TARCHIANI, Alberto
– Nacque a Roma il 1° novembre 1885, in una famiglia della media borghesia di origine toscana, figlio unico di Carlo Natale e di Ginevra De Sanctis.
Cresciuto in un contesto familiare di orientamenti mazziniani, si avvicinò precocemente al movimento liberale. Giovanissimo, iniziò la sua attività di giornalista al quotidiano Il Nuovo Giornale di Firenze, per poi passare a La Tribuna di Roma. In quegli stessi anni compì studi poco sistematici nelle Università di Roma e di Firenze.
Interessato alla letteratura e alla scrittura, frequentò il cenacolo letterario del caffè Sartoris a Roma, e fece parte del gruppo dei ‘poeti giovinetti’ raccolti intorno a Sergio Corazzini. Insieme a questo poeta romano, già gravemente ammalato (sarebbe morto nel 1907), nel 1906 Tarchiani scrisse la raccolta di versi Piccolo libro inutile, in cui dominano la vena decadente e il malinconico distacco propri del crepuscolarismo.
Nel 1907 partì per gli Stati Uniti, dove lavorò come giornalista, dirigendo Il cittadino, settimanale in lingua italiana stampato a New York, e operando come corrispondente di alcuni giornali italiani. Negli Stati Uniti conobbe Teresa Minetti (nata nel 1886), che sposò nel 1908; ebbero due figli, Ginevra (nel 1910) e Lucio (nel 1913).
Fervente patriota e interventista, nel 1915 tornò in Italia per partecipare alla Grande Guerra, arruolandosi come volontario in fanteria.
Nel 1918 la moglie, rimasta a New York, vi morì di ‘influenza spagnola’ (la gravissima pandemia che tra quell’anno e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo). I figli restarono per alcuni anni negli Stati Uniti presso parenti; avrebbero poi raggiunto il padre in Italia (in particolare, Lucio lo avrebbe seguito a metà degli anni Venti nell’esilio in Francia, Paese in cui si sarebbe poi laureato in medicina).
Nell’aprile del 1918, Tarchiani intervenne a Roma al Congresso delle nazionalità oppresse dall’Impero austro-ungarico, dove emerse un ventaglio di posizioni eterogenee in merito alla questione slava; egli sviluppò sin da allora un’attenzione prioritaria al problema di Trieste. In quell’occasione conobbe Luigi Albertini, il quale lo apprezzò tanto da chiamarlo a lavorare al Corriere della sera, di cui era il direttore e anche uno dei maggiori azionisti. Nel 1919 Tarchiani entrò dunque a lavorare al quotidiano, e ne divenne caporedattore nel 1920, stabilendo un intenso sodalizio con Albertini, di cui condivideva gli ideali liberali, in una fase cruciale della presenza del giornale nella vita politica italiana. In redazione conobbe l’archivista Teresa Locchi, che sposò nel 1921; nel 1923 nacquero le figlie gemelle Dora e Letizia.
Nel 1925 Albertini, sempre più impegnato nell’opposizione al fascismo, venne estromesso dalla direzione e dalla proprietà del Corriere a opera dell’azionista di maggioranza, la famiglia Crespi; di conseguenza, anche Tarchiani lasciò il giornale. Scelse la strada dell’esilio, e con la famiglia espatriò a Parigi, dove si legò al gruppo di fuoriusciti raccolti intorno a Gaetano Salvemini.
Figura di rilievo dell’antifascismo militante e uomo d’azione, Tarchiani s’impegnò in una serie di imprese temerarie; tra l’altro, nel luglio del 1929 fu, insieme a Gioacchino Dolci, il principale organizzatore della fuga dal confino di Lipari di Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Francesco Fausto Nitti, un episodio che ebbe grande rilevanza politica e simbolica. Con gli stessi fuggitivi e altri esiliati, il mese successivo Tarchiani partecipò a Parigi alla fondazione di Giustizia e libertà (GL), movimento politico liberalsocialista a pregiudiziale repubblicana, che si proponeva di riunire tutte le forze non comuniste impegnate a combattere il fascismo. Nel corso della lotta al regime si volevano rimuovere le condizioni sociali, politiche e culturali che lo avevano reso possibile, e non si voleva restaurare il vecchio ordine liberale, bensì introdurre un nuovo modello di democrazia, aperto agli ideali di giustizia sociale. Tra il 1932 e il 1935 Tarchiani lavorò anche per la rivista del movimento, Quaderni di “Giustizia e Libertà”, scrivendo le pagine di politica internazionale (si v. Quaderni di “Giustizia e Libertà”, rist. fototipica dei nn. 1-12, 1959).
