PINCHERLE, Alberto
PINCHERLE, Alberto. – Nacque a Milano il 15 agosto 1894, in una famiglia ebraica, da Arturo, imprenditore nel campo della pellicceria, e da Emilia Stucovitz. Trasferitosi a Roma e iscritto nel 1912 alla Sapienza, si laureò nel 1918 in giurisprudenza con una tesi su Sigillum confessionis e segreto professionale, elaborata sotto la guida di Francesco Scaduto. Entrato così in contatto con il problema della disciplina penitenziale della Chiesa antica, si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia frequentando le lezioni di storia delle religioni di Raffaele Pettazzoni e di storia del cristianesimo di Ernesto Buonaiuti.
Negli anni 1921-22, si recò con un assegno di perfezionamento a Cambridge, ove, alla Harvard University, frequentò i corsi di Kirsopp Lake, George Foot Moore (del quale nel 1924 tradusse, con note esplicative e bibliografia, I libri del Vecchio Testamento) e Giorgio La Piana (al quale rimase legato da duratura amicizia). Nel 1922 videro la luce i primi lavori, segnati dalla lezione di Buonaiuti e dagli incontri americani: I detti di Gesù (Milano) e Gli oracoli sibillini giudaici (Roma), dedicati all’ambiente neotestamentario e al giudaismo della diaspora e al suo rapporto con l’ellenismo. Ancora sotto il segno di Buonaiuti (e di Pettazzoni) si inscrivono le sue collaborazioni ad alcuni periodici, dove si fece notare, sin dal 1923, per recensioni e rassegne dedicate sia al Nuovo Testamento e agli ambienti a esso collegati sia al cristianesimo moderno e contemporaneo, specialmente d’area anglosassone: non solo Ricerche religiose (ove Pincherle scrisse sin dal primo fascicolo, uscito nel gennaio 1925) e Studi e materiali di storia delle religioni, animati da Pettazzoni, ma anche Bilychnis, mensile illustrato di studi religiosi edito dalla facoltà della Scuola teologica battista di Roma, e persino riviste di più ampio impegno culturale e politico, come L’Italia che scrive di Angelo Fortunato Formiggini, La cultura di Cesare De Lollis, gli Studi politici, di ispirazione gobettiana e diretti da Paolo Flores. Sempre in questi anni, ancora alla ricerca di un indirizzo sicuro, si collocano la compilazione di manuali di storia e di latino per le scuole e le traduzioni de La bilancia di Ernest Hello, nella collana I mistici dell’editore Carabba (1926), e della Storia d’Inghilterra di Albert Fredrick Pollard (1928). Dal 1923 nella sua bibliografia cominciano a comparire articoli sull’Africa cristiana, sul donatismo e su Agostino.
Partecipe delle esperienze della ‘koinonia’ promossa e animata da Buonaiuti, Pincherle fu uno degli allievi e discepoli a lui più vicini. Nel 1925 collaborò (con un contributo sul giudaismo dall’esilio a Filone) al primo volume del Manuale introduttivo alla storia del cristianesimo, pubblicato dall’editore Franco Campitelli di Foligno e concepito nei mesi estivi del 1922 a S. Donato, il piccolo eremo sui Monti Simbruini che la comunità prendeva in affitto. Divenuto libero docente il 24 ottobre 1925 (commissione giudicatrice: Buonaiuti, Umberto Fracassini, Adolfo Omodeo), incominciò i suoi corsi nell’Università di Roma in novembre, insegnando contemporaneamente (1924-25, 1927-28) nel liceo romano del Nazareno. Nel 1926, per l’assenza di Buonaiuti, titolare della cattedra (che, allontanato dall’insegnamento, aveva ricevuto dal ministero l’incarico extra accademico della catalogazione dei manoscritti agiografici della Biblioteca Vallicelliana), Pincherle tenne all’Università di Roma il corso di storia del cristianesimo, sul IV secolo, mentre un altro allievo di Buonaiuti, Ambrogio Donini, libero docente nel 1926, dedicò il corso alle origini della Chiesa di Roma.
