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VARVARO, Alberto

di Laura Minervini, Giovanni Palumbo - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)
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VARVARO, Alberto

Laura Minervini
Giovanni Palumbo

– Terzogenito di Paolo e di Giuseppina Tiby, nacque a Palermo il 13 marzo 1934.

Cresciuto in una famiglia di estrazione borghese, passata attraverso la guerra non senza difficoltà di vario genere, frequentò la facoltà di lettere della sua città natale e si laureò nel 1956, discutendo una tesi sul Libro di varie storie di Antonio Pucci, con relatore Ettore Li Gotti. Ebbe quindi modo di ampliare i suoi orizzonti intellettuali in quanto borsista presso la Scuola Normale superiore di Pisa (1956-57) e l’Università di Barcellona (1957-58), poi come lettore di lingua italiana all’Università di Zurigo (1959-63), dove poté conoscere alcuni tra i grandi protagonisti della vita accademica del tempo. Vincitore di un concorso per la libera docenza in filologia romanza (1961), fu chiamato nel 1963 all’Università di Napoli (dal 1987 Federico II), dapprima come professore incaricato, poi come straordinario (1965), infine come ordinario (1968). Nel 2004 passò al neonato Istituto italiano di scienze umane (SUM), di cui divenne, dal 2009, professore emerito.

Invitato a insegnare presso diverse Università straniere – Zurigo (1982), Berkeley (1985), Los Angeles (1988), Heidelberg (1999), Liegi (2002-03) – negli ultimi decenni della sua vita Varvaro trascorse lunghi periodi di studio a Cambridge, dove era divenuto Senior Fellow del Wolfson College. Il suo impegno universitario si svolse, oltre che sul piano della didattica – vissuta con eccezionale dedizione e quasi in osmosi con l’attività di ricerca –, su quello della gestione amministrativa: all’Università di Napoli fu per circa vent’anni direttore dell’Istituto (poi Dipartimento) di filologia moderna (1969-85 e 1993-96), poi prorettore (1987-90 e 1991-93), membro del consiglio di amministrazione (1987-95) e del Senato accademico (1996-99).

Al primo matrimonio con Letizia Pischedda (1959), da cui ebbe i due figli Simonetta (n. 1960) e Paolo (n. 1961), seguì poi, in seconde nozze, quello con Rosanna Sornicola (1991), che gli fu compagna di vita e di studi per oltre trent’anni.

Nonostante il saldo radicamento nella realtà universitaria napoletana e la notevole apertura internazionale, Varvaro mantenne sempre un forte legame con la sua terra di origine, da cui pure si era allontanato in giovane età. La Sicilia fu uno dei suoi territori di ricerca prediletti e alla gestione del Centro di studi filologici e linguistici siciliani (nato nel 1951 per iniziativa, tra gli altri, del suo maestro Li Gotti) dedicò grande impegno, svolgendovi a lungo le funzioni di vicepresidente.

L’attenzione allo sviluppo della sua disciplina – la filologia romanza – portò Varvaro ad assumere incarichi di primo piano presso diverse associazioni scientifiche: fu, infatti, presidente della Società italiana di filologia romanza (1991-94), della Société de linguistique romane (1995-98) e della Société Rencesvals (2000-03).

Attivo organizzatore di congressi e di iniziative scientifiche, nel 1974 fu tra i fondatori della rivista Medioevo romanzo.

Le tante onorificenze ricevute nel corso della sua vita testimoniano della stima goduta, in Italia come all’estero; tra queste, in particolare, le lauree honoris causa delle Università di Chicago e di Heidelberg, il Premio nazionale del presidente della Repubblica (1998) e il Premio nazionale di teatro Luigi Pirandello (2009).

Membro dell’Accademia nazionale dei Lincei, dell’Accademia Pontaniana, dell’Accademia della Crusca, dell’Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli, della Real Academia de buenas letras di Barcellona e dell’Akademie der Wissenschaften di Heidelberg, fu eletto nel mese di marzo del 2014 all’Académie des inscriptions et belles-lettres di Parigi, ma non poté mai partecipare alle sue sedute. Morì a Napoli il 22 ottobre 2014.