Nel dicembre del 1929 – a causa di una provocazione imbastita da Ermanno Menapace, una spia del servizio segreto del regime, l’OVRA (Opera di Vigilanza e Repressione Antifascista) – fu arrestato, insieme a Rosselli e ad altri appartenenti a GL, con l’accusa di progettare attentati ad alcune personalità italiane, tra cui il ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Rocco. Le accuse erano false e gli imputati furono scagionati, ma in conseguenza del processo vennero ‘ufficialmente’ espulsi dalla Francia, dove Tarchiani poté comunque rimanere negli anni successivi, seppure solo grazie a permessi di soggiorno provvisori e vivendo in una condizione di precarietà condivisa dalla famiglia.
Tra le azioni organizzate da Tarchiani e Rosselli va ricordato lo spettacolare volo propagandistico su Milano effettuato nel luglio del 1930 da Dolci e da Giovanni Bassanesi, segretario della sezione parigina della LIDU (Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo). Partiti dalla Svizzera, Dolci e Bassanesi sorvolarono il capoluogo lombardo e lanciarono centocinquantamila volantini, contenenti appelli alla resistenza antifascista, con il motto (coniato da Lussu) «Insorgere per risorgere». In seguito, Tarchiani, Rosselli e Bassanesi furono processati in Svizzera, a Lugano, per violazione dello spazio aereo; furono assolti, e il regime fascista ne risultò quindi moralmente condannato, ma il governo elvetico li espulse dal Paese.
A partire dal 1934, per divergenze ideologiche con Rosselli, Tarchiani si allontanò da GL, ma se ne distaccò definitivamente e pubblicamente solo dopo l’assassinio di Carlo e Nello Rosselli (giugno 1937) e la forte caratterizzazione come movimento di unificazione socialista impressagli da Lussu.
Tarchiani portò comunque avanti la sua azione politica: dal 1937 affiancò il repubblicano Randolfo Pacciardi nella conduzione del nuovo settimanale politico La Giovine Italia, interprete di una corrente d’opinione antifascista di orientamento repubblicano e mazziniano; nel periodico, Tarchiani assunse la responsabilità delle pagine di politica internazionale.
Nel giugno del 1940, subito dopo l’occupazione tedesca di Parigi, Tarchiani, con altri esiliati italiani, lasciò la Francia e, dopo un breve soggiorno in Gran Bretagna, ritornò negli Stati Uniti, dove, insieme a Carlo Sforza, Max Ascoli e Alberto Cianca, fu tra i principali animatori dell’organizzazione antifascista Mazzini Society, che era stata fondata a New York da Salvemini nel 1939. Quest’ultimo, peraltro, presto se ne allontanò, non condividendone più il programma, da lui giudicato ormai troppo filostatunitense. L’organizzazione iniziò a pubblicare un suo periodico in inglese, Mazzini news (dal marzo 1942 sostituito dal bilingue Nazioni unite), con il duplice obiettivo di proporre al governo statunitense un interlocutore antifascista che potesse rappresentare un punto di riferimento per il futuro del Paese e svolgere un’azione di capillare propaganda nei confronti della comunità italoamericana affinché cessasse di appoggiare Benito Mussolini. Nonostante alcune divergenze interne, la Mazzini Society fu attivissima, e le relazioni allora stabilite con alcuni membri del governo statunitense si sarebbero rivelate in futuro molto importanti.
Nel corso della guerra, Tarchiani fu tra i primi antifascisti esiliati negli Stati Uniti a tornare in Italia, spinto dall’esigenza di agire. Nel giugno del 1943, insieme ad Aldo Garosci, Cianca e Bruno Zevi, s’imbarcò sul transatlantico britannico Queen Mary, allora adibito a nave da trasporto per le truppe statunitensi dirette in Gran Bretagna; dopo un breve soggiorno in quel Paese, in agosto poté finalmente approdare in Italia, a Salerno. Nel gennaio del 1944 fece parte di un piccolo gruppo di volontari italiani che affiancò le truppe degli Alleati nello sbarco di Anzio, un’esperienza che nel 1947 avrebbe ricordato nel libro Il mio diario di Anzio.