In una lettera a Remo Missir del 6 giugno 1927, rievocando le vicende della ‘koinonia’ e gli incontri di S. Donato, Buonaiuti notò che alla prima generazione dei suoi discepoli ne era succeduta un’altra, «più fedele e più devotamente aderente al programma del mio lavoro, al piano delle mie idee. Di questa seconda generazione fan parte giovani che per qualità intellettuali, per addestramento specifico nelle discipline che io professo, la storia del cristianesimo e le discipline affini, rappresentano un elemento migliore del precedente. Due di questi giovani, i liberi docenti Pincherle e Donini, saranno i miei continuatori» (E. Buonaiuti, La vita allo sbaraglio, a cura di A. Donini, 1980, p. 27 e n. 2; cfr. anche E. Buonaiuti, Pellegrino di Roma, a cura di M. Niccoli, 1964, p. 214; e la lettera di Buonaiuti ad Arturo Carlo Jemolo del 4 agosto 1928, in Lettere di Ernesto Buonaiuti..., a cura di C. Fantappiè, 1997, p. 145).
Il 14 gennaio 1926 Buonaiuti (incorso nella scomunica il 26 marzo 1924 e nel divieto di vestire l’abito ecclesiastico il 28 gennaio 1925) volle che all’ultimo di una serie di incontri con il francescano Agostino Gemelli, che insisteva per l’abbandono della cattedra universitaria quale condizione per la riconciliazione ecclesiastica, assistessero alcuni suoi discepoli: con Pincherle, Donini, Alberto M. Ghisalberti e Mario Niccoli. Gli alunni si opposero all’abbandono della cattedra rivendicando la necessità di proseguire l’opera intrapresa. Si giunse così alla rottura e il 25 gennaio 1926 un decreto del S. Uffizio dichiarò Buonaiuti «scomunicato nominalmente e personalmente e [...] espressamente vitando». Sulla ricostruzione dell’ultimo colloquio si innescò negli anni 1928-29 un’aspra polemica fra i discepoli di Buonaiuti (fra i quali Pincherle) e Gemelli. Sempre nell’ambito della ‘koinonia’, il 10 agosto 1926, Pincherle aveva ricevuto dal francescano Cristoforo Terzi il battesimo «sub conditione» (quindi con la clausola dell’invalidità, se fosse stato preceduto da altro battesimo) nel santuario di Fonte Colombo (Rieti), essendo madrina suor Maria Valeria Pignetti (Maria Pastorella), figura particolarmente legata a Buonaiuti.
Nel 1928 Pincherle entrò all’Enciclopedia Italiana (vi rimase sino al 1937), ove ricoprì l’incarico di direttore della sezione di Storia delle religioni e folklore e responsabile (con Niccoli) dell’Ufficio schedario, «il luogo di equilibratura degli spazi assegnati alle varie discipline e il cuore organizzativo dell’Enciclopedia» (Nisticò, 1994, p. 369 n. 44). Redasse non meno di cinquanta articoli firmati e numerosissimi altri anonimi. Se inizialmente Buonaiuti espresse soddisfazione per quello che gli apparve un riconoscimento del proprio valore e della propria scuola da parte di Giovanni Gentile (cfr. le lettere a Jemolo del 6 febbraio 1926 e 10 maggio 1928; in Lettere di Ernesto Buonaiuti..., a cura di C. Fantappiè, 1997, pp. 95-96, 135), in seguito manifestò disappunto per l’allontanamento di Pincherle (che pure continuò sino agli anni Quaranta a collaborare a Ricerche religiose) dall’orbita dei discepoli più vicini, assorbito da un mondo che, per l’immanentismo antireligioso che lo dominava, riteneva antitetico alle sue posizioni. In particolare, Buonaiuti riteneva che Pincherle si fosse legato a Gentile «più di quanto il suo passato lo consentisse» (cfr. le lettere di Buonaiuti a Jemolo, 20 novembre 1928, e a Missir, 8 giugno 1929, rispettivamente in Lettere di Ernesto Buonaiuti..., a cura di C. Fantappiè, 1997, p. 150, e in La vita allo sbaraglio, a cura di A. Donini, 1980, p. 125).
