie soprattutto al suo testamento (Archivio di Stato di Bologna, Demaniale, S. Salvatore, b. 136, 2583, n. 4), redatto il 15 agosto 1348, in piena epidemia di peste. Ebbe quattro figli: Francesco (premortogli), Fabiano, Ipolineo e Galvano; e quattro figlie: Zanna, Beatrice, Bartolomea e Margherita. A eccezione di quest’ultima che – talvolta erroneamente identificata con la moglie (v. oltre), in riferimento alla protagonista della novella di Boccaccio – sposò nel 1344 Paolo Lamandini (ibid., n. 3) ed è nominata nel testamento della madre (Frati, 1914, p. 338), tutti sono menzionati nelle ultime volontà, con una pianificazione capillare, che rivela, oltre a una premurosa attenzione a tutti i membri della famiglia, una capacità economica di buon livello.
Zancari chiese di essere sepolto presso la basilica di S. Domenico a Bologna, delegando gli esecutori a spendere quanto necessario. Riservò 50 lire di bolognini alle donazioni pro anima e previde alcuni piccoli lasciti ai suoi servitori. Si occupò della casa di famiglia nella cappella di S. Tecla di Porta Nova, che dal 1323 condivideva con il fratello Enoch, mostrando di volerne riunire la proprietà, con adeguato compenso ai nipoti ex fratre Giacomo e Pietro, qualora avessero acconsentito a cedere la loro parte; la casa, ove nel 1339 era stata stipulata una pace (Mazzoni Toselli, 1870, p. 114) fu poi venduta al Collegio di Spagna dalla figlia Beatrice (1369). Previde che la sorella Bella potesse andare a vivere in tale dimora, e che gli eredi ne curassero il mantenimento. Possedeva almeno altre due case: una, sita nella cappella di S. Donato (forse la stessa citata in Lo Statuto, a cura di A.L. Trombetti Budriesi, I, 2008), fu lasciata in usufrutto alla moglie insieme alla dote con gli interessi e all’usufrutto degli appezzamenti di terra (due a Quarto Inferiore, uno nella guardia civitatis oltre le mura di S. Isaia); l’altra, sita nella cappella di S. Martino dei Caccianemici Piccoli (già testimoniata in un documento del 1310), fu destinata a ospitare, con le opportune masserizie, ogni sua figlia o nipote rimasta vedova. Alla moglie lasciò tutti i beni reperibili nella sua camera privata, eccetto gli oggetti in oro e argento, e i libri: quelli di medicina furono destinati al figlio Fabiano, quelli di diritto, anche quelli che erano stati del figlio Francesco, a Ipolineo. Cifre considerevoli furono destinate alle doti (600 lire per ognuna) e alle spese per le nozze (250 lire) delle figlie Beatrice e Bartolomea, e di quelle legittime e naturali eventualmente nate dopo la sua morte, così come alle nipoti nasciture dalla nuora Taddea, vedova di Francesco. Alla figlia Zanna, rimasta vedova, sono lasciati i beni dotali, i vestiti e gli apparati utilizzati per il suo matrimonio, e 100 lire in caso di nuove nozze. I nipoti nati e nascituri dai figli maschi ricevono collettivamente 20 soldi di bolognini. I figli e gli eventuali figli maschi nascituri da Taddea sono dichiarati eredi universali. Da altri documenti si desume che possedesse appezzamenti ad Anzola e a Saliceto (Mazzoni Toselli, 1870, pp. 115 s).
Non è nota la data precisa della morte, che può però collocarsi tra il 1348 (dopo il 15 agosto) e il 1349.
Alberto Zancari è stato definito il più celebre maestro di medicina attivo nello Studio di Bologna durante il secondo quarto del XIV secolo (Chandelier, 2017, p. 233); la sua fama postuma deriva anche dall’essere protagonista di una novella di Boccaccio (Decamerone, I, 10: «Maestro Alberto da Bologna onestamente fa vergognare una donna, la quale lui d’esser di lei innamorato voleva far vergognare»; sull’identificazione: Frati, 1914, pp. 331 s.). Il prestigio e la ricchezza raggiunti da Alberto sono confermati anche dalle biografie dei suoi figli.
Di rilievo furono le nozze di Francesco con Taddea di Mino Garisendi, e di Zanna che, già vedova di Montanaro Magnani, sposò ante 1378 il legum doctor Giovanni Bonsignori (ibid., p. 333; C. Piana, Nuove ricerche su le Università di Bologna e di Parma, Firenze 1966, pp. 623, 750). Fabiano sposò Orsolina di Maghinardo dei conti di Panico; egli seguì, inoltre, le orme professionali del padre: laureatosi in medicina forse nel 1349 (Mazzetti, 1847), fu lettore nello Studio almeno dal 1351 (Lines, 2002). Se fu ascritto al Collegio dei dottori di arti e medicina nel 1349, ciò potrebbe fornire un indizio per la morte del padre; sicuramente era collegiato nel 1367 (Duranti, 2017, p. 175).