In Italia aderì al Partito d’Azione, orientandosi verso la sua ala liberaldemocratica e stringendo un sodalizio con alcuni esponenti di questa, tra i quali Ernesto Rossi. Come rappresentante del partito, Tarchiani fu ministro dei Lavori pubblici nel secondo governo Badoglio (aprile-giugno 1944). Nell’agosto dello stesso anno fu nominato commissario straordinario di due importanti organismi di credito mobiliare, il Consorzio di credito per le opere pubbliche e l’Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità; in tale veste, s’impegnò a gestirne la delicata fase di transizione, per ristabilirne l’autonomia operativa e rilanciarne la funzione, in particolar modo nel finanziamento della ricostruzione e nella gestione del debito estero.
Poiché era considerato un profondo conoscitore degli Stati Uniti, nell’autunno del 1944 il suo nome iniziò a circolare come possibile rappresentante italiano a Washington, dov’era apprezzato per il suo impegno antifascista. La sua candidatura fu caldeggiata da Sforza (allora ministro senza portafoglio nel primo governo Bonomi, giugno-dicembre 1944), ed egli fu designato nel febbraio del 1945, durante il secondo governo Bonomi (dicembre 1944-giugno 1945), in cui Alcide De Gasperi era ministro degli Esteri. Tarchiani fu uno degli ambasciatori ‘politici’, cioè quelli scelti tra gli esponenti dei diversi partiti antifascisti per segnare una discontinuità con il regime, e inviati in sedi importanti (oltre a Washington, a Londra, Parigi, Madrid, Varsavia). Grazie alla diretta esperienza che aveva dei meccanismi dell’amministrazione e della società statunitensi, svolse un ruolo di primo piano nell’affiancare De Gasperi, con il quale si stabilì un rapporto di grande stima reciproca. Il suo mandato di ambasciatore durò dieci anni (1945-55), un periodo assai lungo per un capo di missione diplomatica e, al tempo stesso, un decennio di grandissima rilevanza per le scelte italiane di politica estera, in cui le relazioni con gli Stati Uniti risultavano primarie nel contesto della guerra fredda.
A Washington, egli affrontò subito problemi fondamentali e urgenti, innanzi tutto la necessità di far giungere in Italia aiuti materiali e risorse finanziarie. Con il supporto di Egidio Ortona – un diplomatico di carriera che rivestì in quegli anni vari incarichi all’interno dell’ambasciata – Tarchiani s’impegnò in un’attività a tutto campo, utilizzando la sua rete di relazioni; in particolare, facilitò il lavoro delle diverse missioni italiane inviate a Washington in quegli anni per il reperimento di fondi e l’apertura di linee di credito. Parallelamente, s’impegnò per far superare all’Italia lo status di Paese ex nemico e le diffidenze di alcuni ambienti statunitensi. In proposito, svolse un ruolo fondamentale nel viaggio compiuto a Washington nel gennaio del 1947 da De Gasperi, il quale poté incontrare il presidente Harry Truman, oltre a diversi esponenti della comunità italoamericana.
La difficile posizione dell’Italia emerse chiaramente nel corso dei negoziati per il trattato di pace (siglato a Parigi il 10 febbraio 1947), che lasciò irrisolta la questione del confine orientale con la Iugoslavia. Da Washington, Tarchiani coadiuvò efficacemente l’azione dei vertici italiani, tesa in quei mesi a superare l’orientamento negativo prevalente fra le nazioni occidentali, perseguendo il reinserimento dell’Italia nel tessuto delle relazioni internazionali occidentali. L’Italia partecipò come membro fondatore alla stipula del Patto atlantico (siglato a Washington il 4 aprile 1949), anche se occorsero ancora degli anni affinché essa fosse ammessa alle Nazioni Unite, nel dicembre del 1955, quando Tarchiani aveva già terminato il suo mandato.
Tarchiani s’impegnò inoltre, in modo incessante, sulla questione di Trieste, in un’opera instancabile a livello diplomatico, tesa a sostenere la fondatezza delle istanze italiane per l’assegnazione delle zone e delle popolazioni di origine italiana. Negli anni successivi al trattato di pace, nell’impossibilità di nominare un’autorità accetta ai contendenti, si era prolungata la divisione del Territorio di Trieste in una zona A, legata all’Italia e affidata provvisoriamente all’amministrazione anglo-statunitense, e una zona B, affidata a quella iugoslava. Le trattative, che in una prima fase sembrarono favorire le rivendicazioni italiane relative ai confini, cambiarono di segno quando il leader iugoslavo Tito (Josip Broz) si allontanò dall’Unione Sovietica, e la Iugoslavia assunse di conseguenza un ruolo strategico nel quadro della guerra fredda. La questione si chiuse nel 1954 con il riconoscimento della situazione di fatto e l’assegnazione all’Italia di Trieste e della zona A.