Nel corso degli anni Trenta i rapporti di Pincherle con Buonaiuti continuarono, anche se con minore intensità e coinvolgimento. Alla fine del 1931 Buonaiuti fu dichiarato decaduto dall’insegnamento per non aver giurato fedeltà al regime fascista; Pettazzoni propose allora e ottenne che Pincherle, che già dal 1925 aveva avuto la supplenza per storia del cristianesimo, ricevesse l’incarico della disciplina. Già nel corso di un’udienza di Pio XI al suo segretario di Stato Eugenio Pacelli, il 22 maggio 1930, era stata commentata negativamente la nomina sulla cattedra di Buonaiuti di un suo allievo, «professante le stesse dottrine», e Pacelli se ne lamentò con l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. Fra il gennaio e il luglio 1933, per l’approvazione dell’incarico retribuito, insorse un confronto che coinvolse il rettore dell’Università di Roma Alfredo Rocco, il ministro dell’Educazione nazionale Francesco Ercole, il vicario di Roma Francesco Marchetti Selvaggiani. All’obiezione che Pincherle, in quanto ebreo e discepolo di Buonaiuti, fosse inadatto a insegnare storia del cristianesimo nella capitale della cattolicità, si replicò che era «cattolico praticante». Nell’adunanza del Senato accademico del 10 luglio 1933, Rocco rivendicò la libertà del Senato accademico da ogni condizionamento, sottolineando però la necessità di considerare nello stesso tempo gli «imponderabili della politica». Dopo un ampio dibattito, si decise di invitare la facoltà a «riesaminare la pratica per trovare una soluzione che, pur rispettando la libertà dell’insegnamento, non urti i sentimenti della quasi totalità degli italiani». Alla fine Pincherle ottenne l’incarico retribuito.
L’ultimo incontro di Pincherle con Buonaiuti avvenne il 17 gennaio 1939 a Losanna, ove Pincherle si era recato ad ascoltare una lezione di Buonaiuti, allora Gastprofessor in quell’Università. Riferendone a Raffaello Morghen, il 15 maggio 1946, Pincherle scrisse che l’antico maestro gli era parso allora «un po’ freddo» nei suoi riguardi (Lettere a Raffaello Morghen, a cura di G. Braga - A. Forni - P. Vian, 1994, pp. 34-37). Ma nella stessa lettera affermava di sentirsi ormai «l’unico alunno che abbia continuato a lavorare nel suo campo e in grado di sostituirlo, così come per 12 anni l’ho sostituito di fatto e come supplente incaricato». Il rapporto con Buonaiuti, sul quale Pincherle continuò a riflettere nel tempo, lo accompagnò per tutta la vita, inducendolo a considerare in seguito la stagione degli studi storico-religiosi all’inizio degli anni Sessanta come la mietitura di quanto seminato nel pianto nell’epoca del modernismo.
Preceduto e seguito da una nutrita serie di articoli di soggetto agostiniano, nel 1930 Pincherle pubblicò, per i tipi di Laterza, Sant’Agostino d’Ippona vescovo e teologo, «la sua opera più completa fino ad allora» (Siniscalco, 1981, p. 7), che pure in seguito giudicherà «troppo poco erudito per essere ‘serio’ e troppo mattone per essere ‘leggero’» (Pincherle a Morghen, 18-24 gennaio 1939, in Lettere a Raffaello Morghen, cit., p. 32). Il 29 ottobre 1937 Pincherle divenne professore straordinario di storia delle religioni all’Università di Cagliari. Ma il clima che sfociò nella promulgazione delle leggi razziali in Italia (novembre 1938) lo costrinse a emigrare. Con la moglie Mary Minerbi (sposata il 4 ottobre 1928) e i figli (Adriano, 1931; Giovanni Alberto, 1932; Giorgio, 1937; nel 1942 sarebbe nata Marcella), Pincherle lasciò Roma alla fine del settembre 1938 e, dopo brevi soste a Milano, a Villars in Svizzera e a Londra, si trasferì a Lima, in Perù (grazie ai buoni uffici di Henry Meylan e Giuseppe Ricciotti), ove insegnò dal 1939 al 1946, prima nella Pontificia Universidad Católica del Perù e poi nell’Universidad nacional mayor de San Marcos. Furono anni difficili, in continua lotta per tutelare la salute dei figli dalle malattie (Pincherle a Morghen, Lima, 15 maggio 1946, in Lettere a Raffaello Morghen, cit., pp. 35-36) e per l’inserimento in un ambiente totalmente nuovo, privo degli strumenti di lavoro facilmente reperibili nelle università europee per gli ambiti di studio a lui congeniali. L’esperienza peruviana rappresentò, però, anche l’occasione per un allargamento dei suoi interessi a soggetti nuovi, a una storia del cristianesimo non più solo eurocentrica (oltre alla traduzione parziale dell’Apologética Historia de las Indias del domenicano Bartolomé de Las Casas, videro in seguito la luce articoli sul peruviano Bartolomé Herrera e la sua missione in Italia negli anni 1852-53 e sulla dignità dell’uomo e l’indigeno americano). A Lima Pincherle si adoperò (con Antonello Gerbi) alla ricostruzione della Biblioteca Nacional e tenne corsi di francese all’Academia de Policia; fu anche vicepresidente dei comitati Italia libera e per aiuti al popolo italiano.