Opere. Alberto Zancari fu autore di diverse quaestiones, di consilia e commenti ad auctoritates della medicina. Tra tutti i suoi testi, il più celebre è però il Libellus de cautelis medicorum habendis, tra le prime attestazioni di una trattatistica sulla deontologia medica.
Per un elenco delle opere, manoscritte ed edite, oltre ai consueti repertori, v. S. Polidori, Albertus de Zanchariis, in Compendium Auctorum Latinorum Medii Aevi, I, 2, Firenze 2000, pp. 142 s., da integrare con Crisciani - Lambertini - Tabarroni, 2015, passim, e con le considerazioni di Chandelier, 2017, pp. 235 s.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Demaniale, S. Salvatore, b. 136, 2583, nn. 3-4; Lo Statuto del Comune di Bologna dell’anno 1335, a cura di A.L. Trombetti Budriesi, I, Roma 2008, p. 260.
G.N. Alidosi Pasquali, I dottori bolognesi di teologia, filosofia, medicina, e d’arti liberali dall’anno 1000 per tutto marzo del 1623, Bologna 1623, p. 2; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, II, Bologna 1657, p. 18; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1791, p. 236; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi, e moderni della famosa Università, e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 327; O. Mazzoni Toselli, Racconti storici estratti dall’archivio criminale di Bologna ad illustrazione della storia patria, III, Bologna 1870, pp. 112-127; L. Frati, Alberto de’ Zancari, in Rivista di storia critica delle scienze, V (1914), pp. 329-338; G. Sarton, Introduction to the history of science, III, Science and learning in the fourteenth century, I, Baltimore 1947, pp. 852-854; R. Bernabeo, Lo sconosciuto “Consilium ad calcolum” di maestro Alberto De’ Zancari della Malatestiana di Cesena, in Atti del II Convegno della Marca per la storia della medicina, 1957, a cura di M. Santoro, Fermo 1958, pp. 19-23; V. Busacchi, Maestro Alberto de’ Zancari, ibid., pp. 15-18; L. Samoggia, I medici della famiglia Zancari all’inizio del secolo XIV in Bologna, in Bullettino delle scienze mediche, CXXXVII (1965), pp. 99-114; V. Busacchi, Le case di Maestro Alberto de Zancari, in El Cardenal Albornoz y el Colegio de España, II, Bologna 1972, pp. 671-682; N.G. Siraisi, Taddeo Alderotti and his pupils. Two generations of italian medical learning, Princeton 1981, ad ind.; M.D. Grmek, La Vie mouvementée de Jacques de Plaisance, médecin du roi, lecteur universitaire et évêque de Zagreb, in Croatia Christiana, XXVII (1990), pp. 31-50; A. Tabarroni, Notizie biografiche su alcuni maestri di arti e medicina attivi nello Studium bolognese nel XIV secolo, in L’insegnamento della logica a Bologna nel XIV secolo, a cura di D. Buzzetti - M. Ferriani - A. Tabarroni, Bologna 1992, pp. 607-616 (in partic. p. 607); D.A. Lines, Teachers of the arts and medicine in the Italian Universities, ca. 1350-1630, 2002, http:// www.phil-hum-ren.uni-muenchen.de/php/Lines/DocentesN.htm (8 ottobre 2020); J. Chandelier - M. Nicoud, Entre droit et médecine. Les origines de la médecine légale en Italie (XIIIe-XVesiècles), in Frontières des savoirs en Italie à l’époque des premières universités (XIIIe-XVesiècles), a cura di J. Chandelier - A. Robert, Roma 2015, pp. 233-293 (in partic. p. 273); C. Crisciani - R. Lambertini - A. Tabarroni, Due manoscritti con questioni mediche. Note e schede, ibid., pp. 387-432, passim; J. Chandelier, Avicenne et la médecine en Italie. Le Canon dans les universités (1200-1350), Paris 2017, pp. 233-236; Cives Veneciarum, 2017, http://www. civesveneciarum.net/ dettaglio.php?id=31 (8 ottobre 2020); T. Duranti, Il collegio dei dottori di medicina di Bologna: università, professioni e ruolo sociale in un organismo oligarchico della fine del medioevo, in Annali di storia delle università italiane, XXI (2017), 2, pp. 151-177 (in partic. p. 175).