La figura di studioso di Varvaro è di notevole complessità, se si considerano l’eccezionale produttività scientifica nell’arco di quasi sei decenni, insieme alla grande varietà dei suoi interessi, sviluppati in modo sempre profondo e originale. Lontano per gusti e formazione dall’iperspecializzazione della ricerca odierna, praticò la filologia romanza in tutte le sue possibili declinazioni e si mosse con grande libertà nello spazio linguistico-culturale romanzo, pronto a mettere in questione metodi e concetti e a ristrutturare il quadro delle conoscenze acquisite. I suoi lavori sono esemplari per la capacità di dominare la documentazione filologica e il metodo comparativo incrociando l’analisi minuziosa di un fenomeno – linguistico o letterario – con i dati storici e sociologici e associando l’attenzione alla specificità di ogni caso al completo dominio del contesto e a un’eccezionale ampiezza di vedute.

Per quanto riguarda la prassi filologica, Varvaro è stato un editore di testi – lo zibaldone di Antonio Pucci (1957), le liriche di Rigaut de Berbezilh (1960), il teatro dialettale di Luigi Pirandello (2007), il IV libro delle cronache di Jean Froissart (2015) – eminentemente antidogmatico, convinto com’era che ogni testo richieda una soluzione editoriale specifica e che stabilire il testo critico sia la base indispensabile ma non lo scopo esclusivo del lavoro del filologo. Dal punto di vista teorico, si deve ricordare il fondamentale contributo sulla critica testuale in ambito classicistico e romanistico (Critica dei testi..., 1970), in cui introdusse la distinzione – divenuta poi canonica – fra «tradizione quiescente» e «tradizione attiva». In anni più recenti (Il libro I delle “Chroniques”..., 1994), il lungo lavoro preparatorio all’edizione di Froissart lo portò a riflessioni importanti sulla possibilità di integrare l’analisi iconografica nel discorso ecdotico.

In ambito letterario va segnalata, inoltre, la predilezione di Varvaro per i testi narrativi, di carattere storico o d’invenzione: dal Cantar de Mio Cid al Tristano di Béroul, dai racconti di Juan Manuel alle cronache di Ramon Muntaner e Robert de Clari. Dai suoi studi giovanili con l’etnologo Giuseppe Cocchiara trasse un acuto interesse per le tradizioni popolari, riversato poi in una serie di analisi sulla rielaborazione letteraria del patrimonio narrativo tradizionale (Il ‘Roman de Tristan’..., 1963; Apparizioni fantastiche, 1994; Adultèri, delitti e filologia, 2010) e, in senso lato, sul complesso rapporto tra cultura ‘alta’ e cultura ‘bassa’ nel Medioevo. Importante anche, sul piano teorico, l’esplorazione della nozione di testualità medievale, condotta in due lunghi articoli centrati sulla realtà francese (Il testo letterario, 1999; Élaboration des textes..., 2001). Si avanza qui l’idea, che ha poi goduto di un certo successo, che i testi medievali siano caratterizzati da diversi «gradienti di autorialità», senza che esistano nette linee di divisione fra il ruolo dell’autore e quello del copista.

La linguistica, che nella prospettiva filologica tradizionale ha una posizione ancillare, rivestì un ruolo di primo piano nelle ricerche di Varvaro, articolate tanto in dimensione teorica (Storia problemi e metodi..., 1968; Storia della lingua, 1972-1973), quanto – e soprattutto – in indagini puntuali di linguistica storica, dialettologia e lessicografia. Fra i temi più assiduamente praticati, quelli del passaggio dal latino alle lingue romanze (Il latino..., 2014) e della storia linguistica della Sicilia (Lingua e storia..., 1981; Vocabolario storico-etimologico..., 2014): in entrambi i casi risulta fondamentale la sensibilità dello studioso per problematiche di tipo sociolinguistico, quali le dinamiche del contatto in situazioni di plurilinguismo, la complessa articolazione dei repertori individuali e collettivi, le ripercussioni sul piano della lingua dei grandi mutamenti storici e socioeconomici (La parola nel tempo, 1984). Ne esce in pieno confermato il profilo di uno studioso dotato di sottile acutezza, capace di intrecciare produttivamente filologia, linguistica ed ermeneutica.