Caduto il fascismo e terminata la guerra, Pincherle rientrò nel 1946 in Italia, riprese servizio a Cagliari, ma si mise subito in congedo. L’intenzione era infatti di concorrere alla cattedra di storia del cristianesimo nell’Università di Roma, succedendo a Buonaiuti (morto il 20 aprile 1946). Al passo era indotto non solo da motivazioni pratiche ma dalla volontà di tenere in vita una cattedra «per cui, Maestro e discepoli, abbiamo lottato tanto» (Pincherle a Morghen, Lima, 15 maggio 1946, in Lettere a Raffaello Morghen, cit., p. 36). Reintegrato nei ruoli ma non approfittando delle leggi in favore dei fuoriusciti, Pincherle si presentò al concorso (bandito nel 1947 e concluso nel 1949), risultando primo nella terna dei vincitori (la commissione giudicatrice era composta da Delio Cantimori, Giorgio Falco, Aldo Ferrabino, Uberto Pestalozza e Pettazzoni; gli altri vincitori furono Paolo Brezzi, per Napoli, e Giuseppe Ricciotti, per Bari). Nella prolusione al corso, tenuta il 27 gennaio 1949, i ricordi degli studi universitari si intrecciarono alla ricostruzione dello sviluppo degli studi storico-religiosi in Italia, dalla soppressione delle facoltà teologiche nelle università statali (1873) all’istituzione degli insegnamenti di storia delle religioni (1886) e di storia del cristianesimo (1887). Sulla cattedra romana di storia del cristianesimo Pincherle rimase sino al 1° novembre 1969 (fu dichiarato emerito il 24 marzo 1970), dirigendo per un certo periodo l’Istituto di studi storico-religiosi con l’annessa Scuola di perfezionamento e promuovendo, fra l’altro, i Quaderni di Studi e materiali di storia delle religioni. Fu anche (1950-55, 1961-64) incaricato per la letteratura cristiana antica, insegnamento di cui chiese l’attivazione. Dal 1947 al 1954 tornò anche all’Istituto della Enciclopedia Italiana, come redattore del Dizionario enciclopedico italiano. L’insegnamento romano fu interrotto, dal 1954 al 1959, dalla direzione e poi presidenza dell’Istituto italiano di cultura di Bruxelles. Nello stesso periodo Pincherle si impegnò nell’elaborazione degli statuti dell’Università europea e partecipò attivamente all’ANPUR (Associazione Nazionale dei Professori Universitari di Ruolo), di cui fu vicepresidente nel 1953 e presidente nel 1959.
Dopo il ritorno in Italia le sue ricerche si concentrarono sempre più chiaramente su due ambiti: i secoli IV e V, con la conferma del particolare interesse per la figura di Agostino (La formazione teologica di S. Agostino, Roma 1948, rielaborazione di articoli precedenti; Vita di Sant’Agostino, Bari 1980, uscito postumo a cura di Maria Grazia Mara) e l’epoca della Riforma (con interventi sulla religione nel Rinascimento, sulla Controriforma, su Cesare Baronio). Mostrando una predilezione anche per ampie sintesi, dalla ricostruzione delle vicende del cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo nello Handbuch der Weltgeschichte diretto da Alexander Randa (1956) al capitolo sul cristianesimo dalle origini a Gregorio Magno nella Storia universale curata da Ernesto Pontieri (1959), sino alla fortunata Introduzione al cristianesimo antico (1971).