A Washington, dopo il 1953 Tarchiani dovette affrontare il cambiamento delle politiche statunitensi nella difficile transizione dall’amministrazione Truman (1945-53) a quella Eisenhower (1953-61), con la sua più risoluta azione anticomunista, sulle cui modalità Tarchiani dissentiva. Al tempo stesso, l’ambasciatore era convinto che lo stretto rapporto con gli Stati Uniti fosse irrinunciabile e che l’affidabilità dell’Italia come alleato fosse la garanzia dell’autonomia del nostro Paese in questa alleanza impari; per tali motivi il suo decennale operato non fu esente da critiche, espresse in particolar modo dai partiti di sinistra.
Il suo mandato si concluse con la fine dell’era degasperiana, di cui era stato un protagonista. Al suo ritorno da Washington Tarchiani, già anziano, si ritirò dalla scena politica e si dedicò a ripercorrere in alcuni saggi il proprio impegno politico e diplomatico. Morì a Roma il 30 novembre 1964.
Opere. Prima de le stelle: dramma di un atto, Roma 1905; Piccolo libro inutile, Roma 1906 (con S. Corazzini), rist. Genova 2013; America-Italia. Le dieci giornate di De Gasperi negli Stati Uniti, Milano 1947; Il mio diario di Anzio, Milano 1947; Dieci anni tra Roma e Washington, Milano 1955; Il volo di Bassanesi su Milano e il processo di Lugano, in Trent’anni di storia italiana 1915-1945: dall’antifascismo alla Resistenza, a cura di F. Antonicelli, Torino 1961, pp. 167-170; L’impresa di Lipari, in No al fascismo, a cura di E. Rossi, Torino 1963, pp. 71-126; Tormenti di un ambasciatore. L’anno conclusivo a Washington (1954), a cura di D. Felisini, Soveria Mannelli 2006.
Fonti e Bibl.: Firenze, Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, Archivi di Giustizia e Libertà, Fondo Tarchiani 1925-43; Roma, Ministero degli Affari esteri, Archivio storico diplomatico, Fondo Ambasciata d’Italia in Washington (1947-57) e Segreteria De Gasperi (1944-46, 1951-53). I documenti diplomatici italiani, 10ª serie: 1943-1948, I-VII, Roma 1992-2000, e 11ª serie: 1948-1953, I-VI, Roma 2005-2015, ad indicem.
A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, pp. 53-74, 219-235; D. De Castro, La questione di Trieste: azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954, Trieste 1955, passim; E. Aga Rossi, Il movimento repubblicano, Giustizia e Libertà e il Partito d’Azione, Bologna 1969, pp. 16-33; A. Garosci, Vita di Carlo Rosselli, II, Firenze 1973, pp. 141-153, 175-177, 186-193; M. Tirabassi, La Mazzini Society (1940-1946). Un’associazione degli antifascisti italiani negli Stati Uniti, in Italia e America dalla grande guerra ad oggi, a cura di G.G. Migone - G. Spini - M. Teodori, Padova 1976, pp. 141-158; “Giustizia e Libertà” nella lotta antifascista e nella storia d’Italia: attualità dei fratelli Rosselli a quaranta anni dal loro sacrificio, Atti del Convegno..., 1977, Firenze 1978 (in partic. R. Vivarelli, Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini, pp. 69-97, in partic. pp. 81-93; P. Guillen, La risonanza in Francia dell’azione di GL e dell’assassinio dei fratelli Rosselli, pp. 239-260, in partic. pp. 242-253; M. Salvadori, Giellisti e loro amici negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, pp. 273-302, in partic. pp. 286-294); G. De Luna, Storia del Partito d’Azione, 1942-1947, Milano 1982, pp. 136-142; A. Varsori, Gli alleati e l’emigrazione democratica antifascista, 1940-1943, Firenze 1982, pp. 72-92; E. Ortona, Anni d’America, la ricostruzione, 1944-1951, Bologna 1984, passim; P.F. Asso - M. De Cecco, Storia del CREDIOP, Roma-Bari 1994, pp. 256-280, 395-399, 498-517; D. Fracchiolla, Un ambasciatore della “nuova Italia” a Washington. Alberto Tarchiani e le relazioni tra Italia e Stati Uniti, 1945-1947, Milano 2012.