Opere. A. Pucci, Libro di varie storie, a cura di A. Varvaro, Palermo 1957; Rigaut de Berbezilh, Liriche, a cura di A. Varvaro, Bari 1960; Il ‘Roman de Tristan’ di Béroul, Torino 1963; Premesse a un’edizione critica delle poesie minori di Juan de Mena, Napoli 1964; Storia problemi e metodi della linguistica romanza, Napoli 1968; Critica dei testi classica e romanza. Problemi comuni ed esperienze diverse, in Rendiconti dell’Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli, XLV (1970), pp. 73-117; Storia della lingua: passato e prospettive di una categoria controversa, in Romance Philology, XXVI (1972), pp. 16-51, XXVII (1973), pp. 509-531; Lingua e storia in Sicilia. Dalle guerre puniche alla conquista normanna, Palermo 1981; La parola nel tempo. Lingua società e storia, Bologna 1984; Apparizioni fantastiche. Tradizioni folcloriche e letteratura nel medioevo, Bologna 1994; Il libro I delle ‘Chroniques’ di Jean Froissart. Per una filologia integrata dei testi e delle immagini, in Medioevo romanzo, XIX (1994), pp. 3-36; Il testo letterario, in Lo spazio letterario del Medioevo, 2, Il Medioevo volgare, diretto da P. Boitani - M. Mancini - A. Varvaro, I, 1, La produzione del testo, Roma 1999, pp. 384-442; Élaboration des textes et modalités du recit dans la littérature française médiévale, in Romania, CXIX (2001), pp. 1-75; Identità linguistiche e letterarie nell’Europa romanza, Roma 2004; Opere teatrali in dialetto, a cura di A. Varvaro, in L. Pirandello, Maschere nude, a cura di A. D’Amico, Milano 2007, pp. 1293-1919; Adultèri, delitti e filologia. Il caso della baronessa di Carini, Bologna 2010 (rist. 2016); La tragédie de l’histoire. La dernière œuvre de Jean Froissart, Paris 2011; Prima lezione di filologia, Roma-Bari 2012; Il latino e la formazione delle lingue romanze, Bologna 2014; Vocabolario storico-etimologico del siciliano, I-II, Palermo-Strasbourg 2014; J. Froissart, Chroniques de France et d’Angleterre, a cura di A. Varvaro, Bruxelles 2015; Il fantastico nella letteratura medievale. Il caso della Francia, Bologna 2016.

Fonti e Bibl.: Studi sull’opera di A. V., in Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, XXVI (2015); Filologia e linguistica nella storia: dalla Sicilia all’Europa. In ricordo di A. V., Atti del Convegno... 2016, Roma 2018; Filologia e linguistica di A. V., Atti delle Giornate di studio di Napoli... 2016, a cura di L. Minervini, Roma-Padova 2019.

Vedi anche
Cesare Sègre Filologo romanzo italiano (Verzuolo 1928 - Milano 2014); prof. nell'univ. di Pavia dal 1960, è stato direttore dell'International association for semiotic studies e condirettore delle riviste Strumenti critici e Medioevo romanzo; socio naz. dei Lincei (1993). Curatore di importanti edizioni critiche ... Salvatore Battàglia Filologo e critico italiano (Catania 1904 - Napoli 1971). Ha insegnato dal 1938 filologia romanza nell'univ. di Napoli e dal 1961 letteratura italiana nella stessa università. È stato redattore dell'Enciclopedia Italiana. Oltre all'ediz. di varî testi (tra cui il Roman de la Rose di Guillaume de Lorris) ... Scuola siciliana Movimento letterario che diede luogo a una vasta produzione lirica in volgare, e che si svolse durante i primi tre quarti del 13° sec., con centro nella corte di Federico II re di Sicilia e dei suoi figli, specialmente di Manfredi. La denominazione, che risale a Dante (De vulg. eloq. I, XII, 4), tiene ... filologia In ogni ricerca, l’interpretazione di fatti (o di personaggi ecc.) basata sull’esame di testi, documenti o su notizie storiche. 1. Definizioni Il termine filologia, inteso nel mondo greco e latino come amore della dottrina, con particolare riguardo all’erudizione storica, si andò affermando in Europa ...
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albertista
albertista s. m. e f. (pl. m. -i). – 1. Nome dato ai seguaci del filosofo e teologo Alberto Magno (sec. 13°), attaccati specialmente al suo orientamento neoplatonico. 2. Nel Risorgimento italiano, fautore di Carlo Alberto.
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