Sin dagli anni Venti Pincherle si oppose alla separazione fra teologia e storia, esprimendo riserve sulle ricerche condotte dai ‘teologi’, si trattasse di Adhémar d’Alès o di Adolf von Harnack. La stessa storia dei dogmi gli apparve un prodotto tipico di una mentalità teologizzante. Al contrario per Pincherle lo storico, anche quello del cristianesimo primitivo, doveva innanzitutto preoccuparsi «di stabilire il pensiero dell’autore (o degli autori) studiato nella sua interezza e unità e quindi di esaminare le opere antiche nelle condizioni di tempo e di luogo in cui sono nate e, in base ad esse, le ragioni della loro origine, della loro diffusione e del loro influsso» (Siniscalco, 1981, p. 12). Impegnato per liberare la storia del cristianesimo primitivo dall’ipoteca teologico-dottrinale, Pincherle si batté anche contro il pregiudizio classicistico che, «ritenendo appartenere i primi secoli cristiani a un’epoca di decadenza, ne sottovaluta i prodotti e guarda alla classicità precristiana come all’unico vero modello da apprezzare» (ibid., p. 13). La lezione di Buonaiuti operò in lui soprattutto nella percezione del cristianesimo non solo e prevalentemente come dottrina, teoria astratta, speculazione intellettuale, bensì come «dottrina che si fa, o dovrebbe farsi, vita» (così nella prolusione romana del 27 gennaio 1949). Compito dello storico è dunque capire i modi diversi in cui, «nelle varie epoche e nei diversi luoghi», gli uomini hanno «compreso, predicato, sentito e attuato» il messaggio del Vangelo (A. Pincherle, Storia della civiltà cristiana, 1956, p. 36), nella compresenza – come avviene nel donatismo africano – di condizionamenti teologici e politico-sociali, di cui è necessario cogliere la sintesi. Rivendicò sempre il rapporto fra la storia del cristianesimo e la storia della letteratura cristiana antica, praticando un uso esteso e costante del metodo filologico, con attenzione alla discussione di varianti testuali ed esame di consuetudini sintattiche e lessicali di singoli scrittori.
Morì a Roma il 18 aprile 1979.
Fonti e Bibl.: New York Public Library, Manuscripts and Archives Division. Emergency Committee in Aid of Displaced Foreign Scholars Records 1927-1949, Box 102, folder 21: Pincherle Alberto (ann. 1939, 1942); Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Istruzione Superiore, Miscellanea di Divisioni diverse (I-II-III), b. 109 (Professori di ruolo. Ebrei per parte di entrambi i genitori); Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Istruzione Universitaria. Divisione I: fascicoli personali professori ordinari, III versamento, busta 379; Roma, Archivio centrale dello Stato, Enciclopedia Italiana, II, Attività scientifica e redazionale / 5. Corrispondenza / NO-UA 994, busta 25, fascicolo «Adolfo Omodeo»; Roma, Archivio storico dell’Università di Roma «La Sapienza», fasc. «Pincherle, Alberto»; Roma, Fondazione Giovanni Gentile, fondo Giovanni Gentile, Corrispondenza, Lettere di Gentile, destinatari: P, busta 9 (30 giugno 1936-1° marzo 1940); ibid., Lettere inviate a Gentile, corrispondenti: P, busta 100 (11 marzo 1926-7 gennaio 1940).
E. Buonaiuti, Pellegrino di Roma. La generazione dell’esodo, a cura di M. Niccoli, introduzione di A.C. Jemolo, Bari 1964, pp. 214, 244-246, 541 n. 161; Id., La vita allo sbaraglio. Lettere a Missir (1926-1946), a cura di A. Donini, Firenze 1980, pp. 3 n. 1, 4 n. 2, 7 n. 2, 21 n. 1, 27 e n. 2, 125 e n. 1, 148 n. 4, 175 n. 2, 176 n. 2, 186 n. 2, 235 n. 4, 298 n. 1, 317 n. 6, 470; Id., Lettere a Raffaello Morghen, 1917-1983, scelte e annotate da G. Braga, A. Forni e P. Vian, introduzione di O. Capitani, Roma 1994, pp. 24 n. 2, 30-32, 34-37, 39 n. 2, 123 n. 2; Lettere di Ernesto Buonaiuti ad Arturo Carlo Jemolo, 1921-1941, a cura di C. Fantappiè, introduzione di F. Margiotta Broglio, Roma 1997, pp. 26 e n. 44, 28 e n. 49, 47 e n. 6, 50 e n. 12, 56, 61 n. 2, 67, 70 n. 5, 95-96, 104, 108, 110 n. 4, 120 n. 2, 125, 135, 145, 150, 152 n. 3, 169, 170 nn. 2-3, 173; Una rete di amicizie. Carteggi dalla koinonia di Ernesto Buonaiuti, a cura di O. Niccoli, Roma 2015, pp. 23, 29, 30, 32 e n., 36, 86 n., 131 e n., 134, 143, 148 n., 164, 165, 167, 171, 176 e n., 189 e n., 190, 191, 200 e n., 201, 204, 230, 237, 241.
V. Vinay, Ernesto Buonaiuti e l’Italia religiosa del suo tempo, Torre Pellice 1956, pp. 96, 99-100; A. Pincherle, Ricordi sul maggio 1915, con una lettera di Nino Valeri, in Clio, I (1965), pp. 479-484; A. Brelich, G. Levi Della Vida, S. Moscati, [Lettera ad Alberto Pincherle], in Studi in onore di A. P., I, Roma 1967, pp. 3-7; G. Lazzari, L’Enciclopedia Treccani. Intellettuali e potere durante il fascismo, Napoli 1977, pp. 46-47; M.G. Mara, A. P.: storico del cristianesimo, maestro di scienza e di umanità, in Studi storico-religiosi, 4 (1980), pp. 5-6; Ead., Ricordo di A. P., in Augustinianum, XX (1980), pp. 425-428; F. Scorza Barcellona, Il Donatismo negli studi di A. P., in Studi storico-religiosi, 4 (1980), pp. 155-165; A.M. Ghisalberti, Ricordi di uno storico allora studente in grigio-verde (guerra 1915-1918), Roma 1981, pp. 17-18, 22, 26-28, 39-40; P. Siniscalco, A. P. (1894-1979), in Rivista di storia e letteratura religiosa, XVII (1981), pp. 3-16; R. Cerrato, Buonaiuti e Formiggini: un incontro fra storiografia religiosa e nuova editoria, in Centro studi per la storia del modernismo, Fonti e documenti, 13 [= Studi in onore di Lorenzo Bedeschi] (1986), pp. 119-153: 152 e n. 65; L’esperienza modernista di Alessandro Bonucci, a cura di E. Ciocca, in Centro studi per la storia del modernismo, Fonti e documenti, 18-19 (1989-1990) [ma 1992], pp. 319-458, in partic. pp. 418, 426; G. Nisticò, Oggetto e progetto: l’Enciclopedia Italiana e il suo archivio, in Rassegna degli archivi di Stato, LIV (1994), pp. 358-378 in partic. p. 369 n. 44; G. Tortorelli, «L’Italia che scrive», 1918-1938. L’editoria nell’esperienza di A.F. Formiggini, Milano 1996, passim; G. Fabre, L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino 1998, pp. 166-167; G. Turi, Il mecenate, il filosofo e il gesuita. L’Enciclopedia Italiana specchio della nazione, Bologna 2002, pp. 217-223; F. Pelini, La cattedra restituita. Le dinamiche della reintegrazione dei professori universitari perseguitati dalle leggi razziali, in Il difficile rientro. Il ritorno dei docenti ebrei nell’Università del dopoguerra, a cura di D. Gagliani, Bologna 2004, p. 100; F. Torchiani, Esilio e amicizia dopo il 1938. Giorgio La Piana e A. P. tra Stati Uniti, Inghilterra e Perù, in Humanitas, 2013, 6, pp. 1018-1033; A. Ventura, Il fascismo e gli ebrei. Il razzismo antisemita nell’ideologia e nella politica del regime, Roma 2013, pp. 86-87; I «fogli di udienza» del cardinale Eugenio Pacelli segretario di Stato, II (1931), a cura di G. Coco - A.M. Dieguez, Città del Vaticano 2014, pp. 322-323, 330; F. Torchiani, L’oltretevere da oltreoceano. L’esilio americano di Giorgio La Piana, Roma 2015, pp. 9, 12, 44, 65-66, 68-69, 82-85, 117, 210-216 e passim.
La prolusione al corso di storia del cristianesimo tenuta all’Università di Roma il 27 gennaio 1949 è pubblicata, con il titolo Storia della civiltà cristiana, in A. Pincherle, Cristianesimo antico e moderno, Roma 1956, pp. 15-37. Il giudizio sul modernismo è nell’intervento di Pincherle in Aspetti della cultura cattolica nell’età di Leone XIII. Atti del convegno tenuto a Bologna il 27-28-29 dicembre 1960, a cura di G. Rossini, Roma 1961, pp. 229-233. Ma per la ricostruzione del rapporto di Pincherle con Buonaiuti da parte dello stesso Pincherle, cfr. la recensione a E. Buonaiuti, Pellegrino di Roma [...], in Ricerche di storia e letteratura religiosa, I (1965), pp. 170-175; e la sua Lettera, in Ricordi su Ernesto Buonaiuti, premessa di F. Sciuto, Torino 1968, pp. 43-45.
Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, 1949-1960. Terza appendice: M-Z, Roma 1961, p. 423.